- Capitolo 14 -
Quando il fattorino
suonò il campanello, Jason si era già rivestito e
stava aiutando Beth a cambiare le lenzuola.
"Vado a prendere i viveri!" La avvisò, prima di raccattare
il
portafoglio dal pavimento e aprirgli. Lo pagò, prese i due
cartoni e, come da programma, li sistemò sul divano, prima
di
tornare in camera. Elizabeth aveva già finito e gli sorrise,
pettinandosi i capelli meglio che poteva.
"Lasciali così... ti stanno benissimo" ridacchiò
il ragazzo, prima di prenderla in braccio.
"Nnno... stai mentendo" rise lei, nascondendo il viso sul suo petto.
Sembrava così delicata e fragile, ma forse era una
suggestione
data dalla vista di tutto quel sangue che aveva sporcato il lenzuolo.
Si era spaventato. Sapeva che fosse una cosa normale, ma di certo non
voleva che gli si disintegrasse fra le braccia.
La posò accanto alle pizze, e lei incrociò le
gambe prendendo il proprio cartone.
Bene. Si
ammonì Jason, sedendosi accanto a lei e prendendo la propria
pizza. Ora devo
parlargliene.
Accesero la tv. Beth appoggiò la testa contro la sua spalla
e prese una fetta di pizza.
Il ragazzo rimase per un po' con gli occhi rivolti allo schermo, senza
vederlo veramente, in preda a rivolgimenti mentali, catastrofi
psichiche e forse la fine del mondo. Davvero gli mancavano le parole.
Poi gli venne l'ispirazione.
"Domani parto."
Beth raddrizzò la schiena e lo guardò: "La
Starkim ti ha ridotto il tempo su questa terra?"
Jason rise. L'aveva presa bene. "Ho il volo alle sei. Mi accompagni?"
"No. Prendi un tappeto volante. Stronzo. Prima mi svergini e poi te ne
vai." Si mise in bocca una fetta di pizza. Non era arrabbiata. Era solo
triste. Al ragazzo si strinse il cuore. Avrebbe voluto non aver aperto
bocca, ma l'alternativa era fuggire senza avvisarla, e questo sarebbe
stato peggio.
"Già... e voglio usarti fino in fondo. Quindi accompagnami
che
fa freddo sui tappeti volanti." E incrociò le braccia sul
petto,
cercando di tenere il tenore della conversazione allegro, ma
fallì miseramente: gli occhi di Elizabeth si stavano
riempiendo
di lacrime.
"Oh Beth, non fare così... altrimenti rischio di rimanere
incollato a questo divano per l'eternità." La
abbracciò
forte, e appena la sua testa fu contro il proprio petto, lei
scoppiò a piangere con sussulti e singhiozzi. "No... no" La
cullò come una bambina. Non l'aveva mai vista piangere in
quel
modo. Mai. L'aveva vista triste, abbattuta, arrabbiata, delusa... ma
sconvolta fino a tremare no. Se avrebbe continuato, sarebbe scoppiato
in
lacrime pure lui. "Ci rivedremo... Durante le vacanze potrai venire a
trovarmi... o potrò io... Non ti abbandono di nuovo, Bebe,
non
potrei mai. Sei la persona più importante per me... Non
riuscirei mai a farti del male." Lei in risposta lo strinse
più
forte e fece cadere il cartone con la pizza, ma non lo raccolse.
"N-no... J-Jason... Tu... Tu... Noi..." Ma ad ogni parola i singhiozzi
le impedivano di pronunciare la successiva. Era terribile vederla
così... ed era ancora peggio non poter davvero fare nulla
per
aiutarla. Ovvero. La soluzione c'era... Ma implicava mandare a monte
tutti i sacrifici che aveva compiuto fin ora.
"Possiamo scappare da qualche parte in Europa... Tronco tutto e rimango
con..."
"NO!" Gridò Elizabeth, e lo colpì in pieno petto
con un
pugno che tolse il respiro al ragazzo, poi sollevò il viso e
lo
guardò con le guance arrossate: "Non sparare stronzate."
