Cody non
disse nulla per tutto il
viaggio fino al teatro. Sua madre gli chiese se avesse avvisato il
padre, lui
rispose un “sì” sforzato e si chiuse nel
mutismo più assoluto subito dopo,
fissando ostinatamente lo sguardo fuori dal finestrino. Amy, che gli
sedeva di
fianco, gli si strinse protettiva addosso ed io gettai
un’occhiata a tutti e
tre - lei, Cody e Gab – attraverso lo specchietto
retrovisore. Gabriel se ne
accorse e si strinse nelle spalle, facendomi capire che era normale e
che gli
sarebbe passata, ma che anche lui non ne sapeva più di me.
Quando arrivammo al teatro dove
si sarebbe tenuto il concorso, comunque, la cosa sembrava essere
rientrata.
Helena ci lasciò davanti la porta sul retro e ci disse che
non sarebbe stato il
caso che il gruppo si presentasse lì con “la
mamma”, ridendo diede ai ragazzi
un “in bocca al lupo” e si allontanò per
raggiungere l’ingresso principale. Io
ed Amy fummo autorizzati a passare con Cody e Gab, invece, e trovammo
Vale,
Fran e Mike che girellavano nervosamente nel backstage pieno zeppo di
ragazzi
di qualunque età.
A quel punto la mia
preoccupazione per Cody, così come quella per
l’esibizione, vennero
momentaneamente cancellate da una preoccupazione più seria
ed immediata, che mi
si presentò sotto forma di Mike. Lui mi afferrò
per la collottola appena mi
ebbe a portata di mano – e con l’altra
afferrò egualmente Gab, che rise felice
come se si fosse trattato di un innocente nuovo gioco.
Cosa che palesemente non era, a
giudicare dalla faccia fosca di Mike.
Poi ci trascinò entrambi in un
angolo riparato e ci puntò addosso un dito a testa per
inchiodarci al nostro
posto.
-Tu!- cominciò rivolto a me.
Deglutii ed annuii freneticamente rispondendo all’appello.-
Se ti azzardi anche
solo a pensare di fare del male alla piattola e rispedirmela a casa
piangendo
come una femmina a trapanarmi orecchie e coglioni…
Lasciò ad intendere gli effetti
che tutto questo avrebbe provocato su di me, io capii perfettamente e
mi
affrettai a scuotere la testa ed a giurare e spergiurare che non
intendevo far
soffrire Gab per nessun motivo al mondo.
Mike non mi ascoltò e si girò ad
un fratello che sfoggiava la propria espressione più idiota
e faceva le fusa
contento come un gatto a cui sia appena stato regalato un gomitolo
nuovo.
-E tu!- chiamò anche lui, che
squittì un assenso gioioso e spalancò sul
fratello due occhi immensamente
grandi e belli, sottolineati dalla matita scura.- Sapevo che ti saresti
giocato
gli ultimi barlumi di cervello ancora rimasti attaccati alla radice dei
capelli, continuando a spazzolarli!- affermò cattivo.- Ma
porca puttana Eva,
Gab! o.k. abbassarsi al suo livello, ma potevi astenerti almeno
dall’abbassarti
al livello del suo cazzo!
-Dio, come sei volgare!-
cinguettò Gab come se la cosa lo divertisse profondamente e
ridacchiò felice
come non mai.
Mike sospirò affranto, gettandomi
un’altra occhiata feroce che mi fece sbiancare e decidendosi
a mollarmi senza
minacciarmi un altro po’ solo perché qualcun altro
intervenne, distogliendo la
sua attenzione.
Il “qualcuno” fu annunciato dallo
strillo inconsulto e terrorizzato di Cody, che mi vidi passare davanti
rapido
come un turbine per fiondarsi ad abbracciare il nuovo arrivato,
arrampicandoglisi – letteralmente – addosso ed
attaccandoglisi al collo con un
disperato “zio Stefan! Portami via da qui! cosa diavolo ci faccio io
qui?!”, che l’uomo accolse ridendo e passandogli
attorno alla vita un braccio
che lo aiutasse a sostenersi.
