CAPITOLO 10
“La
discesa”
“Questa volta si scende, gente…”
esclamò verso gli altri Roberto.
Tutti allora si affacciarono per
scrutare minuziosamente il nuovo paesaggio che avevano di fronte.
Apparentemente, non si presentava una situazione particolarmente ostica. Vi
erano presenti nella stanza, infatti, solamente delle pedane in fila l’una dopo
l’altra in ordine decrescenta di altezza, da formare in pratica una scaletta che
portava ad una nuova porta metallica, situata a stretto contatto con il suolo
dell’edificio.
“Oh signore! Non ce la faccio più
ad andare avanti…” sbuffò stremato Marco, appoggiandosi con la schiena al
muro.
Sentito questo, Tommaso gli si
avvicinò deciso “Ma dai Marco! Questa volta non mi sembra che sia complicato
come le altre stanze…”.
SDENG!
Senza neanche far terminare la
frase al giovane calciatore, cominciarono a piovere dal soffitto enormi presse,
della grandezza identica alle pedane stesse, che si andavano ad appoggiare
violentemente su di esse.
“Non mi sembra che sia complicata
come le altre…” Rosa squadrò maligniamente Orsi, citando con fare polemico le
sue ultime parole.
“Per Diana!” esclamò Oscar.
Dopo attimi di silenzio, fu Sara
a pronunciarsi “Però c’è una possibilità!”
“Cosa?” chiese interrogativamente
Stefano.
Andrea si portò davanti a tutti
gli altri “la biondina ha ragione, le presse scendono giù in maniera
sequenziale, quindi c’è abbastanza tempo per scendere da una all’altra senza
rimanere schiacciati”.
“Richiederà molta
sincronizzazione” Confermò Simone.
“Ed immagino che, anche questa
volta, non ci siano possibilità per tornare indietro…” si rassegnò Carla.
“Quelle non ci sono mai state” la
corresse Santucci.
I dieci però rimanevano immobili
nell’attesa che qualcuno di loro facesse il primo passo.
“Ok, si va!” spezzò l’immobilità
Lupo.
“Aspetta…” tentò di frenarlo
Wilson.
“Non si può aspettare, Carla!
Vedi tutti quei buchi?” e, dicendo questo, Silvestri gli indicò i vari fori
presenti nella parete “Sono già pronti ad aprirsi ad ogni nostra minima perdità
di tempo”.
“Bene, io vado!” e subito il
ladro saltò sulla prima pedana, appena la pressa sopra di essa gli permise un
comodo atterraggio sul piano.
Da come egli eseguì il tutto,
tutte le azioni ripetitive da compiere non sembravano certo di una difficoltà
mostruosa. In un attimo, fu il primo a raggiugere la porta successiva.
Tutti, in un certo senso, erano
ora rincuorati dalle reali possibilità di farcela.
Il secondo ad avanzare fu Sarti
che, subito dopo, si voltò verso gli altri “Mi raccomando gente, aspettate
sempre che la pressa sia ad un’altezza adeguata per permettervi di effettuare un
salto giusto per un atterraggio altrettanto giusto”.
Detto questo, il soldato effettuò
la sua discesa, anche lui senza particolari sbavature.
“In effetti, non sembra
particolarmente difficile…” ipotizzò la Simone.
“E poi può essere un ottimo
esercizio per farti rimanere in forma!” gli sorrise strizzandogli l’occhio Sara,
sorriso che fu ricambiato dall’altra ragazza.
“Sì… penso… decisamente… di
farcela…” avanzò, ancora titubante, Sciullo.
“Tranquillo figliolo, aspetta di
essere abbastanza sicuro prima di scendere da quassù” cercò di tranquillizzarlo
l’anziano Testa, mettendogli una mano rassicurante sulla spalla sinistra.
Poi fu lo stesso politico a
raggiungere la prima pedana, con l’incessante rumore delle presse che continuava
a fare da sfondo musicale al tutto. Certamente non fu un esecuzione limpida come
le due precedenti, ma, la serenità con cui l’onorovole svolse il tutto, fece
sembrare che le stesse presse giganti rallentassero il proprio corso, per
permettere alla persona di eseguire al meglio la propria discesa, in particolare
nei suoi atterraggi ogni tanto un po’ claudicanti.
“Avanti il prossimo!” sorrise ai
componenti rimasti Roberto.
“Io penso… di non essere ancora
pronto” declinò momentaneamente l’invito Marco.