Disse
tutto d'un fiato, poi singhiozzò, raggiunse un kleenex con
le
dita tremanti e si asciugò il viso: "E' colpa degli... degli
ormoni se sto piangendo. E... E poi non ti permetterei mai di
rinunciare a tutto per... per me." E si soffiò il naso.
Jason le accarezzò il viso, cercando di sorridere. Era
davanti
al motivo principale per cui aveva deciso di seppellire qualsiasi
principio -anche minuscolo- di innamoramento nei confronti di Elizabeth.
Perchè non avrebbe mai voluto essere costretto a scegliere
se
passare dei giorni felici accanto alla persona che amava o dei giorni
terrificanti in cerca del sogno della propria vita.
"Elizabeth. Decidiamo ora... adesso. Vogliamo provarci o è
meglio lasciar perdere?" No- In realtà non avrebbe mai
voluto
porre quella domanda fastidiosa. Ma era da troppo tempo che andava
espressa e, ad un certo punto... Dei chiarimenti erano necessari. Non
voleva scoprire la realtà. Sarebbe bastata una bella bugia a
cui
avrebbero potuto credere entrambi... Magari alla fine, a crederci in
due, sarebbe diventata realtà.
La ragazza lo guardò negli occhi e si morse le labbra. "Non
voglio rinunciare a te, però..."
"Però...?" La incalzò Jason, con il cuore che
piano si sbriciolava. Però
era una parola orribile.
"Non potremo mai avere una storia normale. Non ci vedremo, non ci
abbracceremo, non avremo nulla in comune se non un passato che pian
piano diverrà sempre di più mito di se stesso. E
lo
rimpiangeremo. Vorremmo tornare indietro ma non potremo... E
cominceremo a stare male, perchè non riusciremo
più a
fingere di essere nel passato... Cominceremo poi ad accampare scuse per
evitarci... e poi ci accorgeremo, finalmente, che non abbiamo mai avuto
una storia... perchè le storie
sono composte da avvenimenti,
e noi di avvenimenti condivisi non ne avremo." Aveva pronunciato il
discorso tutto d'un fiato, senza fermarsi.
Jason rimase a guardarla, con le lacrime che bruciavano negli occhi.
"Hai ragione... Siamo abbastanza grandi per capire cosa sia bene per
entrambi." Sospirò in un lucidissimo sussurro. Quella frase
mostrava una prospettiva felice per entrambi, eppure davvero non gli
riusciva di essere allegro.
"C'è... un'altra strada. Nessuno ha detto che la vita debba
essere semplice. Possiamo provarci. Provare ad avere una storia anche
se la logica spingerebbe a non farlo. Magari scopriamo che ce la
facciamo... che ne sai?" Intrecciò le dita a quelle di lei,
guardandola negli occhi. Sperò che non tutto fosse perduto,
che,
nonostante tutto, Elizabeth avrebbe voluto credere che la loro storia
avrebbe potuto avere una chance.
Lei abbassò lo sguardo sulle loro mani unite e si morse le
labbra. Strinse le dita di Jason e sollevò di nuovo gli
occhi,
nei quali brillava una luce decisa e determinata. Alla fine
annuì con un sorriso che si allargava piano sulle labbra.
"Scusami Jas... sono una stupida. Tu mi hai insegnato a prendermi dalla
vita tutto il possibile, perchè nessuno ti regala nulla...
se
rinuncio a te adesso... potrei rimpiangerlo per sempre." Sciolse la
stretta del compagno per allacciare le braccia attorno al suo collo e
premere il busto contro di lui. "E... anche se poi non va... Fa nulla.
Almeno ci avremo provato. Non possiamo sapere adesso se
andrà
male o meno. Magari fra settant'anni saremo ancora insieme. Chi lo sa?"
Jason gorgogliò una risata e la strinse forte, strofinando
la
guancia contro quella di lei. Era felice che, alla fine, lei non avesse
deciso di seguire la cieca logica. Dopotutto, in passato aveva aiutato
un promettente medico a diventare un cantante e lei stessa era
diventata medico partendo dal nulla più assoluto. Era un
tipo a
cui piaceva sfidare ogni logica.
