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Autore: J85    10/11/2014    1 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 10

“La discesa”

 

 

 

“Questa volta si scende, gente…” esclamò verso gli altri Roberto.

Tutti allora si affacciarono per scrutare minuziosamente il nuovo paesaggio che avevano di fronte. Apparentemente, non si presentava una situazione particolarmente ostica. Vi erano presenti nella stanza, infatti, solamente delle pedane in fila l’una dopo l’altra in ordine decrescenta di altezza, da formare in pratica una scaletta che portava ad una nuova porta metallica, situata a stretto contatto con il suolo dell’edificio.

“Oh signore! Non ce la faccio più ad andare avanti…” sbuffò stremato Marco, appoggiandosi con la schiena al muro.

Sentito questo, Tommaso gli si avvicinò deciso “Ma dai Marco! Questa volta non mi sembra che sia complicato come le altre stanze…”.

SDENG!

Senza neanche far terminare la frase al giovane calciatore, cominciarono a piovere dal soffitto enormi presse, della grandezza identica alle pedane stesse, che si andavano ad appoggiare violentemente su di esse.

“Non mi sembra che sia complicata come le altre…” Rosa squadrò maligniamente Orsi, citando con fare polemico le sue ultime parole.

“Per Diana!” esclamò Oscar.

Dopo attimi di silenzio, fu Sara a pronunciarsi “Però c’è una possibilità!”

“Cosa?” chiese interrogativamente Stefano.

Andrea si portò davanti a tutti gli altri “la biondina ha ragione, le presse scendono giù in maniera sequenziale, quindi c’è abbastanza tempo per scendere da una all’altra senza rimanere schiacciati”.

“Richiederà molta sincronizzazione” Confermò Simone.

“Ed immagino che, anche questa volta, non ci siano possibilità per tornare indietro…” si rassegnò Carla.

“Quelle non ci sono mai state” la corresse Santucci.

I dieci però rimanevano immobili nell’attesa che qualcuno di loro facesse il primo passo.

“Ok, si va!” spezzò l’immobilità Lupo.

“Aspetta…” tentò di frenarlo Wilson.

“Non si può aspettare, Carla! Vedi tutti quei buchi?” e, dicendo questo, Silvestri gli indicò i vari fori presenti nella parete “Sono già pronti ad aprirsi ad ogni nostra minima perdità di tempo”.

“Bene, io vado!” e subito il ladro saltò sulla prima pedana, appena la pressa sopra di essa gli permise un comodo atterraggio sul piano.

Da come egli eseguì il tutto, tutte le azioni ripetitive da compiere non sembravano certo di una difficoltà mostruosa. In un attimo, fu il primo a raggiugere la porta successiva.

Tutti, in un certo senso, erano ora rincuorati dalle reali possibilità di farcela.

Il secondo ad avanzare fu Sarti che, subito dopo, si voltò verso gli altri “Mi raccomando gente, aspettate sempre che la pressa sia ad un’altezza adeguata per permettervi di effettuare un salto giusto per un atterraggio altrettanto giusto”.

Detto questo, il soldato effettuò la sua discesa, anche lui senza particolari sbavature.

“In effetti, non sembra particolarmente difficile…” ipotizzò la Simone.

“E poi può essere un ottimo esercizio per farti rimanere in forma!” gli sorrise strizzandogli l’occhio Sara, sorriso che fu ricambiato dall’altra ragazza.

“Sì… penso… decisamente… di farcela…” avanzò, ancora titubante, Sciullo.

“Tranquillo figliolo, aspetta di essere abbastanza sicuro prima di scendere da quassù” cercò di tranquillizzarlo l’anziano Testa, mettendogli una mano rassicurante sulla spalla sinistra.

Poi fu lo stesso politico a raggiungere la prima pedana, con l’incessante rumore delle presse che continuava a fare da sfondo musicale al tutto. Certamente non fu un esecuzione limpida come le due precedenti, ma, la serenità con cui l’onorovole svolse il tutto, fece sembrare che le stesse presse giganti rallentassero il proprio corso, per permettere alla persona di eseguire al meglio la propria discesa, in particolare nei suoi atterraggi ogni tanto un po’ claudicanti.

“Avanti il prossimo!” sorrise ai componenti rimasti Roberto.

“Io penso… di non essere ancora pronto” declinò momentaneamente l’invito Marco.

