CAPITOLO 16
“Come
scacchi”
“Non dovresti alzarti, Oscar” si
raccomandava il più possibile la dottoressa.
“Non preoccuparti Carla” la
tranquillizzò il politico “E poi non abbiamo altra scelta”.
“E se invece ci rifiutassimo di
proseguire?” propose improvvisamente l’attrice.
“Non credo sia una buona idea…”
osservò lo scienziato.
“Ma ormai abbiamo capito che non
ci vogliono morti. Forse il gas verde non è nemmeno nocivo” insistette la
ragazza.
“Di questo non possiamo esserne
certi” la richiamò il poliziotto “Inoltre, chi ti dice che poi non sia tutta una
finta per ucciderci tra poco?”.
“Anch’io sono d’accordo nel
proseguire” informò il calciatore.
“Cerchiamo di deciderci in
fretta, gente!” sbottò l’imprenditore, sempre più nervoso.
“Io dico di andare. Tanto, se ci
fermiamo qui, facciamo solo il loro gioco” scelse la giovane bionda.
Alla fine, i dieci proseguirono
verso la porta. Appena attraversatola, si trovarono in un’altra stanza metallica
che però, a differenza delle precedenti, presentava una pavimentazione davvero
curiosa: essa era infatti formata da mattonelle quadrate alcune di colore
bianco, altre di colore nero.
“Pare un’enorme scacchiera”
osservò un sofferente Oscar.
“In effetti è totalmente
differente a quelle in cui siamo stati finora” aggiunse Tommaso.
“Ed è anche troppo calma…” pensò
ad alta voce Rosa mentre, con scatti veloci del capo, osservava minuziosamente
tutto l’ambiente.
“Fate attenzione a dove vi
muovete” consigliò agli altri Carla.
“Al diavolo! Se rimaniamo tutti
fermi qui, ci moriremo di sicuro!” sbottò, stufato, Andrea.
Fino ad allora, c’era un preciso
particolare che aveva catturato la curiosità di Sara: la stessa pavimentazione
della sala disegnava, nella zona adiacente all’entrata, un rettangolo composto
esclusivamente da piastrelle bianche. D’un tratto gli balenò in mente un
sospetto.
“Aspetta un attimo, Lupo!” urlò
all’uomo che stava avanzando.
Come sopra ad una tastiera
giocattolo, la mattonella su cui il fuorilegge ebbe messo piede s’illuminò.
“C-Cosa hai fatto, Lupo?” gli
domandò Stefano, bloccato dalla paura.
L’individuo con la giacca verde
si guardava preoccupato tutto attorno. Improvvisamente, udì un lieve rumore
provenire dal soffitto sopra di lui. Alzato lo sguardo, vide crearsi un’apertura
esattamente perpendicolare a dove si trovava. Appena vide qualcosa venir fuori
da essa, si tuffò lateralmente con un balzo felino. Qualcosa si andò a
schiantare contro il pavimento.
Gli altri nove, rimasti con il
fiato sospeso tutto il tempo, videro formarsi una minuscola nebbiolina nel luogo
dell’impatto, creata dalla polvere emanata dalla mattonella spezzata.
“Lupo stai bene? Rispondimi!”
gridò come un matto Simone.
L’interpellato non si mosse di un
millimetro.
Wilson aveva nuovamente le
lacrime agli occhi “Lupo, ti prego, rispondi!”.
A riaccendere le speranze fu
l’improvviso tossicchiare dell’uomo a terra.
“Tutto bene. Lupo?” gli domandò
Santucci.
L’altro tossì ancora, per poi
riprendere finalmente fiato “Sì. O almeno lo spero”.
“Guardate!” richiamò l’attenzione
di tutti Sciullo.
I presenti fissarono il punto
indicatogli dal loro compagno, scoprendo finalmente cosa aveva attentato alla
vita del ladro: Una sfera d’acciaio chiodata, fissata a sua volta ad una catena
proveniente dal soffitto.
“Ma questi sono pazzi!” sbottò,
mettendosi le mani nei capelli, Noro.
