#2 Pensare al
domani
Per
comodità Sakura
pensò bene di trasferirsi nella tenda dei due convalescenti.
Il campo medico era
praticamente vuoto e dato che gli ultimi ospiti necessitavano della
sua costante presenza - o almeno si era convinta che fosse
così
- aveva preso il suo sacco a pelo e si era ritagliata un angolino,
dalla parte della branda di Sasuke.
Aveva scelto con
cura la sua
postazione: da lì, infatti, avrebbe potuto guardarlo senza
che
lui se ne accorgesse - e a lei piaceva tanto guardarlo.
Durante la guerra e
nelle
poche "indimenticabili" occasioni in cui si erano
incontrati, non aveva avuto modo di osservare con attenzione quanto
lui fosse cambiato. I lineamenti erano delicati come quando aveva
dodici anni, forse leggermente induriti solo all'altezza della
mascella. I capelli ricadevano ai lati degli occhi ermeticamente
chiusi - o almeno lo sperava, perché farsi cogliere sul
fatto
non sarebbe stato molto edificante - ; le unghie della mano destra
erano scheggiate in vari punti, mentre dall'altro lato, il moncherino
non sembrava poi così brutto fasciato. Il torace pallido si
abbassava e alzava ritmicamente, scandendo i suoi respiri profondi.
Era quasi certa che stesse dormendo e un ingestibile desiderio di
toccarlo iniziò a ronzarle in testa come una mosca
fastidiosa.
Non che in quei
giorni non ne
avesse avuta la possibilità, essendosi occupata lei delle
medicazioni, ma quello che provava in quel momento era la voglia di
accarezzarlo con dolcezza, senza una ragione ben precisa; scostare
appena i capelli dalla fronte e testare la morbidezza della sua pelle
per avere la certezza assoluta che lui fosse davvero lì, che
non fosse uno dei suoi sogni in cui il team 7 era finalmente riunito
e lui era ritornato a casa... da lei.
Sfruttando il
rumore
assordante proveniente dal letto del suo secondo paziente -
quello
biondo, quello che russava - abbassò la zip del
sacco a
pelo e sgusciò fuori.
In punta di piedi
si avvicinò
alla branda e quando fu proprio in corrispondenza del suo volto...
... decise di
ritornare
immediatamente indietro.
Tutto il coraggio,
una volta
trovatasi a pochi centimetri da lui, era improvvisamente scomparso.
Si girò, quindi, e si mosse per ritornare al suo giaciglio,
quando ebbe come la sensazione di essere osservata.
Non da Naruto, era
certo, a
meno che non riuscisse a russare anche da sveglio.
Spinse la coda
dell'occhio
fin dove era possibile - se avesse potuto, fin dietro la testa - e
quella che fino a poco prima era stata una semplice e inquietante
sensazione, si trasformò in certezza assoluta: era sveglio e
la stava guardando.
Non doveva neanche
essere un
bello spettacolo... a differenza dei fortunati che avevano avuto il
permesso di ritornare al villaggio, lei non aveva ancora potuto
godere del piacere di una doccia. I suoi capelli erano sporchi e
annodati e la sua tuta da jonin, sempre senza una manica, era da
buttare tra i rifiuti tossici. Quantomeno era riuscita a sistemare le
cicatrici provocate dall'acido, riducendole a piccoli aloni un po'
più chiari rispetto al colore della sua pelle.
"Che stai facendo?"
"Ero
stata colta dalla voglia di toccarti ma alla fine me la sono fatta
sotto"
"Le fasciature.
Dovevo
controllare le fasciature"
Sperò
che se la fosse
bevuta. Spiegargli il vero motivo sarebbe stato umiliante e anche se
aveva ormai accumulato una certa esperienza in quel campo, le
sembrò
assolutamente fuori luogo reiterare nuovamente quella traumatica
esperienza.
"Dovresti dormire"
Ottimo suggerimento
che lei
aveva intenzione di mettere in pratica immediatamente,
uscendo
da quella situazione imbarazzante.
