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Incontro di due anime solitarie
Con
accortezza e circospezione, Anko
setacciava la foresta di Konoha, sperando in realtà di non
trovare nulla di
strano. Balzando da un ramo all’altro, il suo viso veniva
prima coperto
dall’ombra degli alberi e poi illuminato dalla calda luce del
sole, in un
alternarsi di colori e di pensieri. La sua mente tornava ad un lontano
passato,
in cui la sua esistenza dipendeva da quella serpe di Orochimaru, prima
maestro
e poi nemico giurato.
Da pochi anni era
finita la quarta
grande guerra degli shinobi; la pace pareva regnare sovrana, ma la
prudenza non
era mai troppa nel difficile mondo dei ninja. Anko lanciava numerosi
sospetti
verso Orochimaru, la cui fama si era sparsa ovunque. Anche se ora era
morto,
Orochimaru poteva aver lasciato qualche segno pericoloso di
sé nel mondo dei
vivi ed era ancora un’ombra irritante nella vita di Anko,
decisa a farla
sparire.
Per questo motivo
aveva chiesto il
permesso al collega Kakashi, ormai Hokage, di trovare e distruggere i
nascondigli di Orochimaru che si trovavano nei dintorni. Al minimo
movimento
losco, Anko avrebbe fatto piazza pulita.
Si fermò
alla base di un grosso ramo e
restò inginocchiata sotto la luce del giorno.
Sospirò e guardò in alto,
calcolando quanto tempo aveva già passato fuori dal
villaggio e quanto ancora
gliene rimaneva. Intanto, però, cercò un
po’ di serenità in quel bagliore
delicato, come per volersi purificare dal male che aveva
subìto e che forse si
trovava ancora dentro di lei.
Balzò in
avanti e continuò la sua
ricerca, fino a giungere ad una radura. All’ombra di un
albero piuttosto
robusto, c’era una piccola capanna all’apparenza
insignificante, ma che aveva
rappresentato a lungo una riserva di medicine rare che sicuramente
erano
servite ad Orochimaru per mantenersi in vita.
“Dovrebbe
essere vuota ora”, pensò
Anko prima di scendere a terra e camminare verso di essa per dare una
controllata.
Vi
arrivò lentamente di fronte ed aprì
la porta. Il buio e il vuoto polveroso della capanna non la stupirono
più di
tanto. Il silenzio, invece, la turbava e Anko non ne conosceva il
motivo. Fece
due passi all’interno e constatò che non
c’era più nulla che testimoniasse il
passaggio di Orochimaru o di qualcuno in generale. Sospirò e
fece per tornare
indietro, ma lo sguardo le si posò in un angolo e le sue
gambe si irrigidirono.
Un’ombra
stava lì immobile, senza fare
il minimo rumore. Era un’ombra che Anko conosceva bene.
- …
Kabuto!-
Per tutta risposta,
le arrivò un kunai
dritto in viso a velocità folle, fortunatamente evitato.
Anko non attese un
secondo di più per reagire: scagliò un paio di
shuriken verso il nemico e poi
fece partire un fascio di serpi dalle braccia, ancora una volta segno
dell’oscura presenza di Orochimaru nella sua vita. Kabuto si
abbassò per non
essere colpito e si avventò su di lei, che sbalzò
fuori dalla capanna con un
tonfo.
- Che cosa ci fai
qui, Kabuto?!-
chiese la kunoichi, prima di alzarsi.
L’altro
camminò lentamente fuori e alla
luce del sole fu ben evidente la sua espressione beffarda dietro gli
occhiali.
Sistemandosi la mantella sgualcita che gli copriva la schiena, rispose:
- E’ la
stessa domanda che potrei fare
a te, Anko.-
Quest’ultima
strinse i denti per la
rabbia. Non aveva certo dimenticato la brutta esperienza vissuta
durante la
quarta grande guerra a contatto con quell’astuto ninja
medico, perciò non aveva
la minima intenzione di trattarlo bene.
Si
rialzò in fretta e lo sfidò con lo
sguardo:
- Solo
perché ora siamo in tempo di
pace, non mi fido di te. Dimmi perché sei qui, in uno dei
tanti nascondigli di
Orochimaru!-
- Non posso neanche
immergermi nei
ricordi?- fece lui, con il suo solito sorriso amaro. - Voglio capire se
mi sono
davvero disintossicato dall’ossessione che avevo per il
maestro. Non ho cattive
intenzioni, se te lo stai chiedendo.-
- E allora
perché mi hai atterrata??-
esclamò lei, prima di lanciargli contro un altro fascio di
serpenti.
