Episodio 6 - Sciolti
Erano biondi, morbidi, di solito profumati e lunghissimi. Ma
Mamoru non
li aveva mai visti completamente sciolti.
All'altro capo del tavolo Usagi smise di masticare il riso,
divertita
dalla sua attenzione. «Cosa c'è? Ho qualcosa nei
capelli?»
«No. Pensavo che non li lavi mai a casa
mia.»
Usagi rimuginò tra sé.
«Già.
Ma è
un'operazione lunga e non molto divertente. Ne faccio il mio momento di
relax personale.»
Per lui fu come una sfida. «Posso
assistere?»
Lei non credette alle sue orecchie. «Ti
interessa?»
«Mi è venuto in mente che non li ho mai
visti
fuori dalle code.»
«Davvero?» Usagi scoppiò in un
sorriso.
«Hai
ragione! Be', i miei capelli sciolti sono come una specie di manto.
Quando sono in vena mi metto a girare nella mia stanza e li
faccio svolazzare in tondo, come una principessa.»
A volte lei parlava come se nemmeno lo fosse mai stata.
Usagi si stava mordicchiando le labbra. «Mi troverai
molto
diversa senza le code. Ma se vuoi vedermi...»
Lui annuì.
«Allora prepara un film.»
Cosa c'entrava la tv?
«Ci metto tanto a pettinarmi. Di solito faccio
partire una bella musicassetta romantica... e
canticchio.»
Lui cercò di non sorridere.
«Vedi che mi stai già prendendo in
giro?» Ma Usagi
non era offesa, rideva con lui. «Okay, non conoscerai la
tua Usagi in veste di cantante.»
«Ogni tanto canticchi anche qui» le
ricordò lui.
«Eh, ma quando sono a casa da sola, e Luna non
c'è, mi
scateno in grandi interpretazioni!» Usagi portò
alla bocca
un inesistente microfono. «La-là!
Non urlo solo perché se no mi sentono tutti.»
Lui cominciò a ridere tanto che gli vennero i
crampi allo
stomaco.
Usagi tirò fuori la lingua. «HMM! Dispettoso!
Cattivo!»
«Voglio vederti!»
Lei scossa perentoria la testa.
Mamoru si calmò. «Ti prego. Per
favore.»
Usagi era allegra. «Be'... se me lo dici mille
volte...»
Così era esagerato.
Gli occhi di lei si accesero. «Te lo farò
dire mille volte.»
«Ah, sì? Come?»
Lei si strofinò le mani. «Mi
verrà in
mente.»
Felice per la prospettiva, Mamoru tornò a mangiare.
Quel sabato sera Usagi era ufficialmente a dormire a casa di
Rei -
così aveva detto a sua madre ed era quello che la
signora Tsukino doveva credere. Mamoru era segretamente convinto che
Ikuko-san conoscesse la verità e l'idea lo rassicurava: gli
sembrava di avere
una sorta di approvazione per il tempo che passava con Usagi. La
giornata piena che si concedeva insieme a lei - una volta ogni due o
tre
settimane - non nasceva da una completa bugia.
Anche quel sabato avevano trascorso il pomeriggio fuori, poi
avevano
scelto di cenare in casa. Erano le nove di sera e Usagi si preparava
all'operazione di lavaggio della propria chioma.
«Mi dispiace» gli disse lei mentre
approntava gli
asciugamani. «Se devo fare questa cosa, non possiamo fare il
bagno insieme.»
Era uno scherzo? «Perché?»
«Be', non riempirò la vasca d'acqua. Mi
limiterò a fare una doccia rapida per poi lavare i
capelli.»
Mamoru non capì. «Posso
aiutarti.»
«Quello non si chiama aiuto, Mamo-chan.»
Usagi
ridacchiò e sollevò una coda. «Sai,
c'è un motivo se questi sono
così belli. Mentre li lavo mi ci dedico completamente, non
posso
distrarmi. Altrimenti li annodo, li tiro, oppure li lavo
male.»
«Ah.»
Lei sorrise trionfante. «Preparo l'acqua calda per
te? Dopo
che
avrò finito ci vorrà una vita per asciugarli.
Mentre tu fai il bagno io starò qui col phon.
Così non perdiamo
tempo.»
Per cosa?
Ma invece di domandare, Mamoru annuì.
Aveva chiesto lui di assistere a quel rito privato. Voleva
osservarlo, perciò avrebbe lasciato a Usagi qualunque
decisione.
