Maternità
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
4 -
Minako (durante la gravidanza, settimo mese)
Minako osservò la linea del proprio corpo allo
specchio.
Sollevò le braccia e si girò di lato, valutando
la
rotondità voluminosa del proprio ventre.
Niente da fare, era sempre più bella - e vanitosa -
anche
incinta di sette mesi. Si sentiva da dio: non aveva nessuno fastidio,
non le mancavano le energie, mangiava come le pareva e l'aumento di
peso si concentrava solo al livello della pancia. Era stata graziata
dalla fortuna.
Udì una risatina infantile che proveniva dal
salotto.
«Mi-chan! È finito il tuo
cartone?»
gridò.
«Sìì!!»
Lo aveva intuito dal suono dei suoi salti sul tappeto.
«Arrivo!»
Arimi - tre anni e mezzo - le venne incontro rimbalzando per
il
corridoio, tutta guance rosa e codine nere.
«Voliamo!»
La storia di fatine la esaltava tutte le sere. Conoscendo la
sua
passione, Minako si era ingegnata per farle una sorpresa. «Ho
un
regalo per te, sai?»
Nel vederla Arimi spalancò la bocca.
«Adesso la
tua pancia è più enorme!»
«Furbetta!» La acchiappò prima
che
potesse scappare.
La tormentò col solletico, beandosi delle sue risatine.
«Certo che la mia pancia è grande, dentro
c'è un
bebé! Ohi.» Un calcio la colpì
dall'interno del
ventre. Si piegò sulle ginocchia, lasciando andare Arimi.
«Ecco che si
muove.»
La bambina era ignara, stava toccando il tessuto del suo
abito.
«Che bello!»
«Grazie.» Aveva comprato l'abito premaman
bianco e
blu solo
quel pomeriggio, assieme a un'altra decina di modelli - uno
più
carino dell'altro. Pur di
consolarsi non si era risparmiata. «Per te ho un abito ancora
più fantastico, vedrai.» Si massaggiò
la schiena.
«Ti ricordi che ti ho promesso
di renderti una fata?»
Arimi sgranò gli occhioni. Annuì con
reverenza.
«Hai rimesso a posto la tua poltroncina in
salotto?» La
spinse ad andare in quella direzione per controllare.
«Dobbiamo
liberare il campo, poi cominciamo.»
«Il 'campo'?»
«Lo spazio, dobbiamo fare spazio! Prima che arrivi
il tuo
papà!»
«Okay!»
Anche il loro prossimo erede era entusiasta, non smetteva di
muoversi
e calciarla al fianco. «Ahi-ahi.»
«Stai male?» Arimi tornò
indietro.
«Non preoccuparti. Senti qua.»
Provò a
metterle la
mano dove colpiva il bambino, ma lui smise di colpire in quel momento.
«Che dispettoso!»
«L'ho sentito!» gridò Arimi e
anche se
era
improbabile, Minako si intenerì nel vederla appoggiare
l'orecchio al suo stomaco.
«Si trasforma in femmina!»
Ridere fu naturale. Stavano cercando di spiegare ad Arimi che
doveva rassegnarsi ad avere un fratello. «È un
maschietto,
Mi-chan. Tu sarai una fata e lui un maghetto che ti aiuterà.
Su,
è l'ora del tuo costume.»
«Lo voglio, lo voglio!»
«Ci vuole la cerimonia giusta.»
Aiutò
Arimi a
rimettere a posto la poltroncina su cui si sistemava per vedere i
cartoni animati. Il salotto - valutò - era
scenograficamente sgombro. Per abbellire l'atmosfera decise di
abbassare l'intensità delle luci. «È
tempo di
magie!» annunciò, posizionandosi al centro della
stanza.
«Signorina Arimi, io ti chiamo! Mettiti qui al
centro!»
A bocca aperta la bambina seguì le sue istruzioni.
Minako allargò le braccia. «Questa
settimana hai
compiuto il tuo dovere? Sei stata buona con Agatha?»
Arimi annuì in silenzio.
«Il tuo papà dice che hai imparato a
mettere le
scarpe.»
«È vero!»
«È una cosa magica, da bambine grandi! Ti
sei
meritata un premio! Solleva in alto le braccia!»
Arimi si allungò come un elastico.
«Ora chiudi gli occhi!»
Appena lei strinse forte le palpebre, Minako
le applicò una rapida magia: il vestitino
che aveva
disegnato nel tempo libero ricadde sul suo piccolo corpo di bambina in
tante onde.
