t
Die,
die, we all pass away
But don't wear a frown cuz it's really
okay
And you might try 'n' hide
And you might try 'n' pray
But
we all end up the remains of the day. —Bonejangles
[Tim Burton's Corpse
Bride]
Le
luci elettriche continuavano a sfarfallare sinistramente mentre ogni
singola torcia si era estinta nel medesimo istante, come annullate da
un unico spiro di vento che non si era mai alzato, le piante piranha
di guardia si erano rintanate nei propri tubi con un sibilo di
assoluto timore, i feroci categnacci si erano rannicchiati sul posto
avvolgendosi intorno la lunga coda anellata con un guaito infelice e
tutti gli occupanti della fortezza erano stati improvvisamente
assaliti dai ricordi luttuosi dei loro cari che avevano perduto: tale
era l'effetto che la presenza dell'immortale Infernia, Regina
risoluta ed inflessibile sugli ingiusti caduti nell'abbraccio del
Game Over, non poteva sottrarsi dall'arrecare nella dimensione dove
le anime raccolte in terra erano preservate nel loro involucro fisico
dalla linfa vitale ancora palpitante. Lei era un'intrusa in quel
mondo, e come tale veniva avvertita.
Gli
unici che parevano sfuggire alla sua aura funesta, protetti da un
velo di magia benefica grazie al contatto coi cuori puri, erano i due
sovrani che le stavano in piedi dinnanzi a contemplare perplessi la
richiesta avanzata qualche secondo fa lì sulla terrazza principale.
«
E com'è che non ti sei rivolta al disponibile Mario per
quest'incombenza ricreativa? Ci hai forse presi per degli animatori
turistici? » replicò sardonico un Bowser non esattamente propenso a
prestarsi ad esaudire desideri altrui, nemmeno quelli di un'autorità
ben al di sopra della propria.
Gli
occhi corvini della Maestà Infernale si assottigliarono sino a
divenire affilati. « Perché non è colui che potrebbe giovare a sua
volta di tale favore, tanto da convincermi a depennare qualche
appunto nella sua biografia di ragioni per un posto in platea
nel mio Mondodigiù. » E inoltre la giudiziosa Principessa Peach,
presente anch'ella quella mattina presso il castello del koopa dopo
il millantesimo rapimento in lista, sarebbe stata un'ulteriore
garanzia che la delicata missione loro affidata venisse assolta con
la massima diligenza.
Né
la regina né il suo consorte potevano concedersi il lusso di
assentarsi dal rispettivo trono per più di qualche misera ora,
rischiando di far precipitare i regni dell'aldilà nel caos senza la
propria guida ad amministrare il costante flusso di nuovi arrivi ai
loro cancelli. Confidare negli unici punti di riferimento che
possedevano nella dimensione dei vivi era stata dunque l'alternativa
accettabile per far contenta la loro bambina.
Il
drago si impose sull'impulso di deglutire, aggrappandosi all'ultimo
briciolo della sua cocciutaggine. « ...e se avessi di meglio da
fare? » Tipo portare Peach a teatro a vedere quel famoso Lago dei
Cingoli-o-come-si-chiama ché ha detto di piacerle tanto...
Una
folgore spuntò dal nulla nel cielo terso e centrò come una freccia
sibilante lo stendardo più in prossimità del Re Koopa in sciopero,
incenerendolo all'istante insieme all'alabarda su cui era affisso:
segno che anche il venerabile Granbì aveva drizzato le orecchie. Fu
allora che si convenne un volta per tutte che nella vita fosse cosa
saggia tenersi stretti gli amici, ma ancora più stretti quelli che
ti avrebbero sistemato alla resa dei conti finale nell'eterno Game
Over.
«
Quanto tempo resterà sotto la nostra custodia? » domandò
discretamente Peach che dal canto suo non aveva nulla in contrario ad
ospitare la piccola nimbi, ma il pensiero che il cammino di Bowser
nel corso del tempo lo avrebbe veramente condotto alle fosche lande
dominate da Infernia l'aveva spaventata. Sapeva che il koopa era
stato ed era attualmente una canaglia di tutto rispetto, ma non aveva
mai creduto che si meritasse una sorte simile... Se l'intransigente
Regina del Mondodigiù gli stava offrendo davvero una chance per
alleggerire il suo fardello di colpe, andava presa al volo.
«
Solo per questa giornata. Allo scoccare della mezzanotte tornerà a
casa. » Il viso cereo dai tratti cesellati si inclinò lievemente
per adocchiare la fragile figura angelica librarsi accanto, sfiorando
appena il pavimento. Mentre lo sguardo della madre non sprizzava
affatto faville all'idea della breve gita oltre i confini sicuri
della sua dimora, quello di Farfabì non poteva riflettere più
entusiasmo. Era chiaro che dietro vi era stato un incessante
assillamento per aver convinto i due reggenti ultraterreni a piegarsi
infine al suo volere.
La
giovane turista si mosse verso la sua temporanea scorta in quel mondo
che tanto l'aveva affascinata e che aveva sempre sognato di
esplorare, arrestandosi dopo aver percorso qualche metro per
rivolgersi alla genitrice con la sua vocina altezzosa: « Madre, avrò
bisogno di confondermi con gli abitanti di questa terra se voglio
passare inosservata ».
Infernia
assentì con un impercettibile cenno del capo, increspando appena le
labbra nere mentre le modellava addosso il camuffamento perfetto
affinché la figlia avesse potuto bighellonare indisturbata tra i
vivi senza destare sospetti sulla sua identità.
«
Allo scoccare della mezzanotte vi farete ritrovare qua » ribadì
ferma trapassando Peach e Bowser col tono gelido di una mamma
apprensiva che faceva apparire le punte sulla corona e sulle spalline
della sua veste ancora più acuminate. « Non un minuto più tardi. » E
svanì in un battito di ciglia tra lingue di fuoco avernale, allo
stesso modo in cui si era materializzata sotto la luce del sole che
non era abituata a tollerare tanto a lungo.
«
Ma grazie mille della vostra cortesia » mugugnò Bowser a denti
stretti quelle parole che la regina si era dimenticata di
proferire.