Quando aveva comprato la casa, si era assicurato che la vasca
da
bagno fosse più grande di quella del suo precedente
appartamento. Aveva pensato a se stesso - non era piacevole non poter
allungare completamente le gambe mentre si rilassava nell'acqua calda -
ma anche il pensiero di Usagi aveva avuto la sua parte. Ogni volta che
lei dormiva a casa sua facevano la doccia insieme e quella era
diventata una piccola e fantastica routine. Allargare l'esperienza a un
bagno in due, in una vasca in cui non fossero schiacciati come sardine,
non era una possibilità a cui lui aveva voluto rinunciare.
In quel momento Usagi era seduta su uno sgabello e separava le
ciocche
bionde con le dita, per asciugarle meglio. La maggior parte
dei suoi capelli era avvolta in un grosso
turbante. Dell'immagine che lei gli stava presentando per Mamoru era
piacevole soprattutto il senso di intimità. Faceva un bagno
e a
pochi passi di distanza Usagi asciugava i capelli guardandosi allo
specchio. Era come vivere già insieme a lei.
Non parlavano - Usagi non poteva sentirlo sopra il rumore del
phon - e
lui ne era quasi contento. Poteva osservarla mentre lei era assorta
e concentrata.
Non
è facile,
sei sempre in movimento.
Usagi indossava un accappatoio rosa pallido, le gambe che
uscivano
dall'apertura tra i lembi. Con le ciabatte disegnava inconsciamente
piccoli cerchi sul pavimento, le dita dei piedi che danzavano di vita
propria. Lei spostò una ciocca di capelli sollevandola in
aria,
sopra la testa, per asciugarla con l'aria calda da ogni lato.
Mamoru le guardò il viso nel riflesso dello
specchio. Usagi
era cambiata molto, riuscendo a rimanere sempre uguale.
Le sue labbra erano identiche a quando lui l'aveva
conosciuta,
tre
anni prima: rosa, un poco paffute, delicate nel disegno, sorridenti.
Eppure, in qualche modo, erano diverse nella maniera in cui le stavano
nel viso.
Osservando ancora, lui capì. I singoli tratti non
erano
cambiati. Era l'intero volto di lei a essere mutato nella forma,
leggermente. Usagi aveva meno guance e il suo mento sembrava
più
sottile. Gli zigomi erano maggiormente visibili e il naso si era
definito in angoli dolci, prima quasi inesistenti. Lei non era
dimagrita, ma un po' di grasso infantile era sparito dalla sua faccia.
Ora, più che graziosa, era bella, anche se per lui lo era
sempre stata.
Lei spense il phon. «Mamo-chan?»
«Hm?»
«Se non ti muovi a uscire dalla vasca, non
potrai aiutarmi a pettinare i capelli.»
«Eh?»
Lei si voltò. «Credevi di dover solo
assistere?
Non sai
quante volte ho sognato che ci fosse qualcuno ad aiutarmi coi nodi. E
ora...» Sollevò allusivamente le sopracciglia.
Sorridendo, Mamoru stiracchiò le braccia.
«Esco.»
Sistemandosi sul divano, in salotto, Usagi lo
invitò a
sedersi
accanto a lei. «Preparati» disse toccando i bordi
dell'asciugamano che aveva sulle spalle. «Ci sei?
Ta-da!»
Fece ricadere sulla schiena, quasi fino al pavimento, tutta la massa di
capelli che aveva tenuto raccolta, una lunga cascata dorata di
morbidezza.
Toccandola, Mamoru si sorprese. Era più come una
nuvola
vaporosa, non esattamente ordinata.
«Hai visto? Per questo li tengo legati. Sciolti
vanno
dappertutto.»
Lei stava già separando le ciocche e lui si
spostò in avanti, per guardarla in faccia.
Usagi sorrideva. Tirò via la frangia dalla fronte.
«Senza questa mi riconosceresti ancora?»
«Sì.» Non potendo farne a meno,
le diede
un bacio veloce. Si prese un momento per osservare il modo in cui i
capelli le cadevano ai lati del volto. «Così
sei...
più dolce.»
«Un altro motivo per legarli. Come faresti a
resistermi
altrimenti?» Usagi gli impedì di baciarla ancora
spazzandolo in
volto con un voluminoso ciuffo biondo. «Su, su,
c'è da poco da
scherzare. Al lavoro!»
Mamoru tenne in mano la ciocca che lei gli aveva passato.
Usagi lanciò un'occhiata alla tv spenta.
«Oh, non
hai messo il film.»
«Posso resistere senza.»
Divertita, Usagi contemplò la sua attenzione.
«Cosa ti prende oggi? Non fai che... guardarmi.»
