Sweet, sugar, candy man di nainai (/viewuser.php?uid=11830)
Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.
sweet sugar candy man
Breve e doverose
note di inizio storia.
Doverose perché
“Sweet, Sugar, Candy Man” è uno spin off a tutti gli effetti.
Nel senso che senza
aver letto il precedente è abbastanza inutile leggere questa storia, per cui
sono tenuta a linkarvi qui i due precedenti ed a consigliarvene la lettura:
My Father's Eyes prima storia di questa...minisaga? Oò
Simple Kind of Lovely meraviglioso
primo spin off realizzato da Lizzie *-* che dovete leggere a
prescindere, perchè un pò di buone letture fanno bene al
cuore >_<
I personaggi citati
– che non siano, chiaramente, personaggi pubblici o famosi a tutti gli effetti
– sono proprietà esclusiva dell’Easily Forgotten Love in quanto si tratta di
puro frutto di fantasia.
Per tutto il resto che
sia stato citato incidentalmente (detti personaggi pubblici o famosi): non mi appartengono, non li conosco, non so
cosa facciano nella vita vera e non intendo offenderli. Non intendo nemmeno
guadagnarci su.
Strano? XD
Un bacio ed un
grazie a tutti i lettori ^_^
SWEET SUGAR
CANDY MAN
La gente pensa di me un sacco di cose non vere.
Non è che gliene faccia una colpa. In realtà è la
conseguenza naturale del mio modo di mostrarmi, è difficile, davvero difficile,
capire quello che mi passa sul serio per la testa, a volte. Generalmente sono trasparente,
faccio del mettere il cuore in mano alle persone che mi circondano una delle
mie filosofie di vita. Così capita che finisca troppo spesso stritolato, o cada
a terra e venga calpestato per errore. Quando lo tiro su e devo rimetterlo a
posto è sporco, impolverato ed un po’ acciaccato e ci vuole tempo perché
ricominci a funzionare bene.
Quel tempo deve passarlo al proprio posto, purtroppo.
Ben chiuso all’interno del mio petto. Sigillato. Dove
nessuno può andare per sbaglio ad infilare un dito, facendo danno proprio
mentre le ferite si richiudono.
Beh, è in quelle occasioni – mentre aspetto che tutto
torni a posto – che diventa meno facile per la gente capire quello che provo.
Ed allora cominciano a pensare di me una quantità enorme di cose non vere.
La prima volta che mi sono innamorato, ero un bambino.
Lo ero sotto un mucchio di aspetti: lo ero fisicamente – i
miei tredici anni erano così evidenti da far pensare che dovessi tenermeli
addosso per sempre – lo ero psicologicamente, credendo ancora che il mondo
fosse fatto di Power Rangers, mostri cattivi e navi spaziali. Lo ero anche
sentimentalmente, presumendo – in modo assolutamente erroneo – che le persone
fossero tutte come mia madre e mio padre, che mi avevano coccolato nella
bambagia fino a quel momento ed avevano continuato a farlo anche dopo la
“grossa delusione” ricevuta scoprendo la mia omosessualità.
O come Mike, che sebbene si diverta da matti a dare di sé
quest’idea strampalata di un duro senz’anima, è in realtà incredibilmente
sentimentale ed è capace di iniziare una battaglia senza requie se solo vede
qualcosa che non gli piace intorno a sé o alle persone che reputa importanti.
Quindi non sono stupito o arrabbiato che le cose siano
andate esattamente com’è successo. A ripensarci con l’esperienza e la maturità
“di poi” so che era inevitabile che ci cascassi come un idiota, che Erik
entrasse nella mia vita con tanta facilità e che il suo arrivo – le sue
bugie, gli inganni, il modo falso e crudele con cui si è preso quei rimasugli
di innocenza infantile che mi trascinavo appresso – dovessero rappresentare
altrettante piccole tappe obbligate verso l’età adulta.
Non sono adulto.
Continuo a sbagliare – magari lo fanno anche gli
adulti – ed ogni volta metto un altro pezzetto di me in fila ordinata nel
novero delle esperienze, per imparare un’altra cosa e vedere di riadattare
intorno alle nuove nozioni quello che resta della mia anima. Cerco di non
cambiarla comunque, non è facile in alcuni casi ma ci provo.
Meglio andare avanti con un’anima rattoppata, che
prenderne a prestito una che non sia la propria.
Con questo spirito, la seconda volta che mi sono
innamorato ho badato bene di giocarmi tutto ma di non farmi fregare, stavolta.
CJ ed io eravamo due realtà confliggenti sotto un tale numero di aspetti che mi
sono stupito di come abbia potuto durare anche solo due giorni di seguito.
Immagino sia dipeso dal fatto che nessuno dei due viveva davvero la relazione
che avevamo.
CJ ama la propria vita ed i propri ideali più di quanto
ami qualsiasi altra cosa.
Io amo il concetto stesso di amore, più di quanto spesso
non ami la persona che mi sta accanto.
Nel suo caso fu proprio così. Ed andò proprio così.
La terza volta che mi sono innamorato, ho capito di averlo
fatto perché volevo – una volta tanto, non di più, lo giuro… – poter
prendere fiato. Respirare a fondo senza paura di soffocare e sentirmi protetto
anche se, come sempre, il cuore in mano a qualcuno lo stavo mettendo ed il
rischio che lo facesse cadere, anche solo per sbaglio o distrazione, c’era.
Ma Luke per qualche assurdo motivo sembrava incapace di
fare male a qualcuno.
Sembrava proprio il genere di persona che tiene le cose
con attenzione, che se ha un cuore tra le dita ci bada e non se ne dimentica
perché ha qualcosa di più importante da fare.
Ed a me sembravano altrettanti motivi validi per
innamorarmi ancora.
***
-…insomma! Non è che io mi stia lamentando di Luke, Cody!
Cody dall’altro lato sbuffò così sonoramente che per un
attimo riuscì a coprirmi anche i pensieri in testa. Era decisamente di avviso
contrario al mio riguardo il qualificare quella telefonata come una lamentela o
meno…
Comunque fosse, lui non disse nulla ed io mi sentii
autorizzato a proseguire, arrotolandomi sulla sedia girevole davanti la
scrivania ed impegnandomi nella distrattiva opera di far combaciare dita e
palmi dei piedi coperti da spessi calzini rosa.
Intanto proseguii, specificando meglio il mio punto di
vista, così da sedare ogni dubbio in Cody riguardo il fatto che amavo
tantissimo il mio uomo e che il nostro problema…mio problema era un
filino diverso da quello che poteva aver inteso lui.
-Io amo Luke.- ribadii quindi con convinzione, osservando
le dita rosa dei miei piedi.- Lui è talmente…carino!- optai deciso alla
fine.- che non riuscirei a non amarlo nemmeno se volessi!
-E dunque?- ritorse Cody, nonostante fossimo impegnati in
quella conversazione da un tempo sufficientemente lungo perché io gli avessi
già abbondantemente spiegato la questione.
-E dunque sarebbe tutto magnifico se solo riuscissimo a
concludere qualcosa!- sbottai esasperato, districando di scatto le gambe e
rimettendo entrambi i piedi a terra.- O.k. che magari lui non si sente pronto,
ma stiamo assieme da due mesi ormai!- biascicai affranto, buttando la testa
sullo scrittoio e nascondendo faccia e telefono tra le braccia.-…sono
sessualmente frustrato.- confessai a mezza voce.
-…Gab.- mi chiamò Cody lentamente.- Perché non ne parli onestamente
con Luke?- provò a suggerire.
-Perché questa cosa lo terrorizza.- risposi sospirando e
tirando su il volto, per incastrare faccia e capelli contro il palmo della
mano, alla quale mi appoggiai privo di forze.- Seriamente, Cody. Ogni
sacrosanta volta che siamo lì lì per…
Cody strillò un suono inarticolato molto simile ad un “non
dirlo” isterico.
Mi fermai di botto, cercando di rimodulare l’affermazione
in modo consono.
-…non è che non combiniamo proprio niente.- ripresi quindi
tentando di fare maggiore attenzione ai termini che utilizzavo.- Ma non si può
nemmeno pretendere che dall’oggi al domani la mia vita si trasformi in lunghe
sessioni di bacetti innocui e dannatissimi tentativi da parte mia di saltargli
addosso quando lui è distratto! Ti sembra normale che debba praticamente
violentarlo se solo voglio fargli un pom…
-Gab!- m’interruppe Cody spaventato almeno quanto lo era
Luke quando quelle stesse cose le mettevo in atto, oltre a dirle.
