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Autore: MetalheadLikeYou    24/12/2014    2 recensioni
Chi mai avrebbe voluto una bambina di nome "Inferno"?
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Con il passare del tempo io, Ville e Alexi diventammo dei buonissimi amici, tanto che ci soprannominarono il Trio.
Allu era più chiacchierone, ti scaldava il cuore e ti trascinava con se in tutto e per tutto, mentre Ville era quello più riflessivo e solitario.
.
Per quanto mi sforzassi di mostrare ed ostentare una forza e un menefreghismo che non possedevo, dentro di me soffrivo.
Stranamente, era come se Ville mi avesse portato via una parte del mio cuore.
***
In questa storia ci saranno anche altri personaggi di altre band finlandesi.
Genere: Erotico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 22


Passarono i giorni.
Passarono il Natale e il Capodanno.
Passarono i mesi, il suo compleanno ed anche il mio.
Passarono le stagioni e anche il primo anno.
Le lacrime no.
Esse e i miei continui incubi no.
Loro non passarono mai, erano sempre lì a minacciare il mio animo già troppo debole.

Di tanto in tanto mi concedevo il lusso e la breve felicità, delle telefonate e le conversazioni che facevo sia con Tony che con Tuomas.
Raccontavo loro la mia vita, gli sviluppi e le mie giornate.

Passarno anche i miei 33 anni.

Mi girai verso il mega televisore attaccato al muro, incuriosita dalla musica di sottofondo.
Lake Bodom.
Fissai lo schermo notando quanto, dopo due anni, i miei sentimenti fossero ancora accesi.

"I Children of Bodom sono atterrati questa mattina all'aeroporto Kennedy, terranno due date qui a New York" - raccontava la voce della giornalista, mentre l'inquadratura si allargava e riprendeva Janne e Henkka.

Per un breve momento ebbi la voglia di spegnere tutto, ma fissando quelle immagini e quegli occhi che non potevano vedermi, mi sentii quasi a casa.
Bill mi osservava in silenzio a debita distanza, comprendendo quanto stessi soffrendo in qei secondi.

"Ho l'onore di intervistare il bassista ed il tastierista del gruppo. Allora ragazzi, siete felici di essere qui?".
"Molto, dobbiamo aprire per i Machine Head, abbiamo in programma un breve tour con loro e questo ci rende felici".

Janne rispose in modo gentile ed educato come sempre, tenendo le mani in tasca, salvo qualche volta in cui le usava per gesticolare.

"Ditemi, come procede il vostro nuovo lavoro?".
"Stiamo andando molto piano, il nostro cantante ha avuto dei problemi personali e per per un periodo, come abbiamo rilasciato in un comunicato stampa, aveva deciso di ritirarsi".
"Oh mio dio" - sussurrai spaventata.
"Hell, non è necessario che tu veda ciò".
"No, non spegnere. Per favore" - lo pregai, fissandolo con tristezza per poi tornare con lo sguardo allo schermo.
"Ma ora va tutto bene?".
"Non proprio, Alexi è molto testardo, ha passato un bruttissimo periodo e noi con lui".
"Avete avuto paura per un possibile scioglimento?".
"Si" - ammise Henkka - "Ma prima di tutto abbiamo avuto paura che il nostro amico non riuscisse ad andare avanti, è stata dura e ancora non riesce a non star male".
"Secondo delle voci, pare che i problemi siano nati a causa della ex fiamma. E' vero?".

Mi portai le mani alla testa, sedendomi e osservando senza nemmeno respirare le espressioni dei due musicisti.

"Non siamo tenuti a parlarne".
"Ricevuto e cosa mi dite della data di domani sera?".
"Bhe siamo molto carichi e anche nervosi. E' molto che non suoniamo, ma daremo il massimo come sempre".

Spensi la tv, scoppiando a pinagere e rendendomi conto di quanto mi sentissi braccata.
I giornali sapevano di noi.
Di me.
Bill mi si avvicinò, poggiandomi una mano sulla spalla sinistra e stringendola per darmi un po di forza.
Non ne avevo.

"Vai a casa, ci penso io qui".
"Davvero?" - domandai.
"Si, riposati e non preoccuarti".
"Grazie Bill" - risposi sincera, mentre fuggivo via dal locale e mi rintanavo in casa.