«Fatto!»
Arimi aprì gli occhi. Impazzì di gioia.
«Sono una fata!»
Vederla correre in giro per il salotto fu il vero regalo per
Minako.
«Guardati allo specchio!»
Arimi non si fece pregare. «Ho le ali!»
«Complimenti!»
«Voglio volare!»
Meglio di no. In teoria avrebbe potuto accontentarla,
ma far galleggiare in aria una bambina di
quell'età
non era una buona idea, a meno di non volere poi mille tipi di
incidenti diversi in sua assenza.
«Vola con la fantasia, Mi-chan. Stai molto bene!»
Arimi si osservò allo specchio con occhio critico.
Minako
non ne
capì la ragione finché non la vide correre verso
la sua
stanza. Arimi tornò indietro, sventolando una delle sue
bambole in una mano.
«Sono più bella io ora!»
Minako ridacchiò. La vanità era una
caratteristica di famiglia. «Su, è ora di
cenare!»
«Noo, io voglio giocare!»
«Non hai fame? Mangiamo, su.»
Testarda, Arimi scosse la testa e
scappò. Minako la
seguì finché non fu certa che fosse al
sicuro nella
sua
stanzetta. Non discusse oltre: aveva sbagliato a trasformare Arimi
prima
di
cena, era ovvio che l'avesse distratta. D'altronde c'era ancora
da riscaldare il cibo.
Mentre si dirigeva in cucina, le venne l'acquolina in bocca.
Quella
mattina aveva ordinato piatti divini nel
suo ristorante di fiducia e aveva passato la giornata a fantasticare
sul loro gusto. Nel pomeriggio un pezzo di torta - o due - a stento
l'avevano saziata.
Mise le portate a scaldare nel forno e nel microonde.
Aspettò
davanti allo specchio dell'ingresso, accarezzandosi la pancia.
«Come chiamarti, Yama-chan? Oggi sentivo il nome
Rafael.
Rafi.»
Il suo piccolo non ne fu impressionato, rimase immobile.
«Lo so, ci vuole qualcosa di più alto. Un
nome da
principe.» Vagliò per l'ennesima volta una lista
infinita
di nomi di cui aveva già consultato il significato,
provandone
di nuovo il suono sulla lingua. Niente, nessuno le sembrava giusto.
Sapeva solo che il suo bambino doveva nascere felice,
perciò era giunto il momento di dare un taglio agli
impegni
ufficiali. Quel giorno - durante il dibattito pubblico - essere presa
di mira le aveva fatto salire la rabbia dal centro dello
stomaco fino al cervello. Non potersi sfogare a dovere non l'aveva
aiutata.
Sentì girare la serratura e trovò un
motivo per
sorridere. «Arimi! Guarda chi è
arrivato!»
Shun entrò in casa. Nel vederla si sorprese.
«Ehi.»
Minako cercò di dargli un bacio, ma Arimi
arrivò
per prima. «Papà!»
Osservarli insieme era una gioia. La piccola si arrampicava,
cercava
baci, abbracci, rideva. La sua felicità di bambina era
così
bella
che a Minako venne da piangere. Si diresse verso la cucina.
«Minako?»
Quei cavoli di ormoni! «Ho deciso di tornare a casa
prima.» Controllò il singhiozzo nella voce.
«Agatha è già andata
via?»
«Sì, le ho detto di non venire domani. Ha
bisogno
di riposare, la stiamo sfruttando.»
Shun smise di seguirla, rimanendo in corridoio. «Che
cos'è questo costume?» Il commento era rivolto ad
Arimi.
«Me lo ha regalato Mi- La mamma.»
Minako si commosse di nuovo. Era Shun a spingere
Arimi a
chiamarla in quel modo; per parte sua Minako la considerava
già come una figlia, ma si sentiva ancora strana a farsi
chiamare mamma. 'Mina' le era sembrato tanto
tenero, già sufficiente. Tuttavia, con la nascita del nuovo
piccolo, era
giusto che Arimi non percepisse una differenza tra loro due.
«Ho immaginato quel vestito per Arimi mentre tornavo
a
casa!» disse ad alta voce.
Udì Shun. «Su, tra poco ceniamo. Va' a
rimettere a posto i tuoi giocattoli.»
«No, io voglio giocare!»