“Vogliono davvero vederci morti!”
sbraitò collerica la ragazza dai capelli corvini.
“Aspettate un attimo!” esclamò
Orsi mentre, nel contempo, sembrava seguire un suo preciso ragionamento “Lupo,
ti ricordi su quale mattonella hai messo piede?”.
“Non so, una di quelle”.
“Almeno ti ricordi il
colore?”.
“Ricordo che si era illuminata.
Ma… direi fosse una delle nere”.
“Anche a me sembra che fosse una
di quelle nere!” si aggiunse Wilson.
“Stai pensando che…” iniziò il
discorso Roberto.
“Esatto!” proseguì Tommaso “Credo
che le mattonelle nere attivino delle trappole!”.
“Ecco perché, dove ora ci
troviamo noi, sono tutte mattonelle bianche!” concluse Sara.
Gli altri nove controllarono la
veridicità della parole espresse dalla bionda.
“Dunque…” spezzò il silenzio che
si era venuto a creare, Santucci “basta solo che stiamo attenti a dove mettiamo
i piedi e tutto andrà bene”.
“Sì signore!” gli fece eco
zelante Sarti.
“Comunque, grazie per avermi
avvertiti per tempo!” sbraitò contro i suoi compagni Lupo.
“Finché muore gente come te, a
noi sta più che bene!” gli rispose, alquanto irritato, Sciullo, sorprendendo
tutte le persone presenti con lui.
“C-Calmati figliolo…” cercò di
placare la sua ira il più anziano del gruppo.
“Allora…” riprese il discorso
Noro “abbiamo detto le mattonelle nere, giusto?”.
“Così sembra…” gli confermò,
seppur dubbiosa, Rosa.
Nonostante ciò, nessuno dei nove
si schiodava da davanti all’ingresso. Nemmeno il ladro, con le sue due scarpe
ben piantate su due mattonelle chiare, sembrava voler muovere un muscolo.
“Uno di noi dovrà pur partire!”
spronò i compagni uno spazientito Orsi.
“Vuoi cominciare te? Accomodati
pure!” controbatté Silvestri.
“Cerchiamo di mantenere la calma,
signori” proseguì nella sua opera di placare gli animi Testa “Farò io il primo
passo”.
Tutti, compreso Andrea,
trattennero il fiato, finché la suola del politico non raggiunse la superficie
della mattonella.
“Ha ragione Oscar. Vado anch’io!”
e così il calciatore, anch’egli claudicante, iniziò nell’attraversata della
stanza.
A poco a poco, tutti e dieci i
componenti della compagnia si mossero, spostandosi da un riquadro scuro
all’altro, più lentamente ed accuratamente possibile.
“Mi raccomando ragazzi: fate
attenzione!” ripeteva ogni due-tre secondi una tesissima Carla.
Dopo minuti interminabili, la
maggior parte del gruppo era ormai a metà del percorso. Sara Silvestri, essendo
una dei pochi ancora in ottima salute, era qualche metro avanti al resto di
loro. Cercava di mantenere la più totale concentrazione, ormai del tutto
dimentica della sua maglietta rovinata.
“Aiuto!”.
Quel grido disperato proveniva da
un traballante Stefano Noro. Forse esagerando con la sua limitata falcata, ora
si trovava nel rischio di premere una mattonella proibita.
Con una rapidità quasi disumana,
frutto di anni di allenamento militare, Simone Sarti riuscì, con il collo del
suo piede sinistro, a fornire un temporaneo appoggio alla pianta del piede dello
scienziato e, nel contempo, agganciandosi con un braccio alle sue ampie spalle,
ad evitare che uno di loro, o entrambi, finissero sul pavimento.
Il tutto avvenne in una manciata
di secondi. Una volta compreso tutto l’accaduto, il calciatore si complimentò
con il soldato “Bravo Simone!”.
La ragazza bionda, con la gamba
in aria, seguì preoccupata tutta l’azione. Una volta constato che nessuno si era
fatto male, si rilassò. Assieme a lei, però, si rilassò anche l’arto inferiore
che, senza qualcuno a guidarlo in maniera saggia, si appoggiò su un rettangolo
nero.
