5:
An Ordinary Epilogue
Entrò
nella stanza con la sgradevole sensazione di avere gli occhi di tutti
puntati addosso.
Due
file parallele di manichini, disposti come a formare uno schieramento
di Guardie Reali in una sala imperiale, culminavano lungo il finire
della stanza con la Mimic ben adagiata sul suo trono, che attendeva
l’arrivo del suo giovane ospite.
Sorrideva
mostruosamente, curvando i bordi dello scrigno in un modo che dava a
Spike più di un brivido di timore.
Tra
gli abiti, chi non era uscito per affrontarlo in precedenza, ora
attendeva in disparte il proprio momento, e un gruppo più
corposo circondava la piattaforma sulla quale erano adagiate le due
pony.
Vedere
le sue amiche in quello stato pietoso gli provocò una
lacerante fitta di dolore al cuore, e si ripromise, ora e per sempre,
che mai al mondo avrebbe permesso alla gemma di adempiere al suo piano
crudele con loro.
Avanzò
con prudenza, seguendo il percorso che stavano delimitando i manichini;
la gruccia-arco, pronta a colpire, gli dava un’illusoria
sensazione di coraggio.
La
Mimic lanciò un segnale a uno dei finti equini, e questo si
spostò accanto al suo corpo-divano. Allora
cominciò a battere ritmicamente gli zoccoli anteriori,
completando quel gesto che i pony sono soliti fare quando devono
applaudire a qualcosa.
«Ho
combattuto contro i più potenti maghi unicorni di tutta
Equestria.» Cominciò lei, ordinando di cessare i
battiti. «Il fatto più divertente è che
nessuno di loro era mai stato capace di sorprendermi. Persino nella
sconfitta, già sapevo che nessuno sarebbe tornato a
cercarmi. Ma tu, Spike, cucciolo di drago, che hai trovato il coraggio
di fare ciò che invece gli altri avevano sempre
evitato… mi sento quasi onorata di averti
incontrato.»
Spike
strinse tra i denti il rubino intagliato a ciliegia, guardandosi
attentamente dall’abbassare la guardia verso i nemici
attorno, ma contemporaneamente, cercando di imporsi la calma. Sapeva
benissimo che se avesse attaccato per primo, probabilmente non gli
avrebbero concesso uno spiraglio di fuga.
Spezzò
il “dolcetto” in piccole parti, e lo
mandò giù prima di decidersi a parlare.
«Sono qui per riprendermi le mie amiche! Non
m’importa di te o di quali siano le tue
intenzioni!» Cercò di apparire posato.
«Le
riavrai, come ti ho già detto. Il tempo di consacrare il mio
ritorno e non avrò più ragioni per
trattenervi.»
«E
poi che farai? Invaderai il regno e ti prenderai tutta la Magia dei
pony? No, grazie. Ci siamo già passati.»
Lei
si mise a sogghignare con poca convinzione, come dopo una barzelletta
di mediocre qualità.
«Se
anche fosse, cosa ti aspetti di fare? Ti stai barcamenando in
un’impresa che va oltre la tua portata. Alla fine, tutto il
dispiego di energie che ti è costato sarà valso a
niente, e finirai per fare del male soltanto a te stesso!»
Nel
frattempo i manichini ruppero lo schieramento e si andarono a disporre
alle spalle del drago. Lui se ne accorse, e li intimò di
stargli alla larga sbuffandovi un arco di fuoco.
«I-io…
non riesco a capirvi.» Balbettò guardandosi
intorno.
La
Mimic mugugnò perplessa.
«Voi
“cattivi”, intendo… avete sempre tutto
questo potere… potreste compiere imprese leggendarie se
soltanto lo desideraste! Essere ricordati nei libri di storia per il
vostro buon cuore! Ma allora perché scegliete sempre la
strada del Male! Per quale motivo? L’odio? Il disprezzo?
Perché sentite sempre il bisogno di distruggere ogni cosa?!
Non potreste semplicemente per una volta, che ne so… amare?»
Tra
i manichini si accese una muta discussione, e gli abiti gesticolarono.
La
Mimic chiuse il coperchio, assumendo un atteggiamento serio, pensoso.
«Non
hai tutti i torti, in effetti… » disse
«… mi fai rammentare quella volta, quando la mia
famiglia decise d’invadere il Regno
del Grande Freddo…
»
Spike
non capì a quale regno si riferiva, ma di certo non poteva
trattarsi dell’attuale Regno di Cristallo,
perciò…
Oh!
Non divaghiamo!
«…
quattro delle mie sorelle vennero annientate… »
continuò «distrutte dai Cavalieri
dell’antico ordine dell’Armonia…»
Anche
qui, il nome non lo rimandava a nulla che avesse presente.
«…
bada, non è che non avessero un piano! Si erano infiltrate a
corte come gioielli della corona Reale, e mirarono a conquistare
l’impero attraverso il controllo sulle menti dei regnanti. Un
piano perfetto sulla carta, ma commisero l’errore di farsi
scoprire, e quando entrarono in campo i Cavalieri
dell’Ordine, l’incantesimo denaturalizzante fece
per loro il resto. Erano i primi anni dall’inizio delle
persecuzioni delle Mimic, e quelle sciocche non avevano fatto altro che
inasprire ulteriormente le tensioni tra i pony e la nostra razza. Il
lato divertente è che credo siano ancora incollate a quella
corona.»
Il
drago ascoltava perplesso la storia della gemma.
«Perché mi stai raccontando questo?»
«Noi
obbediamo al nostro potere, piccolo Spike.» Rispose.