Strinse i pugni e
con la
testa tra le spalle ritornò alla sua cuccia, la coda tra le
zampe e una gran rabbia dentro. Se la prese con il suo pessimo
istinto che le consigliava sempre le azioni più sbagliate e
cercò di seguire il "consiglio" di Sasuke, sperando
di non invocare il suo nome nel sonno come spesso le accadeva - di
figuracce ne aveva fatte abbastanza.
Sasuke richiuse gli
occhi.
Non poteva darle
torto:
dormire con quella mietitrebbia nelle orecchie non era una cosa
semplice. Tuttavia, anche nel più completo silenzio,
probabilmente non sarebbe riuscito comunque a chiudere occhio.
C'erano troppe
questioni
ancora da sistemare: i cinque kage non avevano ancora deciso cosa
fare di lui e non sapeva se sperare o meno nel loro perdono. Una
condanna a morte o una prigionia a vita, infatti, avrebbero risolto
il secondo quesito : cosa fare della sua vita.
Tornare al
villaggio?
Ricominciare come se niente fosse accaduto?
Sicuramente Naruto
e Sakura
ne sarebbero stati contenti, ma lui... lui sarebbe riuscito a
perdonarsi? E gli altri come l'avrebbero presa?
In un processo
pubblico dove
da una parte si fossero schierati coloro che lo ritenevano in fondo
un eroe e quelli che ancora lo consideravano un nukenin, quale
sarebbe stata la fazione più numerosa?
Sperava di evitarsi
quantomeno quell'umiliazione, che i Kage decidessero in camera
caritatis, senza coinvolgere la gente del Villaggio. Gli Uchiha erano
invisi a Konoha ancor prima di tutto quello che aveva fatto lui, una
punizione esemplare avrebbe ricevuto molti consensi.
In fondo non gli
importava,
si sentiva totalmente svuotato e in un certo qual senso aveva
già
ottenuto la sua libertà. Lo scontro con Naruto gli aveva
fatto
capire di poter contare sugli altri e che per quanto si pensa di
poter fare tutto da soli, l'uomo, quello vero, non può
essere
un'isola. Solo con la collaborazione e la condivisione delle gioie e
dei dolori della vita si può vivere un'esistenza completa.
Ma lui non era
ancora pronto
per il salto, non poteva cancellare anni di solitudine e reintegrarsi
al villaggio come per magia. Il suo carattere necessitava di
metabolizzare quella nuova possibilità e di capire se fosse
quella giusta per sé e per gli altri e tra questi ultimi,
c'era anche Sakura che continuava a fingere che tutto andasse bene,
che lo guardava durante la notte e che fuggiva il suo sguardo di
giorno.
Sapeva che quella
misera
parola non avrebbe risolto granché, che ci sarebbe voluto
più
di un "Perdonami" - per quanto sentito - per sistemare le
cose con lei. Si sentiva in debito nei suoi confronti
perché,
nonostante tutto, lei non aveva mai smesso di credere in lui. Si
vergognava per tutto ciò che le aveva fatto, ma il problema
più grande adesso era capire cosa fare con lei. I suoi occhi
tradivano ancora quel sentimento che gli aveva confessato, presto o
tardi quel discorso sarebbe uscito fuori di nuovo e lui avrebbe
dovuto darle una risposta... una risposta vera, non un criptico
"grazie". Doveva analizzare i sentimenti che provava per
lei e questo lo spaventava più di un processo,
più di
una condanna.
Non voleva
più farla
soffrire, non se lo meritava, questa volta la sua risposta sarebbe
dovuta essere definitiva. Se avesse deciso di rifiutarla ancora,
forse si sarebbe messa l'anima in pace e avrebbe ricominciato la sua
vita con qualcun altro.
"Qualcun
altro...
Ma chi?"
Naruto era sempre
stato
innamorato di lei e con lui fuori dai giochi avrebbe avuto campo
libero. Da quello che aveva capito, però, in quel periodo
che
era mancato da Konoha, Hinata Hyuga aveva mostrato interesse per la
testa quadra.
L'idea di Naruto
conteso da
due donne era una scena talmente ridicola che involontariamente
inarcò le labbra in un sorrisetto malefico.
Non lo
invidiava affatto.
Con ogni
probabilità
avrebbe scelto la bigamia per non far torto a nessuno.