L'attenzione
converse dunque sul prezioso carico che gli era stato lasciato tra le
mani.
Farfabì
indossava una mantella vezzosa intorno alle spalle che ricordava le
sue ali di nimbi quando si gonfiava al vento; sotto un semplice
abitino bianco ed un paio di talari adornati da due piccole alucce
piumate ciascuno e con eleganti lacci di cuoio che le avvolgevano i
piedi. I capelli di un biondo aureo erano ordinatamente raccolti in
un chignon laterale, scoprendo il viso delicato di una bimba appena
agli albori dell'adolescenza. Aveva tutto l'aspetto di un angioletto
caduto dal cielo: un'immagine mentale che non sopravvisse agli
iniziali cinque minuti di reciproca coesistenza.
«
Portatemi fuori da questa spelonca, non intendo restare rinchiusa qui
tutto il giorno ad appestarmi con questa graveolenza solforea »
espresse con cotal garbo la prima di un cospicuo elenco di pretese
che avrebbero caratterizzato quel dì in allegra compagnia.
«
Hai qualche suggerimento per alleviare il fiuto aristocratico della
nostra ospite? » domandò asciutto il koopa girandosi verso la
principessa, già consapevole che il conto alla rovescia per le
scorte quotidiane della sua pazienza fosse ufficialmente scattato.
Peach
si soffermò un momento a riflettere, passando in rapida rassegna le
mete papabili più azzeccate per garantire a Farfabì una gradevole
esperienza dalle loro parti, cioè nel mondo materiale, con un solo
giorno a disposizione. « Il parco divertimenti di Girasolandia »
propose schioccando le dita. L'Isola Delfina era un luogo incantevole
in mezzo al mare e ricco di attrazioni, musica e colori; non vi era
posto migliore sulla faccia del globo di quell'angolo di paradiso
terrestre dove si conciliavano meraviglie naturali e svaghi: un
tipino avido di novità come l'annoiata signorinetta lo avrebbe
certamente apprezzato.
«
E scomodarci fin lì per lei? » Sempre se Bowser era in vena di
collaborare, visto che doveva essere lui il primo a sforzarsi di fare
una bella figura.
La
principessa lo squadrò arcigna.
«
Va bene, va bene! Do l'ordine di preparare una fregata a levare gli
ormeggi e partiamo... »
Oltre
ad un mezzo abbastanza veloce per raggiungere più agevolmente la
loro meta, Peach reputò necessario adottare gli stessi accorgimenti
di Farfabì e mettersi in borghese per portare a termine
l'impresa senza attirare troppa attenzione. Con l'approvazione del Re
Koopa, propendé quindi per un vestito da spiaggia che le sfiorava
dolcemente le ginocchia, assai meno vistoso del suo abito regale, e
un cappello a tesa larga per proteggersi dai raggi solari mentre
Bowser la seguì, come sempre, in tenuta da Bowser.
Prevedibilmente,
per non dire in maniera scontata, Farfabì non si rivelò un
passeggero docile o che aveva familiarità alcuna con la virtù della
pazienza, anzi si poteva paragonare ad un picchietto pestifero che si
divertiva a piantonare il malcapitato di turno e tamburellargli il
cervello con domande semplici e fastidiose, precisamente mirate per
vedere fino a che punto la vittima avrebbe retto prima di perdere la
calma. Era un gioco che evidentemente doveva piacerle parecchio,
forte della sua immunità in quanto figlia dei sovrani e giudici
delle anime e pertanto intoccabile. Analogamente prevedibile fu
dunque la scelta con chi dei suoi due custodi fosse più appagante
prendersela.
«
Siamo arrivati? » la domanda ripetuta praticamente dall'inizio del
viaggio.
«
No » la puntuale risposta, accompagnata dal rumore lamentoso del
legno stretto tra le grinfie.
«
Siamo arrivati? »
«
Per l'ennesima volta: no!
»
«
Tra quanto arriviamo? »
«
Tra poco. »
«
Poco quanto? » insistette Farfabì pestando stizzita un piede sulle
assi.
«
Il tempo di essermi già pentito di questa cosa. »
«
Ah, capito. » Studiò attentamente l'esasperazione impressa nei
lineamenti imbronciati del koopa, il quale si ostinava a mantenere lo
sguardo fisso oltre la prua, assicurandosi che ciò si avverasse
molto presto. « Adesso siamo arrivati? »
«
Non ancora... » ringhiò Bowser, immensamente frustrato nel sentirsi
“indifeso” di fronte ad una spocchiosetta impertinente ancora
alle prese con la pubertà. « Perché non vai a fare qualcos'altro,
intanto? »
«
Non c'è nulla da fare qui. Ehi, questo a cosa serve? »
Una
palla di cannone sparata con un gran fragore da una delle bocche di
fuoco laterali sfrecciò sopra le onde e mancò di un pelo un
innocente peschereccio, schiantandosi in mare e provocando un geyser
di acqua spumeggiante che innaffiò abbondantemente l'equipaggio a
bordo. I pescatori rimasero impietriti a beccarsi in faccia gli
spruzzi di quell'attentato senza ragione, ancora restii a credere di
averla scampata.
«
Se non hai altro da fare allora vedi di startene ferma! » sbraitò
il drago tirandola via dal pannello dei pulsanti, furioso e allibito
da quella totale mancanza di criterio.
«
Come una statua? » Farfabì era inesorabile.
«
Sì, come una statua... » Un cadavere sarebbe meglio. « E
non toccare niente. »
La
ragazzina gli indirizzò un sorrisetto volpino, per nulla
impressionata se non divertita dall'espressione truce del bestione
palesemente irritato. « Posso toccare il ponte? »
«
Sì, puoi toccare il ponte... »
«
Posso toccare l'aria? »
«
Tocca quello che ti pare eccetto i comandi » tagliò corto lui con
quella pagliacciata prima di soccombere all'istinto.
«
Okay! » E si mise a punzecchiargli il braccio con un dito.