Per dimostrare che
in effetti il suo
volere non apparteneva più al male, Kabuto si
lasciò catturare da alcune serpi,
che gli immobilizzarono le braccia e il torace.
- Lasciami andare,
Anko … - le intimò,
con tono serio e calmo. - Non hai motivo per arrabbiarti con me; ho
già espiato
le mie colpe tempo fa.-
Dentro di
sé, Anko sentiva che era
vero, eppure reagì d’impulso:
- Continuo a non
fidarmi di te!-
Kabuto
iniziò ad indagare nell’animo
tormentato della sua avversaria, cosa che sapeva fare benissimo pur di
mettere
gli altri in difficoltà ed avere la meglio.
- Non sei sempre
stata così aggressiva
con chiunque … E’ stato Orochimaru a cambiarti,
vero? Ma io non sono lui, non
cerco più di esserlo da tanto tempo. Lasciami andare!-
Il ninja aveva
ragione ed Anko aprì
gli occhi a dismisura, sentendosi come colpita da un proiettile in
pieno petto.
Era tutto il giorno che aveva in mente Orochimaru, il peggior pensiero
che
potesse mai infastidirla, quindi non aveva potuto che reagire in modo
aggressivo di fronte a Kabuto, in un posto del genere.
- Come …
Come posso credere alle tue
parole?- mormorò, titubante.
L’altro
addolcì leggermente lo sguardo
e disse:
- Permettimi di
dimostrarti che ti ho
detto la verità.-
Anko si morse il
labbro inferiore,
nervosissima. Era sul filo del rasoio, non aveva idea di che cosa fare.
I suoi
occhi tremanti incontrarono quelli rassicuranti e fermi di Kabuto, come
per
esprimere tutto ciò che a voce non sarebbe stato possibile
tirare fuori.
-
D’accordo.- sussurrò infine lei. -
Ma non azzardarti a fare passi falsi.-
Lentamente,
mollò la presa e le serpi
tornarono indietro, scomparendo. Il ninja si massaggiò le
braccia un po’
intorpidite. Guardò Anko con un appena accennato sorriso di
ringraziamento, al
quale la kunoichi non si sentì di rispondere e rivolse al
vuoto i suoi occhi
tristi.
“Ma
tu sarai per me la vita intera
il
soffio in cui la voce non arriva,
canzone
vera.”
Era calato un
silenzio imbarazzante
che nessuno dei due riusciva a interrompere. Il lieve suono del vento
che
accarezzava le foglie regnava nella penombra di quella radura. Kabuto
ed Anko
erano seduti su un grosso ramo, avvolti in una tranquillità
apparente.
L’animo
di Anko rimbombava con
fragore, ferito e sofferente perché era stato messo a nudo
inaspettatamente. Le
sfuggenti ombre del suo passato la scuotevano, alimentate da una fiamma
accesa
dalle parole di Kabuto.
“Non
sei sempre stata così aggressiva con chiunque …
E’ stato Orochimaru a
cambiarti, vero?”
Le sue mani erano
strette alla
corteccia dell’albero, come per cercare disperatamente una
via di fuga. Da troppo
tempo lei era costretta ad affrontare e superare le angosce vissute per
colpa di
uno che era persino già morto, immagini inquietanti che
però rimanevano nei
ricordi. Tutte le sue paure premevano per uscire fuori in forma di
lacrime e il
ninja medico che stava accanto a lei lo notò con estrema
facilità.
- Non ti sei ancora
liberata dalla sua
influenza?- domandò.
- Tu che ne dici?-
sbottò Anko,
infastidita da una ferita improvvisamente riaperta.
Kabuto si
guardò intorno, osservando
il paesaggio, mentre esordì:
- Posso capirti. In
un certo senso,
abbiamo vissuto le stesse cose.-
- Credevo
… - lo interruppe lei, senza
avere il coraggio di guardarlo in viso. - Credevo che Orochimaru
facesse parte
di un capitolo chiuso della mia vita … Eppure guardami, mi
lascio ancora
condizionare da lui anche quando non c’è
più!-
Accortosi che le
tremava la voce, l’altro
cercò di calmarla:
- Non è
una colpa. Quell’uomo ha una
personalità particolare … E’ capace di
far sua l’anima delle persone e quasi
nessuno riesce a liberarsi.-
- Tu …
tu come hai fatto?- chiese la giovane
donna, incerta.
- Sono stati i
fratelli Uchiha ad
aprirmi gli occhi.- rispose Kabuto, ricordando le frasi di Itachi,
l’Izanami di
cui era stato vittima e l’esperienza stessa del fratello
Sasuke. - Non è giusto
vivere in funzione di qualcun altro; ognuno merita di costruire se
stesso senza
farsi influenzare.-
In quel momento,
Anko si chiese se
tutte le sue azioni fossero sempre state decise da lei sola o dalla
presenza
tenebrosa di Orochimaru nel suo passato e anche nel suo corpo.
