Capitolo
22
Passarono i giorni.
Passarono il Natale e il Capodanno.
Passarono i mesi, il suo compleanno ed anche il mio.
Passarono le stagioni e anche il primo anno.
Le lacrime no.
Esse e i miei continui incubi no.
Loro non passarono mai, erano sempre lì a minacciare il mio
animo già troppo debole.
Di tanto in tanto mi concedevo il lusso e la breve felicità,
delle telefonate e le conversazioni che facevo sia con Tony che con
Tuomas.
Raccontavo loro la mia vita, gli sviluppi e le mie giornate.
Passarno anche i miei 33 anni.
Mi girai verso il mega televisore attaccato al muro, incuriosita dalla
musica di sottofondo.
Lake Bodom.
Fissai lo schermo notando quanto, dopo due anni, i miei sentimenti
fossero ancora accesi.
"I Children of Bodom
sono atterrati questa mattina all'aeroporto Kennedy, terranno due date
qui a New York" - raccontava la voce della giornalista,
mentre l'inquadratura si allargava e riprendeva Janne e Henkka.
Per un breve momento ebbi la voglia di spegnere tutto, ma fissando
quelle immagini e quegli occhi che non potevano vedermi, mi sentii
quasi a casa.
Bill mi osservava in silenzio a debita distanza, comprendendo quanto
stessi soffrendo in qei secondi.
"Ho l'onore di
intervistare il bassista ed il tastierista del gruppo. Allora ragazzi,
siete felici di essere qui?".
"Molto, dobbiamo aprire
per i Machine Head, abbiamo in programma un breve tour con loro e
questo ci rende felici".
Janne rispose in modo gentile ed educato come sempre, tenendo le mani
in tasca, salvo qualche volta in cui le usava per gesticolare.
"Ditemi, come procede il
vostro nuovo lavoro?".
"Stiamo andando molto
piano, il nostro cantante ha avuto dei problemi personali e per per un
periodo, come abbiamo rilasciato in un comunicato stampa, aveva deciso
di ritirarsi".
"Oh mio dio" - sussurrai spaventata.
"Hell, non è necessario che tu veda ciò".
"No, non spegnere. Per favore" - lo pregai, fissandolo con tristezza
per poi tornare con lo sguardo allo schermo.
"Ma ora va tutto bene?".
"Non proprio, Alexi
è molto testardo, ha passato un bruttissimo periodo e noi
con lui".
"Avete avuto paura per
un possibile scioglimento?".
"Si" -
ammise Henkka - "Ma
prima di tutto abbiamo avuto paura che il nostro amico non riuscisse ad
andare avanti, è stata dura e ancora non riesce a non star
male".
"Secondo delle voci,
pare che i problemi siano nati a causa della ex fiamma. E' vero?".
Mi portai le mani alla testa, sedendomi e osservando senza nemmeno
respirare le espressioni dei due musicisti.
"Non siamo tenuti a
parlarne".
"Ricevuto e cosa mi dite
della data di domani sera?".
"Bhe siamo molto carichi
e anche nervosi. E' molto che non suoniamo, ma daremo il massimo come
sempre".
Spensi la tv, scoppiando a pinagere e rendendomi conto di quanto mi
sentissi braccata.
I giornali sapevano di noi.
Di me.
Bill mi si avvicinò, poggiandomi una mano sulla spalla
sinistra e stringendola per darmi un po di forza.
Non ne avevo.
"Vai a casa, ci penso io qui".
"Davvero?" - domandai.
"Si, riposati e non preoccuarti".
"Grazie Bill" - risposi sincera, mentre fuggivo via dal locale e mi
rintanavo in casa.
Passai una gran parte del tempo a versar lacrime.
Lui aveva preso in considerazione di ritirarsi, di smettere di fare
quello che amava, smettere di suonare.
Smettere di vivere davvero.
Tirai un sospiro e andai a lavarmi per l'ennesima volta il viso,
lasciando che l'acqua gelata mi calmasse.
Mi accesi una sigaretta, sedendomi sul divano e fissando senza
interesse la tv, spenta, indecisa se pugnalami ancora una volta
chiamando Janne, oppure rimanermene rintanata nella mia fortezza
segreta di dolore e paura.
"Pronto?".