Vi
erano state occasioni in passato, e non poche, in cui Bowser
si era costretto a compiere un supremo sforzo di volontà onde
evitare di cedere alla tentazione della violenza e fare tabula rasa
tutt'intorno finché i pugni non avessero smesso di formicolargli per
il nervoso. Questa davvero le passava tutte quante.
Peach
decise di intervenire prima che il koopa, letteralmente fumante di
rabbia, sradicasse la ruota del timone dalla poppa in un impeto di
follia e li condannasse a far naufragio: « Farfabì, cara, perché
non vieni con me a guardare i delfini che giocano sotto la nave? ».
Fortunatamente
l'esca parve catturare l'interesse della piccola istigatrice: « Cosa
sono i delfini? ».
La
scoperta fu commemorata da battiti di mani e gridolini deliziati
nell'ammirare dall'alto quelle buffe creature dalla forma affusolata
che, per motivi sfuggenti al comprendonio, indossavano un paio di
occhialini sul muso naturalmente arcuato in un sorriso mentre
cantavano ed emettevano i caratteristici scricchiolii articolati,
guizzando e piroettando tra le increspature marine proprio sotto
l'ombra rapace della fregata che fendeva il vento di ponente. Farfabì
si sporgeva dal parapetto estasiata tendendo una mano verso di loro,
come in un bramoso tentativo di accarezzarli. Osservandola
sbracciarsi e ridere liberamente senza quella palpabile arroganza che
si portava sempre appresso, suscitava finalmente la tenerezza di una
bambina della sua età che si commuoveva per qualcosa di bello.
Che
l'isola dove erano diretti avesse in comune la sua morfologia coi
simpatici cetacei, oltre al proprio nome, fu dunque una peculiarità
che Farfabì si rese conto di amare già scorgendola da lontano.
Peach le spiegò che anche le coste delle altre componenti
dell'arcipelago condividevano ognuna la sagoma di un differente
animale marino, molti dei quali purtroppo completamente estranei alla
ragazzina che le confessò pacata di non aver mai visto prima di
allora distese liquide più vaste dell'infido Ztige, il fiume di
lacrime nel Mondodigiù, la cui fauna era vivacemente costituita da
grinfie scheletriche di indole tutto fuorché amichevole: un'ingrata
alternativa a pescetti, granchi, tartarughe o qualsivoglia
innoffensivo esempio di creatura acquatica.
Con
una certa perplessità Peach individuò un solo palmense a riceverli sulla pista del modesto aeroporto costruito su tre atolli poco
distanti da Delfina, munito di giubbotto riflettente da marshaller
mentre gesticolava energicamente indicando loro di atterrare e/o
attraccare lì e non sulle sponde dell'isola. Per non terrorizzare
gli altri turisti, intuì senza sforzo grazie all'immagine della
vistosa polena sulla prua a rappresentare il ghigno minaccioso del
proprietario.
Il
nativo dalla chioma fogliosa aveva la pelle di un grazioso azzurrino
sotto lo sgargiante gilet d'ordinanza e si appropinquò cautamente
osservandoli timoroso sbarcare. Non appena riconobbe il volto di
colei che da anni era ospite graditissima dell'isola (tanto che uno
dei lidi portava il suo nome in segno di amicizia), la fanciulla lo
vide risalire di qualche tono sulla scala del blu e realizzò che
prima il palmense fosse semplicemente impallidito di paura.
«
È sempre un piacere riavervi qui, Principessa Peach » le porse i
suoi omaggi con una riverenza adocchiando dubbioso il grosso koopa
alle spalle della giovane, fautore confermato di precedenti malefatte
che non avevano risparmiato persino quell'idilliaca oasi tropicale in
mezzo al mare.
Una
volta che la principessa lo ebbe tranquillizzato sulle intenzioni
prive di malizia del famigerato Re Koopa e messo poi al corrente del
motivo della loro visita (omettendo che la loro piccola ospite fosse
legata nientepopodimeno che ai giudici eterni dell'oltretomba),
gli altri membri dello staff aeroportuale spuntarono fuori come
funghi a dar loro il lieto benvenuto con la tipica esuberanza
palmense, cioè sommergendoli di variopinte ghirlande floreali.
Siccome nessuno si arrischiò comunque a ridurre troppo la distanza
dal drago ma allo stesso modo si voleva evitare di escluderlo per non
alterarlo, qualche improvvisato stratega risolse da sé e Bowser si
ritrovò con una manciata di coroncine letteralmente piovute in
testa, altrettante a penzolare dalle corna a mo' di festoni ed una
discreta cifra anche sugli spuntoni del carapace nell'imitazione di
una sorta di lancio degli anelli. Il re tirò un lungo respiro prima
di concedere un asciutto ringraziamento, incitato dalla punta di uno
dei sandali di Peach.
Fu
allora che Farfabì realizzò di non apprezzare il polline, tornando
alla sua solita giovialità nemmeno al terzo starnuto. « Cosa
aspettate, un segno dal cielo? Mio padre ha di meglio da fare. Orsù,
scortateci sull'isola! » dispose autoritaria come era abituata a
fare a casa propria.
Nel
terrore di scontentare il koopa che già non pareva in partenza di
umore eccelso, i palmensi li accompagnarono in barca sino alla sponda
opposta con la tempestività di vogatori olimpionici.
Un
secondo comitato di benvenuto stava sull'attenti davanti al molo,
pronto a riceverli in teoria, ma non appena gli ignari isolani si
resero conto di chi costituisse un terzo abbondante degli
arrivi freschi si gelarono sul posto, parandosi dietro le stesse
ghirlande che avrebbero dovuto porgere intonando il canto rituale di
buon auspicio. Farfabì non vi fece proprio caso, più interessata a
guardarsi intorno come un uccellino al suo primo volo fuori dal nido,
mentre Peach avvertì le gote bollire cogliendo le occhiate
sbigottite che si spostavano rapide tra lei e Bowser per soffermarsi
sulla bambina che li precedeva, nella morbosa ricerca di somiglianze
fisiche, costruendosi inevitabilmente un'idea sbagliata sull'intera
faccenda...
«
Fuori dai piedi! » li mise in fuga il drago, inorridito alla vista
di altri fiori da usare contro di lui.
Questa
volta non gli giunse obiezione.
