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Autore: Easily Forgotten Love    05/11/2008    3 recensioni
Sia chiaro da subito che non sogno di fare il musicista rock. Non mi ha mai interessato davvero seguire le orme di mio padre, anzi. Avevo, credo, quattro anni quando per la prima volta sono entrato nel salotto di casa, dove mia madre stava prendendo il the con un gruppo di amiche, ed ho annunciato a tutti che da grande avrei fatto il medico.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Cody non disse nulla per tutto il viaggio fino al teatro. Sua madre gli chiese se avesse avvisato il padre, lui rispose un “sì” sforzato e si chiuse nel mutismo più assoluto subito dopo, fissando ostinatamente lo sguardo fuori dal finestrino. Amy, che gli sedeva di fianco, gli si strinse protettiva addosso ed io gettai un’occhiata a tutti e tre - lei, Cody e Gab – attraverso lo specchietto retrovisore. Gabriel se ne accorse e si strinse nelle spalle, facendomi capire che era normale e che gli sarebbe passata, ma che anche lui non ne sapeva più di me.
Quando arrivammo al teatro dove si sarebbe tenuto il concorso, comunque, la cosa sembrava essere rientrata. Helena ci lasciò davanti la porta sul retro e ci disse che non sarebbe stato il caso che il gruppo si presentasse lì con “la mamma”, ridendo diede ai ragazzi un “in bocca al lupo” e si allontanò per raggiungere l’ingresso principale. Io ed Amy fummo autorizzati a passare con Cody e Gab, invece, e trovammo Vale, Fran e Mike che girellavano nervosamente nel backstage pieno zeppo di ragazzi di qualunque età.
A quel punto la mia preoccupazione per Cody, così come quella per l’esibizione, vennero momentaneamente cancellate da una preoccupazione più seria ed immediata, che mi si presentò sotto forma di Mike. Lui mi afferrò per la collottola appena mi ebbe a portata di mano – e con l’altra afferrò egualmente Gab, che rise felice come se si fosse trattato di un innocente nuovo gioco.
Cosa che palesemente non era, a giudicare dalla faccia fosca di Mike.
Poi ci trascinò entrambi in un angolo riparato e ci puntò addosso un dito a testa per inchiodarci al nostro posto.
-Tu!- cominciò rivolto a me. Deglutii ed annuii freneticamente rispondendo all’appello.- Se ti azzardi anche solo a pensare di fare del male alla piattola e rispedirmela a casa piangendo come una femmina a trapanarmi orecchie e coglioni…
Lasciò ad intendere gli effetti che tutto questo avrebbe provocato su di me, io capii perfettamente e mi affrettai a scuotere la testa ed a giurare e spergiurare che non intendevo far soffrire Gab per nessun motivo al mondo.
Mike non mi ascoltò e si girò ad un fratello che sfoggiava la propria espressione più idiota e faceva le fusa contento come un gatto a cui sia appena stato regalato un gomitolo nuovo.
-E tu!- chiamò anche lui, che squittì un assenso gioioso e spalancò sul fratello due occhi immensamente grandi e belli, sottolineati dalla matita scura.- Sapevo che ti saresti giocato gli ultimi barlumi di cervello ancora rimasti attaccati alla radice dei capelli, continuando a spazzolarli!- affermò cattivo.- Ma porca puttana Eva, Gab! o.k. abbassarsi al suo livello, ma potevi astenerti almeno dall’abbassarti al livello del suo cazzo!
-Dio, come sei volgare!- cinguettò Gab come se la cosa lo divertisse profondamente e ridacchiò felice come non mai.
Mike sospirò affranto, gettandomi un’altra occhiata feroce che mi fece sbiancare e decidendosi a mollarmi senza minacciarmi un altro po’ solo perché qualcun altro intervenne, distogliendo la sua attenzione.