Il poliziotto squadrò dubbioso il
giovane yuppie, per poi concentrasi sulla nuova figura che lo raggiungeva.
“Vado io!” dichiarò sicura di sé
Sara.
“Mi raccomando fai atten…” ma
Carla non riuscì a terminare la frase che la ragazza era già partita.
La giovane procedeva in maniera
apparentemente anche troppo affrettata, arrivando sulle rampe con estrema
leggerezza, per poi balzare subito in piedi per procedere al salto successivo. A
metà del percorso si voltò per osservare il punto di partenza, in particolare
Rosa Simone, per poi, subito dopo, eseguire addirittura una ruota e proseguire
il percorso.
“Che stronza!” commentò a bassa
voce la mora.
Alla fine, anche Silvestri
raggiunse gli altri alla nuova porta.
“Complimenti Sara, bella prova!”
si complimentò Lupo, dandogli il cinque per poi accendersi una sigaretta.
“Brava figliola. Certo semmai
potevi evitare di fare la ruota…” la richiamò Testa, ma lei fece spallucce.
Al punto di partenza si aspettava
il prossimo volontario.
“Ancora non pronto?” chiese
Santucci a Sciullo.
Il ragazzo dondolò negativamente
il capo.
“Bene. Tesoro, se non ce la fai,
posso venire io con te…” consigliò l’uomo avvicinandosi alla vip.
“Tesoro… perché piuttosto non
pensi a lei?” indicandogli, con un movimento della testa, la dottoressa che gli
stava accanto.
Roberto si girò verso la Wilson,
che lo fissava con uno sguardo speranzoso ed impaurito allo stesso tempo.
“E va bene, Carla… è il nostro
turno ora!” l’abbracciò tenendola tutta stretta a sé, aiutato anche dalla grande
differenza di altezza tra i due.
“Ti ringrazio Roberto! Scusami
per tutte le preoccupazioni che sto dando a te e agli altri del gruppo” si scusò
lei, quasi sull’orlo delle lacrime.
“Non ci pensare nemmeno, Carla!
Sei la prima a preoccuparsi per tutti noi. Il minimo che possiamo fare per te è
aiutarti ad uscire da questo incubo!” la rassicurò il commissario, mentre
insieme stavano per procedere al primo salto.
Purtroppo, data la suddetta
differenza di altezza, il salto non venne perfettamente coordinato, data anche
la diversità di falcata fra i due.
Appena scesi sulla prima pedana,
Roberto escogitò subito una soluzione rapida “Carla, aggrappati forte a me!”
“Cosa?” chiese dubbiosa la
donna.
“Fidati!”
Subito il medico si aggrappò a
lui, tenendogli le gambe attorno alla vita, ironicamente in stile “koala”.
Tutto il procedimento del
percorso, portò quasi all’ilarità gli altri membri del gruppo. Che però
constatarono l’efficacia di tale metodo.
“Ottima soluzione, signore!” si
complimentò Simone.
“Grazie Simone” rispose
Santucci.
“Tutto a posto, Carla?” chiese
Oscar.
“Sì Oscar, tutto bene” confermò
Wilson.
Terminata anche questa discesa
Tommaso, che era rimasto un po’ in disparte del gruppo che doveva ancora
effettuarla, pensava che era giunto il suo momento, anche se qualcosa ancora non
lo convinceva.
Intanto Noro si avvicinò a Marco
dicendogli “Senti Marco, dato che prima o poi toccherà anche a noi scendere giù,
se non vogliamo essere uccisi dal gas verde, perché non ci sproniamo a vicenda e
scendiamo insieme le piattaforme?”.
“Tu dici?” domandò, con un
barlume di speranza negli occhi, il giovane imprenditore, i cui capelli, una
volta ben impomatati, erano ora tutti scombinati.
“Beh, in due potremo farci più
coraggio!” rispose determinato Stefano.
L’altro lo guardò con profonda
ammirazione e poi esclamò “Ok, andiamo!”.
I due si portarono a qualche
metro dall’orlo della rampa, poi portarono un braccio ognuno sulle spalle
dell’altro ed infine lo scienziato cominciò ad urlare:
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
I due presero la rincorsa e
saltarono giù nella prima pedana, quando la prima pressa era all’inizio della
sua risalita verso il soffitto.
