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Autore: J85    03/11/2014    1 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 9

“L’armata degli scheletri”

 

 

 

Quando anche l’ultima delle persone si riunì agli altri, le luci si accesero.

In molti del gruppo di certo avrebbero preferito che rimanessero spente.

Davanti ai loro occhi infatti si presentò una visione sia assurda che, al tempo stesso, terrificante. Ad aspettarli, nell’enorme stanza metallica, vi era una vera e proprio armata di combattenti. La macabra particolarità della cosa è che, tale armata, era composta esclusivamente da scheletri umani. Erano ben eretti sulle loro gambe e presentavano un inquietante colorito metallico. Ovviamente si trattava di altri automi ostili nei loro confronti.

“Per la miseria…” esclamò Oscar.

“Si ricomincia…” preannunciò Roberto mentre caricava la sua magnum.

“Ma guarda chi si rivede… dove avete messe le vostre spade?” ghignò Sara.

“Ricordano un po’ “Terminator”, vero?” chiese divertito agli altri Andrea.

“Sono sempre più estasiato!” informò il resto della compagnia Stefano, mentre guardava con occhi spalancati quegli ultimi ritrovati dell’alta tecnologia.

“State pronti a riceverli!” ordinò Simone, che già ne aveva sottotiro uno.

Come ad ubbidire al suo ordine, gli scheletri si fecero avanti, facendo subito notare ai loro avversari che non brillavano certo per grande velocità.

“Sono anche troppo lenti…” osservò per l’appunto Tommaso che, seccato forse da ciò, partì rapido verso uno di questi e, con un potente calcio destro, gli stacco di netto una gamba.

La battaglia finalmente ebbe inizio.

A quanto pare, però, qualcosa era sicuramente cambiata nel gruppo. Infatti affrontavano questi nuovi rivali con maggior sicurezza, nonché sfrontatezza, dei precedenti. Praticamente sembrava che questa volta si divertissero nell’affrontarli.

“Stia dietro di me, signora Wilson” il soldato Sarti si prese la responsabilità di proteggere l’unico medico del gruppo, mentre, con il suo fucile, non sbagliava un colpo.

“Ti ringrazio Simone… Tommaso stai attento a fare quelle cose!” redarguì Carla, con un fare decisamente troppo materno, il giovane calciatore, che era entrato violentemente in scivolata su uno dei robot.

Orsi però non era l’unico che assestava ottimi calci contro i loro corpi artificiali, anche Silvestri si esibiva in un’ottima serie di calci a varia altezza contro gli scheletri.

“Forza gente, che mi sto solo riscaldando!” aizzava contro di sé i propri avversari la biondina quando, d’improvviso, sentì alle sue spalle un rumore di rottura metallica. Si girò e vide cadere per terra uno di quei robot con conficcata nella nuca, una delle scarpe di Rosa.

“Invece di fare la scema, guardati anche le spalle, tesoro…” la punzecchiò la giovane attrice.

L’altra ricontrollò un attimo la scarpetta della ragazza e le rispose “Mi sembravi troppo alta di quando sei in tv…”.

“Stronza!” chiuse così la conversazione la Simone.

Intanto “il Predatore”, come veniva soprannominato dai suoi colleghi in polizia, Roberto Santucci continuava a fare fuoco, evitando di tanto in tanto le incursioni di Andrea Lupo, il quale si rivelava più mobile di lui nell’affrontare a mano armata i nemici.

“Che stai facendo, Noro?” chiese d’improvviso.

Lo scienziato si trovava inginocchiato accanto ad uno di quei mostri, osservandolo attentamente “Sto studiando questi prodotti, di certo da qualche parte devono avere un interruttore o qualcosa di simile…”.

“Ah, bene!” gli rispose l’altro.

Infine anche Marco Sciullo si era unito alla sfida e, con il suo fidato coltello, cercava di tagliare più fili possibili, soprattutto tra quelli che erano presenti nei colli degli androidi.

Purtroppo, chi si trovava in grosse difficoltà, data la molta differenza d’età con i suoi compagni, era Oscar che, in breve, si trovò circondato da una decina di scheletri.