-Ti sei truccato?- notò
distrattamente Stefan Olsdal, gettando uno sguardo critico agli
occhioni del
suo pupillo che lo fissavano tremanti.
-E questo è niente!- sbottò lui
stravolto, sciogliendosi dall’abbraccio, facendo un passo
indietro ed
additandosi.- Guarda come sono vestito! Questi vestiti sono troppo piccoli per starmi!
-Io direi che ti stanno benissimo.-
rise Stefan, infilando le mani in tasca.
-Argh!- fu l’unico suono
articolato che uscì dalla gola di Cody.
Stefan rise ancora, battendogli
una pacca sulla schiena con fare rassicurante.
-Su, cucciolo, è solo un po’ di
sano panico da palcoscenico.- affermò spiccio.-
Passerà appena avrai la tua
chitarra tra le mani. All’inizio lo faceva anche tuo padre e
noi lo deridevamo
dicendo che aveva bisogno della sua coperta di Linus…-
ricordò.
-La chitarra, sì!- sberluccicò
Cody come se Stefan avesse pronunciato una parola magica e si
voltò a cercare
lo strumento, ordinatamente posato in un angolo.- Guarda
com’è bella.- sussurrò
con aria sognante ed atterrita insieme.
-Mi fa paura.- affermai io,
mentre con Mike e Gab assistevamo alla scena in silenzio.
-Sì.- convenne Mike senza
guardarmi.- È pazzo.- affermò poi, arricciando il
naso non troppo convinto.
-…beh…è Cody…-
sminuì Gab,
nemmeno lui eccessivamente sicuro.
-Tu devi essere Luke.- mi disse
intanto Stefan, avvicinandosi a me mentre Cody trotterellava a
controllare la
chitarra più da vicino. Io mi stupii non poco nel sentirmi
chiamare per nome ed
annuii meccanicamente, sollevando la testa per riuscire ad incrociare
gli occhi
con i suoi e spingendo in avanti una mano a stringere quella che mi
veniva
tesa.- Helena ha detto che sei un nostro fan.
-Sì.- ammisi semplicemente.
-Beh, grazie.- sorrise lui
gentilmente, facendomi arrossire imbarazzato.-
Dov’è Amy?- s’informò poi,
voltandosi a cercare la ragazza in mezzo alla piccola folla che
occupava il
backstage. I loro sguardi s’incrociarono e Stefan la
salutò ed invitò ad
avvicinarsi con un cenno rapido del braccio. Amy annuì
camminando nella nostra
direzione.- Noi dobbiamo andare a sederci.- spiegò Stefan
rivolgendosi sia a me
sia a Mike e Gab.- Volevo augurarvi in bocca al lupo prima che
cominciaste.-
aggiunse poi.
-…crepi…- borbottò
torvamente
Mike ed io lo guardai e capii che era parecchio nervoso anche lui,
sebbene non
reagisse istericamente come Cody,
Sbuffai un sorrisetto, che Gab
intercettò e mi ricambiò con discrezione,
intuendone le ragioni. In fondo era
umano anche il perfettissimo Michael Peirce.
Stefan, Amy ed io ci affrettammo
a salutare Vale, Fran ed un redivivo Cody, che sospirò
pesantemente mentre
Stefan gli raccomandava di mantenere il sangue freddo fino
all’ingresso sul
palco e gli assicurava che lassù sarebbe sparito tutto. Lui
biascicò un
consenso che di sicuro non gli veniva tanto dal cuore quanto
più che altro
dalla pancia, e si affiancò agli altri salutandoci a sua
volta.
In platea Helena ci aspettava,
già sistemata nei posti che ci erano stati riservati e che
io ed Amy occupammo
sedendoci affiancati. Stefan si mise accanto ad Helena ed io buttai
un’occhiata
al posto vuoto al fianco della donna, che Amy aveva accuratamente
evitato di
occupare e che immaginai avrebbe dovuto essere del padre di Cody.
