Cap. 10 - Quasi morire
è noioso
John alla fine si era addormentato su una sedia dell'infermeria
lasciando Sherlock nel suo mind palace, intento a riflettere. Quando
John si svegliò la mattina dopo rimase sorpreso di vedere il
moro ancora sveglio.
- Non hai mai dormito? - chiese John stropicciandosi gli occhi.
- Come si può dormire quando c'è un caso
così interessante? - chiese Sherlock stupito.
- Dovresti riposarti, sei quasi morto! - ribatté stancamente
John
- "Quasi morire" è noioso - gli rispose Sherlock in modo
teatrale.
John sorrise, era felice che il suo amico fosse lì. Temeva
che Microft lo avrebbe portato via, che non lo avrebbe lasciato in una
scuola di potenziali killer. Invece Sherlock era lì.
Improvvisamente gli tornò in mente che non avevano ancora
affrontato una conversazione a cui teneva particolarmente.
- Sherlock, senti, ti ricordi che mentre ti guarivo hai parlato?-
Il moro lo scrutò perplesso - Ho detto qualcosa di stupido?
Scusa John ma straparlavo, pensa che mi sembrava di sentire la musica
del mio violino -
- Non c'era musica Sherlock - si rabbuiò John. In
realtà non sapeva se preferiva che Sherlock ricordasse
oppure no.
- Già lo immaginavo, bè cosa ho detto? - chiese
spazientito.
John aprì la bocca per rispondere ma poi la richiuse e si
mise a fissare un "interessante" punto fuori dalla finestra.
Sherlock stava per chiedergli che problema avesse quando la dott.ssa
Jean Grey entrò per visitarlo. John approfittò
del momento per salutarlo e andare a lezione; Lestrade gli aveva detto
che era esonerato dalle lezioni per tutta la settimana ma preferiva di
gran lunga dover ascoltare qualche professore che venire a patti con
quello che provava.
Quando si sedette in classe avvertì una strana sensazione,
gli sembrava che tutti lo stessero fissando. Non poté fare a
meno di voltarsi in direzione di Moran che lo guardava divertito. John
sentiva che non sarebbe riuscito a trattenersi a lungo e che
alla fine avrebbe preso a pugni Sebastian o Jim, giusto per scaricare
tutta l'angoscia delle ore passate in attesa che Sherlock si
riprendesse.
Passò il resto della mattina a disegnare scarabocchi sul
quaderno finché una voce alle sue spalle lo fece riemergere
dal suo personale palazzo mentale, che era di gran lunga più
piccolo di quello di Sherlock.
- C'è chi disegna fiori, che intreccia cuori..tu disegni
chiavi di violino? - chiese Moran guardando gli scarabocchi di John.
- Non credo siano affari tuoi Sebastian -
- Uuuh scusa soldatino - rispose ghignando - salutami l'uomo invisibile
-
John non si era neanche reso conto di essersi alzato, di aver buttato a
terra il quaderno e di aver sbattuto con forza il pugno sul naso di
Moran che era caduto a terra sanguinante. Non si era accorto nemmeno
che il professor Summer lo aveva trascinato fuori e rimproverato. Non
capiva come tutti fossero così ciechi da non vedere quello
che per Sherlock e per lui era ovvio.
John fu mandato a parlare con Lestrade che lo accolse nel suo ufficio
con un tè già pronto e dei biscotti.
- Credevo volesse rimproverarmi - fece John fissando la tazzina di
tè fumante. Lestrade gli fece cenno di sedersi. John non
riusciva a capire cosa potessero avere in comune Lestrade e il fratello
di Sherlock per essere amici. Lestrade era sbrigativo e diretto mentre
Microft era teatrale e misterioso. In effetti la descrizione poteva
adattarsi anche a lui e Sherlock.
- Credo tu sia un po' provato, ti avevo detto di non andare a lezione -
gli fece Greg, passandogli lo zucchero che John rifiutò
infastidito.
- Voi non volete ascoltare né me né Sherlock ma
non potete pensare che Mary sia l'unica colpevole - sbottò
John che teneva dentro i suoi pensieri da tutta la notte.
- John non ci sono prove di quello che dici - gli rispose comprensivo
il professore.
John sbuffò sonoramente
- Inoltre - continuò Lestrade - dimentichi che tengo alla
vostra sicurezza -
- Perché non interroga Moriarty e Moran? -
incalzò John. Cominciava a capire il fastidio che
provava Sherlock quando nessuno lo capiva.
- L'ho fatto - rispose stanco Greg.
- E il professore? Charles Xavier potrebbe usare il suo potere...-
continuò il biondo.
- Li ha interrogati! -
John si sentì come schiaffeggiato.
- Capisci adesso perché non credo siano stati loro? -
concluse Lestrade sperando di aver convinto John a desistere.
John si sentiva confuso, si alzò dalla sedia senza salutare
e si diresse nella sua stanza. Quando vi entrò si
stupì di trovarvi Sherlock seduto alla sua scrivania.
