CAPITOLO 13
“Ci
risiamo”
“In quest’ultima prova,
francamente, mi sono proprio divertita!” esclamò tutta sorridente Sara.
“Oh certo! Perché non torniamo
indietro a ri…” ma la risposta di Rosa si troncò improvvisamente, appena vide la
stanza in cui erano entrati.
“Eppure tutto questo mi ricorda
qualcosa…” disse ironicamente Andrea.
La stanza, infatti, presentava
delle identiche pedane metalliche, questa volta ordinate in maniera crescente di
altezza, del terz’ultimo ambiente che avevano visitato.
“Dunque ora ci tocca risalire”
osservò Oscar.
“Gente, temo che questa volta
dovrete darmi una mano” constatò timidamente Tommaso.
“Tranquillo ragazzo” lo rassicurò
Stefano “vorrà dire che ti unirai alla nostra allegra combriccola!” concluse
mettendo una mano sulla spalla di Marco.
“Grazie”.
“Bene! Anche questa volta,
toccherà a me andare per primo” esclamò il ladro con le mani in tasca.
“Se non te la senti, puoi sempre
rimanere da questa parte…” gli propose ironico il poliziotto.
“Col cazzo!” rispose secco Lupo,
mentre spiccava il salto.
“Ragazzi…” cercò di attirare
l’attenzione Carla, mentre i piedi del fuorilegge avevano appena toccato il
piano lucido della rampa.
Poi quest’ultima discese giù a
gran velocità. Il movimento che tutti e dieci i presenti pensavano fosse svolto
dalla pressa superiore, fu invece effettuato dal ripiano inferiore, con l’uomo
che fluttuava senza gravità qualche centimetro sopra di essa. Poi la discesa
terminò. I nove al di sopra erano ancora tutti sconvolti.
“Lupo, tutto bene?” urlò
preoccupato Simone.
Nessuna risposta.
“Che dite? Sarà morto?” domandò
non pensandoci Silvestri.
Una voce si levò dal basso “Non
ancora!”.
“Oh grazie a dio!” sbuffò
sollevato Sciullo.
Anche il volto di Santucci si
rilassò, per poi corrucciarsi nuovamente “Che costa stavi dicendo, Carla?”.
La Wilson rimase inizialmente
sorpresa, per poi riprendere il filo del discorso “Ah, giusto! Guardate là!”
indicando con il dito “Ci sono delle scale”.
Il gruppo constatò la veridicità
delle parole della dottoressa.
“Dunque questa volta sembra più
semplice del previsto…” azzardò la promettente attrice.
“Beh, allora partiamo!” sentenziò
il calciatore ferito.
“Si appoggi a me” ordinò il
soldato, una volta vista l’andatura zoppicante dell’atleta.
Il gruppo scese tranquillamente i
gradini, con Stefano che, forse a causa della tensione accumulata, rischiò di
precipitare fino al pavimento sottostante.
“Comunque è strano che sia tutto
così semplice…” espose il suo dubbio Sara.
“In effetti, signori, è meglio se
rimaniamo con gli occhi ben aperti” consigliò saggiamente Oscar.
Una volta ripresa la marcia, il
decimo membro si riunì alla combriccola “Però! Ve la siete presa con
calma!”.
“Stai zitto, Lupo!” lo richiamò,
senza mezzi termini, Santucci.
Nella compagnia si tenevano
vicini il più stretto possibile gli uni agli altri, stando più cauti possibili
ad ogni passo che effettuavano.
“Oh merda!”.
Tutti si voltarono verso chi
aveva appena imprecato.
“Che succede, Marco?” chiese
preoccupata Carla.
“Non so ma… temo di… di aver
pestato qualcosa che non dovevo pestare…”.
A quelle parole, quasi
balbettate, la squadra abbassò lo sguardo per vedere, con sinistra sorpresa, una
delle mattonelle metalliche situata più in basso delle altre.
“Oddio gente prepariamoci…”
esclamò, in piena crisi, Noro.
Come da preavviso, qualcosa
cominciò ad accadere. Nella porzione di pavimento subito di fronte alla decina
di persone, si aprirono dei fori con un diametro di cinque centimetri. I membri
del gruppo allungarono all’unisono il collo, come rapiti da una preoccupante
curiosità. Dopo una breve attesa, da essi emersero dei minacciosi spuntoni
d’acciaio, tutti ovviamente ben appuntiti.
Qualche secondo di silenzio
avvolse la comitiva.
“Tutto qua?” domandò perplessa
Silvestri.
“Ma perché? Vorresti qualcosa di
peggio!?” le urlò contro Rosa.