Sospirai,
rimettendomi dritto, e mi ritrovai lo sguardo chiaro e luminoso di Amy
che mi
studiava in silenzio.
-…cosa?- le chiesi perplesso.
Lei ridacchiò sorniona.
-Non dovresti mai sottovalutare
le persone.- affermò pacatamente.- Né
sopravvalutarle. Si resta ugualmente
delusi e si fa del male senza motivo.- spiegò.
-…che intendi dire?- mormorai io
senza capirla davvero.
Amy indicò la fila esterna di
poltrone ed io mi voltai a cercare cosa avesse attirato la sua
attenzione per
riconoscere Brian Molko farsi elegantemente spazio e raggiungerci in
breve,
lasciandosi cadere al fianco di Stefan.
-A casa facciamo i conti, io e
te.- sussurrò all’amico, senza neppure guardarlo
in faccia.
Stefan rise, anche lui fissando
solo il palco davanti a sé.
-Non ho mai avuto paura di te in
tanti anni, non sperare di riuscire a farmene adesso.- lo
rimbeccò pacatamente.
-E questo ti autorizza a
sostenere tutte le stronzate di Cody?- s’informò
piatto Brian. Ma il suo
sorriso divertito ci fece capire in fretta quanto poco seriamente
stesse
protestando.
Ed infatti Stefan rise.
-No, il mio ruolo di “zio” e di
padrino mi autorizza a farlo.- rispose paziente.
Brian sia accontentò di quella
risposta. Rimase in silenzio, sbuffando divertito mentre le luci si
abbassavano
ed il palco veniva occupato dalla prima band del concorso, accompagnata
da un
ometto insignificante che presentava la manifestazione. La musica
riempì il
teatro, le file ordinate del pubblico si levarono in piedi ed
iniziò il più
grosso e divertente casino al quale
abbia mai preso parte nella mia vita.
I ragazzi non vinsero. La loro
canzone era la più bella, ma era talmente complicata e
difficile che non mi
stupì vederla sorpassare da motivi decisamente
più orecchiabili e commerciali.
Loro non se la presero davvero, gli bastò partecipare
– anche se Mike minacciò
il resto della band di morti atroci e sofferenti, perché era
chiaro che se
avevano perso era tutta colpa loro.
Ed in particolare di Cody.
Anche se il motivo restava un
mistero, ma l’affermazione bastò a scatenare un
accenno di rissa, sedato
dall’arrivo degli adulti all’uscita del backstage.
***
Mio padre mi aveva chiesto da
quanto esattamente avessi iniziato
a studiare
la chitarra. Io avevo risposto che non la studiavo affatto, che
improvvisavo da
bravo autodidatta e suonavo praticamente ad orecchio. Lui a quel punto
sbraitò
che era inconcepibile e che dal giorno dopo avrei dovuto passare almeno
due ore
con lui ad imparare la tecnica! Era chiaro, aggiunse, che se facevo
così schifo come
chitarrista il motivo non
poteva che essere la mia totale ignoranza in materia. Lo mandai al
diavolo, mia
madre mi ammonì con un “signorino!”
scandalizzato che mi fece fare rapidamente
marcia indietro, e papà rise.
Sbuffai, accoccolandomi sul
sedile posteriore della macchina. Luke era tornato a casa con Gab e
Mike, che
l’autista di famiglia era venuto a prendere
all’uscita del concerto per
accompagnare a cena dai nonni. Zio Stefan aveva detto che doveva
rientrare e
che sarebbe passato con calma il giorno dopo, così che
papà potesse fargli la
scenata che si conveniva. Fran e Vale era tornati a casa ognuno
autonomamente.
Ci eravamo salutati sotto il teatro, io mi ero sentito un po’
deluso dal
risultato ma non aveva voluto fare eco ai rimbrotti poco credibili di
Mike ed
avevo lasciato che quella sensazione scivolasse via in fretta, traendo
conforto
dalla presenza solida della chitarra sulla mia spalla. Mi era
dispiaciuto
separarmene, quando avevo dovuto sistemarla nel bagagliaio, mi ero
rintanato in
fretta in macchina, alla ricerca disperata di un angolo caldo e comodo
in cui
arrotolarmi insoddisfatto.