“OSCAR!!!!!!!!!!!!!!!!!!” urlò Carla, attirando l’attenzione degli altri verso il politico.

Qualcuno dei robot aveva già le proprie mani metalliche su di lui, quando cominciarono ad essere bersaglio del fuoco incrociato di tre ottimi cecchini come Andrea, Roberto e Simone. Tutti e tre così in gamba che nessuno pensò minimamente che l’incolumità di Testa fosse in pericolo, per via delle loro pallottole. Uno degli ultimi sopravvissuti fu eliminato da Sciullo che, da dietro, gli tagliò di netto la gola, facendone fuoriuscire sia un non meglio identificato liquido che scintille dai cavi spezzati.

Nel mentre, Tommaso si era talmente appassionato all’azione che ora utilizzava le teste degli umanoidi, come pallone, per colpire gli altri in pieno petto. In più, alla fine di ogni suo attacco ben riuscito, gridava anche “GOOOOOOOOOOOOLLLLLLLLLLLLLLL!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!”.

Inoltre proseguiva il fantastico siparietto tra Rosa e Sara.

“Guarda Rosa, hai un nuovo fan per un autografo!” le indicava la bionda, mentre sferrava un calcio alto sulla testa di un robot.

“Eh no, bastardi! Nessuno toccherà più il mio corpo per suo scopi personali!” dichiarò la ragazza mentre, con il suo letale tacco, sfigurava un viso scheletrico.

Anche Lupo era nel pieno dell’euforia, mentre sterminava gli androidi, divertendosi anche a lanciare per aria la sua pistola, per poi riprenderla al volo ed accoppare un altro nemico. Facendo anche citazioni cinematografiche come “Vieni con me, se vuoi vivere!”.

Mentre le ricerche di Noro proseguivano, quest’ultimo esclamò “Eureka!”.

Gli altri si voltarono brevemente verso di lui, che intanto continuava a smanettare sul corpo metallico, e spiegava “L’interruttore generale di questi corpi si trova dentro la loro cassa toracica, è stato molto più semplice di quello che pensavo…”.

Oscar Testa, che aveva seguito attentamente le parole dello scienziato, si avvicinò lentamente ad uno dei robot, che era rimasto senza braccia e senza gambe, chiedendogli “Tu permetti?”

Una volta detto questo inserì, con cautela, la mano dentro il suo torace, trovando a tatto un pulsante e pigiandolo immediatamente. La testa dell’organismo metallico crollò di colpo a terra, senza dare più alcun segno di attività.

“Perfetto! Grazie Noro della notizia!” ringraziò il compare, Testa. Poi si sentì afferrare la spalla da una mano.

“AAAAAAAAHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!”urlò con un enorme scossone.

“Sono io, Oscar, tranquillo. Volevo solo vedere se stavi bene dopo l’aggressione di prima” lo rassicurò subito Wilson.

“Oh, perdonami Carla. Sì, tranquilla, sto bene. Questa specie di mostri li ho già affrontati con Sara, quando ci siamo divisi in quelle sfere giganti…” spiegò il politico alla dottoressa.

“Davvero?” rimase sorpresa la giovane donna.

“Questo vuol dire che i nostri carcerari hanno poca fantasia…” s’intromise nella conversazione, tra uno sparo e l’altro, Andrea Lupo. Il quale dava sempre della rapide occhiate a destra e a sinistra, per controllare davvero tutta la situazione. Proprio in una di queste sue ispezioni visive, dopo un’iniziale non curanza, tornò subito a controllare alla sua sinistra e notò la presenza di tubi che, uscendo per qualche metro dal muro della stanza, infine vi rientravano per non uscirci più.

“Fantastico!” esclamò, per poi raggiungere velocemente uno di questi tubi ed arrampicarvisi sopra,  potendo così sparare meglio sull’esercito degli scheletri metallici.

Nonostante questa sua ottima nuova trovata tattica, si accorse ben presto di una nuova grave deficienza.

“Gente, sto finendo le munizioni!” informò Santucci.

