CAPITOLO 17
“Corsa e
nuoto”
“… Solo con la collaborazione
possiamo andare avanti” concluse il suo pensiero Oscar, mentre tutto il gruppo
era entrato nella nuova stanza.
Tommaso diede una rapida occhiata
all’ambiente “Questa sembra più grande del…” purtroppo il suo pensiero fu
interrotto da una violenta pallonata che, come un potente pugno, lo colpì in
pieno volto.
“Siamo sotto attacco!” urlò
Simone, sfoderando immediatamente la sua arma da fuoco.
“Aspettate un attimo…” richiamò
l’attenzione Rosa “sono solo dei palloni”.
Ad una più attenta osservazione
si poteva facilmente notare che, affacciato da un’apertura nella parete, vi era
un piccolo cannone, dalla cui bocca partì una nuova raffica di sfere.
I dieci si difesero come meglio
poterono da quel singolare assedio.
“Sembra assurdo ma, questa prova,
è la peggiore che ci sia capitata da quando siamo qua dentro!” esclamò Stefano,
mentre una palla lo andava a colpire sulla sua ampia testa.
“Eppure ci deve essere un modo
per fermarlo!” sbottò imbestialita Sara.
“Ci vorrebbe qualcosa per tappare
quel coso!” appoggiò la sua idea, Carla.
Il capo di Andrea scattava da una
parte all’altra del suo collo, cercando disperatamente qualcosa con cui mettere
in atto quel piano improvvisato. Poi tornò a fissare l’arma del soldato.
“Perché non provi con quel
fucile, Simone”.
La stessa compagnia di persone si
mise a fissare il possibile oggetto risolutore.
Il militare fissò l’unico di cui
rispettava gli ordini, Roberto.
“Ha ragione Lupo. Può essere la
nostra unica possibilità”.
“Sbrigati Simone!” gli sbraitò
contro Marco che, fin da subito, teneva fisse le sue braccia incrociate davanti
al volto.
L’interessato mosse i suoi primi
passi verso l’obiettivo. Accortosi di ciò, il cannone focalizzò la sua mira
verso colui che si stava avvicinando minacciosamente. Quest’ultimo respingeva le
pallonate usando la sua arma come fosse una racchetta da tennis.
“Fai attenzione, Simone” udì a
malapena la voce della dottoressa.
“Forza figliolo!” lo spronò
mentalmente il politico.
Rosa, invece, preferì
l’incoraggiamento verbale “Dai Simone, che ci sei quasi!”.
Ormai i palloni lo colpivano come
una pioggia torrenziale ma lui, abituato a situazioni ben più pericolose,
raggiunse la bocca da fuoco.
Aspettando l’attimo esatto in cui
la raffica si placava, con una rapida mossa infilò l’arma dentro il buco,
facendovi penetrare tutto il calcio.
Subito si allontanò rapidamente
per evitare che essa, a causa della spinta delle particolari munizioni che era
andata a bloccare, non schizzasse via come il tappo di una bottiglia.
Fortunatamente, non successe nulla del genere.
“Eh bravo il nostro Simo!” esultò
felice Silvestri.
“Tutte queste palle e non poterne
calciare neanche una…” sospirò triste Orsi.
“Pensavano di fermarci con così
poco…” fece inspiegabilmente lo spavaldo Noro.
“Che dite, proseguiamo?” domandò
ironica l’attrice, mentre si stava già incamminando.
Sarti si riunì al gruppo,
affiancando Santucci per comunicargli ”Missione eseguita, signore” concludendo
il tutto con un sincero sorriso.
“Ottimo lavoro, soldato!” fu la
risposta.
Il gruppo riprese la propria
marcia dentro quell’enorme stanza metallica. Il loro procedere fu però
interrotto poco dopo da un particolare stile di pavimentazione, a loro
recentemente noto.
“Ma stiamo scherzando?!” esclamò
sorpresa Sara “Di nuovo con queste mattonelle?”.
Tutti i presenti fissavano
inebetiti il pavimento davanti a loro.
Lo scienziato si avvicinò
all’imprenditore per sussurrargli all’orecchio “Erano quelle nere da evitare,
giusto?”.
“Sì, sempre che usino lo stesso
criterio della stanza precedente…” gli rispose un dubbioso Sciullo.
“E se ci fosse di nuovo una
botola?” ipotizzò Wilson.
“Dovremo affrontarla come abbiamo
fatto prima” le diede una risposta il calciatore.
Nonostante ciò, nessuno si
azzardava ad effettuare il primo passo.
“Perché, come prima, non vai
avanti te, Lupo?” propose il poliziotto, divertito.