Il
grande parco dei divertimenti si trovava dall'altra parte di Delfina,
esattamente sul triangolo della pinna caudale, raggiungibile solo per
mezzo di un traghetto sbuffante che doveva aggirare il dorso curvo
dell'isola, ma consentiva di godere di una prospettiva mozzafiato del
Vulcano Corona fortunatamente assopito ed ammirare i lidi
lussureggianti ancora incontaminati dalle tracce dei turisti, la
foresta frondosa che rappresentava la dimora ancestrale dei palmensi
e la tranquilla baia dove i noki (un popolo originario del luogo che
di rado si mostrava in superficie e discendente non troppo lontano
dei molluschi) conducevano in completa serenità la loro esistenza
sott'acqua mentre non erano impegnati ad aiutare con l'organizzazione
dell'isola.
Approdarono
finalmente sulle rive dell'atollo su cui Girasolandia stava annidata
e fu allora che la trepidante Farfabì poté scatenarsi, tanto che
sia Bowser sia Peach faticarono a starle dietro e rischiarono di
perderla di vista svariate volte in mezzo al flusso di visitatori,
costantemente all'ombra della spada di Damocle di incorrere entrambi
nell'ira di Infernia se le fosse accaduto qualche incidente in tali
vulnerabili sembianze.
«
Perché siete così lenti? » si lamentò sdegnata la nimbi che coi
suoi talari non aveva problemi a coprire lunghe distanze senza
nemmeno toccare il terreno, mentre loro due non potevano fare altro
che arrangiarsi con le proprie gambe; e sotto i raggi del sole
tropicale non era decisamente il massimo.
«
Abbiamo tutto il tempo per fare il giro completo » le garantì la
principessa asciugandosi il sudore dalla fronte. « Resta vicino a
noi, altrimenti non ti permetteranno di salire sulle giostre da sola.
» Questa non si poteva definire esattamente una regola generale, ma
preferì mentirle per porre fine a quell'estenuante gincana. Al suo
fianco Bowser anfanava come un mantice e col mal di milza, troppo
impegnato ad inspirare grosse boccate d'ossigeno per aggiungere la
sua e, a giudicare dalle folate di fumo scuro che gli uscivano dalle
fauci insieme al fiato, era meglio così.
L'affluenza
di turisti era stata talmente fitta negli ultimi tempi che le vecchie
attrazioni avevano necessitato di notevoli miglioramenti e nuove
erano state addirittura costruite da zero per ampliare il luna park
ed accogliere tutte le comitive e le famiglie che desideravano
trascorrere qualche oretta di trastullo prima di andare a crogiolarsi
in spiaggia. Una comodità indiscussa per gli ultimi tre arrivati
consistette nel non essere costretti a sorbirsi la lunga coda per il
biglietto, siccome la gente si scansava istantaneamente al loro
passaggio neanche fossero ricoperti di filo spinato. Il piano di
partenza, ossia agire senza clamore, mostrava effettivamente
qualche falla se già si teneva in conto della presenza del Re Koopa
in persona e poi di una singolare ragazzina che poteva
tranquillamente svolazzare sopra le teste altrui, come se fosse stata
la cosa più normale del mondo. Peach le chiese di limitare tale
lusso finché non fossero tornati sulla nave, almeno per mantenere
l'ultimo straccio di discrezione che gli restava. Farfabì sbuffò
con sufficienza ma si abbassò magnanima a concederle l'onore di
calpestare nella loro stessa polvere.
Una
ad una le fecero provare le giostre che Girasolandia vantava e quel
sorriso gioioso fece di nuovo ritorno sul faccino perennemente
malcontento: le Navi Pirata, la Ruota Panoramica, la Casa degli
Specchi, i Tappeti Elastici, il Tagadà, il Viaggio del Torcibruco
(una variante non troppo dissimile del Brucomela che noi tutti ben
conosciamo), la Medusa Ballerina... I due sovrani accordarono sui
turni nel caso in cui era richiesta la compagnia di un adulto,
sebbene il Re Koopa si rifiutò categoricamente di salire su quelle
troppo infantili e rise di gusto quando la signorinetta dell'aldilà
sbatté il naso correndo contro una delle false pareti nel labirinto
di specchi deformanti: cosa che Farfabì, con la vista offuscata da
un velo di lacrime trattenute per orgoglio, non mancò di legarsi al
dito.
Per
le montagne russe invece se la giocarono a morra cinese. Peach si
aggiudicò il diritto di restare al sicuro coi piedi a terra ad
ammirare lo spettacolo, armata di macchinina fotografica usa e getta,
mentre Bowser trascorreva i suoi peggiori cinque minuti della
giornata a più di centotrenta chilometri orari tra giri della morte,
discese ripidissime e curve a cavatappi. Non contribuì in positivo
il fatto che una vendicativa Farfabì avesse preteso pure il bis.
Al
termine della corsa la bambina salto giù dal vagoncino, pimpante e
fresca come una rosa. « Tutto okay? » chiese non senza una punta di
malizia alzando il mento per incontrare lo sguardo annientato del
drago.
«
Sì » fu la dignitosa bugia.
Farfabì
trotterellò verso la giostra successiva e Peach gli si
avvicinò con discrezione. « Tutto okay? »
«
No, mi devo sedere un attimo » mugolò ancora nauseato,
accasciandosi sulla panchina più vicina.
«
Dai, pensa che stai facendo tutto questo per un buon fine. » La
principessa gli diede qualche solidale pacca sulla spalla mentre lui
si riprendeva con calma.
«
Ti preoccupi per me, Peachy? »
«
Se non lo faccio io, allora chi? » sospirò la fanciulla. «
Considerando in che situazione ti sei messo da solo con la tua
infallibile dote di combinare guai... »
«
Sono fatto così. » Il drago fece un gesto di indifferenza,
all'apparenza neanche minimamente scalfito dalla previsione di
Infernia.
«
Possibile che non ti importa davvero se finirai laggiù?! Noi abbiamo
avuto persino il privilegio di conoscere come sia e tu fai finta di
niente. Tanti avrebbero tentato di riparare se solo avessero saputo
prima a cosa sarebbero andati incontro. » Peach si alterò di fronte
a quella spavalderia troppo spericolata.