«Manipoliamo e soggioghiamo la materia perché
questo è ciò che la nostra natura ci impone di
fare. Non provo odio verso i maghi unicorno che secoli fa mi hanno
imprigionato in questo scrigno. In verità, non mi sento
neppure animata da alcun sentimento di vendetta.»
La
nota di rammarico nelle sue parole accese nel rettile una luce di
speranza, ed era come se tutta la stanza brillasse un poco di
più. «Vuol dire che hai cambiato idea? Non
t’interessa più conquistarci?»
La
Mimic voltò lo scrigno-testa da un lato, guardando verso un
gruppetto di posseduti. «Sei coraggioso e anche saggio,
piccolo eroe. Potresti essere un grande esponente della tua razza un
giorno… »
Per
la prima volta, la gruccia smise di puntare il bersaglio, e si
rilassò.
«Peccato
che non arriverai mai a vedere quel giorno.»
Minacciò a bassa voce.
La
gruccia si raddrizzò.
«Cosa?!
M-ma… io pensavo che… »
«Non
avere timore, mi ricorderò di te come di
un’amabile distrazione lungo la scalata della mia ascesa. Ma
ora, per cortesia, vedi di farti catturare, e non intralciarmi mai
più!»
I
posseduti presero a muoversi reagendo al cenno della loro padrona.
«Maledetta!
Sei sleale, sei una vigliacca!»
«No!
Sono una Mimic! Sono uno spirito maligno che abita il nucleo di una
gemma stregata! Non ho bisogno di un corpo di carne che limiti la mia
eternità, tantomeno di un cuore
buono
che m’imponga come comportarmi!» E concluse la
frase con una risata isterica.
Di
nuovo punto e a capo: i serventi si avventarono su Spike, obbligandolo
a combattere per la vita.
Per
un po’ si limitò a eludere i loro assalti,
sgusciando sotto gli zoccoli dei manichini e allontanando gli abiti
troppo audaci con incerti sbuffi di fuoco, che erano per lo
più fumo; non poteva fermarsi a mettere a segno un colpo di
freccia o estrarre un’altra arma.
Il
suo corpo minuto, per lo meno, lo rendeva un bersaglio difficile da
agguantare.
Tentò
un ripiego verso la porta, e per poco non si tagliò la
pianta del piede con i cocci dello specchio quando vi passò
sopra, ma questo gli diede anche lo spunto per una nuova, disperata
idea.
Curvò
all’indietro e si diresse a tutta birra verso un altro
specchio, che angolò sul supporto in modo che il riflesso
puntasse verso il centro della stanza. Lì evitò
di essere afferrato da una delle vesti cerimoniali, scoccando
l’unico ago che tendeva sul filo della gruccia.
Allora
si precipitò verso un altro specchio, ruotandolo allo stesso
modo del primo, e ripetendo la medesima operazione con tutti gli altri
sei attorno alla stanza, evitando ogni volta la cattura per il rotto
della cuffia.
Da
parte loro, la Mimic e i suoi schiavi stavano allentando
l’impeto con il quale tentavano di bloccarlo, incapaci di
visualizzare l’ignoto disegno che si stava tracciando nelle
sue azioni.
Quando
finì, non cercò la salvezza attraverso la
ritirata, bensì, fece ritorno al centro della sala.
Aveva
il fiatone e i nervi tesi come le corde di un violino, ma anche un
sorriso che gli coloriva l’espressione.
«Ebbene,
e con questo che hai dimostrato?» Gli domandò la
Mimic, ancora dubbiosa.
Il
sorriso gli si dilatò fino a spalancarsi. «Ma
come? Non eri tu quella che non si sorprende mai? Tipico dei cattivi!
Parlate e parlate, ma quando si tratta di agire, siete soltanto fumo e
niente arrosto!»
«Pensi
forse di incutermi timore con le frasi da repertorio? Io ho
un’intera armata dalla mia parte, e tu? Quanti ancora pensi
di riuscire ad abbatterne prima di esaurire tutte le frecce al tuo
stupido arco?»
«Ed
è qui che ti sbagli, mia cara!»
«Uhm?!»
Mormorò la Mimic, inarcando la parte destra del coperchio.
«Intendi fare il misterioso ancora per lungo?»
«Non
ti preoccupare di questo, bella. Anzi, il meglio deve ancora
arrivare!»
E
schioccò le dita.
Fu
allora che la gemma, spostando lo sguardo in direzione di uno degli
specchi, ne comprese le reali intenzioni: i riflessi del drago
proiettati all’interno delle lastre si animarono di vita
propria, scostando quelli degli abiti che si frapponevano fra loro e il
bordo esterno delle stesse, uscendo dal loro mondo a due dimensioni per
entrare in quello dello Spike originale, al quale si unirono
raggruppandosi al centro.
«Come
la mettiamo adesso?» Chiese il drago originale, sghignazzando.
La
Mimic digrignò la “bocca”, esitando un
istante, per poi prorompere con tutta la potenza di un grido:
«Attaccateli!! Fateli fuori tutti!!».
Strillò
così forte che buona parte del suo esercito
sobbalzò di paura.
«Forza,
ragazzi! Facciamogli vedere chi siamo!!
All’attacco!!» Incitò lo Spike
originale, e le copie si dispersero avventandosi contro i serventi
della gemma stregata.
Fu
una battaglia senza esclusione di colpi, durante la quale i combattenti
di una e dell’altra sponda cadevano e si rialzavano in
continuazione sotto colpi di zoccoli, artigliate, morsi e strozzamenti
che piovevano da ogni dove e che si avventavano su ogni cosa.