Una specie di sibilo, udito anche
poco prima l’incidente di Andrea Lupo, mise subito i presenti in allerta.
“Merda!” imprecò disperata la
colpevole.
“Preparatevi al peggio, gente!”
avvertì il resto del gruppo Roberto Santucci.
Per qualche istante, non sembrò
verificarsi alcun cambiamento dell’ambiente. D’un tratto, dalla parete nelle
vicinanze di Sara, si aprì una fessura.
“Cos’è questo odore?” domandò ai
presenti Rosa.
“Sembrerebbe…” Marco annusò bene
l’aria “Ma questo è kerosene!”.
Appena udite le ultime parole del
giovane imprenditore, accompagnate dalla sua classica erre moscia, la ragazza si
acquattò il più possibile al pavimento, appoggiando le mani su due mattonelle
sicure.
Anticipato da un breve ruggito,
dall’apertura creatasi spuntò una lingua di fuoco che, nel suo tragitto aereo,
si trovava a pochi millimetri dai capelli della sfortunata.
Nel giro di qualche secondo, la
vampata si estinse.
“Oh cazzo!” sbraitò la giovane,
ancora a terra.
“Sara, come stai? Tutto bene?” le
urlò una Wilson vicina alle lacrime.
Tutta la compagnia prese a
chiamarla ad alta voce.
“Sto… bene…” disse a bassa voce
la bionda.
“Grazie al cielo!” sospirò
tranquillizzata l’attrice.
“Ce la fai ad alzarti?” le chiese
il poliziotto.
“Penso di sì…” le rispose appena
lei.
Dopo aver effettuato qualche
respiro profondo, l’avventuriera lentamente si rimise in posizione eretta.
“Bentornata fra noi!” la canzonò
Lupo.
“S-Scusami Sara…” balbettò Noro
colpevole, secondo lui, di aver distratto la donna, provocando così una minaccia
che poteva seriamente costarle la vita.
“Tranquillo Stefano, sto bene” lo
rassicurò lei.
“Ce la fai a proseguire?” le
domandò Sarti.
“Sì sì, tranquilli. Sto
bene”.
“Chiunque sia il nostro
carceriere, sono certa che è un gran figlio di puttana!” sbottò rabbiosa la loro
moretta.
“Appena usciremo di qui, le
pagherà tutte!” esclamò il calciatore.
“Calmatevi tutti!” cacciò un
forte urlo Roberto “Cerchiamo intanto di uscire di qui, dato che siamo vicini
alla meta”.
Tranquillizzati leggermente gli
animi, la squadra seguì il consiglio del tutore dell’ordine.
“È incredibile come, man mano che
proseguiamo, queste stanze diventino sempre più complesse!” osservò, quasi
estasiato, Stefano.
Carla s’incupì di colpo “Come fai
ad essere così entusiasta per queste cose, io proprio non lo capisco!”.
In risposta a ciò, l’uomo di
scienza iniziò ad elencare tutte le varie migliorie che, certe tecnologie,
avevano portato alla vita di tutti i giorni, appoggiato anche da Oscar.
“Certo!” li interruppe
bruscamente Sara “Per non parlare poi che, quelle tecnologie, stavano per
ammazzarmi!”.
Quest’ultimo intervento fece
tacere definitivamente il tizio tarchiato.
“E se invece ci rifiutassimo di
andare avanti?” propose nuovamente Rosa.
“Di nuovo?” cercò di non darle
spago Roberto.
“Beh potremmo davvero fermarci ed
aspettare. Tanto siamo ormai sicuri che, chiunque abbia organizzato tutto ciò,
non ci vuole morti. E, inoltre, sono certa che quel gas verde non sia poi così
letale”.
“Il tuo ragionamento potrebbe
esser anche corretto,” controbatté Simone “però rimane comunque troppo rischioso
da attuare, soprattutto nel caso in cui esso si rivelasse errato”.
“Io non me la sento di
rischiare!” aggiunse Marco.