Tuttavia, non aveva
notato
alcuno sguardo languido tra i suoi due compagni di team - e lui era
un grande osservatore - quindi la possibilità che Sakura
ripiegasse su di lui erano infinitesimali. Inoltre, iniziare una
nuova vita con Naruto non avrebbe cancellato quella passata: il
ricordo del team7 sarebbe stato sempre troppo vivo e con esso il suo
ricordo.
Passò
quindi al
candidato successivo: Sopracciglione.
Anche lui aveva
sempre avuto
un debole per Sakura, le aveva dichiarato più volte il suo
amore con una teatralità da far impallidire un drammaturgo.
No, non
poteva volerle
così male.
A quel punto
sarebbe stato
meglio per lei rimanere zitella.
Shikamaru sembrava
più
interessato alle donne della sabbia.
Il "sostituto",
quel tipo strano, era più ignorante di lui in ambito
sentimentale, Sakura sembrava essergli affezionata, ma come amico,
come "caso umano" forse, e anche in quel caso, essendo il
suo sostituto, non l'avrebbe aiutata a dimenticare.
Kiba Inuzuka e
Akamaru -
perché con quei due o prendi il pacchetto completo o non se
ne
fa niente.
Francamente non
sapeva se a
Sakura piacessero i cani. Kiba aveva un caratteraccio e con Sakura
non avrebbe avuto vita facile. Sarebbe stata una relazione un po'
troppo turbolenta. E poi era troppo rozzo per lei.
Socchiuse appena un
occhio e
la spiò. Era raggomitolata nel sacco a pelo, i capelli
dietro
l'orecchio e un'espressione serena in viso.
Troppo
rozzo.
Nonostante in
quegli anni
fosse cambiata, ogni volta che posava gli occhi su di lei rivedeva
quella ragazzina noiosa, quella che era suo dovere proteggere.
Durante la guerra
non si era
interessato molto della sua incolumità, spesso aveva
preferito
proteggere Naruto e non lei.
Ma era stato
necessario – o
almeno questa era stata la sua scusante – perché
senza
Naruto la guerra poteva considerarsi persa e lei e Kakashi
rappresentavano solo un peso e un pericolo. Avevano rischiato di
cadere sotto l'effetto dello Tsukuyomi - e in quel caso era stato lui
a proteggerli, perché erano vicini a Naruto
- , erano
stati a un pelo dal precipitare in un mare di lava - Naruto li aveva
presi al volo e lui lo aveva salvato a sua volta.
Si chiese se
davvero non gli
interessasse della loro incolumità o se si cullasse sul
fatto
che Naruto sarebbe sempre accorso in loro aiuto prima di lui. Un
retaggio di quello che era accaduto nella foresta della morte e
durante il combattimento con Gaara "oscuro" - non quella
specie di Gandhi che era diventato.
Sicuramente gli
stava più simpatico prima che iniziasse anche lui a
comportarsi da uomo saggio.
Evidentemente
Naruto oltre che cocciuto doveva essere anche contagioso.
Naruto si era
sempre lanciato nella mischia per difendere tutti, il ruolo del
salvatore gli era stato sempre congeniale, mentre lui...
Lui voleva
diventare forte, non pensava ad altro, anche se la vita in Team gli
aveva insegnato a prendersi cura dei suoi compagni, soprattutto di
Sakura che era l'elemento debole. Il suo ego aveva subito un grosso
smacco vedendo più volte Naruto salvare baracca e burattini
e
a quel punto aveva deciso di percorrere la strada più facile
per ottenere il potere. Orochimaru glielo stava servendo su un piatto
d'argento anche se a un caro prezzo che alla fine di tutto sperava di
non dover pagare – diventare il contenitore di
quell'essere era
una possibilità raccapricciante. Per fortuna al
momento di
pagare il conto, il sennin era troppo debole e lui molto, ma molto,
potente e dopo aver ottenuto un diploma lampo in serpentologia
l'aveva
sconfitto. Certo
rimaneva il segno maledetto, ma per un po', almeno fino a che non
avesse ucciso Itachi, avrebbe potuto tollerarlo e usarlo a suo
favore.