Dalla
loro, i posseduti avevano i numeri nettamente superiori, ma i draghi
avevano il fuoco, e se un posseduto cadeva ferito a morte dalle
copie-Spike, questi ultimi, al contrario, parevano praticamente
invincibili, incassando colpi su colpi e tornando in carreggiata come
se niente fosse, con più grinta di prima.
«Non
così!! Gli specchi, dovete distruggere gli
specchi!!»
La
Mimic trottò col suo corpo-divano verso uno dei supporti, e
lì scagliò un colpo di gamba che finì
per aprire una profonda spaccatura sulla superficie della lastra.
In
quell’esatto momento, una delle copie-Spike si ruppe in mille
frammenti, sfumando in una vampata di essenza magica.
«Avete
visto?!? È così che dovete fare!! Fermateli prima
che mandino tutto in malora!!»
Qualcuno
colse il suo messaggio, e nei minuti seguenti il numero di specchi era
già drasticamente diminuito, così come le copie
di Spike.
Anche
la fazione della Mimic aveva però subito delle perdite
considerevoli: gran parte degli abiti erano stati stracciati o arsi
“vivi”, e oramai solo i manichini proseguivano la
lotta contro i cloni del drago.
La
Mimic puntò di fretta verso un altro specchio, quando uno
degli Spike tentò di balzarle addosso per coglierla di
sorpresa.
Rovesciò
il corpo-divano esattamente di novanta gradi facendosi leva su due
gambe e sollevandosi per aria, evitando il suo assalto.
Tornata
dritta, rimasero a fissarsi per qualche secondo, odiandosi
reciprocamente e augurandosi l’un l’altro la
disfatta, mentre intorno la battaglia infuriava senza dare segno di
fermarsi.
Il
drago la puntò con occhi feroci, mostrandole la dentatura
aguzza e affilata; in mano teneva la gruccia tesa e in carica.
La
gemma capì allora di trovarsi dinanzi allo Spike originale.
«Finiamola
qui, Mimic! Questa follia è durata anche troppo!»
Lei
quindi gli rise addosso, nel suo tipico modo di fare da cattiva
esaltata. «Il
buio ti rende cieco, piccolo! Io non ho neppure cominciato a mettermi
in mostra per intero!» Come ulteriore sfregio,
abbatté lo specchio che aveva adocchiato in precedenza,
togliendo di mezzo un altro clone. «Prima di quanto immagini,
striscerete ai miei piedi invocando il mio perdono! E io ve lo
negherò col supplizio!! Patirete – ve lo prometto
– nei fiumi che avrete riempito con le vostre lacrime, fino
quando la vita non avrà deciso di abbandonare per sempre i
vostri miseri corpi di carne e sangue!!»
Era
impazzita, nel modo più assoluto, totalmente fuori controllo
e smarrita nei dedali della sua stessa boria! Secoli
d’isolamento l’avevano privata della pur minima
traccia di coscienza, riducendola a una voce che vomitava calunnie ad
un mondo che non le era mai appartenuto.
Ma
era un mondo che bramava, e che desiderava conquistare per riscattarsi
di una famiglia che l’aveva da sempre accentuata come
l’elemento più debole del clan.
Una
piccola gemma destinata al nulla, e che malgrado ciò, su
tutti avrebbe prevalso.
Ma
questo Spike non poteva saperlo. Non poteva comprendere la tristezza
del suo passato e il dolore che aveva patito ogni volta che aveva
appreso della scomparsa di un suo famigliare. Gli stessi che si
burlavano di lei ad ogni piè sospinto, ricalcando la sua
inferiorità, seppure lei li scongiurasse in ogni momento di
darle retta.
Distratto
dalle sue parole, Spike non si accorse che la Mimic aveva approfittato
di quel momento per evadere dal laboratorio.
Fece
per seguirla, ma un manichino gli sbarrò la strada
frapponendosi fra lui e la porta.
Con
una zoccolata, il sintetico era pronto a pestarlo, quando una
copia-Spike intervenne da fuori montandogli in groppa e stringendolo
per il collo.
Lo
Spike originale approfittò di quel momento per piantare un
nuovo dardo sulla fronte del posseduto, che si
“spense” rimanendo immobile in quella postura.
«Grazie
dell’aiuto!» Disse, battendo con il suo clone un
cinque. «Teneteli a bada mentre sto via, che nessuno esca di
qui!»
La
copia taciturna annuì, lanciandosi immediatamente verso il
prossimo bersaglio.
La
Mimic corse, per quanto le esili gambe le consentivano, ma era
ugualmente lenta, e presto Spike riuscì a raggiungerla.
Si
trovarono nella Hall, a pochi metri dall’uscita della
boutique.
Il
drago frugò nella bisaccia, estraendovi il phon. Era il
più pericoloso dei gadget che teneva con sé, ma
nulla se messo a confronto con il pericolo di lasciarla uscire dal
negozio; era un azzardo che andava corso per forza!
Chi
poteva predire quali conseguenze avrebbe prodotto su Ponyville se le
avesse concesso il tempo di raggiungere l’esterno!
Prese
dunque la mira, augurandosi di centrarla al primo colpo, altrimenti
avrebbe dovuto giustificare a Rarity l’ennesimo enorme
crepaccio scavato sul pavimento della sua casa.
Deglutì
quanto gli restava nella gola secca e trattenne il fiato per
bilanciarsi, spingendo la sua concentrazione oltre il limite mai
raggiunto, supplicando Luna e Celestia di essere caritatevoli con lui
quella sera.
*SWISS!*
*CRASH!*
Il
fascio di plasma troncò di netto uno dei piedi del divano,
carbonizzandolo come sterpaglia, e lo scrigno fu scalzato via dal suo
corpo, rimbalzando bruscamente per alcuni metri sulle piastrelle.