Passai una gran parte del tempo a versar lacrime.
Lui aveva preso in considerazione di ritirarsi, di smettere di fare quello che amava, smettere di suonare.
Smettere di vivere davvero.
Tirai un sospiro e andai a lavarmi per l'ennesima volta il viso, lasciando che l'acqua gelata mi calmasse.
Mi accesi una sigaretta, sedendomi sul divano e fissando senza interesse la tv, spenta, indecisa se pugnalami ancora una volta chiamando Janne, oppure rimanermene rintanata nella mia fortezza segreta di dolore e paura.

"Pronto?".
"Janne..." - risposi con tono freddo e all'apparenza privo di emozioni.
"Sei tu davvero?".
"Si, non dire a nessuno che ti ho chiamato, ti prego".
"No, non lo farò" - rispose con tono agitato e forse sorpreso.
"Ho bisogno di vederti" - ammisi scoppiando inevitabilmente a piangere, comprendendo quanto fossi masochista ed egoista verso me stessa.
"Dove?".
"Brooklyn Botanic Garden, vieni li".
"Ok, arrivo".

Avevo il disperato bisogno di vedere una faccia amica, di risentire il classico odore finlandese, di poter parlare di nuovo quella fantastica lingua e liberarmi un po.
Se il mio cuore mi diceva che stavo facendo la cosa giusta, il mio cervello, razionale come sempre, mi ripeteva come una cantilena quanto fossi stupida.
Mi incamminai verso il giardino, controllandomi intorno come se qualcuno potrebbe seguirmi o spiarmi, mandando giù un'altra pasticca di ansiolitico e lasciando che il nervosismo sciamasse un po.
Aspettai due ore, sapendo che Janne sarebbe venuto da solo e non avrebbe detto a nessuno di me, rispettando il mio volere.
Aspettai due ore in cui mi domandai più di una volta se avessi fatto bene a chiamarlo.
Mi sedetti su una panchina, osservandomi con attenzione le mani, che tremavano.
Sentii dei passi avvicinarsi a me e alzai il viso, perdendomi in quegli occhi, leggermente commossi.
Scoppiai a piangere, lanciandomi tra le sue braccia e lasciandomi stringere.

"Hell, mio dio, sei tu. Quanto ci sei mancata, quanto ci manchi, quanto gli manchi" - disse prendendomi il viso tra le mani - "Sei cambiata".
"Janne mi dispiace".
"Non è colpa tua, non è colpa di nessuno".

Tirai fuori dalla tasca il contenitore delle pasticche e ne mandai giù altre due, sotto lo sguardo triste e sofferente del tastierista.

"Da quando prendi quella merda?" - domandò con tono greve.
"Da quando una tizia mi ha riconosciuta. Da due anni".
"Perchè?".
"Perchè è l'unica cosa che mi calma" - ammisi abbassando il volto - "Lui come sta?".
"Sta come te".
"Ho sentito l'intervista..." - confessai, sedendomi e facendo spazio al ragazzo che si mise al mio fianco.
"E' stato un brutto periodo. Ma sta capendo che non può smettere".
"Sta andando avanti?".
"Un passo alla volta. Ha ricominciato a suonare, sta ricominciando ad uscire con noi e tu? Ti prego, dimmi la verità".
"Ho pensato di morire, ho incubi, attacchi di panico..".
"Perchè non torni?".

Quella domanda mi spiazzò, lasciandomi per qualche secondo senza parole ne fiato.

"Perchè non posso. Non posso tornare e dire: ciao, sono tornata".
"Si che puoi?".
"No Janne, non posso, non ho la forza".
"Perchè non vieni domani sera? Ti porto un biglietto".
"No, ti prego, non...per favore".
"Stai tranquilla".
"Grazie" - risposi sincera, sorridendo appena e lasciandomi abbracciare ancora e un'ultima volta da quel ragazzo.

Il mio incontro con Janne terminò così.
Con un abbraccio.
Non avevamo più parole da usare, non servivano.
Quella notte non dormii.
Non presi pasticche.
Rimasi sveglia a fissare il cielo, sospirando ogni 5 minuti e chiedendomi cosa stesse facendo il mio ex ragazzo.




******
Salve Salve mie care e dolci anime.
Come state?
Tutti pronti e pronte ad abbuffarsi durante i cenoni e i pranzi di queste feste?
Prima di tutto vi volevo augurarvi una buona Vigilia e un buon Natale, se ci credete, poi volevo scusarmi con voi per aver aggiornato solamente ora è stato un periodo decisamente brutto e triste (alcune di voi sanno e le ringrazio per essermi rimaste vicine) per non parlare del lavoro che mi ha portato via quel poco spazio che avevo, ma ora sono tornata!!!!
Un bacione :)

p.s. commentate, commentate, commentate.
  
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