Il
team Taka non aveva mai avuto niente a che vedere con il Sette, ma
aveva bisogno di una squadra per poter affrontare l'Akatsuki e
arrivare a Itachi. Karin, a tratti, gli ricordava Sakura. Con
Suigetsu aveva lo stesso rapporto che la Kunoichi aveva con Naruto
e... anche la rossa, come lei, aveva dimostrato più volte di
tenere particolarmente a
lui – anche in modi alquanto imbarazzanti.
Si
era circondato di tre elementi che in stranezza se la battevano, ma
che in fondo servivano allo scopo. Con loro non aveva condiviso la
sua infanzia, non aveva un passato comune se non quello di far parte
del vivaio di Orochimaru e in quanto ad affezione non avevano mai
occupato un posto speciale nei suoi pensieri.
Ma se fossero
morti? Se Kakashi e Sakura fossero morti, come l'avrebbe presa?
Dati gli ultimi
avvenimenti, probabilmente male, ma in quel momento in cui la cosa
che gli premeva di più era sconfiggere Kaguya – e
diventare in seguito il principe dell'oscurità -
forse
non avrebbe provato nulla.
La situazione era
leggermente cambiata quando era stato lui, poi, a trovarsi in
difficoltà e Sakura e Obito lo avevano salvato.
Si era accasciata
su di lui, sfinita dallo sforzo, e i loro sguardi si erano
incrociati.
Nelle sue iridi
verdi, che strenuamente cercava di tenere aperte, aveva visto un
incredulo sollievo e... anche qualcos'altro. Qualcosa che per un
momento, un solo istante, lui aveva condiviso: era affetto, misto a
quella gratitudine che la maschera di necessaria indifferenza che
aveva deciso di indossare non gli consentiva di dimostrare a parole.
Non era stata fortuna, ma la determinazione di Sakura a consentirgli
di oltrepassare il portale. Il suo viso era imperlato di sudore,
pallido, e la pelle bruciata del suo braccio destro, scottava sotto
le sue dita.
Era talmente
palese che lei non avesse rischiato tanto solo per paura che senza il
suo apporto le sorti della guerra sarebbero inevitabilmente state a
favore del nemico.
Questo ragionamento
poteva
valere per Obito, ma non per lei.
Lei aveva
da sempre
tentato di salvarlo: da se stesso, dalla vendetta, dal
dolore. Ma
non le aveva mai dato la possibilità di farlo.
Era forse giunto il
momento?
Darle quella
possibilità,
poteva essere la chiave di volta che gli avrebbe consentito di vivere
finalmente quei giorni felici che lei gli aveva promesso anni prima?
Le sue sinapsi
stavano
scricchiolando sotto il peso di quei ragionamenti che riteneva fin
troppo necessari anche se assurdi, dato che a breve avrebbe dovuto
prendere una decisione - ammesso che ne avesse avuta la
possibilità.
In quegli anni non
aveva mai
pensato all'amore, in senso romantico. Non era affatto predisposto a
effusioni come camminare per strada mano nella mano, sbaciucchiarsi
in pubblico o partecipare a noiose cene con i suoceri – tutte
cose
che sicuramente dovevano piacere oltremodo a quella ragazza dai
capelli rosa.
Lei non aveva
minimamente
idea di qual fosse la sua idea di coppia e... neanche lui, dato che
non era utile per vincere battaglie o per soddisfare vendette.
Si trovò
quindi a
riflettere su questo aspetto.
Forse vivere tutta
la vita
con una donna, avere dei figli, formare una famiglia e sperare che
nessuno decida un giorno di trucidarla poteva essere più o
meno un'idea, ma troppo lontana dalla realizzazione immediata che
avrebbe voluto Sakura.
Inoltre, a lei
sarebbe
bastato? Ovvero, lei si sarebbe accontentata dei suoi modi bruschi,
della sua indolenza nel parlare e della totale assenza di
romanticismo?
Francamente, in una
situazione come quella, non riusciva a immaginarsi diversamente. Lui
non era tipo da fiori e cioccolatini, da paroline dolci sussurrate
all'orecchio, lui era... un Uchiha!