I due rimasero abbracciati ancora per un po' senza parlare,
dopodichè finirono la pizza, trovarono in tv un film a caso
da
commentare sarcasticamente ogni due battute, fecero l'amore sul divano
e infine decisero che era meglio cominciare a prepararsi per uscire.
Continuarono a parlare, senza smettere, timorosi che il silenzio li
avrebbe risucchiati in un gorgo di tristezza. Cercavano di non pensarci
e, sulla strada dall'albergo all'aeroporto, cominciarono a progettare
il prossimo incontro. Natale. Pasqua...
"No Beth, prima c'è il tuo compleanno! Dovesse cascare il
mondo, voglio venire a trovarti."
"Va bene... basta che non ti fai buttare fuori." Rispose Beth,
arrivando al Terminal 1. Parcheggiò e scese ad accompagnare
Jason.
"Qual è il tuo volo?" Gli domandò una volta
nell'edificio, davanti al tabellone. Una volta scesa dall'auto gli
aveva preso la mano e non l'aveva ancora lasciata
"QF660! Parte fra un'ora... meglio se mi sbrigo." Le rispose Jason con
un sorriso, mentre istintivamente stringeva più forte la sua
mano.
Beth annuì. "Vero. Ciao Jas... Fai buon viaggio e scrivimi
appena arrivi."
"Certamente, Bebe... Salutami Sandra, Jillian, Alfred e anche Robert."
E si chinò per baciarla, prima di scivolare via dalle sue
braccia, verso il check-in.
Elizabeth quindi si voltò per uscire dall'aeroporto, poi
ruotò nuovamente su se stessa, cercando Jason nella folla.
"Jaaaaas!"
Lui si girò di scatto a sua volta.
"Ti amo!" Urlò la ragazza.
Jason face segno di non aver capito.
"Ti amo!" Ripetè lei a voce più alta, arrossendo,
ma l'altro le rispose: "Non riesco a sentire nulla!"
"JASON-TI-AMO!" Scandì Beth con espressione metà
disperata e
metà divertita. Era sicura che questa volta l'avessero udita
anche a Perth.
"Non urlare! Avevo capito, sai? Volevo solo sentirtelo dire tre volte."
Le fece l'occhiolino, e lei gli sollevò il dito medio.
Jason ridacchiò e le mandò un bacio con la mano,
prima di urlare: "Ti amo anche io, Elizabeth" con il sorriso
più diabetico del
suo repertorio da idol. Dopodichè si voltò,
lasciando Beth
in mezzo alla folla a sciogliersi come un gelato.
Non si sarebbe arresa per nulla al mondo.
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Grazie, ragazzi, per essere arrivati fin qui.
Forse ho messo qui dentro più me stessa di quanto avrei
voluto
ma... non ho potuto fare nulla per impedirlo. Vi è scivolato
dentro e stop.
Sostanzialmente il mio scrivere sono delle riflessioni, desideri e
risposte a domande della vita reale.
Scrivo per darmi risposte e dare agli altri spunti di riflessione su di
esse.
Non importa se siano d'accordo o meno... L'importante non è
trovare la verità, bensì cercarla.
In questo senso l'arte salva. Aiuta a credere che vi siano delle
risposte.
E' finzione, ma avere davanti un mondo finto peggiore o
migliore di quello in cui ci troviamo, aiuta a viverlo.
Se la situazione presentata è migliore, siamo portati ad
avere
la speranza anche solo subconscia di poterla raggiungere, se
è
peggiore guardiamo quello che abbiamo e ci sentiamo meglio,
perchè ci rendiamo conto che esiste qualcuno che sta peggio.
Questo è il mio ultimo lavoro come fanfictioner... spero di
aver
dato qualcosa, altrimenti la mia presenza qui è stata
inutile
come l'albero che si schianta in una foresta deserta.
Questo è stato il
mio suono.
Spero che qualcuno l'abbia udito.