-Sì, Cody, ascolta!- sbottai io nervosamente. O.k. non
poterlo fare, ma accidenti! che almeno qualcuno mi permettesse di parlarne per
sfogarmi!- Non sono arrivato ad avere quindici anni per essere fidanzato, in
piena tempesta ormonale e completamente condannato a seghe in solitaria o al
massimo a tentare di convincere il mio ragazzo che la masturbazione recipr…
-…Gab, ti imploro,- mi arrivò la voce strozzata di Cody.-
io ho davvero delle difficoltà con questa cosa.- mi confessò in un
sussurro tenue.- Mi apre davanti tutto un mondo di immagini che, per motivi
legati alla mia famiglia, non desidero davvero approfondire. Se vuoi ti passo
mio padre e ne parli con lui. Scommetto che saprebbe esserti di maggiore aiuto.
E qui aggiunse un “purtroppo” angosciato che mi fece
capire che era decisamente meglio smetterla qui, almeno con i particolari
scabrosi.
Sospirai pesantemente e rimasi zitto, osservando con
interesse il muro di fronte a me e chiedendomi quando avessi optato per fare
ridipingere la stanza di quel giallino ocra che era meravigliosamente riposante
per gli occhi. Dovevo scrivermi le occasioni in cui avevo di questi sprazzi di
genialità.
-Gab, ci sei?- mi domandò Cody quando, ripresosi dal
trauma che gli avevo appena inferto, riacquistò la propria capacità di
relazionarsi al prossimo.
Mugolai un “sì” svogliato.
-Senti…Luke è così, tu lo sapevi.- cercò di spiegare con
difficoltà- Lui è…
-Uno sfigato.- conclusi annoiato al suo posto.
Da quando io e Luke ci eravamo messi assieme, Mike era
l’unico ad essere rimasto coerente con se stesso riguardo il qualificarlo
inesorabilmente come “sfigato”. Cody, per ovvie ragioni connesse con la nostra
amicizia, tentava di usare eufemismi più educati, che però facevano perdere un
sacco di tempo inutilmente.
-…beh, sì, insomma. Non ha molta esperienza nel campo.
Appunto.
-Né ne avrà mai se continua così.
Cody ridacchiò a disagio.
-No, ma è solo che tu sei…esuberante. E questo magari lo
mette in soggezione.- cercò di spiegarmi.- Cioè. È come se uno che nella vita
non ha mai avuto niente, all’improvviso si ritrovasse a vincere la lotteria:
non sa nemmeno bene cosa farsene di tutti quei soldi e…
-Io saprei benissimo cosa farmene.- lo interruppi apatico,
focalizzando immagini di vacanze in isole private ed enormi cocktail
superalcolici a go go da degustare davanti a tramonti haitiani.
-Sì, ma non stiamo parlando di te, Gab.- mi rintuzzò Cody
piuttosto seccamente.- Stiamo parlando di Luke e, se devo essere completamente
onesto, ne stiamo parlando da giorni, ormai, senza che tu ti decida a fare
l’unica cosa sensata!
-Che sarebbe?- domandai annoiato e per nulla impressionato
da quella sfuriata fuori programma.
-Parlarne con Luke!- ribadì Cody aspro.
Sospirai.
Dall’altro lato mi rispose un silenzio nervoso. Alla fine
anche Cody mi venne dietro in un respiro pesante e spazientito.
-Onestamente comincio a condividere l’opinione di Mike!-
sbuffò all’improvviso- Non capirò finché campo che diavolo ci trovi in uno così!
Ci pensai su seriamente, ma poi scrollai le spalle – anche
se lui non poteva vederlo – e gli risposi con una certa sincerità, sebbene non
fino in fondo.
-Luke è il tipo che da sicurezze.- dissi- Pensaci un
attimo. Io sono molto più di qualunque cosa a cui lui potesse aspirare,- Cody
sbuffò ancora, stavolta in segno di assenso per dirmi che mi stava ascoltando e
stava seguendo il mio ragionamento. Continuai- uno così ti adora e ti venera ed
è talmente impegnato a chiedersi come sia potuto essere tanto fortunato, da non
farsi nemmeno passare per testa l’idea di poter avere qualcos’altro.
-Dio, Gab!- esalò esasperato Cody, mentre io ridevo per
fargli credere una volta di più che stessi solo scherzando.
-Ora vado.- lo salutai dopo.- Magari tormento un po’ Mike,
che dici?
-Che te ne sarei grato.- biascicò lui tentando di mitigare
il fastidio che traspariva comunque dalla sua voce.
Risi ancora e chiusi la comunicazione, ma non andai davvero da mio fratello. Con
l’ennesimo sospiro della giornata voltai la sedia girevole e mi rimisi dritto
davanti alla scrivania, inquadrando i volumi di storia ancora aperti sul piano.
Studiare era una distrazione efficace, avevo scoperto, inoltre incanalare le
energie connesse con la mia frustrazione sessuale in attività utili mi
permetteva di prendere la cosa con più filosofia. La mia adolescenza era
irrimediabilmente compromessa – almeno se non mi fossi deciso a cambiare uomo –
ma quanto meno la mia carriera scolastica aveva avuto un incremento molto
positivo.
Chiaramente Cody aveva ragione. Allora questa storia
avrebbe avuto un epilogo, quando io e Luke ci fossimo decisi ad affrontarla
insieme ed in modo definitivo. Ma, sebbene non riuscissi a capire fino in fondo
le sue paure, io sapevo che Luke aveva davvero paura anche solo dell’argomento. Ed ogni volta che avevo provato ad
introdurlo – che fosse parlandone o che fosse provando a passare alle vie di
fatto – non eravamo mai riusciti ad andare oltre una certa soglia di
“intimità”, al di qua della quale Luke reagiva con un giustificato ed
impacciato imbarazzo ed al di là della quale cominciava ad entrare in
iperventilazione e a dare di matto.
All’indomani dell’inizio della nostra storia avevo
riconnesso tutto alla sua inesperienza, che, se si aggiungeva alla timidezza
che era una sua caratteristica base, rendeva spiegabile avesse reazioni di quel
tipo. Mi ero messo lì buono buono, scegliendo un approccio più graduale. A
distanza di più di un mese, però, mi chiedevo se non ci fosse un problema più
consistente, posto che Luke aveva davvero il terrore del sesso…
-Gab!- strillò mio fratello esattamente un momento prima
di entrare nella mia stanza, senza bussare e senza annunciarsi in altro modo
che quell’irruente richiamo buttato lì.- Hai da fare?- mi domandò sbrigativo.
Adocchiai i volumi di storia facendo cenno verso di loro e ritenendo esaustiva
la presenza di libri di studio sulla mia scrivania come sintomo di un mio
“impegno” . Ma Mike non era della mia idea.- Mamma e papà mi hanno detto che
sono fuori questo fine settimana.- annunciò- Pensavo di invitare Vale da noi.-
spiegò poi.
Annuii. Un’idea vaga si fece strada nella mia testa.
-Bene. Così io inviterò Luke.- ritorsi semplicemente,
scrollando le spalle e tornando a voltarmi al manuale di storia.
-…ci hai scopato?- mi domandò mio fratello di botto.
Io lo fissai da sotto in su e scossi il capo.
-Ancora no.- confessai pacatamente.- Ma se lo attiro in
una trappola qui a casa, dove non potrà più scapparmi…
-Penso che dirò a Vale che andrò io da lei, questo fine
settimana.- affermò bruscamente Mike.- Non ci sono nemmeno i suoi, tanto.
Ridacchiai soddisfatto, mentre lui usciva e chiudeva la
porta dietro di sé.
…non era male come prospettiva. Attirare Luke a casa,
metterlo spalle al muro quando non fosse più riuscito a scapparmi e poi saltargli
addosso e…
O.k. magari non esattamente così. Nel senso. Non intendevo
certo violentarlo, ma di sicuro non intendevo nemmeno permettergli di andare
via da lì ancora vergine! Santo cielo, gli sarei stato talmente appiccicato
addosso che avrebbe avuto solo due possibilità davanti a sé: fare sesso con me
o farsi prete.