Il poliziotto squadrò dubbioso il giovane yuppie, per poi concentrasi sulla nuova figura che lo raggiungeva.

“Vado io!” dichiarò sicura di sé Sara.

“Mi raccomando fai atten…” ma Carla non riuscì a terminare la frase che la ragazza era già partita.

La giovane procedeva in maniera apparentemente anche troppo affrettata, arrivando sulle rampe con estrema leggerezza, per poi balzare subito in piedi per procedere al salto successivo. A metà del percorso si voltò per osservare il punto di partenza, in particolare Rosa Simone, per poi, subito dopo, eseguire addirittura una ruota e proseguire il percorso.

“Che stronza!” commentò a bassa voce la mora.

Alla fine, anche Silvestri raggiunse gli altri alla nuova porta.

“Complimenti Sara, bella prova!” si complimentò Lupo, dandogli il cinque per poi accendersi una sigaretta.

“Brava figliola. Certo semmai potevi evitare di fare la ruota…” la richiamò Testa, ma lei fece spallucce.

Al punto di partenza si aspettava il prossimo volontario.

“Ancora non pronto?” chiese Santucci a Sciullo.

Il ragazzo dondolò negativamente il capo.

“Bene. Tesoro, se non ce la fai, posso venire io con te…” consigliò l’uomo avvicinandosi alla vip.

“Tesoro… perché piuttosto non pensi a lei?” indicandogli, con un movimento della testa, la dottoressa che gli stava accanto.

Roberto si girò verso la Wilson, che lo fissava con uno sguardo speranzoso ed impaurito allo stesso tempo.

“E va bene, Carla… è il nostro turno ora!” l’abbracciò tenendola tutta stretta a sé, aiutato anche dalla grande differenza di altezza tra i due.

“Ti ringrazio Roberto! Scusami per tutte le preoccupazioni che sto dando a te e agli altri del gruppo” si scusò lei, quasi sull’orlo delle lacrime.

“Non ci pensare nemmeno, Carla! Sei la prima a preoccuparsi per tutti noi. Il minimo che possiamo fare per te è aiutarti ad uscire da questo incubo!” la rassicurò il commissario, mentre insieme stavano per procedere al primo salto.

Purtroppo, data la suddetta differenza di altezza, il salto non venne perfettamente coordinato, data anche la diversità di falcata fra i due.

Appena scesi sulla prima pedana, Roberto escogitò subito una soluzione rapida “Carla, aggrappati forte a me!”

“Cosa?” chiese dubbiosa la donna.

“Fidati!”

Subito il medico si aggrappò a lui, tenendogli le gambe attorno alla vita, ironicamente in stile “koala”.

Tutto il procedimento del percorso, portò quasi all’ilarità gli altri membri del gruppo. Che però constatarono l’efficacia di tale metodo.

“Ottima soluzione, signore!” si complimentò Simone.

“Grazie Simone” rispose Santucci.

“Tutto a posto, Carla?” chiese Oscar.

“Sì Oscar, tutto bene” confermò Wilson.

Terminata anche questa discesa Tommaso, che era rimasto un po’ in disparte del gruppo che doveva ancora effettuarla, pensava che era giunto il suo momento, anche se qualcosa ancora non lo convinceva.

Intanto Noro si avvicinò a Marco dicendogli “Senti Marco, dato che prima o poi toccherà anche a noi scendere giù, se non vogliamo essere uccisi dal gas verde, perché non ci sproniamo a vicenda e scendiamo insieme le piattaforme?”.

“Tu dici?” domandò, con un barlume di speranza negli occhi, il giovane imprenditore, i cui capelli, una volta ben impomatati, erano ora tutti scombinati.

“Beh, in due potremo farci più coraggio!” rispose determinato Stefano.

L’altro lo guardò con profonda ammirazione e poi esclamò “Ok, andiamo!”.

I due si portarono a qualche metro dall’orlo della rampa, poi portarono un braccio ognuno sulle spalle dell’altro ed infine lo scienziato cominciò ad urlare:

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

I due presero la rincorsa e saltarono giù nella prima pedana, quando la prima pressa era all’inizio della sua risalita verso il soffitto.

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

“1… 2… 3… VIA!!!!!!!!!!!!!!!!”