La
Mimic finì scaraventata fuori dalla fodera, e Spike la
poté udire mentre rantolava di dolore stramazzando.
Si
avvicinò a lei, con attenzione. Nell’impatto, la
cerniera arrugginita dello scrigno aveva definitivamente ceduto alle
intemperie del tempo, ed ora il coperchio giaceva
all’insù strappato dal resto del contenitore. Un
po’ come la Mimic, che “smembrata” dal
corpo, ora sembrava a tutti gli effetti una misera ed indifesa gemma
acquamarina.
Spike
si chinò per prenderla, ottimista e convinto di averla
finalmente in pugno.
Ma
che successe? La gemma si rianimò, emettendo una serie di
gemiti doloranti!
Per
un istante fu come se si girasse per esaminare il drago, quindi,
cogliendolo impreparato, iniziò a rotolare in direzione del
corridoio alla fine della hall (in questo, la sua forma ovale le
semplificò di molto la fuga).
Spike
fece per afferrarla con un salto, ma si rese conto, suo malgrado, che
qualcosa gli stava tenendo bloccati i piedi: era lo stesso pavimento,
che per volontà della Mimic stava agendo su di lui come una
colla a presa rapida!
Vani
si rivelarono i molti tentativi di staccarsi, e se la Mimic avesse
trovato il modo di fuggire, altrettanto lo sarebbero stati tutti gli
sforzi compiuti per fermarla!
Bloccato
in una posizione che era tutta fuorché comoda,
sfilò dalla spalla la sua leale gruccia e –
neanche a farlo apposta – prese dal puntaspilli
l’ultimo ago che gli era rimasto a disposizione.
Lo
scocco fu preciso al millimetro, quasi come se la freccia seguisse un
binario prestabilito dall’arciere, che collegava
l’arco al suo bersaglio ultimo, infallibile nonostante le
tante piccole variabili che avrebbero potuto alterarne la traiettoria.
Ma quando, infine, l’ago arrivò al guscio lucente
della fuggiasca nemica, esso ne venne sbalzato all’indietro
come respinto da un campo di forza opponente, sussurrando un timido
tintinnio prima di trovare quiete nel più completo silenzio
a terra.
La
Mimic si arrestò e si mise diritta, e voltandosi su di lui
reagì come se aveva appena assistito all’azione
più sconsiderata compiuta sulla Terra.
«Fai
sul serio?!» Chiese per mezzo di una voce eterea che
scaturiva dal nucleo della pietra. Aveva lo stesso timbro che dava
suono alla bocca dello scrigno, ma senza i clangori del metallo
ossidato che s’intercalavano alle parole. «Davvero
pensavi che un banale spillo potesse intaccare il mio guscio?!
Svegliati, sono una gemma! Sono fatta dei materiali più duri
al mondo, hahaha!!»
Giusto!
Era stato un ingenuo a illudersi che bastasse così poco per
metterla K.O., stupido che non sei altro, Spike! Non sei riuscito a
combinarne una giusta neanche stavolta! Twilight aveva ragione a
dubitare di te!
Ah,
se soltanto ci fosse stato qualcosa che avresti potuto fare per
rimediare al tuo casino!
Come?
Ce l’hai?! E cosa diavolo… oh, già!
Ebbene,
ricordate quando vi era stato accennato che nella borsa vi erano
contenuti tre
oggetti
ingombranti?
L’allisciacriniera
(la lama) era stata la prima a essere rivelata. Il phon
(l’arma da fuoco) la seconda. Ma come ogni buon cacciatore
sa, per catturare la preda, a volte ci vuole anche… la
rete.
«Una
gemma, già.» Ripeté Spike, contemplando
il pavimento. «E immagino che sei anche di ottima
caratura… »
«La
più sgargiante del vostro miserabile regno!»
Rispose vanagloriosamente la Mimic.
Spike
increspò leggermente le labbra. «Quindi
immagino che non ci siano problemi se per esempio ti mettessimo alla
prova… » e lì estrasse il Terzo oggetto
«… con questo!»
Si
trattava di un utensile elettronico di forma rettangolare, lungo sui
quindici centimetri, con una scocca nera che terminava con una punta a
penna e un piccolo indicatore pieno di luci, che si estendevano per
tutta la sua lunghezza: un tester di purezza per diamanti.
Per
un attimo la Mimic passò dal suo splendido riflesso
acquamarina e viola, ad una tonalità più opaca e
smorta. «No!
Non puoi farlo! Non osare!!»
«Oh
sì invece! Coraggio, vieni da Papà, fatti
esaminare!».
Quando
lo attivò, il tester si mise in funzione, e un fascio di
luci cominciò a salire attraverso l’indicatore a
lato del dispositivo.
La
Mimic tentò la fuga, sbraitando e lottando, ma fu trattenuta
da un reticolo di filamenti di Magia che si avvolsero intorno a lei
risucchiandola sempre più vicino a Spike, tagliando uno per
uno i metri che li separavano dalla resa dei conti.
Il
drago si sentì i piedi liberi di muoversi; la gemma doveva
aver pensato che in questo modo avrebbe potuto svincolarsi
più facilmente dalla cattura, ma ogni suo impeto non
portò a nulla.
Alla
fine, Spike la bloccò a terra con un piede, confutando il
risultato del tester dopo che questi ebbe emesso alcuni bip.
«Come
pensavo, sei solo bigiotteria da due soldi!» La
schernì con orgoglio.
Sotto
la pianta, lei si dibatteva ancora. «Credi di avermi battuto,
povero illuso! Guardati in giro! Guarda dove sei!»