“Mi trovo nella sua stessa situazione, signore!” proseguì Sarti.

Nel trambusto generale, nessuno notò che, dalla parete destra, era comparso uno scaffale segreto con dentro le munizioni tanto agognate.

“Ehi! Qua dentro c’è qualcosa…”urlò agli altri Rosa.

“Cosa?” gli chiese Roberto.

“Munizioni!” gli rispose festante lei.

Al quella sola parola, i tre cecchini del gruppo si precipitarono verso di lei per rifornirsi all’istante. Si avvicinò anche Sara che notò un’altra cosa.

“Ehi Tommy, c’è anche un nuovo paio di scarpette per te!” urlò verso il calciatore, l’avventuriera.

“Bene, queste qua ormai sono finite!” gli rispose l’altro mentre, in semirovesciata, staccava di netto la testa ad un androide.

“Per te invece, tesoro, di scarpette non ce n’è…” sorrise sarcastica alla Simone.

“Stronza!” concluse nuovamente la conversazione la mora.

Nel frattempo, l’anziano assessore Oscar Testa non era certo stato con le mani in mano e, poco alla volta, era riuscito a tirar su una trincea molto funzionale, costruita con le varie carcasse degli organismi robotici ormai fuori uso.

“Ecco signorina… anf… ora io e lei dovremmo essere decisamente più al sicuro… anf… di prima” disse con un po’ d’affanno a Carla Wilson.

“La ringrazio, professor Testa, però eviti di fare certi sforzi… scusi ma è deformazione professionale” e, detto questo, gli sorrise.

La battaglia ormai aveva raggiunto la sua fine. Il numero degli scheletri metallici era drasticamente diminuito e, la parte più attiva del gruppo, cominciava a subire la naturale stanchezza.

“Ne vedete muovere ancora qualcuno?” chiese al resto della comitiva, Roberto.

“Sembrano terminati…” azzardò una risposta, Sara.

Marco era quello più esausto di tutti ma, nonostante questo, si affrettava a rimettere al sicuro il suo coltello di famiglia, mentre Tommaso si accasciava al suolo per verificare il pessimo stato dei suoi piedi, pieni di escoriazioni.

“Tommaso come stai? Ma è possibile che devi sempre prendere a calci qualsiasi cosa che incontri!” arrivò il rimprovero di Carla al giovane calciatore.

“Scusa Carla…” rispose a testa bassa l’altro.

“Bene… proseguiamo?” sorrise al gruppo Rosa.

“Cosa sono quelli?” domandò ad alta voce Stefano, indicando la parte della sala non ancora raggiunta dai nostri.

Tutti si voltarono e videro due pali che spuntavano dal pavimento, uno a pochi metri dall’altro, perfettamente paralleli tra loro.

Le dieci persone li raggiunsero in pochi secondi, notando subito la porta d’uscita da quella stanza.

“Ricordano i pali dell’albero della cuccagna…” ironizzò Oscar.

“Beh, io non sono qui per giocare. Andiamo avanti e basta!” sbottò Andrea, che si diresse convinto verso l’uscita. Quest’ultima rimase perfettamente chiusa.

“Ma che cazzo?!” imprecò il ladro, analizzando con lo sguardo tutta la superficie dell’uscio, nella ricerca di un valido motivo per la mancata apertura.

“Non si apre?” chiese ingenuamente Sciullo.

“A te cosa sembra?” gli rispose ironica, ma anche seccata, Silvestri.

“E ora come si procede?” domandò Testa.

La risposta non si fece attendere. Arrivò sotto forma di un’artificiale voce metallica.

“BENE GENTE, PER APRIRE QUESTA PORTA DOVRETE PREMERE I DUE PULSANTI ROSSI SITUATI SU QUESTA PARETE, ESATTAMENTE ALL’ALTEZZA DELLA SOMMITÀ DELLE DUE PERTICHE”.

“Ma che gran…” Rosa fu però interrotta sul più bello.

“ED INOLTRE DOVETE ANCHE DARVI UNA MOSSA!”

Appena terminata la voce, infatti, i minuscoli buchi, presenti nelle restanti pareti della stanza, cominciarono a rigettare il solito gas verde.