- Cosa ci fai qui? -
- Sto bene John, mi hanno dimesso -
John si sedette sul letto senza sapere cosa dire. Qualcuno aveva
cercato di uccidere il suo migliore amico e avrebbe potuto rifarlo
visto che nessuno gli credeva. Non avevano prove e nonostante tutto
ciò Sherlock era seduto alla sua scrivania con un sorrisetto
stampato in faccia che quasi infastidiva John.
- Cosa c'è che non va? - chiese il moro notando il cipiglio
di John.
- Moriarty e Moran sono stati interrogati dal professore -
esalò John, immaginando che la cosa avrebbe scosso anche il
suo amico.
- Immagino non sia riuscito a ricavarne niente - affermò
Sherlock sempre con l'aria di uno che la sapeva lunga.
- Esatto ma come? -
- Ci torneremo.. Forza John, prova a dedurre. I miei metodi li conosci,
cosa può essere successo? -
- Intanto Sherlock smettila di fare quella faccia, mi infastidisce -
- Quale faccia? -
- La faccia di uno che ha capito tutto. Mi infastidisce
perché non ho capito niente onestamente -
- Forza John, provaci almeno - gli rispose Sherlock con un tono misto
tra lo spazientito e l'incoraggiante.
- Ok, cosa sappiamo? Sappiamo che Jim, Sebastian, Mary ed Irene sono
stati un anno insieme. Doveva trattarsi di qualcosa di non proprio
legale se non ci sono tracce della loro attività -
affermò John.
- Esatto, continua - Gli fece Sherlock sorridendo.
- Sono arrivati tutti nella scuola contemporaneamente, tranne Irene. E
le due ragazze hanno fatto finta di non conoscere Jim e Sebastian.
Sappiamo poi che tuo fratello è al corrente di quello che
sta
succedendo e ha fatto sparire velocemente Mary, prima che potesse dire
qualcosa..credo -
- Si anche su questo ci ritorneremo - gli rispose sbrigativo Sherlock,
appuntando qualcosa sul suo tablet.
- Il fatto che tuo fratello sia coinvolto non dovrebbe fermarci? E' nel
Governo, saprà quello che fa - gli chiese John.
- Non se non sta guardando il quadro generale - affermò
Sherlock facendo sembrare la cosa evidente anche a un asino.
- Cosa? - chiese John arrendendosi all'evidenza che non sapeva cosa
stava succedendo.
- Io credo che le cose stiano così: i nostri quattro
sospettati
hanno lavorato per il Governo, per questo un anno della loro vita non
risulta da nessuna parte. Insomma, chi potrebbe far sparire queste
informazioni? Probabilmente lavoravano sotto copertura. Ma qualcosa
è andato storto -
- Quale errore hanno commesso? - chiese improvvisamente John ricordando
le parole di Sherlock.
- Intanto per cominciare era meglio per loro farmi fuori - rise il moro
con non poca superbia - Ma soprattutto ho capito che sono stato
un'idiota, volevo che tutto fosse intelligente: sabotaggi del computer,
ologrammi reali. Niente di tutto ciò. Hanno agito da
dentro.- concluse Sherlock.
- Jim! Lui passa attraverso i muri - quasi grido John alzandosi in
piedi, contento della deduzione.
- Precisamente. Poteva entrare e uscire e studiando la sala si
sarà accorto che c'è un angolo cieco che non
è coperto da telecamere. Ha utilizzato il suo potere per
portare Mary nella stanza. Chissà se ha sparato davvero lei
o se è stato lui -
- No aspetta, Mike l'ha visto in biblioteca - affermò
tristemente John
- Già, altro errore. Quanto bene credi di conoscere Mike? -
chiese Sherlock scrutandolo.
- Cosa? -
- Un'altra M, che vita noiosa ha chi non crede nelle coincidenze - fece
leggero Sherlock alzandosi in piedi a sua volta.
- Ma tutto questo a quale pro? - chiese John.
- Distrarci? -
- Da cosa? -
- Questa è la domanda! -
Sherlock e John si fissarono intensamente. A volte gli capitava, si
solo guardavano e nessuno diceva niente, anche se avrebbero avuto molte
cose da dirsi. Ma John continuava ad avere in testa la voce di sua
madre e suo padre, non si era mai accorto quanto lo avessero
condizionato i suoi genitori; lo avevano convinto che nella vita
bisognava restare nella normalità: trovare un buon lavoro,
sposarsi, comprare una casa con uno steccato bianco, fare dei figli,
non immischiarsi negli affari altrui, comportarsi come tutti.
Ma lui non era così ordinario come credeva. Non era nemmeno
eccezionale come il suo migliore amico ma non così
ordinario.