Dai passetti veloci di Arimi, Minako seppe che si era ripetuta
la fuga
di prima.
Le era venuta voglia di dolce, perciò ricevette
Shun con un
barattolo di gelato in mano.
Fermò la risata di lui sul nascere.
«Non
puoi dire a una donna incinta che mangia troppo.»
Shun si strinse le spalle, innocente. «Non una sola
parola
è uscita dalla mia bocca.»
«Bene.» Provò a fare la
sostenuta, ma
appena
sentì le labbra di lui sulla fronte, tutta la tensione della
giornata si accumulò nella sua gola, minacciando di farla
scoppiare. Nascose le lacrime nel petto di lui.
«No, shh.»
«Hai visto?» singhiozzò.
«Sì. Che bastardo.»
Esatto! Quel politico americano era una delle persone
più
infide
che avesse mai incontrato. «È stato più
convincente lui!»
«Non è vero. E poi volevo applaudirti
quando ti
sei
trasformata.»
«Non avrei dovuto farlo.» Lo scopo di
quelle loro
apparizioni pubbliche era proprio quello di mostrarsi come
un'autorità amichevole, che non avrebbe imposto nulla. Lei
che
spaventava la gente comune era una sconfitta.
Shun la prese piano per le spalle. «Ehi. Guarda che
ti ha
offeso.
Hai fatto bene a fargli sentire il tuo giudizio divino.»
Le sfuggì una risata. Il dibattito per il divieto
di
reintroduzione delle armi da fuoco in territorio statunitense era
importante - nel giro di tre settimane ci sarebbe stata una votazione
che poteva influenzare anche l'opinione pubblica di altri paesi. Era
evidente al mondo intero che una presa di posizione contraria a quella
che volevano loro - il circolo del protettorato di Serenity - sarebbe
stata una sorta di sfida, ma Usagi aveva promesso. "Siamo qui per
proteggere, non per imporre."
Usagi veniva contraddetta da azioni che aveva commesso in
prima
persona, pur
senza farlo apposta. Far sparire tutte le armi da fuoco dalla faccia
del pianeta - ad eccezione di quelle in dotazione agli eserciti - era
stata una delle molte mosse che l'avevano resa immediatamente temibile
e divina agli occhi delle persone.
Minako si era offerta di partecipare al posto suo nel
più
importante dibattito televisivo che si sarebbe tenuto sulla questione
in suolo
americano.
Negli Stati Uniti la politica era spettacolarizzata, intensa e
spietata
e forse solo in Giappone la popolarità di Minako era alta
quanto
negli Stati Uniti. Lei aveva pensato che potesse essere un fattore
utile.
Si era ripromessa di presenziare e dire solo poche parole finali - per
ricordare a tutti che avrebbero rispettato le loro scelte democratiche,
ma che al contempo era importante tenere a mente i fatti: quanto era
calato il loro tasso di criminalità, per cominciare.
Era stata tirata in ballo prima che venisse il suo turno.
Il deputato Matheson l'aveva indicata come l'origine di tutti
i mali -
lei e le Serenity del mondo, che scendevano sulla Terra dall'alto della
loro superiorità facendo sparire tutte le armi dal
sacro
suolo americano
"Con quale diritto! Come possiamo fidarci? Che
esperienza hanno queste persone per parlare, o anche solo per essere
qui? Ecco chi ci hanno mandato oggi, un'attricetta che crede che la
fama sia un endorsement
politico!"
Minako era scattata in piedi, avvampando di potere davanti
agli occhi
di tutti. Su di lei erano calati abiti nuovi, principeschi, e le
persone vicine si erano ritratte. Il deputato era sbiancato.
"Vi hanno mandato Venere,
signore. Ora che lo ricorda,
può
continuare a parlare.»
Si era zittita a forza durante il resto del discorso. Era
cascata in
una sorta di trappola - quell'uomo aveva voluto provocarla apposta, per
far pensare a tutti che di fatto lei e le altre stessero imponendo il
loro punto di vista con la forza. In quel modo lui legava la propria
posizione a una
sorta di lotta per la libertà, contrapposta alla 'dittatura
di
Serenity'. Ci era mancato poco che lo dicesse a chiare lettere. Minako
non gli aveva
dato il piacere di confermare le sue assurdità: aveva
incassato
il resto delle accuse in silenzio, dimostrando di saper sopportare
argomentazioni ragionate che non fossero offensive. Almeno, lui non era
più scaduto nella maleducazione.