Avevano
testimoniato entrambi cos'era l'ade riservato alle anime imbrattate
da colpe mortali: un limbo triste e spento dove la luce del sole era
destinata a divenire un ricordo indistinto, dove andava scontata
un'eternità di espiazione in mezzo al nulla; solo nebbia, angoscia e
solitudine. Convivere con la consapevolezza opprimente che un posto
simile sarebbe toccato a lui...
«
Io non sono uno fra tanti » la corresse con disarmante serietà. «
Sono fedele alla mia natura e non cambierò certo per codardia.
Quando giungerà il mio momento affronterò a testa alta ciò che mi
attende, come il Re più grande della Terra Oscura che sempre sono
stato e che sarò sino all'ultimo dei miei giorni. »
Peach
lo fissò muta per qualche secondo, come se le avessero proposto un
gioco di parole di cui non riusciva ad afferrare il senso. «
Accidenti a te! » sbottò poi a due centimetri dal muso paffuto. «
Se non vuoi farlo per te stesso, come ti pare. Ma questa sera
dimostreremo a Infernia che commetterà un grosso sbaglio ad
assegnarti al suo Mondodigiù, cascasse pure il cielo! » E marciò
via a passo battagliero, sbattendo le infradito sul pavimento e col
viso contratto in un'espressione più furiosa che risoluta.
Bowser
la seguì con lo sguardo dalla sicurezza della sua panca,
meravigliandosi non poco di come Peach fosse perfettamente capace di
mettersi in gioco a testa bassa per aiutarlo e al contempo avercela
con lui.
Fu
il turno dei Gusci Rotanti, ossia una riproposizione noki della
classica giostra delle tazze, con la sola differenza di essere
un'esperienza esattamente tre volte più vorticosa poiché le
conchiglie colorate non erano collocate soltanto sulla tipica
piattaforma girevole, ma anche su dei dischi all'interno che
ruotavano fluidi su loro stessi ed inoltre dentro ai gusci era
presente un volante che permetteva di farli mulinare a piacimento sul
posto. Nulla di cui sorprendersi dunque se la principessa, vittima
sacrificale di turno, rischiò a giro concluso di ruzzolare giù
dall'attrazione tanto il senso di sbandamento.
«
È stato uno spasso! » sentenziò soddisfatta Farfabì che aveva
abusato per tutto il tempo del volante della loro conchiglia.
«
Possiamo fermarci un momento? Non mi sento tanto bene » chiese
debolmente Peach cingendosi la fronte con una mano e tastando l'aria
con l'altra.
«
Neanche per sogno! Voglio vedere l'Antro dello Spauracchio »
l'inclemente risposta.
Nessuno
dei due tutori temporanei palesò grande entusiasmo per la prossima
tappa in programma: la principessa si vergognava ad ammettere di
provare una certa impressione per quel genere di giostre alla sua
età, mentre Bowser le trovava mortalmente barbose.
«
Appena Peachy si sarà riposata un minuto... » Il re aiutò la
fanciulla a sedersi su una panchina, ancora mezza stordita dalla
danza turbinosa dei gusci.
«
No, voglio andarci adesso! » lo interruppe seccata la giovane nimbi
infischiandosene altamente delle condizioni di quest'ultima.
C'era
un limite a tutto. Il
drago scattò punto sul vivo: « Sono stanco di queste lagne
continue, signorinella. Noi ti stiamo facendo un favore e non siamo
al tuo servizio, perciò comincia a tenere un comportamento
accettabile se non vuoi che concludiamo seduta stante questa giornata
di svaghi e ce ne torniamo dritti alla mia noiosa spelonca
puzzolente! ».
«
Mia madre ti punirà se ti rifiuti di obbedire » ribatté svelta
Farfabì, fin troppo fiduciosa.
«
E che farà? Mi spedirà nel suo Mondodigiù? Notiziona: tanto ci
finirei comunque. Quindi per quale motivo dovrei pure disturbarmi per
te che non hai fatto altro che tirare troppo la corda da quando
questa seccatura ha avuto inizio? E non hai ancora capito che né
Peach né io, specialmente io, siamo agli ordini di chicchessia, ma
siamo qui per nostra scelta e perché i tuoi hanno insistito. Per
quanto mi riguarda, se godere di un misero sconticino sulla mia
fedina penale vuol dire dover reggere oltre una ragazzina ingrata e
insoffribile come te, preferisco portarmi tutte le colpe che ho
commesso nella tomba. Una in più o in meno non mi cambia certo
l'esistenza. »
Le
guance sul visino angelico si erano imporporate. Mai prima di allora
qualcuno aveva osato rivolgersi a lei in quei termini, nemmeno i suoi
genitori che non sapevano sottrarsi dall'accondiscendere ad ogni suo
capriccio per renderla felice, unica figlia diletta e luce dei loro
occhi, nei rispettivi regni di nuvole e tenebre. Bruscamente come le
erano arrivate assieme al loro giudizio, le parole di Bowser
l'avevano costretta a prendere coscienza della sua condotta e
dell'effetto che aveva sugli altri, poiché Farfabì non era affatto
ottusa pur restando molto viziata e tendenzialmente egocentrica:
un'ulteriore caratteristica che solitamente si manifestava a
braccetto con la prima.
Il
drago sembrava veramente ad un passo dal caricarsi in spalla la
principessa stordita e puntare senza remore verso il molo per
dirottare il primo traghetto a tiro e tornarsene alla sua nave.
«
Scusatemi... » fu l'inattesa risposta che lo bloccò un attimo prima
che agguantasse Peach per levare finalmente le tende. « È solo che
questo è l'unico giorno che potrò trascorrere qui nel vostro mondo,
perché ai nimbi non è concesso farvi ritorno una volta accolti nel
Regno dei Cieli, altrimenti l'ordine della vita verrebbe stravolto.
Però io non sono mai stata da questa parte e volevo vedere e provare
più cose possibile prima di dover già separarmene per sempre.