“Figurati! Ho affrontato cose ben
peggiori!” affermò spavaldo Andrea.
“Come la galera?” fu la
frecciatina lanciata da Roberto.
Mentre i due sembravano
riprendere il battibecco tra di loro, o anche peggio, il povero Sciullo stava,
nel frattempo, ringraziando animatamente il cielo.
“Purtroppo, signori, ho come la
sensazione che non sarà l’unico trabocchetto che incontreremo” esclamò
preoccupato il politico.
“Dovremo essere pronti a tutto…”
aggiunse lo scienziato.
“Al diavolo! Voi potete pure
procedere con il vostro passo, magari finché non avrete il gas verde addosso, io
vi precedo!” proruppe il ladro, staccandosi dalla comitiva.
“Aspetta Andrea…” tentò di
fermarlo il medico donna.
“Ma lascialo andare, Carla” la
bloccò seccato il poliziotto.
Improvvisamente, si udì un
potente tonfo.
“Cos’è stato?” domandò, con gli
occhi ben spalancati, l’attrice.
La ragazza bionda accanto a lei,
indicandoglielo con il dito, le rispose “Penso sia stato il delinquente nella
fossa”.
Di fatti, tutti gli altri
constatarono l’improvvisa apertura sul pavimento in cui era caduto Andrea
Lupo.
“Questa volta non sono stato io!”
si discolpò immediatamente il giovane imprenditore.
“Scusatemi…”.
Subito tutti a voltarsi verso lo
scusante.
Il calciatore si scusò
rammaricato “Temo di essere stato io…”.
“Scusate anche me” aggiunse il
soldato “è stato un errore mio”.
“Se non altro ci siamo liberati
di Lupo!” sentenziò Santucci.
“Ti piacerebbe, sbirro!” urlò una
voce dal sottosuolo.
“Sembra stare bene, allora”
ipotizzò Wilson.
I nove si avvicinarono all’orlo
della fossa.
Sotto di loro, il criminale li
scrutava dal basso “Guardate che, se mi date una mano, non è squalifica!”.
“Per fortuna non è neanche tanto
fonda…” osservò l’attrice.
“Abbia un attimo di pazienza che
la facciamo uscire di lì” lo informò il politico.
Fu allora che Sarti, forse per
riparare al proprio presunto errore, decise di mettersi in azione, lanciando una
corda che aveva attaccata alla cintura.
“Afferri questa, signore”.
“Ma dove le tieni tutte queste
cose?” chiese stupita Sara.
“Vuoi una mano?” domandò
Stefano.
E fu così che, grazie anche
all’aiuto dello scienziato e, sebbene più disinteressato, di Roberto, il gruppo
tornò a riabbracciare il suo decimo membro.
“Grazie gente… bene,
proseguiamo!” riprese l’uomo appena recuperato.
“Sicuro di stare bene, Andrea?”
chiese immediatamente Carla.
“Sì sì, tranquilla”.
“Certo che, a questo punto,
conveniva di più rifare il percorso lì sopra” ironizzò, ma neanche tanto,
Marco.
“A me non sarebbe dispiaciuto…”
aggiunse Silvestri.
“Al diavolo! Ormai siamo qui,
quindi proseguiamo per di qua!” tagliò corto Lupo.
“Francamente, non ce l’avrei
proprio fatta ad affrontare un’altra volta quel percorso” confessò il calciatore
infortunato.
“Di fatti, signori, non
pensiamoci più” consigliò Testa.
Dopo qualche passo, la giovane
Simone notò qualcosa di particolare davanti a loro “E quella che cos’è?”.
“Sembrerebbe una catena
proveniente dal soffitto” cercò di darle una risposta, Santucci.
“Io di certo non la tiro per
vedere che succede!” esclamò Sciullo.
“Penso che sia consigliabile per
tutto il nostro plotone che nessuno, e sottolineo nessuno, prenda tale
iniziativa” ordinò Sarti.
“Scusate… ma avete detto di
tirarla o no, questa?”.
Questa frase fece gelare a tutti
il sangue nelle vene.
Una volta diretto i proprio
sguardi verso Noro, compresero il dramma.
“Oh merda! Scusate gente…” tentò
di redimersi il colpevole.
Un’inquietante gorgoglio salì
dalla parete a loro vicino, tra un clangore metallico e l’altro. I tre armati si
prepararono a colpire, lasciando Orsi appoggiato al più anziano della
compagnia.
Di colpo, il rumore sospetto
sembrò estinguersi. Successivamente, sembrò ce ne fosse uno molto più leggero.
Finché Rosa Simone non si ritrovò bagnata, da capo a piedi, da un getto d’acqua
proveniente dall’alto.