Guardò,
e non si sa come, né quando, il corridoio si era affollato
di nuovi serventi della Mimic.
Stavolta
la gemma non aveva assunto il controllo solo degli abiti e dei
manichini rimasti, ma anche di tutto l’arredo facente parte
del negozio.
I
robusti armadi e il solido tavolo in legno della cucina, in
particolare, erano le entità che più di tutti gli
dettero ragione di preoccuparsi, qualora avessero deciso di attaccarlo
in gran massa.
«Ho
il controllo su tutta la casa!» Gridò la
catturata. «Anzi, no! Io SONO la casa!! Qualsiasi cosa tu
faccia non varrà NIENTE in confronto al mio potere!!
NIENTE!! Hai perso, piccolo Spike!! Hahahah!! Oh, e scordati pure di
rivedere le tue amiche salve!! Quando avremo concluso con te, le
divorerò in un sol boccone, e di loro… non si
saprà… più…
NIENTE!!!»
Un
altro “niente” e avrebbe dato di stomaco.
“Oh,
ma stai zitta un po’!”
Ad
un certo punto decise di prenderla tra le mani, senza proferir
parola…
«C-che
vuoi fare?! Mettimi subito giù, è un
ordine!!»
Ma
poteva strillare quanto voleva.
Spike,
senza tanti complimenti, se la infilò in bocca e la “divorò
in un solo boccone!”
Masticò
di fretta, sbriciolandola tra i denti prima che qualche servente
prendesse l’iniziativa di entrare in azione.
Lo
volete sapere? Era deliziosa, esattamente come gli era parso la prima
volta. Sfortunatamente, però, il tempo per godersela gli era
disdetto.
Trangugiò
l’impasto di granuli e saliva e si rannicchiò per
terra in posizione fetale, aspettando chissà quali
ripercussioni dal mobilio furente.
Ma
non accadde nulla.
O
meglio, avvertì nello stomaco una sgradevole sensazione di
fastidio simile al brontolio avvertito quel pomeriggio, ma nessuno che
sembrava avere intenzioni ostili verso di lui.
La
Hall era silente, quindi si azzardò a sollevare lo sguardo,
accorgendosi che nulla, ma proprio nulla si muoveva più nei
dintorni, da quando la Mimic aveva trovato nuova culla nel tiepido
torpore del suo pancino.
Era
finita per davvero stavolta. Distrutto il burattinaio, non
c’era più nessuno a tendere i fili dei posseduti.
Gli
abiti volanti e le folli bramosie di conquista della pietra erano ora
solo un ricordo del passato. Dello Spike del passato.
“CI
SONO RIUSCITO! DA SOLO!! HAHAHA, MITICO!!! COME LA METTIAMO ADESSO,
TWILIGHT?? CHI E’ L’INAFFIDABILE?!?”
Poco
importava se mentre esultava per tutta la stanza, urtava contro il
disordine e i rimasugli della battaglia che aveva ingaggiato pocanzi.
“Aspetta
un momento…” si
ricordò in quel momento
“Twilight!… Pinkie! O.O !! Devo andare da
loro!!”
Le
trovò sedute lì dove le aveva lasciate, con le
teste che danzavano frastornate.
L’alicorno
si massaggiava una tempia con uno zoccolo, mentre un gruppetto di
stelline brillanti ruotavano intorno all’orbita della pony
rosa.
«Ragazze,
ditemi qualcosa! State bene?!» Chiese Spike, percuotendo la
Principessa sul fianco.
«C-cred-o
d-di s-s-sì.» rispose, scostandolo subito per
riuscire a parlare. «Dov’è la Mimic
adesso?»
«Distrutta
per sempre! Ci ho pensato io!»
Twilight
allargò gli occhi perplessa . «Tu? Non
è possibile! Come ci sei… »
La
interruppe subito e le fece un rapido resoconto di tutto ciò
che aveva passato fino a quel momento, compresa
l’abilità con la quale era riuscito a servirsi dei
suoi poteri, e la drastica soluzione adottata alla fine.
Questo
diede tempo alle due giumente di rimettersi in sesto sulle proprie
zampe.
«Te
la sei mangiata?!» Commentò la Principessa al
termine. «Sei proprio incorreggibile, Spike!»
«Ma
sono stato bravo, non è vero?» Sorrise squeettendo.
“Certamente!”,
se si sorvolava sulla causa dell’incidente, ma questo
Twilight scelse di non dirlo. Malgrado tutto, se l’era
giostrata bene, anche senza il suo aiuto.
«Sì!»
Si limitò a rispondergli con un dolce sospiro, sfregandosi
la guancia contro la sua. «Ma adesso dobbiamo rimettere tutto
in ordine prima che torni Rarity!»
«Sono
d’accordo. Metà della sua casa è in
fiamme, l’altra metà a pezzi…
*gulp!*… non oso pensare a cosa sia peggio: una Mimic con
manie di conquista... o Rarity inferocita!»
«Un
modo lo troveremo, non disperare. La notte è ancora
giovane.» Disse l’amica, mentre urtava
accidentalmente un manichino privo di vita, che cadde spezzandosi a
metà una zampa.
«*stragulp!*…
Pinkie, non è che per caso possiedi un cannone in grado di
riordinare le stanze in un attimo?» Chiese il drago, che a
quel punto stava già considerando di compilare la lista
delle sue ultime volontà.
«Oh,
aspetta un po’ che controllo!» La pony
cavò dal nulla il suo consueto party cannon, ma quando fece
per sparare l’unica cosa che ottenne fu di riempiere il
laboratorio di coriandoli, addobbi e festini, sconquassando ancora di
più la stanza.