“Fanculo sbirro!” sbottò il
fuorilegge “Perché invece non ci provi te, eh?”.
Alla fine, fu nuovamente il
militare a precedere il resto della comitiva “L’unica cosa certa, al momento, è
di utilizzare le mattonelle bianche”.
Come se andasse al rallentatore,
appoggiò leggermente la punta del piede a terra. Poi, a poco a poco, tutta la
pianta dello stivale. Non accadde nulla.
“Pare che vada tutto bene…”
azzardò Testa.
“Ok, vado anch’io!” partì
convinta Rosa.
Una volta al limite del tratto
pavimentato in bianco e nero, la giovane donna ripeté esattamente le stesse
mosse del soldato. Il risultato fu il medesimo.
“Bene, dai!” esclamò dopo un
sospiro di sollievo Sara “possiamo andare tutti!”.
Gli altri, anche i più
claudicanti, procedettero in quella particolare attraversata, con l’attrice che
era già più avanti di loro.
“Mi raccomando…” esordì il tutore
dell’ordine “Metteteci tutto il tempo che volete, ma siate certi di mettere i
vostri piedi sopra una mattonella bianca”.
“Meno male che ce l’hai detto
te…” lo sfotté il ladro.
“Vedi che mi ricordavo bene!”
parlava a bassa voce Noro “le mattonelle bianche!”.
“Con calma… con calma… con
calma…” ripeteva sistematicamente, più a sé che agli altri, Carla.
Improvvisamente, un suono
stridulo s’insinuò nell’aria. Il panico s’impossessò del gruppo.
“Chi è stato?” urlò isterica Rosa
Simone che, nel frattempo, aveva raggiunto l’altra sponda.
“Oh cazzo!” si sentì un
imprecazione anonima.
Tutti all’unisono si voltarono
verso Marco Sciullo.
Quest’ultimo tentò di scusarsi
“Mi sembrava fosse bianca…”.
I più lesti presero dunque ad
osservare, ciclicamente, il pavimento, le pareti ed il soffitto.
“Sembra tutto calmo…” osservò
Simone Sarti, nonostante rimanesse sempre all’erta.
Passò ancora qualche minuto,
nella più totale immobilità generale.
“Forse ci stanno prendendo per il
culo?” ipotizzò Sara Silvestri, continuando a squadrarsi tutt’attorno.
“Cerchi di moderare i termini,
signorina” la richiamò il più anziano della squadra.
“Che facciamo, allora?” riprese
Stefano Noro “Andiamo avanti?”.
Per tutto il tempo, Roberto
Santucci era rimasto in silenzio, con la mano ben salda sulla sua pistola
d’ordinanza.
“A questo punto, mi sorge un
dubbio…” disse.
Tornato a rilassare il proprio
corpo, iniziò a camminare con noncuranza.
“Fermo Roberto!” lo richiamò con
un urlo la dottoressa.
Con qualche passo, aveva già
pestato una decina di piastrelle scure. Tutte, una volta premute, emettevano il
loro caratteristico suono, illuminandosi al contempo. Dopo di ciò, però, non
accadeva assolutamente niente.
“Ci hanno fregato! Quei bastardi
ci hanno fregato!” proruppe stizzito Tommaso Orsi.
Tra le proteste generali, il
gruppo aveva superato quella nuova difficoltà senza danni, in una maniera
decisamente insperata.
“Anche questa è andata!” esultò
rasserenata l’attrice.
“Arrivati a questo punto”
concettualizzò Roberto “cercano di colpirci anche solo con semplici attacchi di
stress mentale”.
“Non hanno proprio pietà per
noi!” sottolineò il più stressato di tutti, Marco.
“E nemmeno per i miei piedi”
ricordò uno zoppicante Tommaso che, di tanto in tanto, si appoggiava alle spalle
di Simone.
“Abbiamo tutti i nostri
acciacchi, figliolo” aggiunse Oscar.
“E questo cos’è?” richiamò
l’attenzione di tutti la giovane bionda.
Essa stava picchiettando, con la
punta del piede destro, su una nuova tipologia di pavimento che, con gran
sorpresa, s’infossava con esso.
“Sembrerebbe gomma” ipotizzò
Stefano.
“Perfetto! Una nuova trappola!”
sentenziò l’altra bionda.
“Magari è innocuo come quello
prima” azzardò Andrea, mentre lo controllava egli stesso con il piede.
Il gruppo si era nuovamente
fermato.
“Cari compagni” esordì il più
anziano “non possiamo fare altro che proseguire, come abbiamo fatto finora”
concluse, facendo il primo passo.