Il discorso finale che aveva fatto lei era stato accorato e
semplice, ma non
riusciva a valutarlo in maniera oggettiva. Era ancora troppo
arrabbiata e non voleva più pensare a quella storia.
Shun le accarezzò i capelli. «Avevi
preparato
quell'abito?»
«No. Mi sono trasformata senza pensare. Sono stata
fortunata
che non
sia saltato fuori il costume Sailor.»
Ridendo, Shun le accarezzò il ventre.
«Con questa
pancia...
Come sta lui oggi?»
«Era immobile mentre stavo seduta su quella sedia,
fumando di
rabbia.
Credo che sia arrivato il momento di fermarmi, Shun.»
«Se è questo che vuoi. Ma-» Li
interruppe il suono
del
microonde, che segnalava il termine della cottura. Shun spense
l'apparecchio e la
portò alle sedie più vicine. «Mina,
credimi.
Oggi non
hai sbagliato. Quel tizio sembrava una specie di bullo che se la
prendeva con una povera donna incinta.»
Ma non era quella l'immagine che lei aveva voluto dare.
«Così
è come mi vedi tu.»
«Io volevo spaccargli la faccia, ma, oggettivamente,
tu avevi
un
atteggiamento sereno e pacifico finché lui non ha cominciato
ad
attaccarti. Poi, da vera lady, gli hai ricordato di abbassare il tono e
sei stata in silenzio rispettando la sacralità del
dibattito.»
Davvero era andata così? «Hanno
già
tirato fuori
dei sondaggi, vero?»
Shun annuì. «Il dibattito ha influito
poco. Le
persone la
pensano
ancora come prima. Quell'uomo era disperato, per questo ti ha
attaccato.»
Minako sospirò. «A volte mi chiedo se la
gente
capisca che
abbiamo ragione, oppure abbiano solo paura di quello che faremmo se non
ci dessero ragione.»
Lui le massaggiò le spalle. «Lo
scopriremo presto,
con
tutto quello che si sta decidendo quest'anno. Per ora non
pensiamoci.»
Lei iniziò a mugolare. «Le tue mani sono
divine.
Premi di
più lì...»
«Ma guarda che frasi interessanti.»
«Se mi massaggi ancora ne sentirai altre. Ne avevo
proprio
bisogno.»
Gli offrì la schiena. Il modo in cui le dita di lui andarono
a
snodarle i nervi la fece sciogliere da capo a piedi.
«Hmm...»
Shun sorrideva. «Portare Yama-chan pesa,
eh?»
«Dobbiamo trovargli un nome.»
«Ovvio. Sarà Shun II.»
Minako lo colpì su un ginocchio.
«Basta che non lo chiami Cupido» rise Shun.
«Eh?»
«Oggi al laboratorio mi dicevano che era il figlio
della dea
dell'amore Venere.»
Ah, sì? «Quel nome no, ma... Magari
potrei
cominciare a
guardare tra nomi antichi. Un nome divino sarebbe adatto a lui, non
trovi?»
«Megalomane. Arimi!» Shun alzò
la voce.
«Cosa stai facendo?»
«Gioco con le bambole!»
Controllare la bambina era una necessità periodica.
Suonò il timer del forno.
Shun non credette alle sue orecchie. «Quanta roba
stai
preparando?»
«Tutta quella che mi serve. Io sono una
meravigliosissima
donna incinta che deve nutrire il suo primogenito.»
Shun si era già alzato a controllare le due
portate.
«Roba leggera.»
«Non criticare il mio cibo. Piuttosto,
servilo.»
«Schiavo!» aggiunse lui, e Minako rise.
«Hai capito la tua posizione.» Si
sollevò dalla
sedia prima che Shun potesse raggiungerla. «Dunque, servo,
cosa
pensi dei nuovi abiti della tua padrona?»
«Sono adeguati, mia signora.»
«Non calarti troppo nella parte.»
«Torno allo stato di pari?»
«Basta che mi fai dei complimenti.»
Lui si divertì. «Mi piace come sei
diventata
pretenziosa.»
Non la capiva! «Sto da ore davanti a te con questo
vestito e
non hai fatto un solo commento su quanto è carino!»
«Prima dovevo consolarti. Se mi concentravo su come
l'abito
cadeva su questa deliziosa pancia...» La strinse tra le
braccia e
giocò a fingere di darle un bacio sulla bocca, solo per
imprimerglienene uno sulla guancia, sul mento... Si
inginocchiò.