Suo padre non aveva
mai
mostrato alcun tipo di emozione nei confronti di sua madre, almeno
non davanti a lui e Itachi; la rispettava come madre dei suoi figli,
come donna dedita al Clan, ma per quel che ne ricordava, non aveva
mai assistito ad alcuna effusione tra i due che non fosse un pudico
bacio sulla guancia.
Suo padre
sì che era
un vero uomo, tutto d'un pezzo. Forse, se un giorno avesse avuto un
figlio maschio lo avrebbe allevato come suo padre aveva fatto con lui
e Itachi, rendendolo un ragazzo forte.
Gli avrebbe insegnato il caton e anche il chidori, gli avrebbe
vietato di utilizzare troppo lo sharingan e avrebbe distrutto la
stele prima che fosse in grado di leggerla e decidere di cavare gli
occhi a un suo eventuale secondogenito.
Si
sentiva stressato solo all'idea.
Quale
donna al mondo - oltre Sakura naturalmente - avrebbe potuto
accettare di portare un cognome scomodo come il suo?
Ma
soprattutto, per procreare bisognava essere in due (fonte: Suigetsu)
e per una nuova stirpe di Uchiha serviva una donna all'altezza
– e
Sakura era pur sempre un sennin e un ottimo ninja medico.
Gli
parve estremamente strano e inopportuno che il nome di Sakura
comparisse sovente nei ragionamenti che stava facendo.
Sicuramente
doveva essere stata la costante frequentazione in quei giorni o il
fatto di averla sotto gli occhi che dormiva sul suo giaciglio, a
creare i vari collegamenti – non che
lui avesse iniziato
il ragionamento chiedendosi cosa provasse per lei... quello era
già
passato in secondo piano rispetto all'idea di marciare su Konoha con
una schiera di piccoli Uchiha "maschi" e sottomettere le
figlie "femmine" del Dobe.
Era
davvero divertente pensare a un futuro così roseo... quanto
impossibile.
Il
problema di fondo risiedeva in quel marasma di rimpianti, rimorsi e
sensi di colpa che si portava dietro da troppo tempo.
Come
poteva pensare al futuro, quando il suo intero essere era ancora
proteso verso il passato?
La
domanda che doveva realmente porsi era "chi lui fosse" e
per il momento non poteva darsi una risposta perché sapeva
solo quello che sarebbe potuto essere: qualsiasi cosa avesse
voluto.
Non
era più obbligato a ricoprire alcun ruolo: non doveva
più
essere un vendicatore, un nukenin o il cattivone che manteneva la
pace con la forza – anche se la terza opzione continuava a
non
dispiacergli nonostante fosse stato costretto ad accantonarla causa
forza maggiore(non aveva più alcuna intenzione di sorbirsi
nell'arco della sua longeva vita un altro sermone da parte di
Naruto).
Fino
a che non fosse stato in grado di rispondere con coerenza a quella
domanda e non avesse espiato, almeno in parte, le sue colpe, sapeva
che non sarebbe riuscito a prendere alcuna decisione in merito ad
altre questioni, per così dire,
più frivole.
Il
modo attraverso il quale avrebbe portato a termine questa sua
personalissima missione non gli era ancora ben chiaro, ma ci avrebbe
riflettuto su.
Rimaneva
comunque il pericolo Sakura: questa volta, ne era certo, non avrebbe
sentito ragioni e di fronte a un suo ennesimo rifiuto, per quanto
motivato (da egoismo puro, che Sakura avrebbe sicuramente compreso),
probabilmente lo avrebbe spedito dall'altra parte del globo con un
cazzotto oppure avrebbe fatto Harakiri nella Piazza di Konoha,
davanti a tutti gli abitanti che lo avrebbero pertanto ridefinito un
mostro. In entrambi i casi l'epilogo non era affatto allettante.
Non
poteva contare sulla sua comprensione, con che diritto poi, visto che
ancora era in forse circa il perdono.
I
suoi gesti erano confusi e contraddittori, sintomo che si trovasse a
disagio in sua presenza.
Qualcosa
nella sua brillante mente gli suggerì che lei, molto
probabilmente, non lo avesse ancora perdonato e che le sue
aspettative per il futuro non prevedessero di
aspettare
ancora.