“Ok gente, chi va? A parte Lupo…” di fatti Santucci notò subito che, il suo rivale, era già di fronte ad uno dei due pali.

“Con il suo permesso, commissario” si fece avanti Sarti.

“Bene, vai pure Simone!” gli rispose l’uomo.

Entrambi i prescelti erano di fronte alle due pertiche e, una volta che Wilson disse loro “Mi raccomando, fate attenzione!”, cominciarono la scalata.

Entrambi se la cavavano molto bene e, con grande rapidità, avevo raggiunto quasi la metà del percorso. Poi però ci fu un nuovo imprevisto: i due pali, infatti, cominciarono a scomparire nel pavimento metallico.

“Cosa?” esclamò Andrea.

“Maledizione!” fece altrettanto Simone.

“I pali scendono giù!” urlò Rosa, alquanto preoccupata.

La cima delle due aste era ormai molto più in basso rispetto ai due bottoni da premere.

“Provate a saltare!” suggerì Orsi.

Il militare ed il fuorilegge rifletterono sulla proposta dell’atleta. Presero una decisione: con un grande sforzo, erano nel vuoto.

La gente sotto di loro trattenne il fiato, mentre i due raggiungevano in volo la parete metallica. Purtroppo l’unico risultato fu che entrambi sbatterono violentemente contro la suddetta parete e poi precipitarono a terra.

Subito gli altri li raggiunsero.

“Simone, Andrea, state bene?” iniziò la Wilson.

“Siamo finiti!” si arrese Noro.

“Aspettate! Guardate i pali!” richiamò l’attenzione di tutti Silvestri.

Inaspettatamente, i pali stavano tornando alla loro posizione originale, fuoriuscendo dal proprio buco nel piano di metallo.

“C’è ancora una possibilità allora!” esclamò raggiante, più per la tensione che per altro, Sciullo.

“Questa volta però dovrete essere rapidissimi!” ordinò involontariamente loro Roberto Santucci.

“Perché non ci provi te, trippone?!” gli rispose a tono Andrea Lupo.

Il membro delle forze dell’ordine sorvolò sulla provocazione.

“Io ho un’idea: Dobbiamo raggiungere il prima possibile la cima del palo, salirci sopra e saltare, con una sola gamba, verso il pulsante” espose rapidamente il piano, Simone Sarti.

“Ci sto!” concordò con lui Lupo.

“Presto signori, il tempo non è a nostro vantaggio” suggerì Oscar Testa, che tornò nuovamente a voltarsi, per controllare il preoccupante avanzamento della letale nebbiolina verde.

Una volta che i due pali metallici terminarono la propria crescita, i due erano nuovamente di fronte ad essi. Questa volta scattarono ancora più rapidamente della precedente, con i loro corpi che, sebbene ben ancorati alle pertiche, sembravano sfiorarle appena. Le due semplici strutture erano già rientrate per un buon pezzo nel pavimento, quando i due uomini si trovarono, in equilibrio su di una gamba sola, nel piccolo cerchio che ne terminava la salita. Insieme, quasi in perfetta sincronia, si abbassarono sull’unica gamba di appoggio e balzarono in avanti. Tenendo le braccia ben tese in avanti, entrambi premettero i pulsanti di apertura della porta. Concludendo il tutto con un buon atterraggio a terra, aiutati anche dallo stesso muro su cui scivolarono docilmente  per tutta la fase discendente.

“Ce l’avete fatta ragazzi!” Tommaso fu il primo a complimentarsi con loro, nonostante ancora claudicante per la precedente battaglia, alle cui ferite Carla aveva provato a porre rimedio alla meglio.

“Posticipiamo i complimenti a dopo, ora pensiamo ad uscire di qui!” invitò tutti Roberto.

I dieci componenti uscirono rapidamente dalla porta che, come da aspettativa, si era aperta una volta premuti i due pulsanti, con il gas che, questa volta, era seriamente giunto vicino a loro, creando il panico su gente come Stefano Noro e Marco Sciullo.

 

  
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