Con
la medesima tranquillità, lo fece sparire tra le pieghe
della sua ombra, rispondendogli poi: «No, mi dispiace,
l’ho lasciato a casa!»
“*ultragulp*!”
Oramai
al drago non gli rimaneva quasi più niente da deglutire.
«Lascia
perdere, Spike. Ho io quello che ci vuole qui, stai a
vedere… »
Twilight
allora si cimentò in un nuovo tipo d’incantesimo:
il manichino azzoppato fu riportato in posa eretta, issato da un
sottile alone dell’incanto levitazione. La stanza poi si
riempì di luce, costringendo i presenti a coprirsi gli occhi
con quel che potevano. Quando tutto finì,
l’assistente osservò che l’equino
sintetico non solo era di nuovo integro, ma addirittura era tornato a
posare sorretto dalla sua piantana.
Ma
Twilight Sparkle non si limitò soltanto a quello! Lo stesso
incantesimo lo ripeté anche ad alcuni stracci spappolati, da
cui rivoli di fumo scaturivano dalle pieghe in disfacimento, e anche a
uno degli specchi sfondati durante la rissa. Due forti espansioni di
luce ed entrambi tornarono com’erano in origine.
Twilight
si strofinò il sudore, e Spike ammirava il realizzarsi di
quel miracolo con le lacrime che gli gonfiavano gli occhi.
«È la cosa più bella che abbia mai
visto… » disse commosso.
«Davvero
pensavi che ti avrei lasciato badare al negozio senza prepararmi una
contromisura?» Insinuò lei.
In
effetti…
Riordinarono
per buona parte della notte da soli, senza prendersi quasi mai un
momento di riposo.
Pinkie
aiutò Spike lì dove era richiesto spostare i
mobili, e per ripulire da terra lo sconquasso (e la sua folta criniera,
stile “panno elettrostatico”, era
l’ideale per raccogliere la polvere anche negli angoli
più impossibili), mentre Twilight aggiustava per mezzo della
magia qualsiasi cosa fosse andata distrutta durante gli scontri.
Ma
il lavoro si rivelò molto più arduo di quanto
temessero.
Dopo
tre ore di pulizie ininterrotte e neanche metà del lavoro
concluso, votarono all’unanimità (a Pinkie sarebbe
andata bene qualsiasi decisione, poiché in ogni caso si
divertiva un mondo) di rivolgersi a un’agenzia specializzata
in interventi domestici e incidenti casalinghi.
Gli
unicorni in divisa blu che si presentarono alla Carousel Boutique un
quarto d’ora più tardi presero il loro posto con
il quintuplo dell’efficienza e un decimo del tempo, e con le
medesime formule riuscirono ad aggiustare anche i più
pesanti danni edili, restituendo al negozio il suo splendore naturale.
Al
sorgere dell’alba, nessuno avrebbe sospettato che durante la
notte, tra quelle mura ora linde ed intonse, si era combattuta una
lotta senza quartiere contro una gemma con manie di grandezza e il suo
esercito di leccazoccoli ambulanti.
Ogni
manichino era ricostruito e riportato in stanza, ogni abito ricucito e
riposto negli armadi, aghi e grucce recuperati e riappese.
Il
conto delle ricostruzioni fu salato, ma Twilight deglutendo la bile si
prese l’impegno di accollarsi tutta la spesa, fino
all’ultima moneta.
Sapeva
già quale punizione avrebbe inflitto a Spike per farsi
sdebitare: presto altri libri si sarebbero aggiunti a quelli
già stipati in biblioteca, e senza l’aiuto della
sua magia, gli ci sarebbero voluti dei mesi per mettere in ordine ogni
singolo volume nel giusto ripiano.
Mandati
via gli unicorni delle pulizie, il trio passò in rassegna
stanza per stanza, per verificare che fosse tutto in ordine.
«È
perfetta!» Commentò Twilight trottando tra Spike e
Pinkie Pie. «Sembra come nuova!»
«Ed
è stato arci-super-spassoso! Vi andrebbe di rifarlo da
capo?»
«Ahm…
magari la settimana prossima, Pinkie.»
«Hmm,
non saprei.» Disse il drago dubbioso «Qualcosa non
mi torna. È come se mi stessi dimenticando…
» poi si batté la fronte con il palmo della mano
«Per Celestia, Opal!!» E corse via.
«Da
quanto tempo è chiusa lì dentro?!»
Domandò la Principessa, di fronte alla porta dello
sgabuzzino.
«Ti
dirò, è stata la prima cosa che ho incontrato
stanotte quando tutto è cominciato… »
«Allora
sarà furente, fai attenzione!» Si
raccomandò, arretrando d’un passo insieme alla
pony di terra.
Spike
allungò la mano verso il pomello, girandolo con molta
cautela.
Sì
aprì un varco che dava ad un anfratto buio e nefando, e vide
i segni dei graffi che ricoprivano non solo l’interno della
porta ma anche per terra, dovunque la luce del giorno rifletteva con i
suoi raggi solari.
Due
occhi gialli, dalle pupille a taglio, strette e penetranti, si
agganciarono a Spike da dietro un ripiano in alluminio.
«Opal…
ehm… sono qui per farti uscire… »
tartagliò Spike, stretto su di sé
«scusami se ti ho chiuso qui dentro, io… n-non
sapevo come altro fare… mi dispiace davvero, io …
so che puoi capirmi, e so anche sicuramente mi hai già
perdonato… in fondo… s-siamo amici…
non è vero?» Per essere più
convincente, allungò verso di lei anche il palmo della mano,
con molta reticenza «…non è
vero?»