***
L’attuazione del mio piano prevedeva che Luke accettasse
di trascorrere il weekend con me. E non fu affatto facile convincerlo. Luke è
tutto meno che sciocco, nonostante io avessi annunciato la cosa a lezione con
il candore più innocuo, mi fissò affatto convinto e – colpa anche di Cody, che
intuì insolitamente rapido e si alzò
in modo precipitoso per non farsi coinvolgere -
per prima cosa cercò di accampare scuse a casaccio. Resistetti
strenuamente, smontandogliele in successione finché non rimase a corto di idee
e si limitò a lasciar ricadere le spalle, chiedermi se Mike sarebbe stato a
casa con noi – ed io elusi abilmente rispondendo qualcosa di talmente vago da
poter essere un sì o un no a scelta – ed accettò con uno sbuffo intimorito.
Quando la porta suonò la sera di venerdì, alle sette e
mezza, Mike in realtà era ancora a casa. Girellava come una trottola impazzita,
con il cellulare incollato all’orecchio, sbraitando qualcosa a CJ dall’altro
lato dell’apparecchio. Io aprii il battente e buttai le braccia al collo di
Luke, gridando entusiasticamente.
-Amore!- lo aggredii gioioso, imprigionandogli la bocca
nella mia.
-…umphf…- biascicò lui in risposta soffocando e cercando
di rimettermi a terra al roboante arrivo di Mike.
-Io vado!- annunciò piatto mio fratello, senza neppure
salutare Luke e tirandosi dietro la porta di casa con un tonfo sordo.
Era talmente torvo in viso da farmi chiedere seriamente se
non fosse il caso di seguirlo e chiedergli cosa non andasse. Scoccai
un’occhiata in tralice alla faccia stupefatta di Luke, che fissava la soglia
dietro cui era sparito Mike con malcelato sgomento, e decisi che mio fratello
era grande abbastanza da sopravviversi da solo. Così afferrai il polso di Luke
e me lo trascinai su per le scale.
-Andiamo! Dovrai pur posare la tua roba!- affermai con
convinzione mentre lui mi seguiva per pura inerzia.
-…Mike non resta con noi, vero?- mi chiese nuovamente Luke
in tono disperato.
-Uhm…no.- confessai stringendomi nelle spalle.- Sta da
Vale fino a domenica.
Tirai una manata all’uscio della mia stanza e spalancai la
porta, rimanendo orgogliosamente sulla soglia mentre gonfiavo il petto ed
annunciavo che eravamo arrivati. Luke sporse la testa in avanti, reggendo a
malapena il proprio borsone in bilico sull’avambraccio, osservò con sguardo
clinico la stanza e sbuffò.
-E’ la tua camera.- notò stringatamente.
-Sì, certo.- ribattei io annuendo con vigore. Sorrisi e,
prima che se ne rendesse conto e potesse fuggire, mi sporsi verso di lui e mi
arrotolai sul suo petto, sollevando gli occhioni a fissarlo malizioso.- Dove
credevi che avresti…dormito?-
domandai allusivamente.
Mi parve quasi di poter sentire il cervello di Luke
rispondere qualcosa di analogo ad “in uno Stato limitrofo”, ma siccome i suoi
ormoni non avevano problemi a reagire alle mie provocazioni zittirono il
cervello e gli mandarono chiari impulsi in senso molto diverso…
-…Gab…sei spaventosamente
vicino…- provò a protestare, comunque, Luke, senza alcuna forza nella voce.
Ridacchiai ma non mi mossi di un passo. Anzi, lasciai
scivolare con finta casualità una mano su per il suo braccio e fino alla
tracolla del borsone, la afferrai strettamente tra due dita e gliela tirai via
per gettarla distrattamente all’interno della stanza e non avere più l’incomodo
di dovercene occupare.
-Non immagini nemmeno quanto più vicini di così si possa stare.- sussurrai mentre tornavo ad
allacciarmi al suo collo.
-Sì.- rispose stupidamente lui. E si corresse subito.-
Cioè, no!- affermò quindi. E poi, rendendosi conto che non era una risposta più
esaustiva, mentre io ridevo divertito, lui trovò la forza di sollevare le mani
ed afferrarmi i fianchi per scostarmi da sé.- Gab! Mettiamo in chiaro una
cosa…- iniziò risolutamente.
Figuriamoci se avevo intenzione di fargli mettere in
chiaro alcunché! Mi divincolai di scatto prima che riuscisse ad allontanarmi
del tutto, gli ripiombai addosso con assoluta tranquillità ed incollai la bocca
alla sua per soffocare qualsiasi protesta in un bacio.
Luke provò di nuovo a liberarsi, ma mentre la mia lingua
riusciva a trovare un varco per scivolare all’interno delle sue labbra, la sua
convinzione venne via via perdendosi nel miscuglio di sensazioni diverse che lo
afferrarono. Ne seguì che la stretta delle sue mani, inizialmente intenzionata
a spostarmi, divenne invece ben salda sui miei fianchi, stringendomi a lui così
forte che avvertii facilmente la sua erezione premermi contro il basso ventre,
e la sua bocca, prima ostinatamente impegnata a respingermi, si impossessò
famelicamente della mia, divorandomi le labbra quasi con ferocia.
Ne approfittai per scivolare lentamente all’indietro. Quel
mio ritrarmi improvviso fece mugolare Luke di dissenso, mentre si protendeva
nel tentativo di non staccarsi da quel bacio umido e voglioso e mi seguiva poi,
docile, all’interno della stanza. Repressi l’impulso di sghignazzare per la
facilità con cui stavo ottenendo quella cosa e lo condussi fino al letto enorme
e a baldacchino, su cui mi lasciai cadere steso, agganciando le dita ai
passanti dei suoi jeans per sbilanciarlo bruscamente in avanti e tirarmelo
addosso. Luke, chiaramente, non si aspettava quella mossa e mi incespicò sopra
esattamente come programmato, schiacciandosi contro di me e strappandomi un
gemito involontario di piacere, visto che non era l’unico a stare subendo le
conseguenze di quella cosa...
Tuttavia non ebbi il tempo di portare a termine il mio
piano, avevo appena finito di infilargli le mani sotto la felpa e la maglietta,
studiando mentalmente il modo più rapido per sfilare entrambe in un colpo solo,
quando Luke si distrasse dalla piacevole operazione di percorrere il mio collo
con la bocca e – sollevato il viso – lo vide.
-E quello che diavolo
è?!- strillò sollevandosi di colpo e rimettendosi in piedi in meno di un
momento.
Stordito rotolai su me stesso, per mettermi di pancia
sotto ed individuare il qualcosa che aveva attirato la sua attenzione.
-Marilyn!- cinguettai felice, fissando con amore l’enorme
orso rosa che ci scrutava dall’estremità opposta della camera.
Mi lasciai ricadere anch’io giù dal materasso e zompettai
in direzione dell’orso.
-Luke, lui è Marilyn.- annunciai con un sorriso, facendo
le presentazioni mentre anche Luke si avvicinava circospetto.- Marilyn, lui è
Luke, il mio ragazzo!- conclusi gioiosamente, appendendomi al braccio di Luke e
fissando l’orso in cerca della sua approvazione.
-…lui?- realizzò
Luke spaesato, fissandosi attorno con aria vaga.
-Sì.- ribadii semplicemente, stringendomi nelle spalle. E
poi sorrisi affamato e lo fissai da sotto in su.- Senti, Luke, non è che
potremmo riprendere il discorso da dove…- miagolai.
Lui si voltò di scatto come un automa ed annunciò a gran
voce che aveva bisogno di una doccia. Quindi si diresse - senza sapere nemmeno
dove stesse andando – fuori dalla camera ed in giro a caso per il corridoio.
-Luuuke!- lo richiamai spazientito. Lui si riaffaccio alla
porta, rantolando un “sììì?” decisamente poco convinto ed io sospirai ed
additai l’uscio che stava di fianco all’ingresso, all’interno della mia
camera.- Usa il mio di bagno.- gli dissi.- Ci sono gli asciugamani puliti nel
mobile sotto il lavabo.
Luke ringraziò fiocamente e si fiondò dietro la porta,
chiudendosela prudentemente alle spalle e riemergendone nemmeno mezzo secondo
dopo per afferrare il proprio borsone da terra, rifiondarsi dietro il battente
e richiuderlo ancora a chiave. Sogghignai.
