CAPITOLO 9
“L’armata degli
scheletri”
Quando anche l’ultima delle
persone si riunì agli altri, le luci si accesero.
In molti del gruppo di certo
avrebbero preferito che rimanessero spente.
Davanti ai loro occhi infatti si
presentò una visione sia assurda che, al tempo stesso, terrificante. Ad
aspettarli, nell’enorme stanza metallica, vi era una vera e proprio armata di
combattenti. La macabra particolarità della cosa è che, tale armata, era
composta esclusivamente da scheletri umani. Erano ben eretti sulle loro gambe e
presentavano un inquietante colorito metallico. Ovviamente si trattava di altri
automi ostili nei loro confronti.
“Per la miseria…” esclamò
Oscar.
“Si ricomincia…” preannunciò
Roberto mentre caricava la sua magnum.
“Ma guarda chi si rivede… dove
avete messe le vostre spade?” ghignò Sara.
“Ricordano un po’ “Terminator”,
vero?” chiese divertito agli altri Andrea.
“Sono sempre più estasiato!”
informò il resto della compagnia Stefano, mentre guardava con occhi spalancati
quegli ultimi ritrovati dell’alta tecnologia.
“State pronti a riceverli!”
ordinò Simone, che già ne aveva sottotiro uno.
Come ad ubbidire al suo ordine,
gli scheletri si fecero avanti, facendo subito notare ai loro avversari che non
brillavano certo per grande velocità.
“Sono anche troppo lenti…”
osservò per l’appunto Tommaso che, seccato forse da ciò, partì rapido verso uno
di questi e, con un potente calcio destro, gli stacco di netto una gamba.
La battaglia finalmente ebbe
inizio.
A quanto pare, però, qualcosa era
sicuramente cambiata nel gruppo. Infatti affrontavano questi nuovi rivali con
maggior sicurezza, nonché sfrontatezza, dei precedenti. Praticamente sembrava
che questa volta si divertissero nell’affrontarli.
“Stia dietro di me, signora
Wilson” il soldato Sarti si prese la responsabilità di proteggere l’unico medico
del gruppo, mentre, con il suo fucile, non sbagliava un colpo.
“Ti ringrazio Simone… Tommaso
stai attento a fare quelle cose!” redarguì Carla, con un fare decisamente troppo
materno, il giovane calciatore, che era entrato violentemente in scivolata su
uno dei robot.
Orsi però non era l’unico che
assestava ottimi calci contro i loro corpi artificiali, anche Silvestri si
esibiva in un’ottima serie di calci a varia altezza contro gli scheletri.
“Forza gente, che mi sto solo
riscaldando!” aizzava contro di sé i propri avversari la biondina quando,
d’improvviso, sentì alle sue spalle un rumore di rottura metallica. Si girò e
vide cadere per terra uno di quei robot con conficcata nella nuca, una delle
scarpe di Rosa.
“Invece di fare la scema,
guardati anche le spalle, tesoro…” la punzecchiò la giovane attrice.
L’altra ricontrollò un attimo la
scarpetta della ragazza e le rispose “Mi sembravi troppo alta di quando sei in
tv…”.
“Stronza!” chiuse così la
conversazione la Simone.
Intanto “il Predatore”, come
veniva soprannominato dai suoi colleghi in polizia, Roberto Santucci continuava
a fare fuoco, evitando di tanto in tanto le incursioni di Andrea Lupo, il quale
si rivelava più mobile di lui nell’affrontare a mano armata i nemici.
“Che stai facendo, Noro?” chiese
d’improvviso.
Lo scienziato si trovava
inginocchiato accanto ad uno di quei mostri, osservandolo attentamente “Sto
studiando questi prodotti, di certo da qualche parte devono avere un
interruttore o qualcosa di simile…”.
“Ah, bene!” gli rispose
l’altro.
Infine anche Marco Sciullo si era
unito alla sfida e, con il suo fidato coltello, cercava di tagliare più fili
possibili, soprattutto tra quelli che erano presenti nei colli degli
androidi.
Purtroppo, chi si trovava in
grosse difficoltà, data la molta differenza d’età con i suoi compagni, era Oscar
che, in breve, si trovò circondato da una decina di scheletri.