Opal
però non si fece incantare da quelle parole. In
quell’istante riuscì soltanto a pensare a una
cosa: VENDETTA!
Balzò
fuori dallo stanzino gridando la sua collera con il sangue negli occhi,
rovesciando dietro di sé un secchio e un paio di scope.
Anche
Pinkie balzò, nel suo caso, in braccio a Twilight.
«Ahh, aiuto!!! È ancora posseduta!!»
Ma
Spike tenne a precisare. «No, non lo è.
È soltanto affamata.»
Opal,
infatti, dopo essere uscita, voltò il capo
dall’altra parte, offesa col gruppo, e se ne andò
in cucina, snobbandoli completamente.
Un’ora
dopo.
«Com’è
che si dice in questi casi? Tutto è bene quel che finisce
bene?» Chiese Spike, mentre con Twilight si trovavano fuori
dal negozio in attesa del ritorno di Rarity.
«Certo
che hai una bella faccia tosta a parlare così dopo quello
che hai combinato!»
«Ssì,
mi sembra di ricordare qualcosa del genere.»
Asserì, accucciandosi per raccogliere una foglia dal prato.
«Ma guarda i lati positivi: la Mimic non
c’è più e il negozio è
tornato in ordine. Merito mio, modestamente, che sono riuscito da
solo a
salvare la situazione!»
«Oh,
già, lode al grande guerriero!» Ruotò
gli occhi «ma non dimenticare che una volta tornati a casa
non esci da lì finché non avrai catalogato la
biblioteca da capo a zoccoli!»
«Farò
questo sforzo, che sarà mai? E poi, con questi poteri sono
certo che finirò in un lampo… »
lanciò la foglia verso la corteccia di un albero, dove si
piantò come la lama di un coltello.
«Centro!» Esultò alzando i pugni.
«Ho
deciso, da oggi ci sarà un nuovo supereroe ad Equestria!
Correrò tra i tetti di Manehattan! Salverò pony
indifese dai vicoli malfamati! Avrò anche
un’identità segreta… e tu,
Twilight… » la puntò contro il dito
«sarai la “mia”
assistente! Ti occuperai di relazioni pubbliche, parlerai coi
giornalisti, e se per caso qualcuno dovesse andare vicino a svelare la
mia identità, tu negherai tutto!»
«Oh,
non vedo l’ora!» Finse entusiasmo, mentre si fece
comparire alle spalle un arcano tomo d’incantesimi
dimenticati.
«…
ah! E dovrò chiedere a Rarity di prepararmi un costume su
misura! La calzamaglia tutta colori col mantello rosso ormai
è fuori moda, meglio uno oscuro trench da vigilante
tenebroso. Già mi ci vedo! Mi
chiamerò… Squama
Nera!
E probabilmente faranno di me anche dei fumetti, magari in
collaborazione con i Power Ponies! Potrei prendere il posto di Humdrum
e diventare la loro nuova spalla!»
«Hehe,
guarda qui piuttosto, stupidone!»
Twilight
attese che il draghetto si girasse e a quel punto gli toccò
la fronte con il corno.
Un’irradiazione
magica lo ricoprì sollevandolo temporaneamente da terra, e
quando ricadde, a Spike fu sufficiente esaminare il pesante volume
portato dall’alicorno per capire che cosa gli era successo.
«M-ma…
perché?» Piagnucolò gettandosi sulle
ginocchia.
«Pensaci,
non ti ha insegnato niente quest’esperienza?»
Spike
ci rimuginò sopra. «Beh… immagino che
la lezione sia… “che certi poteri, specie se non
si sa controllarli, è meglio perderli che
trovarli…”»
«Sbagliato!
“Non assaggiare le cose degli altri senza
permesso”. Questa è lezione, non te lo dimenticare
la prossima volta!»
La
foglia impiantata sulla corteccia si ammosciò sotto il suo
sguardo abbattuto. «Se lo dici te, Twilight…
»
C’era
di buono che per lo meno ora non si sentiva più lo stomaco
sottosopra… anche se gli era tornato l’appetito.
Poco
dopo, una batteria di zoccoli in avvicinamento cominciò a
farsi udire dal sentiero che dall’aperta campagna si
dispiegava su Ponyville.
Rarity
si stava sporgendo dal vano sinistro del cocchio, e salutava la coppia
di amici con aria radiosa.
«Yuhhuu!»
Scendendo
dal mezzo, li accolse calorosamente tra le sue braccia, manifestando la
sua gioia. Era al settimo cielo.
Scambiati
i convenevoli, quando Twilight le chiese come fosse andata la
presentazione, lei subito si accinse a rispondere:
«Oh
amici, non potete immaginare! È stata davvero…
com’è che direbbe Rainbow?
DI.VI.NA!! I
clienti sono rimasti estasiati dalla nuova linea e mi hanno richiesto
ordinazioni per tutto l’anno che verrà!»
Continuò ancora: «Ci pensate?! Grazie a questo
forse riuscirò finalmente ad ampliare la mia
attività, estendere il negozio!»
E
qui Twilight e Spike si lanciarono un’occhiata furfante.
«Hehe-ehm…
sono proprio contenta, Rarity. Te lo sei meritato!» Rispose
l’alicorno, mettendosi indosso la più plateale
faccia di bronzo che mai le si era visto fare da tempi immemori.
«Naturale,
mon
trésor,
del resto quando una ha occhio per la bellezza!»
Agli
stalloni chiese garbatamente di scaricare le sue valige, quindi
tornò a dedicarsi a loro. «Amici,
c’è qualcosa che non va? Vi vedo un po’
tesi? Opal vi ha creato problemi forse?»