Il “qualcuno” fu annunciato dallo strillo inconsulto e terrorizzato di Cody, che mi vidi passare davanti rapido come un turbine per fiondarsi ad abbracciare il nuovo arrivato, arrampicandoglisi – letteralmente – addosso ed attaccandoglisi al collo con un disperato “zio Stefan! Portami via da qui! cosa diavolo ci faccio io qui?!”, che l’uomo accolse ridendo e passandogli attorno alla vita un braccio che lo aiutasse a sostenersi.
-Ti sei truccato?- notò distrattamente Stefan Olsdal, gettando uno sguardo critico agli occhioni del suo pupillo che lo fissavano tremanti.
-E questo è niente!- sbottò lui stravolto, sciogliendosi dall’abbraccio, facendo un passo indietro ed additandosi.- Guarda come sono vestito! Questi vestiti sono troppo piccoli per starmi!
-Io direi che ti stanno benissimo.- rise Stefan, infilando le mani in tasca.
-Argh!- fu l’unico suono articolato che uscì dalla gola di Cody.
Stefan rise ancora, battendogli una pacca sulla schiena con fare rassicurante.
-Su, cucciolo, è solo un po’ di sano panico da palcoscenico.- affermò spiccio.- Passerà appena avrai la tua chitarra tra le mani. All’inizio lo faceva anche tuo padre e noi lo deridevamo dicendo che aveva bisogno della sua coperta di Linus…- ricordò.
-La chitarra, sì!- sberluccicò Cody come se Stefan avesse pronunciato una parola magica e si voltò a cercare lo strumento, ordinatamente posato in un angolo.- Guarda com’è bella.- sussurrò con aria sognante ed atterrita insieme.
-Mi fa paura.- affermai io, mentre con Mike e Gab assistevamo alla scena in silenzio.
-Sì.- convenne Mike senza guardarmi.- È pazzo.- affermò poi, arricciando il naso non troppo convinto.
-…beh…è Cody…- sminuì Gab, nemmeno lui eccessivamente sicuro.
-Tu devi essere Luke.- mi disse intanto Stefan, avvicinandosi a me mentre Cody trotterellava a controllare la chitarra più da vicino. Io mi stupii non poco nel sentirmi chiamare per nome ed annuii meccanicamente, sollevando la testa per riuscire ad incrociare gli occhi con i suoi e spingendo in avanti una mano a stringere quella che mi veniva tesa.- Helena ha detto che sei un nostro fan.
-Sì.- ammisi semplicemente.
-Beh, grazie.- sorrise lui gentilmente, facendomi arrossire imbarazzato.- Dov’è Amy?- s’informò poi, voltandosi a cercare la ragazza in mezzo alla piccola folla che occupava il backstage. I loro sguardi s’incrociarono e Stefan la salutò ed invitò ad avvicinarsi con un cenno rapido del braccio. Amy annuì camminando nella nostra direzione.- Noi dobbiamo andare a sederci.- spiegò Stefan rivolgendosi sia a me sia a Mike e Gab.- Volevo augurarvi in bocca al lupo prima che cominciaste.- aggiunse poi.
-…crepi…- borbottò torvamente Mike ed io lo guardai e capii che era parecchio nervoso anche lui, sebbene non reagisse istericamente come Cody,
Sbuffai un sorrisetto, che Gab intercettò e mi ricambiò con discrezione, intuendone le ragioni. In fondo era umano anche il perfettissimo Michael Peirce.
Stefan, Amy ed io ci affrettammo a salutare Vale, Fran ed un redivivo Cody, che sospirò pesantemente mentre Stefan gli raccomandava di mantenere il sangue freddo fino all’ingresso sul palco e gli assicurava che lassù sarebbe sparito tutto. Lui biascicò un consenso che di sicuro non gli veniva tanto dal cuore quanto più che altro dalla pancia, e si affiancò agli altri salutandoci a sua volta.
