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Autore: J85    23/12/2014    1 recensioni
Senza un apparente motivo, 10 persone, 7 maschi e 3 femmine, con caratteristiche totalmente differenti tra di loro e completamente all'oscuro l'uno dell'altro, si ritroveranno improvvisamente dentro un'enorme stanza dalle pareti metalliche.
Nessuno di loro ricorda come abbia fatto a finire lì dentro e, ancora meno, è a conoscenza delle difficili prove che insieme dovranno affrontare per procedere verso un'insperata libertà.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 16

“Come scacchi”

 

 

 

“Non dovresti alzarti, Oscar” si raccomandava il più possibile la dottoressa.

“Non preoccuparti Carla” la tranquillizzò il politico “E poi non abbiamo altra scelta”.

“E se invece ci rifiutassimo di proseguire?” propose improvvisamente l’attrice.

“Non credo sia una buona idea…” osservò lo scienziato.

“Ma ormai abbiamo capito che non ci vogliono morti. Forse il gas verde non è nemmeno nocivo” insistette la ragazza.

“Di questo non possiamo esserne certi” la richiamò il poliziotto “Inoltre, chi ti dice che poi non sia tutta una finta per ucciderci tra poco?”.

“Anch’io sono d’accordo nel proseguire” informò il calciatore.

“Cerchiamo di deciderci in fretta, gente!” sbottò l’imprenditore, sempre più nervoso.

“Io dico di andare. Tanto, se ci fermiamo qui, facciamo solo il loro gioco” scelse la giovane bionda.

Alla fine, i dieci proseguirono verso la porta. Appena attraversatola, si trovarono in un’altra stanza metallica che però, a differenza delle precedenti, presentava una pavimentazione davvero curiosa: essa era infatti formata da mattonelle quadrate alcune di colore bianco, altre di colore nero.

“Pare un’enorme scacchiera” osservò un sofferente Oscar.

“In effetti è totalmente differente a quelle in cui siamo stati finora” aggiunse Tommaso.

“Ed è anche troppo calma…” pensò ad alta voce Rosa mentre, con scatti veloci del capo, osservava minuziosamente tutto l’ambiente.

“Fate attenzione a dove vi muovete” consigliò agli altri Carla.

“Al diavolo! Se rimaniamo tutti fermi qui, ci moriremo di sicuro!” sbottò, stufato, Andrea.

Fino ad allora, c’era un preciso particolare che aveva catturato la curiosità di Sara: la stessa pavimentazione della sala disegnava, nella zona adiacente all’entrata, un rettangolo composto esclusivamente da piastrelle bianche. D’un tratto gli balenò in mente un sospetto.

“Aspetta un attimo, Lupo!” urlò all’uomo che stava avanzando.

Come sopra ad una tastiera giocattolo, la mattonella su cui il fuorilegge ebbe messo piede s’illuminò.

“C-Cosa hai fatto, Lupo?” gli domandò Stefano, bloccato dalla paura.

L’individuo con la giacca verde si guardava preoccupato tutto attorno. Improvvisamente, udì un lieve rumore provenire dal soffitto sopra di lui. Alzato lo sguardo, vide crearsi un’apertura esattamente perpendicolare a dove si trovava. Appena vide qualcosa venir fuori da essa, si tuffò lateralmente con un balzo felino. Qualcosa si andò a schiantare contro il pavimento.

Gli altri nove, rimasti con il fiato sospeso tutto il tempo, videro formarsi una minuscola nebbiolina nel luogo dell’impatto, creata dalla polvere emanata dalla mattonella spezzata.

“Lupo stai bene? Rispondimi!” gridò come un matto Simone.

L’interpellato non si mosse di un millimetro.

Wilson aveva nuovamente le lacrime agli occhi “Lupo, ti prego, rispondi!”.

A riaccendere le speranze fu l’improvviso tossicchiare dell’uomo a terra.

“Tutto bene. Lupo?” gli domandò Santucci.

L’altro tossì ancora, per poi riprendere finalmente fiato “Sì. O almeno lo spero”.