"Janne..." - risposi con tono freddo e all'apparenza privo di emozioni.
"Sei tu davvero?".
"Si, non dire a nessuno che ti ho chiamato, ti prego".
"No, non lo farò" - rispose con tono agitato e forse
sorpreso.
"Ho bisogno di vederti" - ammisi scoppiando inevitabilmente a piangere,
comprendendo quanto fossi masochista ed egoista verso me stessa.
"Dove?".
"Brooklyn Botanic Garden, vieni li".
"Ok, arrivo".
Avevo il disperato bisogno di vedere una faccia amica, di risentire il
classico odore finlandese, di poter parlare di nuovo quella fantastica
lingua e liberarmi un po.
Se il mio cuore mi diceva che stavo facendo la cosa giusta, il mio
cervello, razionale come sempre, mi ripeteva come una cantilena quanto
fossi stupida.
Mi incamminai verso il giardino, controllandomi intorno come se
qualcuno potrebbe seguirmi o spiarmi, mandando giù un'altra
pasticca di ansiolitico e lasciando che il nervosismo sciamasse un po.
Aspettai due ore, sapendo che Janne sarebbe venuto da solo e non
avrebbe detto a nessuno di me, rispettando il mio volere.
Aspettai due ore in cui mi domandai più di una volta se
avessi fatto bene a chiamarlo.
Mi sedetti su una panchina, osservandomi con attenzione le mani, che
tremavano.
Sentii dei passi avvicinarsi a me e alzai il viso, perdendomi in quegli
occhi, leggermente commossi.
Scoppiai a piangere, lanciandomi tra le sue braccia e lasciandomi
stringere.
"Hell, mio dio, sei tu. Quanto ci sei mancata, quanto ci manchi, quanto
gli manchi" - disse prendendomi il viso tra le mani - "Sei cambiata".
"Janne mi dispiace".
"Non è colpa tua, non è colpa di nessuno".
Tirai fuori dalla tasca il contenitore delle pasticche e ne mandai
giù altre due, sotto lo sguardo triste e sofferente del
tastierista.
"Da quando prendi quella merda?" - domandò con tono greve.
"Da quando una tizia mi ha riconosciuta. Da due anni".
"Perchè?".
"Perchè è l'unica cosa che mi calma" - ammisi
abbassando il volto - "Lui come sta?".
"Sta come te".
"Ho sentito l'intervista..." - confessai, sedendomi e facendo spazio al
ragazzo che si mise al mio fianco.
"E' stato un brutto periodo. Ma sta capendo che non può
smettere".
"Sta andando avanti?".
"Un passo alla volta. Ha ricominciato a suonare, sta ricominciando ad
uscire con noi e tu? Ti prego, dimmi la verità".
"Ho pensato di morire, ho incubi, attacchi di panico..".
"Perchè non torni?".
Quella domanda mi spiazzò, lasciandomi per qualche secondo
senza parole ne fiato.
"Perchè non posso. Non posso tornare e dire: ciao, sono
tornata".
"Si che puoi?".
"No Janne, non posso, non ho la forza".
"Perchè non vieni domani sera? Ti porto un biglietto".
"No, ti prego, non...per favore".
"Stai tranquilla".
"Grazie" - risposi sincera, sorridendo appena e lasciandomi abbracciare
ancora e un'ultima volta da quel ragazzo.
Il mio incontro con Janne terminò così.
Con un abbraccio.
Non avevamo più parole da usare, non servivano.
Quella notte non dormii.
Non presi pasticche.
Rimasi sveglia a fissare il cielo, sospirando ogni 5 minuti e
chiedendomi cosa stesse facendo il mio ex ragazzo.
******
Salve Salve mie care e dolci anime.
Come state?
Tutti pronti e pronte ad abbuffarsi durante i cenoni e i pranzi di
queste feste?
Prima di tutto vi volevo augurarvi una buona Vigilia e un buon Natale,
se ci credete, poi volevo scusarmi con voi per aver aggiornato
solamente ora è stato un periodo decisamente brutto e triste
(alcune di voi sanno e le ringrazio per essermi rimaste vicine) per non
parlare del lavoro che mi ha portato via quel poco spazio che avevo, ma
ora sono tornata!!!!
Un bacione :)
p.s. commentate, commentate, commentate.
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