«Hm. È un problema quando ti guardo
troppo, o
troppo poco...»
Lei gli premette un dito sul petto,
forte. «Ehi. Non
mi distrai, sai?»
Lui si arrese. «Voglio solo guardarti.»
Usagi lo valutò. Nell'accorgersi
dell'intensità
del suo
proposito prese colore sulle guance, giusto un poco.
«Okay.» Cominciò a passare la spazzola
sui capelli.
Si dimenticò per diversi secondi di quelli che lui teneva in
mano. «Ehm... se ci sono dei nodi, scioglili piano con le
dita.»
«Di là ho un pettine.»
«Può aiutare.»
Mamoru andò a recuperarlo.
Di ritorno, più che osservare,
lavorò. Divisi in due
code i capelli di lei erano ordinati e gestibili. Sciolti, il loro
reale volume si palesava in tutta la propria massa e
difficoltà.
«Tua madre mi ha fatto vedere delle foto di quando
eri
bambina» le disse. Ricordava di aver pensato che Usagi fosse
la
fotocopia di Chibiusa. «Avevi già i
tuoi...» Mini-odango.
«Chignon.»
«Sono stati un'idea di mamma. Non so se avrei fatto
crescere tanto i capelli se non mi avesse abituata a legarli qui
dietro sulla testa così in alto. In questo modo sono comodi,
non mi finiscono in faccia.» Per qualche momento Usagi non
disse
più nulla. «Alla fine, è tutta una
grossa
coincidenza, no? O forse destino.»
Mamoru non capì.
Usagi abbassò la spazzola. «Questa
è la
pettinatura della
mia vita passata. Anche ora tenere i capelli così
lunghi mi fa sentire... regale.»
Davanti al suo silenzio, Usagi spiegò.
«Non lo
faccio
per questo. Amo i miei capelli così come sono, ma... Ti ho
mai
detto che dopo le battaglie più importanti, per qualche
giorno, i capelli mi crescono più velocemente? Sono
costretta a
tagliarli da sola perché non arrivino fino al
pavimento.»
«Non me l'avevi detto.» Perché?
Usagi scrollò piano le spalle. «Non avevo
paura.
Era bello
sentirmi pervasa dall'energia che avevo usato, solo che... Non volevo
che nessuno di voi si facesse troppe speranze.»
«Su cosa?»
Usagi era quieta. «Sulla possibilità che,
per
magia, diventassi una raffinata
principessa. Andiamo, non ho nemmeno mai imparato a
pattinare.»
Lei sceglieva di concentrarsi su quel particolare inutile? In
ogni
caso... «Nessuno di noi ti vuole più
'principessa', Usa.» Non pensavano a quella pettinatura come
a qualcosa che la
legasse al passato. Per tutti loro quei due chignon erano
semplicemente una cosa da... Usagi.
Forse per lei era diverso,
perché aveva visto quel modo di tenere i capelli su un'altra
donna,
la sua antica madre.
Usagi era assorta. «Il paragone non è
inevitabile?
Voglio
dire... sono Serenity. Ho in me lo spirito di ciò che ero un
tempo e sento che io e lei siamo uguali. Mi piace perché
è stato come ritrovare una parte di me che non sapevo che mi
mancasse, ma... Non ho i ricordi di Serenity, o le sue esperienze. Nel
futuro
verso cui andiamo sarebbe stato utile per me
nascere più... regale. Più
nobile.»
Era un discorso che Mamoru non poteva sentire. «Non
so se mi
saresti piaciuta.»
Usagi comprese le sue intenzioni. «Sì
invece. Come
Endymion ti sei innamorato di me.»
«Di Serenity. Io - Mamoru - ero interessato a una
ragazza che
mi
faceva ridere.» Era nato anche lui diverso, forse apposta per
incastrarsi meglio con lei.
Usagi aveva arricciato le labbra, indecisa tra un sorriso e
una
smorfia. «Sarebbe un complimento?»
«Sì. Mi facevi ridere così
tanto che ti
pensavo più di quanto fossi disposto ad ammettere.»
«Questo è bello.» Lei si
girò
per
schioccargli un bacio sulla guancia. «Il tuo amore
è
basato sull'allegria.»
Su tante altre cose, troppe. Ma tornando ai capelli...
«Questi sono solo tuoi, Usagi. Li sto ammirando per
questo.»
Usagi rise. «Ammiri e non pettini. Non finiremo mai
così.»
Concordando, Mamoru riprese a lavorare.
«Allora...» mormorò lui.