“Guardate!” richiamò l’attenzione di tutti Sciullo.

I presenti fissarono il punto indicatogli dal loro compagno, scoprendo finalmente cosa aveva attentato alla vita del ladro: Una sfera d’acciaio chiodata, fissata a sua volta ad una catena proveniente dal soffitto.

“Ma questi sono pazzi!” sbottò, mettendosi le mani nei capelli, Noro.

“Vogliono davvero vederci morti!” sbraitò collerica la ragazza dai capelli corvini.

“Aspettate un attimo!” esclamò Orsi mentre, nel contempo, sembrava seguire un suo preciso ragionamento “Lupo, ti ricordi su quale mattonella hai messo piede?”.

“Non so, una di quelle”.

“Almeno ti ricordi il colore?”.

“Ricordo che si era illuminata. Ma… direi fosse una delle nere”.

“Anche a me sembra che fosse una di quelle nere!” si aggiunse Wilson.

“Stai pensando che…” iniziò il discorso Roberto.

“Esatto!” proseguì Tommaso “Credo che le mattonelle nere attivino delle trappole!”.

“Ecco perché, dove ora ci troviamo noi, sono tutte mattonelle bianche!” concluse Sara.

Gli altri nove controllarono la veridicità della parole espresse dalla bionda.

“Dunque…” spezzò il silenzio che si era venuto a creare, Santucci “basta solo che stiamo attenti a dove mettiamo i piedi e tutto andrà bene”.

“Sì signore!” gli fece eco zelante Sarti.

“Comunque, grazie per avermi avvertiti per tempo!” sbraitò contro i suoi compagni Lupo.

“Finché muore gente come te, a noi sta più che bene!” gli rispose, alquanto irritato, Sciullo, sorprendendo tutte le persone presenti con lui.

“C-Calmati figliolo…” cercò di placare la sua ira il più anziano del gruppo.

“Allora…” riprese il discorso Noro “abbiamo detto le mattonelle nere, giusto?”.

“Così sembra…” gli confermò, seppur dubbiosa, Rosa.

Nonostante ciò, nessuno dei nove si schiodava da davanti all’ingresso. Nemmeno il ladro, con le sue due scarpe ben piantate su due mattonelle chiare, sembrava voler muovere un muscolo.

“Uno di noi dovrà pur partire!” spronò i compagni uno spazientito Orsi.

“Vuoi cominciare te? Accomodati pure!” controbatté Silvestri.

“Cerchiamo di mantenere la calma, signori” proseguì nella sua opera di placare gli animi Testa “Farò io il primo passo”.

Tutti, compreso Andrea, trattennero il fiato, finché la suola del politico non raggiunse la superficie della mattonella.

“Ha ragione Oscar. Vado anch’io!” e così il calciatore, anch’egli claudicante, iniziò nell’attraversata della stanza.

A poco a poco, tutti e dieci i componenti della compagnia si mossero, spostandosi da un riquadro scuro all’altro, più lentamente ed accuratamente possibile.

“Mi raccomando ragazzi: fate attenzione!” ripeteva ogni due-tre secondi una tesissima Carla.

Dopo minuti interminabili, la maggior parte del gruppo era ormai a metà del percorso. Sara Silvestri, essendo una dei pochi ancora in ottima salute, era qualche metro avanti al resto di loro. Cercava di mantenere la più totale concentrazione, ormai del tutto dimentica della sua maglietta rovinata.

“Aiuto!”.

Quel grido disperato proveniva da un traballante Stefano Noro. Forse esagerando con la sua limitata falcata, ora si trovava nel rischio di premere una mattonella proibita.

Con una rapidità quasi disumana, frutto di anni di allenamento militare, Simone Sarti riuscì, con il collo del suo piede sinistro, a fornire un temporaneo appoggio alla pianta del piede dello scienziato e, nel contempo, agganciandosi con un braccio alle sue ampie spalle, ad evitare che uno di loro, o entrambi, finissero sul pavimento.

Il tutto avvenne in una manciata di secondi. Una volta compreso tutto l’accaduto, il calciatore si complimentò con il soldato “Bravo Simone!”.