Avere
un confronto con lei adesso era impensabile. Era già tanto,
secondo i suoi metri di giudizio, che lei gli rivolgesse ancora la
parola.
Non
doveva continuare a illuderla a meno che non fosse del tutto convinto
di vedere anche lui un futuro con lei accanto.
Probabilmente
tutti quei ragionamenti non avrebbero portato a una risposta
nell'immediato, ma non poteva negare di avere un legame speciale con
lei, qualcosa che non era un sentimento fraterno come quello che
provava per Naruto, qualcosa di cui era totalmente ignaro e che fino
a quel momento non aveva mai sfiorato neanche l'anticamera del suo
cervello.
Non
era a suo agio, lo sentiva... e non aveva idea di come uscire da
quella situazione in maniera indolore, almeno per lei.
Forse
se lo avesse pestato a sangue e gli avesse amputato un braccio, le
cose sarebbero andate apposto da sole, senza bisogno di parole.
Quanto
odiava le parole e poi con lei non era mai riuscito a usare quelle
giuste. Con Naruto era diverso, era logorroico e a lui spettava solo
il compito di ascoltare e ascoltare e ascoltare e spesso dargli
ragione per sfinimento.
Ma
lei... lei avrebbe posto domande e preteso risposte.
C'erano
troppe cose in sospeso, tra cui reciproci tentati omicidi, un
"grazie" campato in aria, una serie di offese pronunciate
gratuitamente durante la guerra, una mano conficcata nel petto e un
"perdonami per tutto quello che ho fatto finora" che
meritava un approfondimento in virtù di quanto elencato
prima.
Al
solo pensiero l'idea di fuggire non era poi tanto orrenda come
opzione, dopotutto era abituato alla vita del nukenin, ma era
altrettanto inquietante la sicurezza che quei due avrebbero
ricominciato a rincorrerlo fino ai confini del mondo per riportarlo a
casa.
Se
poi ripensava agli eventuali suoi "sostituti" sentiva uno
strano formicolio alla mano sinistra – quella che
ormai
cinguettava solo nei suoi sogni. Da un certo punto di vista
era
come se lui fosse convinto di avere il sacrosanto diritto di averla
per sé, anche solo per poco e che comunque Sakura non si
sarebbe accontentata di nessun altro.
Sasuke
non poteva sapere quanto quel pensiero potesse essere vero e che
quegli stessi ragionamenti stessero movimentando anche la notte di
Sakura che, come un'anima in pena, si girava e rigirava nel sacco a
pelo, pensando al domani.
Angolo
Autrice
Buonasera!
In
ritardissimo, lo so,
sono imperdonabile. Mi sono un attimo bloccata a metà per
qualche giorno perché avevo iniziato il ragionamento di
Sasuke
e non riuscivo ad uscirne in nessun modo. Paranoia cosmica!
Comunque
alla fine spero
di essere stata abbastanza coerente. Questo è uno dei buchi
che desideravo colmare: che diavolo hanno fatto quei tre prima dei
funerali? Siccome non ci è stato dato modo di saperlo, ho
immaginato una notte di paranoie sul futuro, con una Sakura che
vorrebbe avvicinarsi a Sasuke ma teme di essere respinta ancora e un
Sasuke che non sa che fare della sua vita. Tutta la pallosissima
parte del ragionamento di Sasuke sarebbe in pratica il primo sentore
che poi porterà alla sua decisione di partire per il suo
viaggio di espiazione. Ma prima di arrivare a quel punto ci sono
altri buchetti sparsi da colmare.
Spero di
aggiornare il
prima possibile le altre fan, ma non vi prometto nulla, forse Kitchen
nel fine settimana.
Ringrazio
tutti coloro che
hanno inserito anche questa storia tra le seguite, le preferite, le
ricordate e chi ha recensito i precedenti capitoli. Vi invito a
esprimere le vostre considerazioni sulla storia e a darmi anche
qualche consiglio sulla trama ( io ce l'ho in mente, ma i consigli
potrebbero farmi considerare degli aspetti dei "buchi" che
potrei rischiare di tralasciare).
Un bacione
Blueorchid31
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