Tutti seguirono il suo
esempio.
“Per i miei piedi è pure
confortevole” constatò il calciatore.
“Forse ci vogliono concedere un
po’ di relax…” ironizzò, con un sorriso finale, Silvestri.
“Io ancora non mi fido…”
polemizzò ancora Sciullo.
Come fosse stato un brutto
presagio, il suolo iniziò a muoversi, facendo deambulare all’indietro tutti i
presenti sopra di esso.
“Ma che diavolo?” imprecò
Lupo.
“Questo è… un tapis roulant!”
esclamò sorpresa più che mai la moretta.
Di colpo, tutti quelli che
avevano già effettuato qualche passo sopra di esso, furono rispediti
indietro.
“Ora pretendono pure che facciamo
un po’ di ginnastica?” ci scherzò su Santucci, tenendo le braccia larghe e le
mani appoggiate lateralmente alla sua vita.
“Beh, male non potrà farci”
sottolineò Wilson.
“Certo ci è capitato nella nostra
peggior situazione: molti di noi sono infortunati, altri non hanno un grande
stato di forma fisica…” spiegò Sarti, fissando per un attimo Noro, mentre
concludeva il suo pensiero.
“Cosa vorresti dire?” sbraitò
l’uomo di scienza, in evidente sovrappeso.
Improvvisamente, l’attrice partì,
cominciando ad attraversare quel nuovo ostacolo “Per me non è un problema, ho
passato ore sopra questi cosi per avere questo fisico”.
Il calciatore fissava in silenzio
la sua quasi coetanea “A questo punto, devo cercare anch’io di rimettermi a
correre”.
Detto ciò, iniziò ad aumentare la
frequenza dei passi. Ma i suoi piedi infortunati non lo ressero. Finito sdraiato
sopra il rullante, tornò dove era partito.
“Forse dovremo cercare di aiutare
i più bisognosi…” propose il giovane imprenditore.
“Bene. Allora Simone tu occupati
di Tommaso, io penso ad Oscar” ordinò il poliziotto.
“Sì signore!” rispose il
militare.
“Ma quanto gli piace dare
ordini…” sussurrò appena il ladro.
I nove si prepararono per questa
improvvisata corsa di allenamento, mentre Rosa li aspettava di già dall’altra
parte, riprendendo fiato.
Una volta partiti, come da
previsione, i quattro personaggi, accoppiati a due a due, erano in netto
ritardo. Nella medesima situazione, questa volta per cause da imputare
esclusivamente a lui soltanto, vi era pure Stefano. Nel contempo, Lupo stava
ormai raggiungendo il traguardo.
“Dai su! Forza ragazzi!” li
incitava l’attrice.
Anche Silvestri, spronata forse
da colei che sentiva sia come amica che come rivale, riuscì a raggiungere il
pavimento immobile.
“Anf… ricordatevi di inspirare
con il naso… anf… e di espirare dalla bocca… anf” Wilson cercava, nonostante il
forte fiatone, di dare i suoi consigli medici ai compagni.
Approfittando della potenza
muscolare delle sue braccia, Roberto, riusciva quasi a tenere sollevato il più
anziano del gruppo che, nonostante fosse alto quanto lui, era decisamente meno
fisicato.
Per quanto riguarda l’altro
accoppiamento, sia Simone che il claudicante Tommaso cercavano di offrire la
medesima prestazione. Ma, ancora una volta, i piedi malmessi dell’atleta
cedettero.
Mentre entrambi si accovacciarono
al suolo, Sarti si avvicinò all’orecchio di Orsi.
“Ti chiedo un favore Tommaso:
Impegnati ancora una volta, come sono certo sai fare, così possiamo superare
questo nuovo ostacolo, e raggiungere gli altri per, speriamo, riposare”.
Il volto del centrocampista era
contratto dal dolore “D’accordo!”.
Dopo appena qualche secondo, la
coppia si rialzò e, con una velocità inaspettata, riuscirono ad unirsi
nuovamente a tutti gli altri. Tutti tranne uno.
Stefano Noro, sudato come se
stesse correndo ad una maratona, stava perdendo la sua sfida con la macchina.
“Non ci credo!” esclamò Andrea
Lupo “Come fa a rimanere lì?”.
“Ehi gente!” richiamò
l’attenzione di tutti Rosa Simone “Guardate qua!”.
Tutti si voltarono dall’altra
parte, trovandosi davanti una lunga piscina, fortunatamente allungata non nella
direzione che dovevano seguire loro.
“Una bella nuotata è proprio ciò
che serve alle mie stanche ossa” disse un sollevato Oscar Testa.