“Magari non vuole che muoiano
determinate persone. Forse stanno facendo delle scommesse su di noi o altro”
ipotizzò Andrea, mentre si accendeva una sigaretta.
“Oddio! Sarebbe davvero
sconcertante come situazione” sottolineò Testa.
Tenendosi in contatto con i loro
scambi di opinione, i dieci erano ormai prossimi all’uscita da quello
scompartimento.
“… io comunque continuo a
pensarla così!” concluse la signorina Simone, piccata.
“Va bene, Rosa. Ma per ora
dobbiamo andare avanti” la sostenne Wilson, che di certo non voleva più vedere
qualcuna di quelle persone rischiare nuovamente la vita.
“Che cosa c’è lì davanti?”
domandò pensieroso Orsi, mentre osservava un punto preciso del pavimento.
Di fatti, di fronte a loro, vi
era una lunga fila di piastrelle nere, messa come a far da barriera, qualche
metro davanti alla porta da raggiungere.
“Forse cercano un ultimo
disperato attacco” ipotizzò Sciullo.
“Non sembra particolarmente
difficile da superare…” osservò un Andrea comunque sospettoso.
“Non possiamo comunque fidarci,
visto cos’è successo finora” ricordò Santucci.
Tralasciando questo nuovo
posizionamento, le discusse mattonelle non presentavano variazione, né di forma
né di lunghezza, rispetto alle altre.
Dopo averle scrutate
minuziosamente, Tommaso esclamò “Non credo di avere alcun problema nel superarle
da me. Te come sei messo, Oscar?”.
“Non evidenzio alcuna difficoltà”
gli rispose l’anziano.
“Allora? Che facciamo? Andiamo
oltre?” domandava impaziente Rosa.
“Non vedo perché no!” esclamò
Roberto.
“Queste situazioni mi stressano
ogni attimo ancora di più!” disse tra i denti Marco.
I dieci erano allineati davanti a
quel muro invisibile. Di fronte a loro, come ad allettarli ulteriormente, vi era
una nuova distesa di mattonelle bianche, come quella presente all’entrata della
stanza.
“Ok, vado avanti io!” si caricò
Simone che, a testa alta, superò con le sue lunghe leve l’ostacolo.
Dovuto alla tensione, ai presenti
inizialmente sembrò mancare la terra da sotto ai piedi. Poi si accorsero che
quella sensazione corrispondeva alla realtà. In un attimo, si trovarono
ammassati l’uno contro l’altro dentro una fossa comparsa dal pavimento.
Mentre una voce anonima si
lamentava sommessamente, colui che aveva fatto scattare quell’ennesima trappola,
a gran fatica, rialzò lentamente il busto.
“S-State tutti bene?”.
L’ammasso di carne umana che era
con lui, a poco a poco, si stava dividendo nei vari individui che lo
formava.
“Cazzo!” imprecò Sara “questa
volta dove abbiamo sbagliato?”.
“Temo che, in questo caso,
nessuno di noi abbia commesso un errore” ipotizzò Oscar, mentre si toccava
l’addome ferito.
“E allora come mai ci hanno fatto
questo?” domandò stizzita Rosa.
“Forse perché volevano
complicarci ancora di più il percorso” esclamò Roberto, finalmente tornato in
posizione eretta.
“Certo! Siccome fino ad ora era
stato tutto troppo semplice…” ironizzò polemico Marco.
Il più basso del gruppo, Stefano,
guardava in alto “E ora come facciamo a tornare lassù?”.
“Saranno almeno tre metri di
altezza” aggiunse Carla.
“Potrebbe essere piuttosto
complicato… anche per me…” sentenziò Andrea.
“Allora siamo proprio nei
casini!”sbuffò Silvestri.
Lo sconforto stava di nuovo
serpeggiando tra i membri del gruppo.
Da un po’ di tempo, la giovane
attrice stava squadrando tutta l’intera situazione in cui erano, letteralmente,
precipitati.
“Potremo metterci l’uno sopra
all’altro, tipo piramide umana…”.