Mentre aspettavo di sentire il rumore dell’acqua che
scorreva nella doccia, mi mossi canticchiando, raggiunsi la scrivania ed aprii
il cassetto, scavando all’interno finché non trovai la copia delle chiavi della
mia stanza che tenevo lì per ogni evenienza. Avevo fatto proprio bene a farmene
fare anche una del bagno…
Mi avviai seraficamente all’uscio chiuso e sprangato,
accostai l’orecchio al legno e mi assicurai che Luke fosse proprio sotto la
doccia, intento a raffreddare i bollenti spiriti. Sghignazzai, introducendo la
chiave nella toppa e facendo cadere, così, quella che lui aveva lasciato
dall’altro lato. Girai ed aprii cautamente, introducendomi furtivo all’interno
e spiando attorno a me per assicurarmi che fosse tutto in ordine. Sì, lo era.
Luke stava tranquillamente affogando i propri ormoni sotto il getto caldo, un
vapore tenue e piacevole si stava già attaccando ai miei capelli, rendendoli
più crespi ed arricciandone le punte, ed i vestiti del mio ragazzo mi
guardavano pigramente, ripiegati con cura sul ripiano accanto al lavabo. Io non
persi tempo a spogliarmi, richiusi la porta dietro di me, mi piegai a
raccogliere la chiave appoggiandola accanto al portasapone e mi diressi
risoluto verso la doccia.
Cosicché Luke non ebbe il tempo di realizzare la mia
presenza se non dopo che avevo già spalancato il vano doccia e mi ci ero
infilato con nonchalance.
Non prese la cosa benissimo, lì per lì.
Strillò di nuovo, istericamente, ritraendosi fino
all’angolo più estremo del box doccia e portando le mani immediatamente in
basso, imbarazzato, a coprirsi. Io sorrisi, avanzando sotto il getto d’acqua
che m’incollo in fretta capelli e vestiti addosso.
-Che c’è?- indagai divertito.- Non ti fa piacere che sia
qui?- insinuai piegando la testa di lato per osservarlo fingendo ingenuità.
Luke affermò che in effetti non gli faceva assolutamente
nessun piacere trovarmi lì, poi disse che dovevo uscire, che i miei vestiti si
erano bagnati, che i miei capelli erano fradici, che mi sarei ammalato
sicuramente e – cavoli! – stavo sotto
la doccia vestito…!
..ed anche che ero sexy da morire.
Io sghignazzai di nuovo – stavolta davanti a lui, che
represse un brividino a quel suono – e mi lasciai cadere in ginocchio sul
piatto della doccia. Lo ammetto, amo il modo in cui Luke reagisce alle mie
carezze. In particolare, amo il modo in cui reagisce alla mia bocca. Lui lo sa, sa che trovo
irresistibile quell’imbarazzo poco convinto con cui cerca di sfuggirmi, solo
per poi lasciarsi andare completamente quando si rende conto che è inutile e
controproducente per entrambi. Sa che trovo irresistibili i suoi sospiri,
l’adorazione cieca con cui mi spia da sotto le palpebre socchiuse, seguendo
stregato i movimenti del mio capo intorno al suo sesso…sa che trovo
irresistibile la consapevolezza che di me non può fare a meno, che mi vuole e
che farebbe qualunque cosa per avermi. Per cui non c’è da stupirsi tanto se per
me “prendermi cura di lui” in un certo senso è solo un piacere, al quale
adempio con soddisfazione palese per tutti e due.
***
Sebbene sotto la doccia non avessi cercato di spingere le
cose più in là di tanto – non mi andava di costringere
Luke a fare l’amore con me, volevo che fosse lui a desiderarmi al punto da non
poterne fare a meno – quando finalmente ne riemergemmo entrambi era tardissimo.
Io gettai un’occhiata all’orologio a parete che c’era nella mia camera,
affacciandomi dalla porta del bagno, mentre Luke, stremato, si lasciava cadere
a sedere di schianto sulla seduta del water e cercava di riprendere fiato dopo
l’orgasmo di qualche minuto prima.
Realizzai che erano le nove e che in casa non c’era
assolutamente nulla di pronto da mangiare e questa cosa mi infastidì terrificantemente,
per cui scoccai uno sguardo a Luke e mi resi conto che ci sarebbe voluto un po’
perché si riprendesse.
-Vado a cucinare qualcosa.- gli dissi, aprendo del tutto
la porta per uscire dalla stanzetta angusta.
Luke provò a mugolare una protesta, ma siccome non era in
condizioni da articolarla in senso compiuto, mi indicò semplicemente, come se
questo fosse sufficiente.
-Sìsì, mi cambio!- ridacchiai io, intuendo la sua
preoccupazione.
Ed effettivamente mi infilai i pantaloni della tuta che
usavo come pigiama ed una vecchia ed enorme maglietta di mio padre, dopodiché
mi limitai a frizionare i capelli con un asciugamano e, lasciandoli ancora
umidi, uscii per raggiungere la cucina al pian terreno.
Luke mi raggiunse mezz’ora dopo, si era ripreso a sufficienza
da scoccarmi un’occhiata critica e sbuffare imbronciato.
-Siamo in pieno inverno, Gab!- mi fece notare seccamente,
additando la mia capigliatura.
-Tranquillo, li asciugo dopo cena.- promisi scrollando le
spalle.- Siediti che è pronto!- annunciai poi allegramente, agitando il mestolo
sopra la padella come fosse una bacchetta magica e tornando felice verso il
tavolo dopo aver tolto quest’ultima dal fornello.
Luke si sedette ubbidiente ad un lato del tavolo ed
allungò il viso a scrutare il contenuto della pentola, io stavo giusto per rispondere
al suo interrogativo inespresso quando Mike piombò dal corridoio direttamente
in cucina, agitando furiosamente un braccio ancora incastrato nel giubbotto e
borbottando imprecazioni irripetibili a mezza voce.
-…e tu che ci fai qui?!- domandai io, congelato sul posto
con la padella in mano ed il cucchiaio di legno a mezz’aria come una bandiera.
Mike sbuffò, non mi rispose, sedette al mio posto e mi
guardò torvamente.
-Ho fame.- annunciò. Si liberò con uno scatto dell’ultima
manica del giubbotto e tornò a fissarmi con la stessa, identica espressione
torva.- Beh?!- sbottò spazientito.
Ringhiai la mia palese insoddisfazione, servendo anche lui
e mollando la padella sulla tavola mentre mi voltavo a recuperare un piatto, un
bicchiere e delle posate anche per me. Il fatto che Luke, quando tornai a
tavola per prendere posto anch’io, fissasse mio fratello come fosse la cosa più
bella successagli nella vita, mi fece montare alla testa quel poco di sangue
che si ostinava a rimanere in circolo ed ignorare la presenza di Mike in un
luogo, spazio e tempo assolutamente inappropriati.
-Dovevi restare fuori tutto il weekend!- sibilai
infuriato, fissando la carne nel mio piatto senza accennare alla possibilità di
mangiarla.
-Figurati se restavo a casa di quella strega!- scattò lui
aspro.
-È successo qualcosa con Vale?- provò ad informarsi
timoroso Luke.
Sbuffai, appoggiai la guancia alla mano e sollevai la
forchetta a giocherellare con lo spezzatino che si stava raffreddando indolentemente
felice…
-Quella grandissima…!- esordì mio fratello appena Luke gli
ebbe dato il “la”.
Roteai gli occhi esasperato e stetti a sentire mentre
partiva la più lunga tiritera isterica che mio fratello abbia mai fatto a
memoria d’uomo. Venne fuori che CJ quella sera aveva chiesto a Mike di
accompagnarlo in un locale, dove lui e suo fratello dovevano partecipare ad una
sottospecie di riunione politica. Mike, che aveva già detto a Vale che
avrebbero passato un romantico fine settimana a due, aveva provato a dire di
no, ma era stato talmente preso per il culo dall’amico che il suo orgoglio
maschile aveva finito per prevalere. Chiaramente Valentina non è che avesse
preso la cosa benissimo, sebbene lui le avesse generosamente concesso di accompagnarli anche lei.