Twilight
e Spike si affrettarono a negare.
«E
con la gemma com’è andata? Te ne sei occupata,
Twilight?»
La
Principessa s’irrigidì, come se un grosso
calabrone le avesse appena punto il didietro. «Certo che
sì, è lì in casa che ti
aspetta!» Sorrise tanto forzosamente che le gengive
iniziarono a dolerle. A Spike era invece tornato il brontolio alla
pancia.
«Oh
magnifico! Non vedo l’ora di mettermi al lavoro!
Sarà l’abito più sensazionale della
storia degli stilisti di Equestria!» Disse, non sospettando
di nulla.
Il
cocchio era ripartito, e la unicorno dal manto perla si stava avviando
verso l’entrata della Carousel Boutique.
«Spikey
tesoro, ti dispiacerebbe portare le mie valige in casa? Sai, lo farei
io, ma sono troppo impaziente di ammirare la mia splendida
pietra!»
«Oh…
ehm, sì… nessun problema.»
Bofonchiò il piccolo assistente, mentre la guardavano
allontanarsi oltre la porta canticchiando.
«È
FINITA, SONO UN DRAGO MORTO!!» Scattò per aria
stropicciandosi le creste tra le mani.
«Che
scema che sono stata!! Ero così impegnata con le pulizie che
mi sono completamente scordata della Mimic!!»
«E
ora che cosa si fa?! Dove mi nascondo?!»
«Tranquillo,
Spike, una soluzione la troveremo, vedrai che… »
Sia
il drago che la pony udirono distintamente la voce di Rarity chiedere a
gran voce dove fosse.
«Ok,
ho un piano… tu trattienila quanto più a lungo
puoi… »
«E
tu che farai invece?!»
«Mi
cercherò una barca e salperò per
l’oceano!»
In
quel momento le fitte allo stomaco si fecero più acute, e un
rigurgito convulso gli risalì lungo il gargarozzo
espletandosi in un baritonale rutto: *BURP*,
seguito
da una fiammata verde e dalla comparsa di una pergamena di Celestia.
Ma
non fu questo per lui una ragione per provare sollievo,
perché insieme ad essa ne venne fuori, accidentalmente
rigurgitata, anche una piccola, infinitesimale (ma cacchio se
eloquente!) scheggia di Mimic, in cui erano inconfondibili sia la
prevalenza dei riverberi acquamarina, che le sfumature violette.
«Mi
potreste dire dove l’avete messa, ragazzi?»
Arrivò Rarity, ripetendo la domanda, giusto in tempo per
vedere Twilight prendere la pergamena e svanire alla loro vista
teletrasportandosi via. «Mi sono appena ricordata che ho
delle faccende importanti a castello, ci vediamo più
tardi!» Annunciò, un momento prima di svignarsela.
«No,
non mi lasciare solo con lei, Twilight!!»
Ma
era inutile lamentarsi, perché Twilight era ormai bella che
lontana.
«Che
le è preso?» s’interrogò la
unicorno, accorgendosi solo ora di avere pestato qualcosa con lo
zoccolo.
«Ma
questa è… »
Spike
non seppe descrivere l’insieme di sensazioni che lo
investirono in quel momento, né l’enorme massa di
materiale indefinito che deglutì subito dopo.
«Rarity…
t-ti giuro che… p-posso spiegarti tutto…
perché non andiamo a-a fare c-colazione,
t-t-ti va?»
Rarity
osservò a lungo quella cosa per terra senza emettere verso...
«TORNA
SUBITO QUI DELINQUENTE DA STRAPAZZO!! CRIMINALE!! MOSTRO!!»
Gli corse dietro per tutto il villaggio.
«Ti
prego, cerca di calmarti!! Non è come credi!!»
«VOLEVI
LA COLAZIONE?!? VOLEVI MANGIARE?!? ECCO, TIENITI QUESTA, BON
APPÉTIT!!» Preso con il corno un intero tavolo
all’aperto di un bar, Rarity glielo scagliò contro
completo di sedie, e se non fosse stato per la pratica appresa in
combattimento durante la notte, quasi sicuramente l’avrebbe
steso. Ma lui riuscì ad evitarlo, e al suo posto venne
colpito un ignaro pony di terra dal manto verde che passava di
lì solo per caso.
«Ma
perché capitano tutte a me!! Che ho fatto di male per
meritarmelo?!? Rivoglio i miei poteri!! Rivoglio la mia gruccia!!
TWIIILIIIIGHT!!!»
E
si rincorsero così a lungo, ancora per molte ore.
Secondo
le leggende che si narrarono negli anni a seguire, Rarity ad un certo
punto riuscì ad acciuffarlo, e preda della rabbia, chiese a
Celestia di bandirlo per sempre sulla luna, dove da allora lui risiede,
piangendo la fame che ancora oggi non trova sollievo.
Qualcuno,
invece, tifando per lui, è pronto a giurare che alla fine
raggiunse la costa, e imbarcandosi in fretta e furia per il grande
mare, trascorse il resto dell’esistenza navigando sui flutti
e scoprendo così nuove terre oltre l’orizzonte.
Altri
invece, più razionali, sostengono che alla fine
l’equivoco si sia chiarito, e che il piccolo Spike trascorse
il resto dell’anno a riordinare la biblioteca del Castello
dell’Amicizia, col divieto assoluto di rivolgere la parola
alla pony bianco-perla fino a data da destinarsi.
A
detta di lui, questa fu la peggiore punizione che avessero mai potuto
infliggergli.
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THE
HAPPY ENDING
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