Restiamo ancora un altro po', vi prego... »
Bowser
non si lasciò intenerire. « La pianterai di fare l'odiosa e vedrai
invece di rigare dritto fino alla fine di questa giornata? »
Farfabì
annuì.
«
E vedrai anche di essere sempre rispettosa con noi e di tenere a
freno la lingua? »
Farfabì
annuì.
«
Bada di comportarti bene, dunque. Al primo verso che non mi piace ce
ne andiamo di corsa. Ci siamo intesi? »
Farfabì
annuì di nuovo senza azzardarsi ad incontrare lo sguardo severo che
incombeva sopra di
lei.
«
Ecco, così va meglio » commentò il koopa placandosi. « Siamo
pronti per proseguire, Peachy? » Si voltò ad accertarsi premuroso
che la sua principessa avesse recuperato le forze.
La
fanciulla mostrava l'espressione di chi aveva appena testimoniato
un'apparizione divina. « Certo » rispose con una nota di rispetto
tutta nuova.
Lo
sfogo parve aver sortito la giusta reazione, perché da lì in poi
ogni cosa divenne più facile e Farfabì decisamente più trattabile,
anzi sembrava quasi che si fosse trasformata in un'altra ragazzina e
le due guide riconquistarono con sollievo il controllo totale della
situazione. Fu Bowser infine ad offrirsi volontario per accompagnarla
nella casa degli orrori e, quando il vagone raffigurante la testa di
un idolo spaventoso fece capolino all'uscita della giostra,
condividevano per giunta il medesimo sguardo impassibile e vagamente
annoiato.
«
Che ne pensi? » Il koopa abbassò gli occhi su di lei in attesa del
verdetto.
«
Come fissare la vernice che si asciuga. » Farfabì, avvezza a vedere
ben di peggio nella sua seconda dimora del Mondodigiù, alzò la
testa verso il suo muso e per un momento si stabilì una sottile
intesa tra i due. Quello fu straordinariamente il loro primo punto
d'incontro su qualcosa.
Peach
ebbe poi l'idea di proporle altro da sperimentare oltre al
divertimento approfittando di una pausa tra i vari chioschi di
ghiottonerie, sebbene i nimbi fossero immuni allo stimolo della fame
in quanto composti ormai di solo spirito e svincolati dalle materiali
necessità delle vestigia mortali. Tuttavia non poteva affermare di
aver vissuto almeno per un giorno senza aver prima provato un
assaggio di quelle delizie che i bambini amavano infinitamente.
«
Cos'è? »
«
Zucchero filato alla fragola. » La principessa le porse su di un
bastoncino quel curioso sbuffo di nembo dall'odore allettante. Era
come se qualcuno lo avesse strappato dal cielo ai primi raggi
dell'alba.
«
È soffice come una nuvola ma ha un buon sapore! » osservò
estasiata leccandosi i polpastrelli appiccicosi. L'idea folle che
tutti i nimbi del Mondodisu avessero cominciato all'improvviso a fare
scorpacciate delle cortine candide su cui l'intero Regno Celeste
sorgeva, ritrovandosi in breve tempo senza pavimento, la fece
scoppiare a ridere immaginando la scena e la faccia di suo padre.
Quel
riso sincero mandò definitivamente in frantumi la maschera di
egoismo e antipatia che si era creata nei lunghi anni incolori di
immobilità, nascosta e controllata a vista ogni secondo nel tetro
Mondodigiù per tutelare il cuore puro che aveva custodito nel suo
petto, agognando di
scorgere la fine di quella cupa detenzione e riavere la libertà del
paradiso sconfinato a cui apparteneva e che le era stato negato per
proteggerla, assieme all'intero creato per cui aveva poi accettato di
sacrificarsi.
Bowser
era abbastanza risollevato d'umore da lasciare che gli si
arrampicasse in cima al guscio, postazione di norma riservata
esclusivamente ai suoi cuccioli che potevano osar tanto,
accomodandosi nello spazio sicuro tra il bordo liscio e gli spini
sugli scuti robusti e godendo così di una prospettiva privilegiata
su tutti mentre
lentamente si apprestavano a terminare il giro del parco.
«
Vorrei che questo giorno non finisse mai » sospirò Farfabì
cingendo il grande peluche a forma di delfino che il drago aveva
vinto al tiro a segno, demolendo la
pesante piramide di lattine in un sol colpo.
«
Mi sono divertita anch'io » convenne Peach, anche lei lieta
detentrice di un calamako di pezza di pari dimensioni (il bonus per
aver pure sfondato la parete). Decise che lo avrebbe sistemato in
camera sua, accanto a quello più piccino che teneva con sé da
quando era troppo piccola per ricordare come lo aveva avuto:
sicuramente uno dei vari balocchi che le avevano donato i suoi
sudditi.
«
Il sole è già calato, dobbiamo partire se vogliamo rispettare gli
accordi. » Il tono di Bowser non lasciava spazio a repliche, ma non
vi era traccia di malanimo; semplicemente non potevano protrarre
oltre la loro sosta. Nemmeno a lui in fondo sarebbe dispiaciuto
trattenersi qualche oretta in più insieme alla sua principessa e
tutto sommato aveva avuto modo di rivalutare quella giornata. Si
convinse che sarebbero tornati più spesso a Girasolandia in futuro,
ma sull'ottovolante Peach ci sarebbe andata da sola.
Il
traghetto di ritorno tracciò il percorso più breve, passando vicino
alla natatoia pettorale di Delfina dove era fiorito il prosperoso Porto
Giocondo, frequentato da un flusso costante di navi mercantili e
anche qualche yacht passeggero. Al momento dell'addio verso quel
luogo che in un giorno soltanto
le aveva offerto emozioni
forse irripetibili, in un mondo da cui era giunto troppo in fretta il
tempo di distaccarsi, a Farfabì si riempirono gli occhi di lacrime e
Peach comprensiva le avvolse un braccio intorno alle spalle
stringendola a sé mentre risalivano in silenzio a bordo della nave e
Bowser ghermiva il timone tra le grinfie per salpare, fingendo che la
malinconia della bambina non lo avesse coinvolto almeno un po';
proprio lui che oltre ad essere un re era anche un padre che non
avrebbe esitato a battersi sino alla fine e portarseli al sicuro in
capo al cosmo, i suoi figli, piuttosto che rassegnarsi alla pena
atroce di vederseli sottrarre come invece avevano fatto Infernia e
Granbì, perfino se ne fosse dipesa la sorte del mondo intero.