E sì che era una gran concessione! specificò Mike mentre
Luke annuiva con partecipazione. Tanto per cominciare quello non era certo il
genere di cose da femmina, e poi Vale
non era certo il genere di tipa che accettano in ambienti come quelli.
Pensai di obiettare che Vale, in compenso, è il genere di
tipa che non sogna neppure di frequentare ambienti come quelli. Ma Valentina –
che non ha alcun bisogno di mandare a dire le cose – ci aveva pensato prima di
me. Alla gentile concessione di mio fratello aveva risposto mandandolo al
diavolo e dicendogli che poteva anche scopare con CJ, per quel che gliene
fregava, ma faceva bene a non ripresentarsi alla sua porta finché fosse
campato.
La storia era finita, lo spezzatino anche, il sughetto era
freddo e gelido come marmo nei piatti sporchi e Mike iniziava a raccontare nei
particolari la discussione con Vale – dopo
aver offerto un’amichevole birra a Luke!
Sbuffai sonoramente e mi alzai in piedi.
-Me ne vado a letto!- annunciai in tono acido, sperando
che valesse a far capire a Luke che avrei gradito molto cogliesse e mi seguisse
anche a letto.
Lui finse di non cogliere. Mike grugnì un saluto, Luke
sorrise un “di già?!” tragicamente poco sentito ed io alzai il dito medio ad
entrambi ed uscii senza che mi degnassero nemmeno di un “vaffanculo”.
Sospirando entrai nella mia camera, guardandomi attorno
alla sola luce della luna che entrava dalla finestra ancora aperta. Sollevai
una mano per passarla distrattamente tra i capelli, ma ormai erano asciutti ed
io ero abbastanza svogliato da non voler davvero tirare fuori il fon… Buttai a
terra gli abiti che avevo ammonticchiato in disordine sul materasso,
ripromettendomi di metterli nel cesto della biancheria sporca l’indomani, e
scostai le coperte per rannicchiarmici sotto, deciso a non dormire fino
all’arrivo di Luke.
Non poteva mica passare tutta la notte in cucina con Mike!
riflettei tra me e me. Mio fratello si sarebbe stancato in fretta, avrebbe
guardato Luke, si sarebbe reso conto di quello che stava facendo –
familiarizzare con lo sfigato! – e se ne sarebbe andato inorridito, dopo averlo
minacciato di morte nel caso si fosse fatto scappare una sillaba di quella
discussione.
Per cui tutto quello che dovevo fare era continuare a
restare sveglio, finché Mike non avesse esaurito la propria dose di incazzatura
giornaliera e non avesse cacciato a pedate il mio ragazzo. A quel punto le
strade davanti a Luke erano due: venire da me o dormire in salotto sul divano…
…non avrebbe dormito in salotto sul divano, no?!
-Ma perché succedono tutte a me!- sbottai rabbiosamente
calciando via le coperte, insofferente, e tirandomi a sedere.
Avevo mal di testa, realizzai mentre mi guardavo attorno
con occhi spenti. Un mal di testa feroce che partiva dalla base del
collo…cervicale. Capita quando non asciughi i capelli. Scivolai fuori del letto
e mi avvinghiai a Marilyn, buttandolo praticamente a terra sulla moquette per
potermici arrotolare sopra e fissare insoddisfatto il soffitto. Mi rigirai
nervosamente almeno due o tre volte prima di trovare una posizione semi comoda,
a quel punto mi sistemai alla meglio nell’abbraccio peloso dell’orso e mi
calmai.
Scommetto che dormire per terra, fuori dalle coperte e con
forse due gradi fuori della finestra non mi aiutò molto…
***
L’indomani mattina la testa mi stava letteralmente esplodendo.
Anzi. Probabilmente era già esplosa ed io non lo sapevo.
Stavo andando in giro senza testa.
…no…non avrebbe fatto tutto quel fottutissimo male
altrimenti.
Scesi le scale per scoprire che:
- non
solo il mio uomo, ma anche mio fratello avevano dormito sul divano.
- avevano
bevuto assieme un tale numero di birre da aver tappezzato il pavimento del
salotto, il tavolo della cucina e da aver, soprattutto, consolidato una
sana amicizia tra maschi che mi disgustava profondamente.
Scostai bruscamente un mucchietto di lattine vuote,
ricavandomi uno spazio semi pulito su cui accatastare ciotola, latte e cereali
e mi preparai una colazione che rimase dove si trovava, mentre io, sedutole
davanti, la fissavo con un pressante senso di nausea a chiudermi lo stomaco.
Luke entrò e mi vide.
-Ciao, amore!- trillò gioioso, piegandosi a scoccarmi un
bacio sulla guancia.
-Mmmh.- mugolai io in risposta, senza neppure voltarmi a
guardarlo ed oscillando brevemente su me stesso quando lui si fu spostato e l’effetto
distorsivo della spinta delle sue labbra fu rientrato.
Luke mi guardò sgranando gli occhi.
-Gab!- sbraitò agitatissimo.- Scotti in modo scandaloso!-
annunciò terrorizzato.
Sbattei le ciglia e lo scrutai assente.
-…davvero?- biascicai. Sollevai stancamente una mano e me
la portai alla fronte. Beh…non ero esattamente fresco come una rosa, sì.- Eh
già.- annuii quindi.
Mike entrò in cucina con l’orecchio già incollato al
telefono e sbraitando – in francese –
contro Valentina dall’altro lato dell’apparecchio. Pensai che Vale dovesse
essere davvero incazzata, parla in francese solo quando è molto arrabbiata. Lo
osservai vacuo, mio fratello intercettò la mia faccia e si bloccò a metà di una
frase.
-Che hai?- domandò brusco, fissandomi con sguardo indagatore.
-Forse un po’ di febbre.- ribattei fiacco io.
-Non ti azzardare ad ammalarti, piattola che non sei
altro!- sbottò Mike alterato, arrivandomi addosso come un’aquila per
schiacciarmi una mano sulla fronte, in modo tutt’altro che gentile, e
sentenziare entusiasticamente- Ma porca puttana Eva, Gabriel! Ma mai che ne fai
una giusta?!
-…beh, ma tranquillo, Mike, se devi uscire ci sono io con
Gabriel…- provò a suggerire Luke, collaborativo.
Mio fratello, a cui la sana amicizia tra maschi doveva
essere passata appena aperti gli occhi, scoppiò in una fragorosa e cinica
risata di scherno.
-Sentito, Vale?!- annunciò al telefono.- Dovrei fidarmi e
lasciare l’idiota con l’inutile! Un’accoppiata vincente, l’ho sempre detto io!-
esclamò.
Dall’altro lato Valentina gli rispose in francese, segno
che non le era passata affatto e che non gliene fregava un cazzo dei problemi
familiari di mio fratello, per cui lui la mandò a cagare nella stessa lingua ma
si allontanò per tornare in salotto e poter continuare a litigare in tutta
tranquillità.
Luke sospirò.
-Dove trovo un termometro?- mi chiese.
Cercai di ricordarmi dove ce ne fosse uno e gli diedi le
indicazioni. Luke sparì per tornare una decina di minuti dopo con termometro ed
aspirina, mi sedette accanto passandomi il primo e, mentre preparava l’acqua
per la seconda, mi rimbrottò aspramente a colpi di “te lo avevo detto!” ed
imbarazzati “la prossima volta almeno asciugati i capelli, dopo”.
Ridacchiai.
-Però ne è valsa la pena!- affermai inquisitorio.
Luke arrossì maggiormente e balbettò una conferma
risentita.
Mike ci raggiunse di nuovo mentre restituivo il termometro
a Luke per farmi annunciare che avevo più di 38 e mezzo, sbottò una delle sue
imprecazioni più colorite e glielo strappò di mano per controllare
personalmente.
-Sei indiscutibilmente il mio tormento, Gab.- asserì
prendendo atto della cosa.- Infilati sotto un piumone e muorici, io devo uscire
per forza.- mi annunciò subito dopo, fissando Luke e scuotendo la testa mentre
si ripeteva che era un omicidio lasciarmi lì con lui.