“L’idea è decisamente
interessante, signorina, ma temo che molti di noi non reggerebbero, anche solo a
livello prettamente fisico” la frenò Testa.
A tali parole, lo stesso Orsi
osservava la condizione dei suoi piedi feriti.
“Quelli messi peggio li potremmo
mettere subito in cima. Almeno, una volta su, potrebbero aiutare gli altri a
scalare”.
“Il piano potrebbe funzionare…”
appoggiò l’iniziativa Noro.
“Ma, allo stesso tempo, ci
potrebbero essere delle complicazioni!” controbatté infuriato Sciullo.
“Comunque, è l’unica possibilità
che abbiamo!” gli urlò contro Rosa “E penso che Roberto dovrebbe stare alla base
della piramide, dato che è il più robusto di noi…”.
“Ti ringrazio per la fiducia,
tesoro” le ammiccò Santucci.
“Bene, facciamolo!” concluse
Sarti.
Sotto a tutti, ben piazzato con i
piedi per terra, vi era appunto il poliziotto. Sopra di lui, il soldato,
anch’egli in possesso di un fisico ben allenato. Come terzo componente, che
doveva fungere da ultimo gradino per la libertà, fu messo lo scienziato dato
che, dopo un’ultima analisi, era l’unico uomo in buona forma, tolto Lupo di cui
nessuno si fidava.
Il primo a salire fu il politico
che, nonostante ciò gli costasse gran fatica, riuscì a giungere in breve tempo
sul pavimento sovrastante.
Grazie a quel primo test, tutti
avevano constatato che il piano funzionava. Come prossimo scalatore, toccò al
calciatore.
Mentre raggiungeva il tutore
dell’ordine, però, come un lampo, scattò il ladro che, con enorme rapidità e
altrettanta leggerezza, raggiunse il più anziano della comitiva.
“Avanti gente! io starò quassù a
darvi una mano nel tirarvi su!” tutti erano ancora scettici “Forza! Fidatevi di
me!” insistette lui.
Dopo ciò, riprese il suo turno lo
sportivo e, proprio come promesso dal fuorilegge, quest’ultimo aiutò
l’infortunato nel farlo procedere con l’ultimo passo.
In seguito toccò a Rosa, spronata
da Roberto, a Marco, ancora polemico per quella scelta azzardata, a Carla, che
subito si precipitò a controllare lo stato di salute dei presenti, ed infine a
Sara che, con lo strofinamento involontario del suo seno sulla nuca di Stefano,
ne provocò una leggera eccitazione.
Ora era il momento dei tre che si
erano “sacrificati” per aiutare gli altri.
Noro fu il più semplice da tirar
su, grazie alle forze congiunte di Andrea e Marco.
“Ce la fa a reggermi ancora,
signore?” chiese un affaticato Simone.
“Tranquillo, sono una roccia!” fu
la risposta dell’interessato.
Saputo ciò, il militare fletté le
gambe, i cui piedi poggiavano sulle larghe spalle del poliziotto e, spiccando un
gran balzo, riuscì ad aggrapparsi con le mani al margine del pavimento.
Immediatamente, in suo soccorso, arrivarono il ladro e l’imprenditore.
“Ed ora con Roby come facciamo?”
domandò perplessa Silvestri.
“Io avrei un’idea” esordì il
ricercato “Però tutti voi dovrete fidarvi di me”.
Una volta spiegato il da farsi,
Lupo si sdraiò in posizione prona sul pavimento, il più vicino possibile al
margine della fossa. Gli altri si avvicinarono alle sue gambe, tenendogliele più
ferme possibile. Fatto ciò, l’uomo scivolò lentamente sulle mattonelle. Avendo
ormai la maggior parte del suo corpo nel vuoto, le sue speranze erano riposte
sulla forza della gente al di sopra di lui. Constatando la sua mancata caduta in
verticale, riuscì a concentrarsi sull’allungarsi il più possibile verso Roberto.
Una volta che i due si furono strette saldamente le mani, il gioco era
fatto.
Appena l’ultimo membro del gruppo
ebbe raggiunto gli altri, la porta si aprì come da programma.
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