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
“1… 2… 3…
VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”
A poco a poco, la coppia terminò
la sua discesa verso la maggior parte del gruppo, questa volta provocando delle
vere e proprie risate a tutti, colpiti ironicamente dalle loro smorfie sulle
facce e dalle urla disperate, che li avevano contraddistinti durante ogni salto
del percorso.
“Ottima tecnica gente…
ahahahahahahahahahahah!” scoppiò in una nuova risata Sara.
Il duetto continuava a rimanere
ancora unito in un abbraccio disperato.
“A parte gli scherzi, complimenti
figlioli, ce l’avete fatta!” si congratulò Oscar.
“È tutto a posto? Stefano?
Marco?” chiese immediatamente Carla.
“Forza che mancano gli ultimi
due!” incoraggiò Roberto.
“Speriamo…” aggiunse Andrea.
I due giovani rimasti
continuavano a scrutare gli altri in assoluto silenzio.
“Bene… vado io, Rosa” decise
Tommaso.
“Come vuoi, Tommy”.
Il giovane atleta, dopo una breve
rincorsa, spicco il volo per poi ricadere sulla prima piattaforma. Tutto andò
bene, nonostante le scarpe con i tacchetti non fossero proprio l’ideale per quel
tipo di attività. Nell’atterraggio del secondo salto, Orsi perse per un attimo
l’equilibrio, senza però cadere a terra. Il terzo salto, per il quale forse il
ragazzo attese anche troppo, dato che la pressa stava quasi terminando la sua
risalita al soffitto, non andò bene ed il giovane, appena toccata la superficie
della pedana con i tacchetti, scivolò, ritrovandosi con la schiena sul freddo
pavimento metallico. Intanto il meccanismo sopra di lui era pronto a
ridiscendere.
“Oh no!” sussurrò Rosa, con gli
occhi spalancati sulla scena.
Gli altri espressero la loro
preoccupazione per il compagno con esclamazioni più colorite.
Il calciatore, riaperti gli
occhi, vide la pressa cominciare la sua folle corsa contro di lui. Le cose si
stavano mettendo decisamente male. Con l’ultimo sforzo, dato che i piedi gli
erano tornati a sanguinare, con la mano destra si afferrò all’orlo del piano e
si lanciò di sotto. La pressa fece il suo solito frastuono d’impatto. La caduta
fu di quasi 4 metri e, negli ultimi istanti in volo, Tommaso portò avanti il
braccio, forse in un gesto protettivo, con l’unico risultato di atterrarci
pesantemente sopra.
Dopo qualche attimo di
sbigottimento, le altre persone cominciarono a raggiungere il caduto, chiamando
a gran voce il suo nome, ma il ragazzo non sembrava dare segni di vita.
Carla continuava a ripetere,
quasi in maniera psicotica “Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso? Stai bene
Tommaso?” con le lacrime che tornavano a solcargli il volto.
Poi Orsi aprì gli occhi, urlando
per il gran dolore che sentiva al braccio.
“È rotto?” chiese Testa a
Wilson.
La dottoressa, ripresa un po’ di
lucidità, controllò e trasse una conclusione “No, dovrebbe essere solo
lussato”.
“Hai rischiato molto, ragazzo” lo
ammonì Roberto.
“Ci hai fatto prendere un colpo!”
esclamò Stefano.
“Forza, che ti tiro su” lo
informò Simone, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.
“Come ti senti, Tommaso?” domandò
Marco.
“Bene Marco, ho solo un gran male
al braccio” gli rispose l’altro, tenendo la mano in salute sul braccio
offeso.
Mentre tutti tornavo a dirigersi
verso la porta, Sara stava già controllando la sua coetanea lassù, impietrita e
con ancora tutto il percorso da effettuare.
“Ora Rosa cosa farà?” sembrò
quasi leggerla nel pensiero Andrea.
Il gruppo tornò a guardare verso
l’alto.
La giovane attrice era rimasta
davvero shockata da quanto appena successo a Tommaso, rimanendo in silenzio a
guardare le presse che cadevano e risalivano sul soffitto.
“Forza Rosa! Non pensare a quello
che è appena successo!” gli urlò Santucci.
“Dai che stiamo tutti aspettando
solo te!” lo imitò Silvestri.
Tutto il resto del gruppo iniziò
allora ad incitarla a gran voce.