“OSCAR!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò
Carla, attirando l’attenzione degli altri verso il politico.
Qualcuno dei robot aveva già le
proprie mani metalliche su di lui, quando cominciarono ad essere bersaglio del
fuoco incrociato di tre ottimi cecchini come Andrea, Roberto e Simone. Tutti e
tre così in gamba che nessuno pensò minimamente che l’incolumità di Testa fosse
in pericolo, per via delle loro pallottole. Uno degli ultimi sopravvissuti fu
eliminato da Sciullo che, da dietro, gli tagliò di netto la gola, facendone
fuoriuscire sia un non meglio identificato liquido che scintille dai cavi
spezzati.
Nel mentre, Tommaso si era
talmente appassionato all’azione che ora utilizzava le teste degli umanoidi,
come pallone, per colpire gli altri in pieno petto. In più, alla fine di ogni
suo attacco ben riuscito, gridava anche
“GOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”.
Inoltre proseguiva il fantastico
siparietto tra Rosa e Sara.
“Guarda Rosa, hai un nuovo fan
per un autografo!” le indicava la bionda, mentre sferrava un calcio alto sulla
testa di un robot.
“Eh no, bastardi! Nessuno
toccherà più il mio corpo per suo scopi personali!” dichiarò la ragazza mentre,
con il suo letale tacco, sfigurava un viso scheletrico.
Anche Lupo era nel pieno
dell’euforia, mentre sterminava gli androidi, divertendosi anche a lanciare per
aria la sua pistola, per poi riprenderla al volo ed accoppare un altro nemico.
Facendo anche citazioni cinematografiche come “Vieni con me, se vuoi
vivere!”.
Mentre le ricerche di Noro
proseguivano, quest’ultimo esclamò “Eureka!”.
Gli altri si voltarono brevemente
verso di lui, che intanto continuava a smanettare sul corpo metallico, e
spiegava “L’interruttore generale di questi corpi si trova dentro la loro cassa
toracica, è stato molto più semplice di quello che pensavo…”.
Oscar Testa, che aveva seguito
attentamente le parole dello scienziato, si avvicinò lentamente ad uno dei
robot, che era rimasto senza braccia e senza gambe, chiedendogli “Tu
permetti?”
Una volta detto questo inserì,
con cautela, la mano dentro il suo torace, trovando a tatto un pulsante e
pigiandolo immediatamente. La testa dell’organismo metallico crollò di colpo a
terra, senza dare più alcun segno di attività.
“Perfetto! Grazie Noro della
notizia!” ringraziò il compare, Testa. Poi si sentì afferrare la spalla da una
mano.
“AAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!”urlò con un enorme
scossone.
“Sono io, Oscar, tranquillo.
Volevo solo vedere se stavi bene dopo l’aggressione di prima” lo rassicurò
subito Wilson.
“Oh, perdonami Carla. Sì,
tranquilla, sto bene. Questa specie di mostri li ho già affrontati con Sara,
quando ci siamo divisi in quelle sfere giganti…” spiegò il politico alla
dottoressa.
“Davvero?” rimase sorpresa la
giovane donna.
“Questo vuol dire che i nostri
carcerari hanno poca fantasia…” s’intromise nella conversazione, tra uno sparo e
l’altro, Andrea Lupo. Il quale dava sempre della rapide occhiate a destra e a
sinistra, per controllare davvero tutta la situazione. Proprio in una di queste
sue ispezioni visive, dopo un’iniziale non curanza, tornò subito a controllare
alla sua sinistra e notò la presenza di tubi che, uscendo per qualche metro dal
muro della stanza, infine vi rientravano per non uscirci più.
“Fantastico!” esclamò, per poi
raggiungere velocemente uno di questi tubi ed arrampicarvisi sopra, potendo così sparare meglio sull’esercito
degli scheletri metallici.
Nonostante questa sua ottima
nuova trovata tattica, si accorse ben presto di una nuova grave deficienza.
“Gente, sto finendo le
munizioni!” informò Santucci.
“Mi trovo nella sua stessa
situazione, signore!” proseguì Sarti.