Annuii, solo perché non avevo davvero la forza di
ribattere una cattiveria qualsiasi, e mi sollevai lentamente dalla sedia,
arrancando fino al salotto ed arrotolandomi sul divano. Luke si affrettò a
venirmi dietro e poi a correre al piano di sopra per procacciarmi il piumone,
mentre mio fratello gli gridava da sotto le scale dove trovarlo. Tornò poco
dopo, portando tra le mani il morbido fardello, che mi acconciò addosso mentre
io mugolavo insoddisfatto e mi rintanavo con la testa tra i cuscini e la
coperta, sparendo del tutto. Mike berciò all’indirizzo di Luke una serie di
ordini secchi e concisi su come dovesse amministrarmi, dopodichè lo rassicurò
che sarebbe tornato quanto prima e, infilato il giubbotto, tornò ad uscire,
sbattendosi sonoramente la porta alle spalle.
Io mi appisolai. Sentii già nel dormiveglia che Luke
sospirava sconfortato e si muoveva cauto - fissandosi attorno, forse – cercando
di non fare rumore per non svegliarmi. Mi dissi che avrei dovuto trovare
qualcosa da fare insieme – chiaramente
non sesso! Sarei morto per molto meno, me lo sentivo! – ma non mi venne in
mente nulla e mi addormentai di botto senza neppure accorgermene mentre ci
stavo pensando su.
Quando mi svegliai avevo ancora la febbre, ma il mal di
testa si era attenuato e la mia necessità più impellente era far sparire almeno
un po’ del caldo afoso ed appiccicoso che mi sentivo addosso. Riemersi dal
piumone, sprimacciandolo tutto attorno a me per riuscire a ricavarmi un angolo
da cui tirare fuori la testa ed il busto. Mi arrotolai sull’estremità del
divano che avevo occupato per dormire, schiacciando il più possibile i cuscini dietro
la mia schiena, e sbadigliai.
A quel punto, mi guardai attorno chiedendomi dove fosse
Luke.
-…ciao.- biascicai riconoscendolo, seduto sulla poltrona
di fianco e con il mio portatile sulle gambe. Mi stropicciai un occhio e lui mi
guardò e sorrise.
-Ciao.- rispose. Indicò il computer- Ti dà noia?
-…no…- borbottai confusamente.- Ho cancellato tutta la
roba porno, vero?- m’informai quindi.
Luke rise, chiuse lo schermo del pc e si alzò per
venirmisi ad affiancare ed abbracciarmi.
-No. Anzi! C’era una cosa molto interessante con un tipino
carino che…
Sogghignai, scoccandogli un bacio sotto il mento ed
accoccolandomi addosso a lui.
-Non c’era nessun porno sul pc prima che ci mettessi le
mani tu!- lo redarguii severamente.
-Sembra che la febbre si sia abbassata.- notò Luke,
posandomi le labbra sulla fronte per controllare la temperatura.
-Sì, infatti sto morendo di caldo e di fame.- piagnucolai
io.
-Ti preparo qualcosa.- si offrì lui alzandosi prontamente.
-Ma che ora è?!- indagai intanto, muovendomi a gattoni sul
divano alla ricerca del telecomando dello schermo al plasma di papone e
lasciandomi poi ricadere a sedere.
-Le due, quasi.- rispose Luke muovendo verso la scala.
-Cazzo!- commentai io, sentendolo ridere su per i gradini.
Luke tornò quasi subito con una maglietta pulita, che mi
ordinò di infilare al posto di quella che avevo. Io non la riconobbi e lui mi
spiegò – dietro domanda – che era sua, perché non avrebbe mai saputo dove
mettere le mani dentro la mia roba. A quella risposta sorrisi felice ed
affondai il naso nell’odore di Luke, ripromettendomi di non restituirgliela mai
più; quindi obbedii e mi cambiai, mentre lui spariva nuovamente in direzione
della cucina.
Ne riemerse una mezz’oretta più tardi con un vassoio per
ciascuno di noi. Me ne porse uno mentre io lo ringraziavo compitamente ed
allungavo le braccia ad accogliere il pranzo, lui si sistemò nella stessa
poltrona di prima e mi osservò divertito spazzolare famelico qualsiasi cosa ci
fosse nel piatto, leccandomi soddisfatto i baffi subito dopo.
-Aaah!- esclamai sazio, massaggiandomi lo stomaco.- Era
tutto squisito!- affermai, quindi, annuendo con convinzione.
Luke rise e si sollevò a togliermi il vassoio di dosso.
-Sono quasi certo che lo avresti detto anche se ti avesse
fatto schifo.- ribatté quietamente- Anche perché dubito che tu abbia avuto davvero il tempo di sentire i sapori.
-Ce l’ho avuto eccome!- m’imbronciai risentito per la sua
poca fiducia.
Luke rise senza darmi corda e tornò in cucina per lavare i
piatti sporchi. Gli avevo lasciato anche quelli della sera prima da fare,
riflettei mentre tornavo a sollevare il telecomando ed alzavo il volume della
tv, non avrei voluto ma decisamente non mi sentivo abbastanza in forze da
occuparmene io. Sospirai, iniziando uno zapping feroce tra i canali ed
arrendendomi all’idea di vedere “Cenerentola 3” quando mi resi conto che il sonno si stava
rapidamente impadronendo di me. Mi rincattucciai nuovamente nel mio angoletto
fatto di cuscini e piumone e lasciai cadere stancamente il braccio che reggeva
il telecomando, posando la testa sul bracciolo del divano e fissando in obliquo
le immagini colorate sullo schermo.
Luke mi si venne a sedere accanto appena finito di pulire.
Lo fece con una naturalezza disarmante, si accoccolò al mio fianco, tolse le
scarpe, tirò su i piedi e mi afferrò delicatamente per la vita, tirandomi
contro di sé e facendomi sistemare sul suo petto, per poi assicurarsi personalmente
che avessi le coperte ben rimboccate attorno al corpo. Io lo lasciai fare,
soprattutto perché l’assoluta disinvoltura con cui compì quelle operazioni mi
disorientò completamente. Ma Luke era così, capace di tormentarsi per giorni alla
sola idea che io potessi stringerlo in un angolo nel bagno della scuola o
dietro il cortile e poi premuroso all’inverosimile e romantico dispensatore di
coccole, neppure richieste, come in quel momento. Era il bello di stare con
lui, il motivo per cui mi ci ero abituato in fretta, fino a diventarne
dipendente: Luke ti sapeva far sentire importante, prezioso, protetto ed amato.
Non avevi neppure bisogno di difenderti, lui ti faceva credere che non ce ne
sarebbe mai stata la necessità…
Affondai il viso nel suo odore, schiacciandolo contro il
suo petto e socchiudendo gli occhi, mentre in sottofondo una delle sorellastre
di Cenerentola riempiva la stanza con una vocetta stridula e fastidiosa.
***
Ci svegliò entrambi il rumoroso rientro a casa di Mike.
Fece schiantare l’uscio come solito, sbuffò sonoramente, si precipitò nel
salotto e buttò la giacca direttamente addosso a me ed a Luke, che reagimmo
infastiditi. Il giubbotto volò a terra ed io ed il mio uomo ci districammo
dall’intreccio di coperte mentre Mike sbraitava scandalizzato.
-‘CAZZO STAVATE COMBINANDO?!- sollevando una mano
all’altezza del cuore, nemmeno lo avessi personalmente pugnalato.
Luke scattò in piedi a razzo, balbettando qualcosa di
incomprensibile che fece comunque intuire la sua posizione sul punto. Io mi passai
una mano sugli occhi e mi appoggiai pesantemente allo schienale del divano,
fissando stordito mio fratello.
-Ti sembrerà incredibile ma…niente.- risposi fiocamente, ancora addormentato.- Abbiamo guardato
Cenerentola circa tre ore fa, poi ci siamo appisolati felicemente e stavamo
ancora dormendo quando tu sei entrato ed hai deciso di trasformarci nella
succursale del tuo armadio…
-…beh, eravate comunque troppo vicini!- notò mio fratello
piuttosto istericamente.
Valutai il tono di voce, l’atteggiamento e la postura
rigida e tesa e dedussi quanto dovevo.
-Vale ti ha buttato fuori senza dartela, eh?!- conclusi
seccamente, sollevando un sopracciglio.
-Fatti un po’ i cazzi tuoi, Gab!- ritorse Mike
innervosito.
Sghignazzai, lui borbottò un paio di imprecazioni ma
recuperò il proprio giubbotto e salì in camera. Guardai l’orologio direttamente
sullo schermo della televisione, erano ormai le dieci, di mangiare non se ne
parlava più, io ero anche abbastanza stanco e, dai brividi di freddo che mi
scuotevano, mi resi conto che la febbre doveva essere tornata ad alzarsi.