A poco a poco, la coppia terminò la sua discesa verso la maggior parte del gruppo, questa volta provocando delle vere e proprie risate a tutti, colpiti ironicamente dalle loro smorfie sulle facce e dalle urla disperate, che li avevano contraddistinti durante ogni salto del percorso.

“Ottima tecnica gente… ahahahahahahahahahahah!” scoppiò in una nuova risata Sara.

Il duetto continuava a rimanere ancora unito in un abbraccio disperato.

“A parte gli scherzi, complimenti figlioli, ce l’avete fatta!” si congratulò Oscar.

“È tutto a posto? Stefano? Marco?” chiese immediatamente Carla.

“Forza che mancano gli ultimi due!” incoraggiò Roberto.

“Speriamo…” aggiunse Andrea.

I due giovani rimasti continuavano a scrutare gli altri in assoluto silenzio.

“Bene… vado io, Rosa” decise Tommaso.

“Come vuoi, Tommy”.

Il giovane atleta, dopo una breve rincorsa, spicco il volo per poi ricadere sulla prima piattaforma. Tutto andò bene, nonostante le scarpe con i tacchetti non fossero proprio l’ideale per quel tipo di attività. Nell’atterraggio del secondo salto, Orsi perse per un attimo l’equilibrio, senza però cadere a terra. Il terzo salto, per il quale forse il ragazzo attese anche troppo, dato che la pressa stava quasi terminando la sua risalita al soffitto, non andò bene ed il giovane, appena toccata la superficie della pedana con i tacchetti, scivolò, ritrovandosi con la schiena sul freddo pavimento metallico. Intanto il meccanismo sopra di lui era pronto a ridiscendere.

“Oh no!” sussurrò Rosa, con gli occhi spalancati sulla scena.

Gli altri espressero la loro preoccupazione per il compagno con esclamazioni più colorite.

Il calciatore, riaperti gli occhi, vide la pressa cominciare la sua folle corsa contro di lui. Le cose si stavano mettendo decisamente male. Con l’ultimo sforzo, dato che i piedi gli erano tornati a sanguinare, con la mano destra si afferrò all’orlo del piano e si lanciò di sotto. La pressa fece il suo solito frastuono d’impatto. La caduta fu di quasi 4 metri e, negli ultimi istanti in volo, Tommaso portò avanti il braccio, forse in un gesto protettivo, con l’unico risultato di atterrarci pesantemente sopra.

Dopo qualche attimo di sbigottimento, le altre persone cominciarono a raggiungere il caduto, chiamando a gran voce il suo nome, ma il ragazzo non sembrava dare segni di vita.

Carla continuava a ripetere, quasi in maniera psicotica “Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso? Stai bene Tommaso?” con le lacrime che tornavano a solcargli il volto.

Poi Orsi aprì gli occhi, urlando per il gran dolore che sentiva al braccio.

“È rotto?” chiese Testa a Wilson.

La dottoressa, ripresa un po’ di lucidità, controllò e trasse una conclusione “No, dovrebbe essere solo lussato”.

“Hai rischiato molto, ragazzo” lo ammonì Roberto.

“Ci hai fatto prendere un colpo!” esclamò Stefano.

“Forza, che ti tiro su” lo informò Simone, mentre lo aiutava a rimettersi in piedi.

“Come ti senti, Tommaso?” domandò Marco.

“Bene Marco, ho solo un gran male al braccio” gli rispose l’altro, tenendo la mano in salute sul braccio offeso.

Mentre tutti tornavo a dirigersi verso la porta, Sara stava già controllando la sua coetanea lassù, impietrita e con ancora tutto il percorso da effettuare.

“Ora Rosa cosa farà?” sembrò quasi leggerla nel pensiero Andrea.

Il gruppo tornò a guardare verso l’alto.

La giovane attrice era rimasta davvero shockata da quanto appena successo a Tommaso, rimanendo in silenzio a guardare le presse che cadevano e risalivano sul soffitto.

“Forza Rosa! Non pensare a quello che è appena successo!” gli urlò Santucci.

“Dai che stiamo tutti aspettando solo te!” lo imitò Silvestri.

Tutto il resto del gruppo iniziò allora ad incitarla a gran voce.