Nel trambusto generale, nessuno
notò che, dalla parete destra, era comparso uno scaffale segreto con dentro le
munizioni tanto agognate.
“Ehi! Qua dentro c’è
qualcosa…”urlò agli altri Rosa.
“Cosa?” gli chiese Roberto.
“Munizioni!” gli rispose festante
lei.
Al quella sola parola, i tre
cecchini del gruppo si precipitarono verso di lei per rifornirsi all’istante. Si
avvicinò anche Sara che notò un’altra cosa.
“Ehi Tommy, c’è anche un nuovo
paio di scarpette per te!” urlò verso il calciatore, l’avventuriera.
“Bene, queste qua ormai sono
finite!” gli rispose l’altro mentre, in semirovesciata, staccava di netto la
testa ad un androide.
“Per te invece, tesoro, di
scarpette non ce n’è…” sorrise sarcastica alla Simone.
“Stronza!” concluse nuovamente la
conversazione la mora.
Nel frattempo, l’anziano
assessore Oscar Testa non era certo stato con le mani in mano e, poco alla
volta, era riuscito a tirar su una trincea molto funzionale, costruita con le
varie carcasse degli organismi robotici ormai fuori uso.
“Ecco signorina… anf… ora io e
lei dovremmo essere decisamente più al sicuro… anf… di prima” disse con un po’
d’affanno a Carla Wilson.
“La ringrazio, professor Testa,
però eviti di fare certi sforzi… scusi ma è deformazione professionale” e, detto
questo, gli sorrise.
La battaglia ormai aveva
raggiunto la sua fine. Il numero degli scheletri metallici era drasticamente
diminuito e, la parte più attiva del gruppo, cominciava a subire la naturale
stanchezza.
“Ne vedete muovere ancora
qualcuno?” chiese al resto della comitiva, Roberto.
“Sembrano terminati…” azzardò una
risposta, Sara.
Marco era quello più esausto di
tutti ma, nonostante questo, si affrettava a rimettere al sicuro il suo coltello
di famiglia, mentre Tommaso si accasciava al suolo per verificare il pessimo
stato dei suoi piedi, pieni di escoriazioni.
“Tommaso come stai? Ma è
possibile che devi sempre prendere a calci qualsiasi cosa che incontri!” arrivò
il rimprovero di Carla al giovane calciatore.
“Scusa Carla…” rispose a testa
bassa l’altro.
“Bene… proseguiamo?” sorrise al
gruppo Rosa.
“Cosa sono quelli?” domandò ad
alta voce Stefano, indicando la parte della sala non ancora raggiunta dai
nostri.
Tutti si voltarono e videro due
pali che spuntavano dal pavimento, uno a pochi metri dall’altro, perfettamente
paralleli tra loro.
Le dieci persone li raggiunsero
in pochi secondi, notando subito la porta d’uscita da quella stanza.
“Ricordano i pali dell’albero
della cuccagna…” ironizzò Oscar.
“Beh, io non sono qui per
giocare. Andiamo avanti e basta!” sbottò Andrea, che si diresse convinto verso
l’uscita. Quest’ultima rimase perfettamente chiusa.
“Ma che cazzo?!” imprecò il
ladro, analizzando con lo sguardo tutta la superficie dell’uscio, nella ricerca
di un valido motivo per la mancata apertura.
“Non si apre?” chiese
ingenuamente Sciullo.
“A te cosa sembra?” gli rispose
ironica, ma anche seccata, Silvestri.
“E ora come si procede?” domandò
Testa.
La risposta non si fece
attendere. Arrivò sotto forma di un’artificiale voce metallica.
“BENE GENTE, PER APRIRE QUESTA
PORTA DOVRETE PREMERE I DUE PULSANTI ROSSI SITUATI SU QUESTA PARETE, ESATTAMENTE
ALL’ALTEZZA DELLA SOMMITÀ DELLE DUE PERTICHE”.
“Ma che gran…” Rosa fu però
interrotta sul più bello.
“ED INOLTRE DOVETE ANCHE DARVI
UNA MOSSA!”
Appena terminata la voce,
infatti, i minuscoli buchi, presenti nelle restanti pareti della stanza,
cominciarono a rigettare il solito gas verde.