SPLASH!
Tutti si voltarono verso di lei,
con i tre di prima già pronti allo sparo.
“CAZZO!” sbraitò la ragazza
fradicia.
In molti iniziarono a reggere con
difficoltà le risate spontanee.
“Rosa… tutto bene?” azzardò Carla
Wilson.
“Perdonami” bisbigliò appena
Stefano Noro.
“Speriamo almeno che sia acqua…”
ironizzò Sara Silvestri, prima di scoppiare in una fragorosa risata.
Mentre la giovane attrice
imprecava in tutte le lingue possibili, Roberto Santucci notò le trasparenze
venutesi a creare nella sua maglietta “Però! Devo dire che ti preferisco così,
Rosa!”.
“Fanculo, brutto porco!” fu la
risposta immediata da parte di lei.
“Ma che ti lamenti? Ti sei
soltanto bagnata un po’…” la rimproverò Marco.
“Ma possibile che non ci sia
niente con cui asciugarti?” chiese Carla.
“Aspettate!” richiamò
l’attenzione di tutti Stefano “Qua si è aperto qualcosa…” indicando un vano che
si era creato sulla parete.
Il più rapido nell’andare a
controllare fu Andrea.
“Però, non c’è che dire, con te
sono stati gentili…” constatò lui, mentre tirava fuori da esso un insperato
asciugamano.
Lo stupore era visibile nel volto
di tutti.
“Ma si può sapere a che gioco
stanno giocando?” domandò, più perplesso che mai, Tommaso.
“Se non altro, ciò significa che,
quasi sicuramente, non ci vogliono morti” concluse freddamente Simone, al suo
fianco.
“Una ben magra consolazione,
signori…” aggiunse rattristato Oscar.
La bionda si avvicinò alla
vittima di quel particolare gavettone “Tutto bene, tesoro?”.
“Sì, per quanto possa valere…” le
rispose l’altra, con ancora parte del volto coperto dall’asciugamano passatole
dal ladro “Immagino in che stato sia il mio viso dopo questo…” disse,
accompagnando il tutto con una
risata cristallina.
“Io continuo a preferirti così!”
insistette Roberto.
“E basta!” fu l’urlo all’unisono
del gruppo.
“Ok, allora procediamo!” tagliò
corto, irritato da quella reazione collettiva, il poliziotto.
Dunque i dieci ripartirono,
ancora più vicini alla possibile uscita.
“Mi dispiace dover essere un peso
per te, Simone” si scusò amareggiato il calciatore.
“Non si preoccupi, non mi
perdonerei mai di aver lasciato dietro un membro della mia squadra” lo rassicurò
il militare.
“Ti capisco!” concluse
l’infortunato.
“E quello ora cos’è?” urlò
Sara.
Di fronte alla comitiva vi era
una costruzione davvero singolare: pareva in tutto e per tutto un piccolo ponte
ad arco, nonostante non vi fosse alcuna ulteriore fossa da superare, grazie al
suo ausilio.
“Ah io ci rinunciò a capirci
qualcosa!” sbottò l’attrice.
“Però sembra essere ben
costruito” osservava scrupolosamente lo scienziato.
“Forse c’è il rischio che ci sia
un’altra apertura del pavimento…” ipotizzò il giovane imprenditore.
“Non resta che verificare. Ci
pensi te, Lupo?” domandò sarcastico Santucci.
La risposta non si fece attendere
“Fottiti, sbirro!”.
“Calmatevi ragazzi!” li richiamò
spazientita la dottoressa.
“E se, piuttosto, più
semplicemente passiamo sopra al ponte?” propose il politico.
“Insomma, qualcosa dovremo pur
fare! Volete di nuovo ritrovarvi a scappare dal gas verde?” spronò tutto il
gruppo Rosa Simone.
“Io un’altra volta nella fossa
non ci vado!” esclamò Andrea Lupo, mentre si avviava verso il ponticello.
Gli altri nove rimasero tutti con
il fiato sospeso, mentre quest’ultimo tentennava nel poggiare il primo passo
sulle assi di legno della struttura. Appoggiata appena la punta del piede
destro, sembrò non esserci alcun cambiamento all’ambiente. A poco a poco,
appoggiò tutta la pianta, fino a premerci contro completamente anche il tallone.
Tutto rimase immutato.
“Pare che non succeda nulla…”
osservò Stefano Noro, proseguendo la sua attenta analisi visiva.
“Non sembra ci siano pericoli…”
concordò il criminale.
“Al diavolo! Ora ci passo
anch’io!” ruppe gli indugi Sara Silvestri.