Lei tornò ad acquisire un po’ di calma, sentendo le voci dei suoi compagni tutte per lei. Come prima cosa, si tolse le scarpe con il tacco che aveva ai piedi. Poi si mise a respirare profondamente, fece qualche passo indietro, per avere un po’ di rincorsa, attese che la pressa cominciasse la sua salita, per avere abbastanza spazio verticale per il balzo, ed infine saltò. Tutto andò bene e, dal basso, il gruppo esultò e continuò ad incitare la ragazza. Ad ogni piattaforma che superava, Rosa si sentiva più tranquilla e vedeva i suoi nuovi amici sempre più vicini. Finché non li raggiunse.

“Ce ne hai messo di tempo!” la punzecchiò Sara.

“Stai zitta, stronza!” le rispose l’altra. Poi entrambe si abbracciarono.

“Brava piccola, ce l’hai fatta!” si complimentò anche Roberto.

“Ora bisognerà trovare il modo di medicare Tommaso” espresse la sua opinione Sarti.

A queste ultime parole, la comitiva sentì distintamente un rumore provenire dalla parete della stanza e si voltarono verso di esso. Dal muro si era appena aperto un cassetto segreto, il gruppo si avvicinò per vedere cosa contenesse. Dentro vi era un particolare tipo di fasciatura che la Wilson riconobbe subito “È una fasciatura a triangolo, l’ideale per poterti tenere il braccio al collo, Tommy!”.

“Beh se non altro sono stati gentili…” si azzardò Sciullo, con il suo ormai noto difetto di pronuncia.

Sara, a questo punto, andò verso la porta e cominciò a sbraitare “Cosa c’è, figlio di puttana? Ti piace così tanto prenderci per il culo?!”.

“Calmati Sara!” le urlò contro Roberto.

“Ti serve una mano, Carla?” chiese premuroso Noro.

“No, grazie Stefano. È semplicissimo mettere questo tipo di fasciature”.

“Il percorso si sta facendo sempre più pericoloso, mi chiedo a cosa punti il nostro nemico…” ragionò ad alta voce Simone.

“Di certo possiamo ormai essere certi che, chiunque sia, non ci vuole uccidere” aggiunse Testa.

“Beh questo, vecchio, non è mai detto…” sentenziò Lupo.

“Eh no! Io sono disposto a dare tutto quello che ho, piuttosto che morire!” sbottò prepotentemente Marco.

“Oh beh, certo! Per te è facile parlare così!” cominciò a polemizzare Sara.

“Figurati! Con le poche comparsate che ho fatto finora, non ho potuto certo mettermi da parte nulla” si unì alla Silvestri, la Simone.

Intanto che il resto del gruppo cominciava nuovamente ad urlarsi addosso, Carla controllava nuovamente se la fasciatura sul braccio infortunato di Tommaso reggesse o meno, quasi in maniera maniacale.

“Tranquilla, così va più che bene, il dolore al braccio poi mi è già diminuito!” la tranquillizzò l’interessato.

“Bene. Scusami ma fa parte del mio carattere essere così apprensiva” gli rispose, con un dolce sorriso, la Wilson.

Intanto Noro si era messo davanti alla porta e, anche per evitare che i toni della discussione, che stava andando avanti già da qualche minuto, si alzassero eccessivamente, disse a tutti “Scusate se v’interrompo, ma perché la porta non si apre?”.

A questo quesito, tutto il gruppo si riversò verso l’uscita.

“Come? Non si apre?” chiese, senza particolari speranze di risposta, Santucci.

“Forse non siamo tutti presenti…” si azzardò Noro.

“Ma certo che ci siamo tutti, cazzo!” Sciullo stava per cominciare una delle sue ormai classiche crisi di nervi.

“Forse va premuto qualcosa da qualche parte…” ipotizzò Orsi.

“Negativo, non vedo alcun tipo di pulsanti o simili” gli rispose sbrigativamente Sarti.

“Oddio ragazzi, guardate!” richiamò l’attenzione di tutti Carla, indicando i buchi delle pareti che si stavano aprendo, sbuffando fuori il gas verde.

“Apriti, porca troia!” imprecò volgarmente Sara, mentre prendeva a calci un’anta.

“Oh signore! Ma cos’altro si aspettano da noi…” esclamò Oscar, guardando verso il soffitto.

Intanto la nebbia verdognola era sempre più attorno a loro.

“Forse dobbiamo bussa…” ma Andrea non riuscì a terminare la frase, dato che tutta la squadra sparì, inghiottita dal pavimento della stanza.

 

  
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