Lasciammo Amy davanti il cancello
di casa propria, lei salutò compitamente e mio padre le
rispose per tutti.
Chiamandola per nome. Così il sorriso di Amy si
allargò appena e lei rientrò
rapida, sparendo dietro il muro di cinta della villa.
Posteggiammo davanti al garage e
mamma scese per prima, dicendo che andava a controllare se Magda aveva
già
preparato la cena. Io scaricai la chitarra mentre papà
chiudeva la macchina.
Quando feci per seguire mamma
dentro, lui mi si affiancò e mi strinse a sé,
passandomi un braccio attorno
alle spalle, in un gesto così inaspettato che rimasi
disorientato e non ebbi la
prontezza di sciogliermi da quel contatto come facevo di solito. Anzi.
Sospirai
e mi lasciai ricadere senza forze contro di lui, lasciando che mi
guidasse
dentro.
-Possiamo lavorarci su.- borbottò
intanto, rudemente.- Ma direi comunque che ho ragione ad essere
così fiero di
te.
Lo fissai di sottecchi, ma lui
non mi guardò e non disse altro, chiuse la porta della
cucina dietro di noi –
litigando con la serratura rotta – e sbottò contro
mia madre che avremmo dovuto
deciderci a farla riparare. Lei, che stava finendo di aiutare Magda ad
apparecchiare, ritorse quietamente che l’avevamo
già fatta riparare
innumerevoli volte e continuava a rompersi comunque. Io uscii dalla
stanza
ridendo e salii a posare la chitarra al piano di sopra.
La mattina dopo mi svegliai per
primo. Scesi sbadigliando le scale, sentendo un rumore sordo e
discontinuo che
veniva dalla cucina. Sbadigliai ancora, grattandomi la testa che mi
prudeva
ferocemente dopo la cura di Gab a base di gel, entrai e mi fermai
sorpreso
sulla soglia.
-Papà?- chiamai fissandolo mentre
armeggiava con attrezzi e serratura della porta esterna.- Cosa stai
facendo?-
m’informai.
-Mica possiamo tenerla rotta in
eterno!- affermò lui sollevando gli occhi su di me.
-…tu non sei capace di fare
lavori in casa.- notai io.
-Sì, infatti.- ammise senza
problemi.- Quindi dovrò decidermi ad imparare. Prepara la
colazione, ragazzino,
non è che puoi lasciare sempre che sia tua madre a doversi
occupare di tutto.-
mi redarguì dopo.
Sorrisi, fissandolo ancora un
momento mentre smontava completamente la serratura solo per ritrovarsi
a
fissarla perplesso senza capire cosa fosse esattamente. Sarebbe stato
un
disastro.
Più o meno come il mio pancake.
Avevamo talmente tanto da imparare tutti e due…
“My
Father’s Eyes”
2008
Easily Forgotten Love
Nota di fine capitolo
Termina
così la piccina.
Come promesso di
seguito ci sono due link:
Simple
Kind of Lovely di Lisachan. Splendida. Fidatevi
ù_ù
Sweet,
Sugar, Candy Man
di Nai...beh, questa potete pure risparmiarvela XD
Si tratta di due spin
off – one shot che abbiamo scritto io e Liz,
l’ordine in cui devono essere
letti è quello in cui ve li ho linkati,
l’argomento di entrambi è “Luke e Gab
ed il “tragico” inizio della loro storia
assime”.
…più o
meno…
Spero che vi possano
piacere ^_^
Approfitto per fare un
saluto a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi mesi:
a Chemical_Kira
ad Erisachan
a Ginnyred
a Stregatta
a Fteli
ed infine *ma non
ultima nel nostro cuoricino* a Martunza
Grazie di cuore per
tutto l’affetto, ragazze, spero che ci rincontreremo su altre
storie ed intanto
un bacio enorme a tutte da parte mia e da parte di Lisachan!
Nai
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