La ragazza bionda, con la gamba in aria, seguì preoccupata tutta l’azione. Una volta constato che nessuno si era fatto male, si rilassò. Assieme a lei, però, si rilassò anche l’arto inferiore che, senza qualcuno a guidarlo in maniera saggia, si appoggiò su un rettangolo nero.

Una specie di sibilo, udito anche poco prima l’incidente di Andrea Lupo, mise subito i presenti in allerta.

“Merda!” imprecò disperata la colpevole.

“Preparatevi al peggio, gente!” avvertì il resto del gruppo Roberto Santucci.

Per qualche istante, non sembrò verificarsi alcun cambiamento dell’ambiente. D’un tratto, dalla parete nelle vicinanze di Sara, si aprì una fessura.

“Cos’è questo odore?” domandò ai presenti Rosa.

“Sembrerebbe…” Marco annusò bene l’aria “Ma questo è kerosene!”.

Appena udite le ultime parole del giovane imprenditore, accompagnate dalla sua classica erre moscia, la ragazza si acquattò il più possibile al pavimento, appoggiando le mani su due mattonelle sicure.

Anticipato da un breve ruggito, dall’apertura creatasi spuntò una lingua di fuoco che, nel suo tragitto aereo, si trovava a pochi millimetri dai capelli della sfortunata.

Nel giro di qualche secondo, la vampata si estinse.

“Oh cazzo!” sbraitò la giovane, ancora a terra.

“Sara, come stai? Tutto bene?” le urlò una Wilson vicina alle lacrime.

Tutta la compagnia prese a chiamarla ad alta voce.

“Sto… bene…” disse a bassa voce la bionda.

“Grazie al cielo!” sospirò tranquillizzata l’attrice.

“Ce la fai ad alzarti?” le chiese il poliziotto.

“Penso di sì…” le rispose appena lei.

Dopo aver effettuato qualche respiro profondo, l’avventuriera lentamente si rimise in posizione eretta.

“Bentornata fra noi!” la canzonò Lupo.

“S-Scusami Sara…” balbettò Noro colpevole, secondo lui, di aver distratto la donna, provocando così una minaccia che poteva seriamente costarle la vita.

“Tranquillo Stefano, sto bene” lo rassicurò lei.

“Ce la fai a proseguire?” le domandò Sarti.

“Sì sì, tranquilli. Sto bene”.

“Chiunque sia il nostro carceriere, sono certa che è un gran figlio di puttana!” sbottò rabbiosa la loro moretta.

“Appena usciremo di qui, le pagherà tutte!” esclamò il calciatore.

“Calmatevi tutti!” cacciò un forte urlo Roberto “Cerchiamo intanto di uscire di qui, dato che siamo vicini alla meta”.

Tranquillizzati leggermente gli animi, la squadra seguì il consiglio del tutore dell’ordine.

“È incredibile come, man mano che proseguiamo, queste stanze diventino sempre più complesse!” osservò, quasi estasiato, Stefano.

Carla s’incupì di colpo “Come fai ad essere così entusiasta per queste cose, io proprio non lo capisco!”.

In risposta a ciò, l’uomo di scienza iniziò ad elencare tutte le varie migliorie che, certe tecnologie, avevano portato alla vita di tutti i giorni, appoggiato anche da Oscar.

“Certo!” li interruppe bruscamente Sara “Per non parlare poi che, quelle tecnologie, stavano per ammazzarmi!”.

Quest’ultimo intervento fece tacere definitivamente il tizio tarchiato.

“E se invece ci rifiutassimo di andare avanti?” propose nuovamente Rosa.

“Di nuovo?” cercò di non darle spago Roberto.

“Beh potremmo davvero fermarci ed aspettare. Tanto siamo ormai sicuri che, chiunque abbia organizzato tutto ciò, non ci vuole morti. E, inoltre, sono certa che quel gas verde non sia poi così letale”.