Due furono i richiami alla sua
sfrontatezza: uno da parte di Carla Wilson con un “Aspetta Sara!” e l’altro,
proveniente da Oscar Testa, con un “Fai attenzione, figliola”.
Nel contempo, Rosa Simone la
apostrofò con un “Scema!”.
In un attimo, i due erano già
dall’altra parte del ponticello, incitando gli altri a fare altrettanto.
“Allora, chi va?” domandò
perplesso Marco Sciullo.
Con un impercettibile sguardo
d’intesa, fu la volta della coppia Simone Sarti-Tommaso Orsi di compiere la
traversata.
“A questo punto” esordì Roberto
Santucci “non ci sono altre trappole di cui temere, possiamo andare!”.
Con lui, anche i restanti
passarono sopra alle solide assi di legno per percorrere quell’arco che, essi
stessi, ipotizzavano evitargli ulteriori cadute nel vuoto.
“Ma poi, ci sarà stata davvero
una nuova fossa?” chiese al gruppo Tommaso.
“Non dubitare mai delle tue
scelte, giovane, l’importante è che la nostra compagnia sia ancora in marcia”
gli rispose Oscar.
“Ci siamo, gente!” urlò euforica
Rosa, indicando con il dito le scale dell’uscita, ormai prossime.
Immediatamente, la giovane
attrice affrettò il passo per anticipare gli altri.
Roberto tentò di frenarla
“Aspetta Rosa non…” ma non fece in tempo.
Il tacco delle eleganti scarpe
della moretta premetterò eccessivamente su di una mattonella.
Uno spazio si aprì nella
parete.
“State tutti pronti!” sembrò
ordinare Simone.
Ma ciò che si proiettò dalla
fessura fu appena percettibile ad occhio umano. In un secondo scarso, ora
davanti alla compagnia si stagliava un muro alto più di due metri.
“Sembrava troppo facile…”
ripiombò nello sconforto Marco.
“Oh cazzo, Rosa! Ma è possibile
che crei solo problemi a tutti!” imprecò Sara.
Dopo questa provocazione, le due
giovani donne venirono quasi alle mani, con la povera Carla a tentare di far da
paciere.
“Ci si vede, stronzi!”.
A richiamare l’attenzione del
gruppo, preso più che mai dalla lotta tutta femminile, fu la voce di Andrea che,
aiutandosi con un balzo contro il muro metallico da cui era comparsa la
muraglia, riuscì facilmente a scavalcarlo e passare oltre.
Tutti rimasero perplessi, finché
non si udì una voce.
“Allora venite o no?”.
“Lupo ha ragione, signori! Quel
muro non mi pare poi così complesso da superare!” si rinvigorì il politico.
Silvestri, una volta lasciata la
presa ben salda sui capelli della Simone, non se lo fece ripetere due volte.
Presa una lunga rincorsa, scattò verso l’ostacolo e, con un balzo felino, riuscì
ad afferrarne appena la cima. Dopo fu un gioco da ragazzi tirarsi su ed
atterrare dietro.
“Bene! Vediamo di fare un buon
gioco di squadra!” detto questo, Santucci imitò il gesto atletico di Sara,
rimanendo però, una volta scavallata la cima, qualche secondo a cavalcioni della
barriera.
“Forza gente! Che non sappiamo
quanto tempo abbiamo!” esortò gli altri sette, porgendo a loro le sue robuste
braccia come aiuto supplementare.
Prima fu mandato Orsi, che cercò
di trattenere i suoi lamenti di dolore. Dopo fu la volta di Testa, che ringraziò
gentilmente il tutore dell’ordine per l’aiuto. Poi toccò a Noro, seguito a ruota
da Sciullo. Tra le ultime due donne, Wilson tentò inutilmente di dare precedenza
a Rosa che, essendo l’ultima a salire, omaggiò Roberto di una dolce carezza sul
viso.
“È andata anche questa!” esultò
Sara, mentre saliva le scale che conducevano alla porta chiusa.
“Certo! Io ne ho anche
approfittato per farmi una doccia!” ci scherzò su l’artista della
recitazione.
“Per questa volta non dirò
nulla…” bisbigliò quasi il poliziotto.
“In fin dei conti, l’importante è
che nessuno di noi si sia fatto male” aggiunse saggia la dottoressa.
“Infatti! Quei tuffi nel vuoto,
per me, sono normale routine” le rispose il ladro.
Una volta che il calciatore
infortunato, sempre aiutato nella deambulazione dal soldato, ebbe raggiunto gli
altri di fronte all’uscita, la lastra si mosse per farli procedere alla
successiva stanza.
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