In platea Helena ci aspettava, già sistemata nei posti che ci erano stati riservati e che io ed Amy occupammo sedendoci affiancati. Stefan si mise accanto ad Helena ed io buttai un’occhiata al posto vuoto al fianco della donna, che Amy aveva accuratamente evitato di occupare e che immaginai avrebbe dovuto essere del padre di Cody. Sospirai, rimettendomi dritto, e mi ritrovai lo sguardo chiaro e luminoso di Amy che mi studiava in silenzio.
-…cosa?- le chiesi perplesso.
Lei ridacchiò sorniona.
-Non dovresti mai sottovalutare le persone.- affermò pacatamente.- Né sopravvalutarle. Si resta ugualmente delusi e si fa del male senza motivo.- spiegò.
-…che intendi dire?- mormorai io senza capirla davvero.
Amy indicò la fila esterna di poltrone ed io mi voltai a cercare cosa avesse attirato la sua attenzione per riconoscere Brian Molko farsi elegantemente spazio e raggiungerci in breve, lasciandosi cadere al fianco di Stefan.
-A casa facciamo i conti, io e te.- sussurrò all’amico, senza neppure guardarlo in faccia.
Stefan rise, anche lui fissando solo il palco davanti a sé.
-Non ho mai avuto paura di te in tanti anni, non sperare di riuscire a farmene adesso.- lo rimbeccò pacatamente.
-E questo ti autorizza a sostenere tutte le stronzate di Cody?- s’informò piatto Brian. Ma il suo sorriso divertito ci fece capire in fretta quanto poco seriamente stesse protestando.
Ed infatti Stefan rise.
-No, il mio ruolo di “zio” e di padrino mi autorizza a farlo.- rispose paziente.
Brian sia accontentò di quella risposta. Rimase in silenzio, sbuffando divertito mentre le luci si abbassavano ed il palco veniva occupato dalla prima band del concorso, accompagnata da un ometto insignificante che presentava la manifestazione. La musica riempì il teatro, le file ordinate del pubblico si levarono in piedi ed iniziò il più grosso e divertente casino al quale abbia mai preso parte nella mia vita.
I ragazzi non vinsero. La loro canzone era la più bella, ma era talmente complicata e difficile che non mi stupì vederla sorpassare da motivi decisamente più orecchiabili e commerciali. Loro non se la presero davvero, gli bastò partecipare – anche se Mike minacciò il resto della band di morti atroci e sofferenti, perché era chiaro che  se avevano perso era tutta colpa loro.
Ed in particolare di Cody.
Anche se il motivo restava un mistero, ma l’affermazione bastò a scatenare un accenno di rissa, sedato dall’arrivo degli adulti all’uscita del backstage.
***
Mio padre mi aveva chiesto da quanto esattamente avessi iniziato a studiare la chitarra. Io avevo risposto che non la studiavo affatto, che improvvisavo da bravo autodidatta e suonavo praticamente ad orecchio. Lui a quel punto sbraitò che era inconcepibile e che dal giorno dopo avrei dovuto passare almeno due ore con lui ad imparare la tecnica! Era chiaro, aggiunse, che se facevo così schifo come chitarrista il motivo non poteva che essere la mia totale ignoranza in materia. Lo mandai al diavolo, mia madre mi ammonì con un “signorino!” scandalizzato che mi fece fare rapidamente marcia indietro, e papà rise.
Sbuffai, accoccolandomi sul sedile posteriore della macchina. Luke era tornato a casa con Gab e Mike, che l’autista di famiglia era venuto a prendere all’uscita del concerto per accompagnare a cena dai nonni. Zio Stefan aveva detto che doveva rientrare e che sarebbe passato con calma il giorno dopo, così che papà potesse fargli la scenata che si conveniva. Fran e Vale era tornati a casa ognuno autonomamente. Ci eravamo salutati sotto il teatro, io mi ero sentito un po’ deluso dal risultato ma non aveva voluto fare eco ai rimbrotti poco credibili di Mike ed avevo lasciato che quella sensazione scivolasse via in fretta, traendo conforto dalla presenza solida della chitarra sulla mia spalla. Mi era dispiaciuto separarmene, quando avevo dovuto sistemarla nel bagagliaio, mi ero rintanato in fretta in macchina, alla ricerca disperata di un angolo caldo e comodo in cui arrotolarmi insoddisfatto.