“Il tuo ragionamento potrebbe esser anche corretto,” controbatté Simone “però rimane comunque troppo rischioso da attuare, soprattutto nel caso in cui esso si rivelasse errato”.

“Io non me la sento di rischiare!” aggiunse Marco.

“Magari non vuole che muoiano determinate persone. Forse stanno facendo delle scommesse su di noi o altro” ipotizzò Andrea, mentre si accendeva una sigaretta.

“Oddio! Sarebbe davvero sconcertante come situazione” sottolineò Testa.

Tenendosi in contatto con i loro scambi di opinione, i dieci erano ormai prossimi all’uscita da quello scompartimento.

“… io comunque continuo a pensarla così!” concluse la signorina Simone, piccata.

“Va bene, Rosa. Ma per ora dobbiamo andare avanti” la sostenne Wilson, che di certo non voleva più vedere qualcuna di quelle persone rischiare nuovamente la vita.

“Che cosa c’è lì davanti?” domandò pensieroso Orsi, mentre osservava un punto preciso del pavimento.

Di fatti, di fronte a loro, vi era una lunga fila di piastrelle nere, messa come a far da barriera, qualche metro davanti alla porta da raggiungere.

“Forse cercano un ultimo disperato attacco” ipotizzò Sciullo.

“Non sembra particolarmente difficile da superare…” osservò un Andrea comunque sospettoso.

“Non possiamo comunque fidarci, visto cos’è successo finora” ricordò Santucci.

Tralasciando questo nuovo posizionamento, le discusse mattonelle non presentavano variazione, né di forma né di lunghezza, rispetto alle altre.

Dopo averle scrutate minuziosamente, Tommaso esclamò “Non credo di avere alcun problema nel superarle da me. Te come sei messo, Oscar?”.

“Non evidenzio alcuna difficoltà” gli rispose l’anziano.

“Allora? Che facciamo? Andiamo oltre?” domandava impaziente Rosa.

“Non vedo perché no!” esclamò Roberto.

“Queste situazioni mi stressano ogni attimo ancora di più!” disse tra i denti Marco.

I dieci erano allineati davanti a quel muro invisibile. Di fronte a loro, come ad allettarli ulteriormente, vi era una nuova distesa di mattonelle bianche, come quella presente all’entrata della stanza.

“Ok, vado avanti io!” si caricò Simone che, a testa alta, superò con le sue lunghe leve l’ostacolo.

Dovuto alla tensione, ai presenti inizialmente sembrò mancare la terra da sotto ai piedi. Poi si accorsero che quella sensazione corrispondeva alla realtà. In un attimo, si trovarono ammassati l’uno contro l’altro dentro una fossa comparsa dal pavimento.

 

Mentre una voce anonima si lamentava sommessamente, colui che aveva fatto scattare quell’ennesima trappola, a gran fatica, rialzò lentamente il busto.

“S-State tutti bene?”.

L’ammasso di carne umana che era con lui, a poco a poco, si stava dividendo nei vari individui che lo formava.

“Cazzo!” imprecò Sara “questa volta dove abbiamo sbagliato?”.

“Temo che, in questo caso, nessuno di noi abbia commesso un errore” ipotizzò Oscar, mentre si toccava l’addome ferito.

“E allora come mai ci hanno fatto questo?” domandò stizzita Rosa.

“Forse perché volevano complicarci ancora di più il percorso” esclamò Roberto, finalmente tornato in posizione eretta.

“Certo! Siccome fino ad ora era stato tutto troppo semplice…” ironizzò polemico Marco.

Il più basso del gruppo, Stefano, guardava in alto “E ora come facciamo a tornare lassù?”.

“Saranno almeno tre metri di altezza” aggiunse Carla.

“Potrebbe essere piuttosto complicato… anche per me…” sentenziò Andrea.

“Allora siamo proprio nei casini!”sbuffò Silvestri.

Lo sconforto stava di nuovo serpeggiando tra i membri del gruppo.

Da un po’ di tempo, la giovane attrice stava squadrando tutta l’intera situazione in cui erano, letteralmente, precipitati.

“Potremo metterci l’uno sopra all’altro, tipo piramide umana…”.