Lei tornò ad acquisire un po’ di
calma, sentendo le voci dei suoi compagni tutte per lei. Come prima cosa, si
tolse le scarpe con il tacco che aveva ai piedi. Poi si mise a respirare
profondamente, fece qualche passo indietro, per avere un po’ di rincorsa, attese
che la pressa cominciasse la sua salita, per avere abbastanza spazio verticale
per il balzo, ed infine saltò. Tutto andò bene e, dal basso, il gruppo esultò e
continuò ad incitare la ragazza. Ad ogni piattaforma che superava, Rosa si
sentiva più tranquilla e vedeva i suoi nuovi amici sempre più vicini. Finché non
li raggiunse.
“Ce ne hai messo di tempo!” la
punzecchiò Sara.
“Stai zitta, stronza!” le rispose
l’altra. Poi entrambe si abbracciarono.
“Brava piccola, ce l’hai fatta!”
si complimentò anche Roberto.
“Ora bisognerà trovare il modo di
medicare Tommaso” espresse la sua opinione Sarti.
A queste ultime parole, la
comitiva sentì distintamente un rumore provenire dalla parete della stanza e si
voltarono verso di esso. Dal muro si era appena aperto un cassetto segreto, il
gruppo si avvicinò per vedere cosa contenesse. Dentro vi era un particolare tipo
di fasciatura che la Wilson riconobbe subito “È una fasciatura a triangolo,
l’ideale per poterti tenere il braccio al collo, Tommy!”.
“Beh se non altro sono stati
gentili…” si azzardò Sciullo, con il suo ormai noto difetto di pronuncia.
Sara, a questo punto, andò verso
la porta e cominciò a sbraitare “Cosa c’è, figlio di puttana? Ti piace così
tanto prenderci per il culo?!”.
“Calmati Sara!” le urlò contro
Roberto.
“Ti serve una mano, Carla?”
chiese premuroso Noro.
“No, grazie Stefano. È
semplicissimo mettere questo tipo di fasciature”.
“Il percorso si sta facendo
sempre più pericoloso, mi chiedo a cosa punti il nostro nemico…” ragionò ad alta
voce Simone.
“Di certo possiamo ormai essere
certi che, chiunque sia, non ci vuole uccidere” aggiunse Testa.
“Beh questo, vecchio, non è mai
detto…” sentenziò Lupo.
“Eh no! Io sono disposto a dare
tutto quello che ho, piuttosto che morire!” sbottò prepotentemente Marco.
“Oh beh, certo! Per te è facile
parlare così!” cominciò a polemizzare Sara.
“Figurati! Con le poche
comparsate che ho fatto finora, non ho potuto certo mettermi da parte nulla” si
unì alla Silvestri, la Simone.
Intanto che il resto del gruppo
cominciava nuovamente ad urlarsi addosso, Carla controllava nuovamente se la
fasciatura sul braccio infortunato di Tommaso reggesse o meno, quasi in maniera
maniacale.
“Tranquilla, così va più che
bene, il dolore al braccio poi mi è già diminuito!” la tranquillizzò
l’interessato.
“Bene. Scusami ma fa parte del
mio carattere essere così apprensiva” gli rispose, con un dolce sorriso, la
Wilson.
Intanto Noro si era messo davanti
alla porta e, anche per evitare che i toni della discussione, che stava andando
avanti già da qualche minuto, si alzassero eccessivamente, disse a tutti
“Scusate se v’interrompo, ma perché la porta non si apre?”.
A questo quesito, tutto il gruppo
si riversò verso l’uscita.
“Come? Non si apre?” chiese,
senza particolari speranze di risposta, Santucci.
“Forse non siamo tutti presenti…”
si azzardò Noro.
“Ma certo che ci siamo tutti,
cazzo!” Sciullo stava per cominciare una delle sue ormai classiche crisi di
nervi.
“Forse va premuto qualcosa da
qualche parte…” ipotizzò Orsi.
“Negativo, non vedo alcun tipo di
pulsanti o simili” gli rispose sbrigativamente Sarti.
“Oddio ragazzi, guardate!”
richiamò l’attenzione di tutti Carla, indicando i buchi delle pareti che si
stavano aprendo, sbuffando fuori il gas verde.
“Apriti, porca troia!” imprecò
volgarmente Sara, mentre prendeva a calci un’anta.
“Oh signore! Ma cos’altro si
aspettano da noi…” esclamò Oscar, guardando verso il soffitto.
Intanto la nebbia verdognola era
sempre più attorno a loro.
“Forse dobbiamo bussa…” ma Andrea
non riuscì a terminare la frase, dato che tutta la squadra sparì, inghiottita
dal pavimento della stanza.
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