“Ok gente, chi va? A parte Lupo…”
di fatti Santucci notò subito che, il suo rivale, era già di fronte ad uno dei
due pali.
“Con il suo permesso,
commissario” si fece avanti Sarti.
“Bene, vai pure Simone!” gli
rispose l’uomo.
Entrambi i prescelti erano di
fronte alle due pertiche e, una volta che Wilson disse loro “Mi raccomando, fate
attenzione!”, cominciarono la scalata.
Entrambi se la cavavano molto
bene e, con grande rapidità, avevo raggiunto quasi la metà del percorso. Poi
però ci fu un nuovo imprevisto: i due pali, infatti, cominciarono a scomparire
nel pavimento metallico.
“Cosa?” esclamò Andrea.
“Maledizione!” fece altrettanto
Simone.
“I pali scendono giù!” urlò Rosa,
alquanto preoccupata.
La cima delle due aste era ormai
molto più in basso rispetto ai due bottoni da premere.
“Provate a saltare!” suggerì
Orsi.
Il militare ed il fuorilegge
rifletterono sulla proposta dell’atleta. Presero una decisione: con un grande
sforzo, erano nel vuoto.
La gente sotto di loro trattenne
il fiato, mentre i due raggiungevano in volo la parete metallica. Purtroppo
l’unico risultato fu che entrambi sbatterono violentemente contro la suddetta
parete e poi precipitarono a terra.
Subito gli altri li
raggiunsero.
“Simone, Andrea, state bene?”
iniziò la Wilson.
“Siamo finiti!” si arrese
Noro.
“Aspettate! Guardate i pali!”
richiamò l’attenzione di tutti Silvestri.
Inaspettatamente, i pali stavano
tornando alla loro posizione originale, fuoriuscendo dal proprio buco nel piano
di metallo.
“C’è ancora una possibilità
allora!” esclamò raggiante, più per la tensione che per altro, Sciullo.
“Questa volta però dovrete essere
rapidissimi!” ordinò involontariamente loro Roberto Santucci.
“Perché non ci provi te,
trippone?!” gli rispose a tono Andrea Lupo.
Il membro delle forze dell’ordine
sorvolò sulla provocazione.
“Io ho un’idea: Dobbiamo
raggiungere il prima possibile la cima del palo, salirci sopra e saltare, con
una sola gamba, verso il pulsante” espose rapidamente il piano, Simone
Sarti.
“Ci sto!” concordò con lui
Lupo.
“Presto signori, il tempo non è a
nostro vantaggio” suggerì Oscar Testa, che tornò nuovamente a voltarsi, per
controllare il preoccupante avanzamento della letale nebbiolina verde.
Una volta che i due pali
metallici terminarono la propria crescita, i due erano nuovamente di fronte ad
essi. Questa volta scattarono ancora più rapidamente della precedente, con i
loro corpi che, sebbene ben ancorati alle pertiche, sembravano sfiorarle appena.
Le due semplici strutture erano già rientrate per un buon pezzo nel pavimento,
quando i due uomini si trovarono, in equilibrio su di una gamba sola, nel
piccolo cerchio che ne terminava la salita. Insieme, quasi in perfetta
sincronia, si abbassarono sull’unica gamba di appoggio e balzarono in avanti.
Tenendo le braccia ben tese in avanti, entrambi premettero i pulsanti di
apertura della porta. Concludendo il tutto con un buon atterraggio a terra,
aiutati anche dallo stesso muro su cui scivolarono docilmente per tutta la fase discendente.
“Ce l’avete fatta ragazzi!”
Tommaso fu il primo a complimentarsi con loro, nonostante ancora claudicante per
la precedente battaglia, alle cui ferite Carla aveva provato a porre rimedio
alla meglio.
“Posticipiamo i complimenti a
dopo, ora pensiamo ad uscire di qui!” invitò tutti Roberto.
I dieci componenti uscirono
rapidamente dalla porta che, come da aspettativa, si era aperta una volta
premuti i due pulsanti, con il gas che, questa volta, era seriamente giunto
vicino a loro, creando il panico su gente come Stefano Noro e Marco Sciullo.
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