“L’idea è decisamente interessante, signorina, ma temo che molti di noi non reggerebbero, anche solo a livello prettamente fisico” la frenò Testa.

A tali parole, lo stesso Orsi osservava la condizione dei suoi piedi feriti.

“Quelli messi peggio li potremmo mettere subito in cima. Almeno, una volta su, potrebbero aiutare gli altri a scalare”.

“Il piano potrebbe funzionare…” appoggiò l’iniziativa Noro.

“Ma, allo stesso tempo, ci potrebbero essere delle complicazioni!” controbatté infuriato Sciullo.

“Comunque, è l’unica possibilità che abbiamo!” gli urlò contro Rosa “E penso che Roberto dovrebbe stare alla base della piramide, dato che è il più robusto di noi…”.

“Ti ringrazio per la fiducia, tesoro” le ammiccò Santucci.

“Bene, facciamolo!” concluse Sarti.

Sotto a tutti, ben piazzato con i piedi per terra, vi era appunto il poliziotto. Sopra di lui, il soldato, anch’egli in possesso di un fisico ben allenato. Come terzo componente, che doveva fungere da ultimo gradino per la libertà, fu messo lo scienziato dato che, dopo un’ultima analisi, era l’unico uomo in buona forma, tolto Lupo di cui nessuno si fidava.

Il primo a salire fu il politico che, nonostante ciò gli costasse gran fatica, riuscì a giungere in breve tempo sul pavimento sovrastante.

Grazie a quel primo test, tutti avevano constatato che il piano funzionava. Come prossimo scalatore, toccò al calciatore.

Mentre raggiungeva il tutore dell’ordine, però, come un lampo, scattò il ladro che, con enorme rapidità e altrettanta leggerezza, raggiunse il più anziano della comitiva.

“Avanti gente! io starò quassù a darvi una mano nel tirarvi su!” tutti erano ancora scettici “Forza! Fidatevi di me!” insistette lui.

Dopo ciò, riprese il suo turno lo sportivo e, proprio come promesso dal fuorilegge, quest’ultimo aiutò l’infortunato nel farlo procedere con l’ultimo passo.

In seguito toccò a Rosa, spronata da Roberto, a Marco, ancora polemico per quella scelta azzardata, a Carla, che subito si precipitò a controllare lo stato di salute dei presenti, ed infine a Sara che, con lo strofinamento involontario del suo seno sulla nuca di Stefano, ne provocò una leggera eccitazione.

Ora era il momento dei tre che si erano “sacrificati” per aiutare gli altri.

Noro fu il più semplice da tirar su, grazie alle forze congiunte di Andrea e Marco.

“Ce la fa a reggermi ancora, signore?” chiese un affaticato Simone.

“Tranquillo, sono una roccia!” fu la risposta dell’interessato.

Saputo ciò, il militare fletté le gambe, i cui piedi poggiavano sulle larghe spalle del poliziotto e, spiccando un gran balzo, riuscì ad aggrapparsi con le mani al margine del pavimento. Immediatamente, in suo soccorso, arrivarono il ladro e l’imprenditore.

“Ed ora con Roby come facciamo?” domandò perplessa Silvestri.

“Io avrei un’idea” esordì il ricercato “Però tutti voi dovrete fidarvi di me”.

Una volta spiegato il da farsi, Lupo si sdraiò in posizione prona sul pavimento, il più vicino possibile al margine della fossa. Gli altri si avvicinarono alle sue gambe, tenendogliele più ferme possibile. Fatto ciò, l’uomo scivolò lentamente sulle mattonelle. Avendo ormai la maggior parte del suo corpo nel vuoto, le sue speranze erano riposte sulla forza della gente al di sopra di lui. Constatando la sua mancata caduta in verticale, riuscì a concentrarsi sull’allungarsi il più possibile verso Roberto. Una volta che i due si furono strette saldamente le mani, il gioco era fatto.

Appena l’ultimo membro del gruppo ebbe raggiunto gli altri, la porta si aprì come da programma.

 

  
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