Lanciò un’occhiata
ansiosa a Kabuto, poi lo prese per le spalle ed esclamò:
- Quindi sei
riuscito a separarti da
tutto ciò che ti legava ad Orochimaru. Dimmi come hai fatto!
Ti prego, spiegami
come fare a liberarmi di lui!!-
Prendendola a sua
volta per le
braccia, lui tentò di farla stare più tranquilla,
dandole una spiegazione.
- Non hai capito,
Anko … Non l’ho
rifiutato, l’ho accettato.-
La kunoichi
restò ammutolita, senza
capire.
- Sono consapevole
che Orochimaru ha
contribuito a formare gran parte di ciò che sono.-
proseguì lui, guardandola
dritta negli occhi. - Il mio errore è stato continuare a
pensare che lui fosse
il centro della mia vita, mentre invece lo ero io. Non sono
più un semplice
servo di Orochimaru … Ora sono soltanto Kabuto Yakushi.-
… Certo.
Come ci si
può liberare di qualcuno,
se inconsciamente lo si considera il centro del proprio essere?
Anko era sempre
andata avanti con la
convinzione di aver dimenticato tutto ciò che
l’aveva fatta soffrire, mentre
invece l’oscura figura di quella serpe di Orochimaru
l’aveva condizionata
sempre, al punto da diventare aggressiva e nascondere i suoi dolori
dietro la testardaggine
e la vivacità. Non si era mai domandata se il proprio
comportamento le
appartenesse veramente, perché in cuor suo aveva sempre
avuto paura della
risposta.
Le lacrime
iniziarono a rigarle il
volto con naturalezza e libertà, una libertà
tuttavia dolorosa. Anko strinse i
pugni contro il petto di Kabuto, su cui però
appoggiò anche la fronte.
- Che stupida
… - balbettò tra i
singhiozzi.
L’altro
la avvolse in un abbraccio
gentile e compassionevole. Riusciva a capirla meglio di chiunque altro,
lui,
che era rimasto immerso nell’ombra del suo maestro a lungo,
perdendo di vista
se stesso. Aveva ancora qualche dubbio, perché pensava ad
Orochimaru ancora con
un po’ d’inquietudine, ma aveva imparato la lezione
e, come le aveva detto, si
stava pian piano disintossicando da quella droga dannosa.
- Io ho avuto la
fortuna di incontrare
qualcuno, sul mio cammino, che mi dicesse dove stessi sbagliando.-
sentenziò
Kabuto, accarezzandole la schiena. - Se vuoi, io ti aiuterò.-
Anko detestava di
dover gridare aiuto
e di aver bisogno di lui. Odiava quella sensazione di calore
sconosciuto che le
stava illuminando il cuore, eppure non aveva intenzione di staccarsi
dal petto
di Kabuto. Continuò a singhiozzare e a bagnarsi il viso di
lacrime, mentre lui
la stringeva di più, in silenzio. Era sul punto di smettere,
quando Kabuto
sollevò il mento e le lasciò un lieve e lento
bacio in mezzo ai capelli,
sperando di aiutarla a riprendersi. Anko arrossì senza
accorgersene e smise a
poco a poco di piangere, per poi tenere le palpebre chiuse ed
abbandonarsi nel
caldo abbraccio di quell’uomo che si era offerto di salvarla.
E rimasero
lì, immobili e insieme,
facendo toccare le reciproche ferite l’una con
l’altra. Dimenticarono tempo,
spazio, ogni cosa. Si trasmisero a vicenda mille sogni e speranze,
incertezze,
suppliche e sospiri tutti in una volta. Le loro anime vibrarono
tutt’intorno
alla stessa frequenza, non più sole, non più
incatenate a qualcosa di superiore.
E rimasero
lì, stretti in un abbraccio
senza inizio e senza fine. Con l’animo stanco, ma il cuore
più felice.
“Hai nel cuore il
mio tempo
e ferite di cui non so la
colpa,
la stessa pena che affonda i
ricordi,
anima i
nomi.”
~
Fine ~
Salve! Sono
contentissima che abbiate avuto la pazienza, la voglia e la
curiosità di leggere questa mia OS. Vi ringrazio tutti di
cuore! <3
I versi che trovate tra una scena e l'altra appartengono alla poesia
"Innominata" di A. Temporelli, poesia che farebbe da prompt in uno dei
due contest a cui partecipo con questa fan fiction. Mi piacerebbe
moltissimo sapere che cosa ne pensate!
Baci by
Eliot ;D
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