Il
koopa fu distratto dal suono consolante della voce di Peach, intenta
a narrarle leggende di figure gloriose stendendo un braccio verso la
volta notturna per indicare gli astri ed i pianeti a rappresentarle.
Molti di quei racconti li conosceva già, perché aveva origliato
dietro l'angolo quando i bowserotti più piccoli le
si accoccolavano intorno di
sera sul divano, mentre altri la principessa previdente li teneva
ancora in serbo per le prossime occasioni in cui si sarebbero
riuniti. Erano le stesse
storie che i toad le avevano letto da bambina e che lei stava a
propria volta tramandando ai suoi cuccioli, storie di virtù e
giustizia che avrebbero potuto ficcar loro in testa qualche balzana
idea poco malvagia, ma che lui tollerava con indulgenza.
Probabilmente Peach non si rendeva conto della sua predisposizione
materna in tutte le premure che gli riservava, ma le venivano
semplicemente spontanee; addirittura con Farfabì, la quale vi aveva
trovato rifugio dalla tristezza e l'ascoltava rapita seguendo con gli
occhi la direzione della mano delicata che scorreva sul firmamento.
Giunti
alla lugubre fortezza tra i fiumi di lava con un leggero anticipo, la
nimbi non fece più menzione dell'odore di zolfo e trotterellò
curiosa verso un grosso cespuglio di piante piranha in cortile,
recependo le raccomandazioni della principessa sul non provare ad
accarezzarle.
Bowser
dettò disposizioni sui turni di guardia per Mario e quando si girò
la scorse puntare l'indice su un bulbo alla volta blaterando allegra
chissà cosa. Il koopa si appropinquò osservandola scettico. « Che
combini? »
«
La recluta che mi ha regalato queste mi ha risposto che non hanno
nomi, così glieli sto mettendo io » spiegò Farfabì raggiante,
lanciando altre striscioline di carne essiccata alle bocche dentate
che scattarono sibilando per azzannarle al volo.
«
Ah, sì? » Giammai a qualcuno era frullato per la testa di
battezzare un groviglio di piante piranha. In genere si dava maggiore
priorità a mantenerglisi alla larga.
«
Sì, lui è Uriele, lui Nataniele, Raziele, Aniele, Iezalele, quello
là sotto Castiele, poi Enediele, Remiele, Amitiele, Muriele e a
sinistra Ituriele, Zutiele, Mitzraele, Ofaniele, Sachiele e quello lì
più piccino Tamiele. E di' ciao anche a Iliele, Esediele, Tagriele,
Seheliele, Fanuele, Ataliele... »
E
certamente non con nomi di angeli.
Mentre
lui era impegnato ad assecondare quell'assurda volontà dando ordine
di inciderli tutti su di una targhetta da affiggere accanto alla
famelica pianta da guardia, perfettamente consapevole ed incapace di
biasimare l'occhiata incredula che il tipo timido gli stava
indirizzando da dietro la sua maschera (sì, era serissimo e, sì,
mai stato meglio, grazie; poche chiacchiere e marsc'!), Peach
e Farfabì salirono in terrazza ad attendere il ritorno della regina
l'una amorevolmente stretta all'altra. Conoscendo la sua dolce
principessa, Bowser non ne fu sorpreso e le seguì preferendo restare
in disparte nella sala comunicante, ascoltando la ragazzina parlarle
ininterrottamente di tutte le meraviglie del mondo sopra le nuvole,
degli amici che aveva tra gli altri nimbi ed i servizievoli i D-moni
alle dipendenze della madre, di quanto aveva dovuto insistere ed
impuntarsi per aver infine convinto i suoi genitori ad acconsentire a
lasciarle visitare almeno una volta la terra dei vivi e della loro
tendenza all'iperprotettività ancora dura a morire...
Sebbene
fosse ormai notte fonda, uno spiraglio di luce si insinuò
timidamente da uno dei finestroni della stanza e Granbì in persona
si manifestò a recuperare la discendenza. Il vetusto guardiano delle
anime pure agitò appena le ali portanti tutte le sfumature del cielo
e coloro che avevano rimembrato con amarezza la sofferta separazione
dai loro cari, grazie ai tragici influssi della presenza di Infernia,
trassero infine conforto nella certezza che qualsiasi rimpianto era
stato scacciato dall'amore di ogni lieto momento assaporato e che un
giorno vi sarebbe stato il fatidico ricongiungimento con la medesima
serenità.
«
Mi aspettavo la tua signora » osservò Bowser. La presenza di una
delle più eminenti e temibili sovranità del Game Over come al
solito gli faceva un baffo.
«
C'è stata un po' di ressa nel Mondodigiù ed è stata trattenuta »
si limitò a rispondere Granbì, quasi si trattasse di una banale
conversazione di ordinaria amministrazione.
«
Suppongo che manterrà comunque la sua parola. »
«
Avete fatto un buon lavoro » assentì la Maestà Celestiale
avviandosi verso il balcone. Aveva buttato un occhio ogni tanto per
sincerarsene.
«
Aspetta un attimo... »
Lo
spirito si voltò.
«
Per Peach c'è il tuo Mondodisu, dico bene? »
«
La Principessa Toadstool è destinata al mio dominio di pace eterna,
grazie alla sua bontà d'animo e alla sua determinazione nel
prodigarsi per gli altri » Granbì riferì ciò che era praticamente
scontato.
«
Quindi non potrò rivederla mai più? » era questa la vera domanda
che premeva di farsi sentire.
La
spiegazione del guardiano celeste fu breve e coincisa: « Tra le
anime del Mondodigiù e del Mondodisu è impossibile che avvengano
contatti. Una volta assegnate al proprio regno, sia esso dei Cieli o
delle Ombre, a tale apparterranno per sempre e mai potranno valicarne
i confini ».