I capelli di Usagi erano asciuti, pettinati e legati in due
code basse
da un paio di fiocchi che lei aveva tirato fuori dalla borsa.
Sistemata contro la sua spalla Usagi guardava la tv, rapita da
un film
che avevano scelto per caso girando tra i canali.
«Aspetta...» Usagi si concentrò
sul
bacio tra i due personaggi della pellicola. Batté felice le
mani. «Quanto mi piacciono queste cose!»
Lui era d'accordo: stava aspettando qualcosa di simile nella
realtà, per loro due. «Non avevi detto che mi
avresti fatto pregare?»
«Hm?»
«Prima. Poi abbiamo lavorato in tandem sui tuoi
capelli
per... be', per non perdere tempo.» Erano state le parole di
lei.
Usagi sbatté ripetutamente le palpebre, per un
attimo
confusa. «Giusto. Hm... Finiamo di vedere il film.»
Mamoru attese con pazienza.
Ai titoli di coda, Usagi spense la tv. «Bella
storia,
vero?»
Lui annuì per riflesso: non aveva seguito molto la
trama, ma
non gli era dispiaciuto starsene tranquillo a guardare la televisione
assieme a lei.
Usagi si era voltata per guardarlo. «Dobbiamo
parlare,
Mamo-chan.»
Interdetto dal tono serio, Mamoru ascoltò.
«Quando ti ho fatto quei discorsi invitanti... ecco,
mi
riferivo al futuro. Parlavo in generale. Non possiamo stare una sera
senza pensare a certe cose? Non apprezzi la mia compagnia senza altri
fini?»
Eh? «Ma...»
«Voglio dire, da quando la nostra relazione si
è
fatta così sessuale? Dov'è finita la dolcezza?
Non è bello stare semplicemente insieme?»
Incredulo, Mamoru cercò i suoi occhi.
«Non...
Io-... Cosa?»
Usagi lo ammonì con un dito. «Dobbiamo
risolvere.
Cominciamo da questa notte.» Si alzò dal divano e
camminò verso la stanza. «Dormirci su ci
farà bene.»
Mamoru rimase a fissare la moquette. Prima di seguirla
cercò
di nascondere una tonnellata di confusione.
Da dove era saltato fuori quel discorso? Metà delle
volte
era stata lei a cominciare!
O lui davvero era stato troppo insistente? Aveva
sbagliato da
qualche parte? O Usagi era affetta da qualche momentanea crisi ormonale
che-
Depresso cominciò a uscire dal salotto e la
trovò
in piedi sulla porta del corridoio. Lei stava provando con tutte le
proprie forze a non ridere. «Ci sei cascato.»
Lui spalancò la bocca.
Usagi saltellò e corse in camera. «Ci sei
cascato!»
Senza nemmeno pensare lui la inseguì. Rimbalzarono
insieme
sul materasso. «Era
questa la tua idea?»
Giocosa, lei mantenne le distanze. «No, me n'ero
completamente dimenticata! Ma tu hai sempre in testa la stessa cosa,
buh! Così impari!»
«Io?!» Ridendo, Mamoru ricadde con la
schiena sul
letto.
Dopo un momento Usagi lo solleticò sulla faccia con
la punta
di una coda. «Ehi.»
Lui le sfuggì col naso.
«Guarda cosa faccio per farmi perdonare.»
Mamoru aprì gli occhi proprio mentre un fiocchetto
gli cadeva sulla guancia. «Li sciogli?»
Lei annuì e gli riversò sul petto
metà
della propria chioma, salendogli sopra con le gambe, una da una parte
all'altra dei suoi fianchi. Andò a slegare l'altra coda.
«Dovremo stare attenti. Dovrai essere molto delicato con
me.»
Lui la fece chinare in avanti. Coi suoi capelli si
creò un
meraviglioso rifugio biondo, con un vago profumo di fragola.
Usagi stava sbottonando piano il pigiama. «Ti
piacciono?»
Come fa a
essere una
vera domanda? Non c'erano parole per esprimerlo. Si
sollevò col torso, le prese la testa tra le mani.
«Ti dimostro quanto.»
E per il resto della notte non parlarono.
Episodio 6 - Sciolti - FINE
NdA:
Per l'idea, ringrazio due recensioni di EricaB e cri88 rispettivamente
a 'Dentro di noi' e 'Red Lemon'.
Questa è una piccola storia che ho scritto un po'
per esercizio, un po' perché quando ho una bella idea che mi
ispira e fa contento qualcuno, sono felice di scriverla :)
Spero che vi sia piaciuta.
ellephedre