Lasciammo Amy davanti il cancello di casa propria, lei salutò compitamente e mio padre le rispose per tutti. Chiamandola per nome. Così il sorriso di Amy si allargò appena e lei rientrò rapida, sparendo dietro il muro di cinta della villa.
Posteggiammo davanti al garage e mamma scese per prima, dicendo che andava a controllare se Magda aveva già preparato la cena. Io scaricai la chitarra mentre papà chiudeva la macchina.
Quando feci per seguire mamma dentro, lui mi si affiancò e mi strinse a sé, passandomi un braccio attorno alle spalle, in un gesto così inaspettato che rimasi disorientato e non ebbi la prontezza di sciogliermi da quel contatto come facevo di solito. Anzi. Sospirai e mi lasciai ricadere senza forze contro di lui, lasciando che mi guidasse dentro.
-Possiamo lavorarci su.- borbottò intanto, rudemente.- Ma direi comunque che ho ragione ad essere così fiero di te.
Lo fissai di sottecchi, ma lui non mi guardò e non disse altro, chiuse la porta della cucina dietro di noi – litigando con la serratura rotta – e sbottò contro mia madre che avremmo dovuto deciderci a farla riparare. Lei, che stava finendo di aiutare Magda ad apparecchiare, ritorse quietamente che l’avevamo già fatta riparare innumerevoli volte e continuava a rompersi comunque. Io uscii dalla stanza ridendo e salii a posare la chitarra al piano di sopra.
La mattina dopo mi svegliai per primo. Scesi sbadigliando le scale, sentendo un rumore sordo e discontinuo che veniva dalla cucina. Sbadigliai ancora, grattandomi la testa che mi prudeva ferocemente dopo la cura di Gab a base di gel, entrai e mi fermai sorpreso sulla soglia.
-Papà?- chiamai fissandolo mentre armeggiava con attrezzi e serratura della porta esterna.- Cosa stai facendo?- m’informai.
-Mica possiamo tenerla rotta in eterno!- affermò lui sollevando gli occhi su di me.
-…tu non sei capace di fare lavori in casa.- notai io.
-Sì, infatti.- ammise senza problemi.- Quindi dovrò decidermi ad imparare. Prepara la colazione, ragazzino, non è che puoi lasciare sempre che sia tua madre a doversi occupare di tutto.- mi redarguì dopo.
Sorrisi, fissandolo ancora un momento mentre smontava completamente la serratura solo per ritrovarsi a fissarla perplesso senza capire cosa fosse esattamente. Sarebbe stato un disastro.
Più o meno come il mio pancake. Avevamo talmente tanto da imparare tutti e due…
“My Father’s Eyes”
2008
Easily Forgotten Love
 
Nota di fine capitolo
 
 Termina così la piccina.
Come promesso di seguito ci sono due link:
Simple Kind of Lovely  di Lisachan. Splendida. Fidatevi ù_ù
Sweet, Sugar, Candy Man di Nai...beh, questa potete pure risparmiarvela XD
Si tratta di due spin off – one shot che abbiamo scritto io e Liz, l’ordine in cui devono essere letti è quello in cui ve li ho linkati, l’argomento di entrambi è “Luke e Gab ed il “tragico” inizio della loro storia assime”.
…più o meno…
Spero che vi possano piacere ^_^
 
Approfitto per fare un saluto a tutti coloro che ci hanno sostenuto in questi mesi:
a Chemical_Kira
ad Erisachan
a Ginnyred
a Stregatta
a Fteli
ed infine *ma non ultima nel nostro cuoricino* a Martunza
Grazie di cuore per tutto l’affetto, ragazze, spero che ci rincontreremo su altre storie ed intanto un bacio enorme a tutte da parte mia e da parte di Lisachan!
Nai
 
  
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