Sospirai sonoramente, guardandomi attorno mentre Luke mi faceva eco con un
altro sospiro e tornava a rannicchiarsi sul divano di fianco a me.
-Non è stato il weekend che avevi in mente, vero?- mi chiese
a mezza voce.
Avvertii così distintamente la nota di autentico
dispiacere nella sua voce che mi sentii terribilmente in colpa: in fondo, il
weekend che io avevo in mente comprendeva il costringerlo a qualcosa che lui,
evidentemente, non voleva ancora.
Mi sforzai di sorridergli rassicurante, tornando a
posargli la testa sulla spalla solo per sentirmi avvolgere dalle sue braccia.
-Nah, lascia perdere!- sminuii semplicemente facendo
spallucce.- Sono stato bene.- ammisi.
Luke sogghignò, baciandomi i capelli.
-Saresti potuto stare meglio.- ritorse.
-Sì, certo. Fossi stato ad Haiti e con un meraviglioso
cocktail superalcolico tra le mani, davanti ad un tramonto sulla spiaggia…-
ragionai io a voce alta.
Luke rimase giustamente perplesso.
-…che c’entra Haiti?- domandò.
Scossi la testa, posandogli poi una mano sul petto perché
mi lasciasse alzare in piedi.
-Ho sonno, Luke.- dissi quietamente.- E onestamente mi
sento tutt’altro che bene…Io andrei a dormire.- aggiunsi mentre lui annuiva
ancora.
Nella penombra della stanza – nessuno di noi tre si era
preoccupato di accendere la luce e l’unica fioca illuminazione veniva dai
lampioni fuori all’ingresso, nel giardino, e dallo schermo della TV accesa –
vidi che mi fissava in attesa, lievemente a disagio. Sospirai ancora, sentendomi
improvvisamente svuotato di ogni forza per continuare quella pagliacciata
forzata in cui avevo cercato di attirarlo.
-Senti, se vuoi dormire da solo, la stanza degli ospiti è
sempre in ordine per ogni evenienza…- iniziai fiocamente, intenzionato ad
indicargli la camera di cui stavo parlando e poi a rintanarmi nella mia. Ma
l’intenzione di base si perse da qualche parte tra la mia voce ed il suo
sguardo.- …ti…seccherebbe troppo dormire con me?- gli chiesi istintivamente.-
Solo dormire.- promisi.
Luke sbuffò, mi prese per un polso e mi tirò di nuovo
accanto a sé. Ed io ero talmente stanco che lo lasciai fare.
-Gab.- mi chiamò mentre cercavo una posizione che mi
permettesse di non doverlo guardare in viso ma di potermi schiacciare quanto
più possibile dentro le pieghe del suo collo. Mugugnai per fargli capire che
stavo ascoltando.- Parliamo, ti va?- mi chiese.
-…sarebbe già qualcosa.- ammisi io a mezza voce.
-Non voglio che tu ti faccia l’idea che il problema sia
proprio tu.- mi spiegò lui con una tranquillità insolita, segno che ci stava
riflettendo già da un po’ su quello che avrebbe dovuto dire. Non lo interruppi,
pensai che avrebbe finito per perdere il filo e l’ultima cosa che volevo era
che tornasse a sfuggirmi senza nemmeno spiegarmene la ragione.- Il problema
sono solo io, Gab.- disse quindi.- E’ che ho paura.- buttò fuori semplicemente,
come un bambino.
-Guarda che non fa così
male e poi non è che devi per forza…- cominciai a spiegare io tirandomi su.
Luke sbuffò infastidito.
-Non ho paura del dolore!- mi rintuzzò offeso. Io sputai
fuori un “ah…” imbarazzato e mi misi zitto nel mio angolo ad ascoltare il
resto. Luke prese un respiro profondo e continuò.- Ho paura di perderti.- mi
spiegò pazientemente, sforzandosi di ricambiare il mio sguardo mentre parlava,
nonostante la vergogna che gli colorava il viso.- Ho paura di non essere
all’altezza…- specificò meglio.- Che tu possa renderti conto che sono davvero
solo uno sfigato, come dice Mike, e che non c’è un solo motivo valido per cui
tu debba stare con uno come me.
Risi lievemente, con sincero divertimento.
-Preferirei che queste cose le lasciaste decidere a me.-
affermai tanto per lui quanto per mio fratello.
-Sì, ma appunto!- sbottò Luke.- So già che sarò un tale
disastro che alla fine sarai tu a non
volerne sapere più nulla di me!- s’impuntò.
-Luke…- provai ad intromettermi sospirando con maggiore
serietà.
-No!- m’interruppe lui brusco, terrorizzato.- Senti, Gab,
davvero! È una mia paura, nient’altro! Lo so che non sei così superficiale da
mollarmi per una cosa come…
-…una scadente prestazione sessuale?- suggerii quando lui
si bloccò alla vana ricerca del termine esatto.
Luke arrossì ma annuì a disagio.
-Però, devi anche capire che io non posso impedirmi di
avere paura e…
-Luke.- insistetti con maggiore forza. Mi sistemai a
sedere di fronte a lui, mentre stavolta era lui a zittirsi per darmi modo di
parlare. Lo guardai fisso e spiegai le mie di ragioni.- Non me ne frega
niente.- dissi per cominciare.- Non m’interessa né se ci vorrà un millennio per
farlo né se, quando alla fine lo faremo, sarà stata la cosa più deprimente ed
imbarazzante della nostra esistenza. Spero di no!- aggiunsi ridacchiando,
giusto per sdrammatizzare e strappare anche a lui una risata soffocata.- Ma se
dovesse andare così, al più sarà stata responsabilità di entrambi e vorrà dire
che dovremo imparare assieme i nostri
ritmi e le nostre esigenze. Siamo una
coppia,- gli feci notare con semplicità, stringendomi nelle spalle.- sei molto
poco carino a voler gestire tutto tu!- scherzai.
Luke rise con più convinzione, rilassandosi sotto il mio
sguardo. Sciolse le gambe per posarle a terra ed io sorrisi di rimando e cercai
il telecomando intorno a me per ridurre al silenzio la televisione.
-Andiamo a dormire?- chiesi.
Lui annuì tranquillamente e si alzò per primo, aiutandomi
poi a tirarmi dritto giù dal divano. Barcollai leggermente, con la testa che
girava per la febbre e per il troppo tempo passato al chiuso. Desideravo
ardentemente uscire e pregai in cuor mio che l’indomani non avessi più la
febbre per poter passare in giro almeno la domenica…
Luke si accorse del mio mancamento e mi afferrò per la
vita, stringendomi a sé mentre salivamo le scale. Gli sorrisi per ringraziarlo
e, quando entrammo in camera, mi fiondai direttamente sul letto – che Mike o
lui dovevano aver rifatto, visto che era perfettamente in ordine…come il resto
della camera – e scalciai le lenzuola e le coperte per scavarmi un angolo in
cui rintanarmi.
-Vado a prendere il termometro, così provi di nuovo la
febbre.- mi disse Luke, fissandomi preoccupato dall’alto.
-Mmh-mh.- annuii io già assonnato.
Tornò quasi subito, porgendomi il termometro che infilai
sotto il braccio.
-Mi prendi l’orso?!- piagnucolai indicando Marilyn.
Luke lo guardò, poi guardò me. Ed infine guardò il letto.
-…non volevi che dormissi io con te?- mi chiese stupito.
-…io, te e Marilyn.- spiegai come se fosse ovvio.
-A parte che non ci staremmo mai!- sbottò Luke
contrariato.- Ma poi perché dovremmo dormire con l’orso trans?!- obiettò.
-Non è un trans!- strillai scandalizzato.- È maschio!
-Si chiama Marilyn!- mi fece notare lui disperato,
additando l’orso esattamente come stavo ancora facendo io.
-Non indicarlo! Lo offendi!- mi lamentai.
-Ma perché accidenti hai un orso rosa gigante di nome Marilyn?!
-Perché mi piace “Gli uomini preferiscono le bionde”!-
spiegai stizzito.
Luke, a cui evidentemente sfuggiva il passaggio logico di
base, continuò a fissarmi, indicando imperterrito l’orso come se il braccio ed
il dito gli si fossero congelati in quella posizione. Poi sbuffò, infastidito,
lasciò cadere il braccio e si avviò a passo incerto verso il pupazzo gigante.