“E per quello sfigato cosa
facciamo?” chiese al gruppo Sara Silvestri, indicando con il pollice lo
scienziato, ancora impegnato con la corsa sul tapis roulant.
“Ci penso io!” urlò Marco
Sciullo, scattando a soccorrere l’amico.
Con questo importante aiuto, i
dieci erano di nuovo tutti insieme.
“Proprio quello che mi serve: una
bella piscina rilassante!” esclamò entusiasta il calciatore.
“Sicuro di farcela da solo?” gli
domandò il soldato.
“Certo! L’acqua annullerà il mio
peso e farà riposare i miei piedi” gli spiegò lo sportivo.
D’un tratto, un pensiero illuminò
lo sguardo del tutore dell’ordine.
“Se volete, ragazze, potete anche
togliervi qualche vestito, per effettuare meglio la nuotata…”.
La risposta della giovane attrice
fu “Porco!”.
“Col cazzo che lascio i miei
vestiti qui!” aggiunse la bionda.
“Cos’è? Avete paura che ve li
rubino?” le sfotté l’esperto in queste attività.
Ancora una volta senza proferir
parola, l’imprenditore si tuffò in acqua, cogliendo tutto il gruppo di
sorpresa.
“Bene, signori” riprese parola il
politico “Possiamo entrare in acqua anche noi”.
Quasi tutti, a parte gli
infortunati, si tuffarono in bello stile. L’unico che esagerò fu lo scienziato
che, preso da una strana euforia, si buttò a bomba.
“Era proprio necessario tutto
questo casino?” lo richiamo stizzita Rosa.
“Rilassati Rosa” le consigliò il
calciatore.
“Come siamo acide…” la canzonò
Sara.
“Scusatemi” parlò, una volta
tornato a galla, Stefano “Ma ci voleva proprio una bella nuotata!”.
“In effetti, è strano che ci
concedano tutto questo relax…” pensò ad alta voce Roberto.
“Forse si stanno stufando anche
loro” ipotizzò Andrea, mentre nuotava a dorso “Oppure presto ci faranno
secchi…”.
Queste ultime parole fecero
rabbrividire il resto della squadra.
“Possiamo provare a pensare
positivo?” esclamò stizzita Carla.
Detto ciò, la dottoressa fu
investita da un grosso schizzo d’acqua.
“Ha ragione Carla” disse l’altra
bionda della comitiva, autrice di quello scherzo “Ed io conosco un bel modo per
farci tranquillizzare tutti…”.
Nel giro di qualche secondo,
tutti i membri iniziarono a spruzzarsi addosso più acqua possibile. Lo stesso
Oscar, la persona più vecchia del gruppo, si divertiva a prender parte a quel
gioco infantile. Roberto cercava di bagnare il più possibile Rosa, nella
speranza di osservare più trasparenza possibile nella sua maglietta bianca.
Wilson si presa la sua vendetta su Silvestri, mentre anche Andrea e Marco
parevano liberi da ogni cattivo pensiero. Il più confusionario si confermò
Stefano, riuscendo a schizzare più gente possibile. Anche Tommaso si dimenticò
dei suoi infortuni.
Dopo un lazzo imprecisato di
tempo, la fatica, seppur condivisa con la gioia, prese possesso dei sette uomini
e delle tre donne.
Sara, mentre riprendeva fiato, si
mise ad osservare freneticamente il soffitto, come alla ricerca di qualcosa
“Ancora nessun richiamo?”.
“Davvero strano…” concordò la
moretta.
“In ogni caso, ci conviene uscire
dall’acqua” propose un guardingo Simone.
“Hai ragione, Simone. Meglio non
tirare troppo la corda…” aggiunse Roberto.
“Se non altro abbiamo dove
sistemarci!” informò gli altri Marco con la sua erre moscia, indicandogli un
punto davanti a lui.
Tutti si voltarono e videro
esattamente dieci sedie, ben saldate al pavimento, disposte tutte attorno ad un
tavola dalla forma rotonda.
“Almeno potremo rifiatare un
momento” ipotizzò un affaticato Orsi.
Con grande lentezza, la compagnia
uscì dalla piscina per accomodarsi in quell’improvvisato posto di ritrovo.
I dieci attesero lì per delle
ore, venendo riforniti di cibo e, per quanto riguarda Lupo, di sigarette,
trovati dentro ai soliti vani comparsi, come per magia, dalle pareti metalliche
della stanza.
Improvvisamente la porta di
uscita, situata a qualche metro da loro, si aprì, travolgendoli con una luce
accecante.
|