Quanto era cambiato in poco tempo? Da quando conosceva Sherlock aveva
colmato un vuoto, aveva sempre sentito che tranquillità e
normalità non facevano per lui ma solo l'arrivo nella scuola
glielo aveva fatto capire. Non era fatto per stare in periferia con una
monovolume e il prato da tagliare. Era fatto per vivere l'avventura e
con Sherlock la stava vivendo. Mentre pensava a tutto questo si era
pericolosamente avvicinato al moro che era rimasto paralizzato a
guardarlo, incapace di muoversi.
John trattenne il respiro poi si guardò attorno e corse
fuori dalla porta a respirare, lasciando Sherlock disorientato e solo.
Sherlock non sapeva cosa pensare, il comportamento di John era
quantomeno bizzarro. Avrebbe voluto chiedere consiglio a qualcuno, ma
chi lo avrebbe ascoltato?
- Sherlock? - fece timidamente Molly entrando nella sua stanza - Stai
bene? Ho sentito quello che è successo -
- Molly, stavo giusto pensando a te - Affermò Sherlock.
La ragazza ebbe un fremito ma poi capì che stava pensando a
lei perché aveva bisogno di aiuto - Dimmi tutto -
- Non riesco a capire il comportamento di una persona -
Molly lo guardò attenta.
- Prima mi...cioè prima questo ragazzo abbraccia un'altra
persona e questi due soggetti in precedenza avevano anche dormito uno
appoggiato all'altro. Poi questo ragazzo, senza alcun motivo
apparente, fugge o evita di guardare l'altra persona o lascia
i discorsi a metà. Non capisco -
Molly comprese che si stava riferendo a lui e John ma evitò
di metterlo in imbarazzo - Forse il ragazzo deve ancora capire i suoi
sentimenti, magari è una situazione nuova per lui. Non
c'è niente di razionale e catalogabile nei sentimenti
Sherlock -
- Ecco perché non mi faccio coinvolgere di solito -
rifletté ad alta voce Sherlock.
Sherlock salutò Molly e si mise a vagare per i corridoi
chiedendosi cosa passava per la testa di John. Tutto questo pensare a
lui lo stava distraendo dalla sua indagine e la cosa non gli piaceva
affatto. Quando voltò l'angolo si trovò davanti
Irene.
- Stupita di vedermi vivo? - chiese Sherlock senza
guardarla, continuando a camminare.
- No affatto, ci speravo - gli rispose suadente - niente è
come sembra Sherlock. Mary è solo rimasta in mezzo, troppe
cose si stanno muovendo nell'ombra -
Se Irene voleva incuriosirlo c'era riuscita. Sherlock si
voltò a guardarla interessato. Fino a quel momento aveva
concentrato tutti i suoi pensieri su Moriarty senza soffermarsi sul
ruolo della Adler.
- Spiegati meglio - chiese il moro avvicinandosi ad Irene.
- E' come pensavi tu, ci conoscevamo da prima di entrare nella scuola
Mary ed io. E conoscevamo anche Moriarty e Moran.-
- Lavoravate per il Governo - affermò Sherlock.
- Si un programma segreto -
- Perché me lo stai dicendo? - chiese il moro curioso. Non
riusciva a capire se stava dicendo la verità o se lo stava
manipolando. Era impossibile per lui capire cosa c'era dietro il
trucco, i bei vestiti e la voce suadente e non gli era mai capitato di
non riuscire a dedurre una persona.
- Fino ad adesso credevo di essere al sicuro, so troppe cose e se
venissi uccisa i segreti verrebbero pubblicati - rivelò lei.
- Ora cosa è cambiato? -
- E' cambiato chi manovra i fili. Rifletti: prima hanno preso quattro
ragazzini con un Q.I. elevato e niente da perdere e li hanno mandati ad
infiltrarsi in un gruppo di terroristi - continuò lei
incoraggiata dal fatto che ora aveva tutta l'attenzione del ragazzo.
- E scommetto che uno di voi ha cominciato ad annoiarsi ed avere smanie
di potere. E così mio fratello ha chiuso il programma e po
vi ha spediti qui perché vi tenessero d'occhio? - la
interruppe Sherlock.
- Molto stringato ma sì, questo è il senso. Ma
nessuno ci tiene d'occhio, il programma non è mai esistito
ufficialmente, siamo solo orfani - fece lei avvicinandosi sempre di
più.
- Mary è stata portata via perché non parlasse
del programma, mio fratello non ha idea che c'è altro sotto
vero? - affermò Sherlock.
Irene gli accarezzò un braccio e se ne andò con
un sorriso di trionfo dipinto sul volto. Sherlock era talmente eccitato
delle ultime rivelazioni che non aveva notato che John lo aveva
osservato per tutta la conversazione.
Angolo
autrice
Chiedo
perdono del ritardo, sono state due settimane intense.
Spero di non avervi incasinato troppo..si capisce tutto? incrocio le
dita..
Un
grosso benvenuta a Night Angel tra i recensori. Mi fa sempre piacere
leggere le vostre recensioni!!!
Alla
prossima :-*
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