-Sei impossibile!- protestò strada facendo, borbottando a
mezza voce.
Afferrò la zampetta pelosa di Marilyn e si voltò,
trascinandoselo dietro mentre faceva al contrario lo stesso percorso. Io
ridacchiai felice, battendo le mani quando lui mi fu arrivato davanti. Luke
armeggiò per afferrare il collo della bestia e, con un altro sbuffo, la sollevò
e la depose sul materasso, soffocandomi parzialmente. Mentre tentavo di
emergere dalla massa rosa di pelo e lanugine, schiacciandola in basso verso il
materasso, Luke recuperò il termometro che era rotolato via da sotto il mio
braccio e guardò la temperatura.
-Hai di nuovo più di 38.- mi comunicò brevemente quando io
fui riuscito ad avere ragione di Marilyn e ad abbrancicarmi al suo collo per
poterlo guardare.
-Mi sono preso una bella infreddatura.- constatai con un
sospiro.
-Già. Recupero il pigiama e vengo a letto.- mi disse dopo,
dirigendosi verso il proprio borsone.
Aspettai pazientemente che Luke si cambiasse, buttando i
vestiti alla rinfusa nella borsa aperta, e poi che venisse verso di me, sedendo
sul materasso – mi fece uno strano
effetto sentirlo abbassarsi sotto il suo peso, era la prima volta che dormivamo
assieme e mi sentii strano a pensarci – e cercando subito dopo un modo per
ricavarsi uno spazio assieme a me e Marilyn sul letto decisamente troppo
piccolo per tutti e tre. Finì che, come me, anche Luke fu parzialmente sommerso
sotto la massa pallata del pupazzo, ma sembrò accettare la cosa con una buona
dose di spirito di sacrificio ed io sbuffai un sorriso quando lui si voltò ad
incontrare i miei occhi dall’altro lato del letto.
Luke mi sorrise di rimando, a pochi centimetri dal mio
naso. Non era male sentire il suo fiato confondersi con il mio. Respirare
vicini è una delle sensazioni più belle che io abbia mai provato, condividere
la stessa aria…
-Luke.- dissi piano.- Il vestito di Marilyn Monroe era
rosa nel film,- continuai in un sussurro.- io amavo quel vestito e chiamavo
tutto ciò che era rosa “Marilyn”.
-Povero orso trans.- commentò lui lievemente,
ridacchiando.
-Sono irrimediabilmente checca, eh?!- ritorsi divertito.
-Un po’.- confessò lui, beccandosi un ceffone leggero in
cambio.- Ma mi piaci anche per questo.- disse subito dopo.- O perché hai un
orso di peluche gigante con cui pretendi di dormire in un letto in cui siamo
già in due. O perché hai organizzato un fantastico weekend “trappola d’amore”
per poi ritrovarti con la febbre alta per tutto sabato e, presumibilmente,
anche domenica. O perché litighi con tuo fratello ogni due per tre, anche se si
vede lontano un miglio che dareste un braccio l’uno per l’altro…- elencò
pacatamente. Poi si fermò e mi guardò.- Insomma, mi piaci, Gabriel.
Non so perché lo feci. Era una provocazione bella e buona
e lui aveva solo cercato di essere gentile con me, ricambiarlo a quel modo era
molto scorretto…
-Io invece ti amo.- dissi comunque, quasi con cattiveria.
Luke si bloccò di colpo, ferito. Io mi resi conto – o finsi di rendermi conto – in quel
momento di quanto avevo appena detto. Scostai il viso dal suo, voltandomi
supino e fissando il soffitto, incapace di ricambiare il suo sguardo in quel
momento; Luke mi fissava come se mi vedesse per la prima volta ed io pensai che
non dovesse essere molto lontano dalla realtà, in fondo non ero mai stato così
gratuitamente meschino prima di quel momento.
-…mi spiace.- sussurrai a voce bassissima. Così bassa che
pensai non avesse nemmeno sentito.
Ascoltai il silenzio immobile – non pensavo che perfino l’aria potesse smettere di muoversi pur di non
fare rumore – lo ascoltai fino a che non me ne riempii le orecchie e
diventò troppo da sopportare.
Non era poi così vero che quelli come Luke non facessero
mai cadere a terra il cuore degli altri, ragionai. Il mio doveva appena aver
fatto un volo giù dal petto, rimbalzando sulle coperte doveva essere atterrato
proprio da schifo. Perché faceva davvero tanto male. Tanto quanto non aveva
fatto nemmeno le volte prima.
O forse ero io che non me ne ricordavo.
Mi veniva voglia di piangere anche allora?
“Luke, ti prego, dimmi qualcosa. Va bene anche che tu mi
dica che mi odi. Va bene che tu mi dica che non importa…va bene…che tu mi dica
che…mi ami…”
-Gab…- mi sentii chiamare nel buio.
-…uhm.- risposi senza articolare parola.
Ero quasi certo che la voce avrebbe tradito quella puntura
sottilissima che sentivo agli angoli degli occhi. Ed io non volevo, per quella
notte avevo fatto abbastanza.
Luke scostò Marilyn. L’orso fu spostato con una brusca
manata, rotolò via dalle mie braccia perché non me ne accorsi in tempo per
fermarlo e cadde con un tonfo sordissimo sulla moquette. Provai anche a
seguirlo, per riacciuffarlo in tempo e riportarmelo addosso, ma non potei,
quando il peso del corpo di Luke m’imprigionò dov’ero. Mi ritrovai la sua
faccia davanti e sentii un groppo serrarmi la gola, pensando che avrei dovuto
per forza guardarlo negli occhi, e farlo mentre lui – giustamente – mi diceva quanto mi odiava.
…ed invece non lo disse.
Ad essere onesti, non mi guardò nemmeno.
Ad essere onesti, mi baciò soltanto.
Affondò le dita tra i miei capelli, scivolando con la
bocca sulla mia, la sua lingua percorse piano il profilo delle mie labbra,
disegnandolo lentamente. Sospirai, rilassandomi lentamente tra le sue braccia,
avvertendo il respiro tornare regolare – come
se avessi smesso semplicemente di vivere in quei minuti lentissimi di silenzio
– e poi accelerare mentre il bacio diventava più profondo, mentre, piano, mi
riappropriavo del mio diritto di sentirmi bene tra le sue mani, di sentirmi al
posto giusto.
Fu allora che Luke me lo disse, tenendomi ancora il viso
tra le dita, strette saldamente alle ciocche disordinate e posate con forza ai
lati delle tempie, tanto che me le sentivo affondare nel viso. Ma forse era
solo la paura.
Posò la fronte sulla mia. I suoi occhi s’incastrarono nei
miei senza lasciarmi più andare.
-Tu sei l’unica persona al mondo con cui io vorrei stare.-
mi giurò scandendo bene le parole, perché mi entrassero dentro una dopo l’altra
e s’imprimessero a fuoco sotto pelle.
Allo stesso modo in cui si impresse lui. La sua carne, il
suo sangue, il tocco bruciante delle sue mani.
Mi sembrava di aver aspettato solo quello tutta la vita.
Mi sembrava di essere stato creato apposta per lui. Ed io che a simili cose non
credevo neppure! Io che, nonostante mio fratello si ostinasse a darmi
dell’animo romantico, il romanticismo avevo imparato quanto costasse pagandolo
con un pezzo di me stesso! Io…pensai che fossi nato solo per lui, solo per
Luke, solo per i suoi baci, per il calore del suo corpo sul mio, solo per il
piacere delle sue mani su di me…
-Gab…- mi chiamò esitante quando affondò lento dentro di
me.
Io sorrisi contro la sua bocca, mordendogli piano le
labbra per fargli capire che lo ascoltavo ed, insieme, che andava tutto bene,
che poteva smettere di tremarmi tra le braccia.
-Sì?- mormorai rocamente.
-…se…se sbaglio qualcosa…- mi implorò sottovoce.
-Non si sbaglia mai in certe cose, Luke.- lo zittii io.-
Non così almeno. Ed io sono certo di non aver sbagliato.
“Sweet, sugar, candy man”
MEM 2008
|
Questa storia è archiviata su: EFP /viewstory.php?sid=294222 |