«Figlio, sapessi quanto sono stato intelligente. Non
potevo sceglierti geni materni migliori. Quando sarai
grande, anche
tu sarai un dio di bellezza.»
Minako rise.
Shun continuò la sua conversazione col bambino.
«Farai strage tra donne e mi dovrai ringraziare. Ho fatto
tutto solo per te.»
«Nel suo esclusivo interesse»
sottolineò
Minako.
«Certo. Già che ci sei, piccolo, nascondi
per bene
lì dentro le tue molto future sorelle. Io ne ho
già una
cui fuori dietro cui impazzire tra qualche anno.»
«Le insegnerò a truccarsi»
dichiarò Minako. «A vestirsi bene, a
valorizzarsi...»
«L'ultima cosa soprattutto, se significa che le
farai capire
che vale quanto mille uomini.»
«Che fate?!» Arimi era sbucata alle loro
spalle.
«Anche io parlo al bimbo, anche io! Bimboo!»
Minako cercò di non far tremare la pancia dalle
risate
mentre
Arimi ci appoggiava sopra la faccia. Shun accarezzava la piccola testa
di lei.
«Esci presto, bimbo! Non esce mai!»
Per le sue lamentele fu travolta da un abbraccio congiunto.
«Sei troppo tenera!» Minako la inondò di
baci.
Arimi si divincolò dal suo abbraccio.
«No,
no! Io ho fame!»
«Ah, hai sentito l'odore dello sformato. Mi-chan, ne
mangeremo
a volontà! Io e te non ingrassiamo, cresciamo!»
«E io?» indagò Shun.
«Con tutto questo cibo tu diventerai un pallone di
ciccia. Ma ti
vorrò bene
lo stesso.»
Lui rise. «Certo che sì. Farò
di te la
mia moglie trofeo, non lo sai? Sto per diventare ricco.»
Minako si illuminò. «Ci siete
quasi?»
«Sì, si passa ai collaudi finali.
Presto diventerò papà anche di
un'invenzione.»
Il teletrasporto! «Sei un genio, tutti quanti lo
siete!»
Rise e si gettò tra le sue braccia. Avevano lavorato tanto a
quel progetto!
«Sarò con
piacere la vostra moglie-trofeo!»
«Ehi, io non condivido.»
Lei si portò una mano alla fronte. «La
mia
bellezza
è troppa per essere sopportata da un unico uomo.»
«Arimi, queste cose non ascoltarle.»
«Io ho fame!»
«La voce della ragione» sorrise
Shun. Sospinse Minako
verso il tavolo, facendola accomodare su una sedia. «Signore
dee,
mettetevi a vostro agio.» Sistemò anche Arimi al
suo posto. «Questa sera sarò il vostro
maître.»
Minako lo seguì con gli occhi mentre andava a
prendere il cibo.
Aveva
una
persona meravigliosa che la amava e la consolava, una bambina
bellissima che le riempiva le giornate, un altro piccolo in arrivo...
Cominciò a singhiozzare di felicità.
Ridendo Shun tornò vicino a lei,
scostandole la
frangia.
«Ehi, shh. Sei davvero troppo incinta.»
«Non è colpa mia!»
«Lo so, è mia. Una di quelle
soddisfazioni...»
Minako uccise le lacrime con le risate.
Seduta all'altro capo del tavolo, Arimi era in apprensione.
«Piangi, mamma?»
«Di gioia!» esclamò lei, prima
di struggersi di
commozione anche per l'appellativo usato da Arimi.
«È
tempo di felicità!»
Smettendo di fare la sciocca, si concesse una serata di
tranquillità con la sua famiglia.
FINE
NdA: Sto sorridendo a trentadue denti, perché
questa storia non voleva proprio saperne di uscirne fuori dalla mia
penna virtuale, ma appena ho superato l'ostacolo della spiegazione su
cosa aveva scocciato Minako, il resto della fanfic mi è
uscito dalle mani senza colpo ferire. Ringrazio Elisa 'Ecate', che mi
ha sostenuta durante la stesura coi suoi consigli :)
Come al solito, questo è solo uno spaccato del futuro di
Minako, ma avevo davvero bisogno di scriverne.
Elle
P.S. Per chi non lo conosce, ecco il gruppo facebook dedicato alle mie
storie: Sailor
Moon, Verso l'alba e oltre...