«
E immagino che non sia prevista un'eccezione nemmeno per chi ha
salvato il mondo da distruzione certa, giusto? »
Granbì
non parve gradire affatto tanta sfrontatezza. « Credo che la mia
consorte l'abbia già concessa ammonendoti sulla tua condotta, un
gesto che puoi star certo non si ripeterà per nessun altro, siccome
anche il tuo aiuto è stato prezioso per scongiurare la profezia
nefasta. Tuttavia, per quanto determinante il tuo contributo si sia
dimostrato, al giudizio finale non si glissa sul percorso di una vita
intera ed entrambi sappiamo che non avresti mai accettato di offrire
la tua forza e il tuo fuoco se non fosse stata lei a
chiedertelo. »
Bowser
non replicò.
« "Sei ancora in
tempo per correggere qualcosa se credi che vi sia una ragione per cui
ne valga la pena, se non per te stesso". Questo era il messaggio
che mia moglie intendeva lasciarti, in cambio di un giorno in terra
per nostra figlia. »
«
Non bastava metterlo in chiaro dall'inizio? »
Granbì
fu abbastanza saggio da ignorarlo. « Come usate accomiatarvi tra voi
perituri, ti direi arrivederci, ma questo dipende unicamente da
te. Infernia ed io siamo i giudici di ciò di cui vi siete già resi
artefici, il vostro futuro sta a voi da definire e noi possiamo solo
cercare di indovinare in base alla nostra vasta esperienza, finché
non ci avrete confermato la direzione che avete alfine scelto. A tal
proposito, abbiamo fatto una scommessa su di te se ti interessa
saperlo. »
Il
koopa lo guardò storto. « Scommettete sulle anime dei vivi? »
«
Siamo immortali e costantemente oberati di lavoro. Qualche piccolo
svago ce lo possiamo permettere. »
Granbì chiuse lì il discorso corrugando le folte sopracciglia e
passando oltre. Non restava loro più altro da dirsi.
Durante
i lacrimevoli saluti Farfabì esigette un abbraccio pure da lui ed il
drago chinò restio il grosso muso per ritrovarselo strizzato tra due
ali di nimbi ed un delfino di peluche. « Nemmeno a me piace quel
tizio baffuto col cappello rosso » gli confessò in un sussurro
prima di ascendere al cielo, circondata dai lembi candidi delle vesti
del padre. La giovane guardiana di anime si sentiva triste, ma la consapevolezza che si
sarebbero comunque rivisti un giorno la consolò e si avvinghiò al
suo regalo a simboleggiare quell'esperienza indimenticabile che
l'aveva anche aiutata ad aprire gli occhi su se stessa. La prossima
volta sarebbe toccato a lei fare loro da guida per ricambiare il
favore.
Granbì
gettò un ultimo sguardo sull'insolita coppia prima di scivolare nel
portale di luce eterea e rientrare nel suo regno bianco: la
principessa sorrideva agitando una mano e sporgendosi appena oltre il
balcone ed il drago era invece intento a rimirarla, probabilmente
assorto su ciò che Infernia gli aveva lasciato da meditare.
Persino
loro, amministratori eterni del Game Over, avevano compreso sulla
propria pelle quanto prezioso fosse il valore di una singola vita ed
intenso il tormento della sua perdita. Per gioconda ironia della
sorte, avevano condiviso una delle pene più crudeli che insidiavano
la dimensione dei vivi e si erano scontrati col cordoglio di un
lutto, cullati nell’illusione che la morte con cui avevano
convissuto fianco a fianco da millenni, taciturna compagna di
esistenza dalla quale il loro antico compito aveva origine, non gli
si sarebbe mai rivoltata contro riducendoli alla stregua degli inermi
in balia dei suoi imprevedibili capricci. La sofferenza patita quando
avevano creduto che colei che erano giunti ad amare veramente come la
loro bambina fosse svanita per sempre (un concetto del quale nessun
altro meglio dei due spiriti guardiani conosceva il peso), aveva
provato ad entrambi il contrario.
Tuttavia
la loro piccola gioia aveva fatto ritorno a casa, poiché l'anima di
Farfabì non era andata distrutta ma sorprendentemente si era scissa
dall'energia del manufatto sacro, essendo una nimbi a tutti gli
effetti con la sua personalità e le sue emozioni, e la felicità più
grande era germogliata sulle ceneri del dolore.
Era
stata forse tale rivelazione personale a spingere la sua oscura
consorte a fare un passo verso quella testa calda di un koopa, o
forse un barlume di umana compassione aveva aperto una breccia nel
suo cuore di madre? Infernia sapeva ancora costituire un mistero se lo
desiderava e nemmeno lui era capace di scrutare oltre il suo
bellissimo volto diafano.
Non
ci resta che aspettare per decidere chi avrà ragione e chi torto,
concluse Granbì ripensando alla scommessa attualmente in vigore.
Certo è che stare a contatto con quella brava fanciulla non può
fargli altro che bene.
Nota
d'autrice:
Non
è stato facile stabilire quanti anni potesse effettivamente
dimostrare Farfabì, essendo una creatura dell'aldilà che non ha
affrontato il consueto percorso vitale prima di divenire un nimbi, ma
quella fissazione di incontrare il suo principe
azzurro mi ha suggerito che fosse in verde età. Il particolare dei
calzari alati e caratteristici del dio Mercurio l'ho voluto
aggiungere al suo look poiché, tra tutti gli oneri cui doveva
adempiere il messaggero dell'Olimpo, era inoltre colui che aveva
l'incarico di condurre le anime dei defunti negli inferi e ho pensato
che in futuro anche Farfabì avrebbe dato il proprio contributo
nell'attività dei genitori.
Il
parco divertimenti di Girasolandia non è inventato da me, ma si
tratta di un'area di gioco presente ne “Super Mario Sunshine” e
leggermente modificata dalla sottoscritta per questa fanfiction.
Tutti i luoghi e i personaggi citati nella storia non sono di mia
proprietà *sigh*, ma appartengono alla Nintendo Company Ltd.
Grazie
per aver letto la XXXIII
shot :]
Koopafreak
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