cuccioli
Cuccioli
Non appena mio figlio mi
ha chiamato
per avvertirmi che sua moglie aveva avuto il bambino e che, quindi, ero
diventata nonna, ho cercato in tutti i modi di liberarmi dal
lavoro per
potere andare a vedere mio nipote.
Ma, sfortunatamente, c'era un'intera scolaresca intossicata con delle
merendine andate a male e ho dovuto rimandare.
Finalmente, dopo più di un'ora e dopo avere
sistemato tutti
i bambini e tranquillizzato tutte le madri, ho potuto
scendere nel
reparto maternità per incontrare il mio primo nipotino.
Ero
così elettrizzata: non stavo più in me
dall'emozione.
Non appena sono entrata nella nursery, ho avuto davanti agli occhi
un'immagine che
credo porterò con me per tutta la mia vita: mio figlio
seduto
sulla poltrona a dondolo con il piccolino fra le braccia!
Il mio cucciolo che teneva in braccio il suo piccolo cucciolino!
Non avevo mai visto niente di più tenero, di più
commovente e di più bello.
Lui, il mio Christian, era tutto intento a cullare il bambino, sembrava
come affascinato e lo guardava
con uno sguardo amorevole come mai gli avevo
mai visto, se non per Ana, sua moglie. E mentre lo cullava
gli parlava
dolcemente:
"Benvenuto, piccolino. Sono il tuo papà"
gli diceva "il tuo papà. Mi prenderò cura di te
e farò in modo che non ti accada mai niente di male. Ti
proteggerò sempre dalle persone cattive e non ti
farò mai mancare nulla. Non soffrirai né la fame,
né il freddo, né la solitudine. E di sicuro
nessuno mai
alzerà una mano contro di te, mai ...nessuno mai. Te lo
prometto"
Immediatamente ho ripensato ai suoi primi anni di vita e mi
sono venute le lacrime agli occhi.
Il mio
povero bambino!
Ricordo ancora, come se fosse ieri, la prima volta che l'ho visto
quando me l'hanno portato in ospedale per visitarlo. Era ridotto pelle
e ossa, uno scheletro, e gravemente disidratato. Era piccolo piccolo,
spaventatissimo, terrorizzato, aveva lividi e segni di maltrattamenti
un po' dappertutto.
E poi aveva quelle cicatrici!
Mio Dio! Sedici
cicatrici rotonde, sette sul petto e nove sulla
schiena, sedici
segni di bruciature da mozzicone di sigaretta.
Mi sono sempre
domandata quale razza di animale possa avere fatto questo ad un bimbo
così piccolo e mi sono sempre domandata quanto deve avere
sofferto lui,
povera stella, quanto male deve avere sentito.
Ricordo perfettamente com'era quando è finalmente venuto a
stare
con noi; non parlava e non sorrideva mai. Non piangeva mai; ed
è strano questo per un bambino. Era sempre triste e non
voleva essere toccato. Di notte aveva incubi che dovevano essere
terribili, così immagino perché non mi
ha mai detto
cosa mai sognasse. Ma erano sicuramente atroci perché si
svegliava sempre urlando e con la maglietta zuppa di sudore e
tremava...oddio quanto tremava.
Ho passato tante notti in bianco a
cercare di farlo riaddormentare; mi sedevo vicino a lui e gli cantavo
una canzone o gli raccontavo una fiaba, gli prendevo la mano
perché non si lasciava toccare da nessun altra parte.
E mai si è lasciato toccare, per anni. Crescendo si
è
trasformato da bambino problematico ad adolescente ribelle fino a
diventare un giovane uomo di successo, sempre freddo e distaccato con
tutti, anche con noi che siamo la sua famiglia e gli vogliamo bene.
Sembrava quasi non sapersene che fare del nostro amore, del nostro
interesse nei suoi confronti.
C'era come una barriera, un muto di cinta che lui aveva creato e nel
quale si era rinchiuso. Per evitare di soffrire, questo lo capisco. Ma
negandosi la possibilità di amare ed essere amato.
Tante volte, quando lo vedevo più triste del solito,
quando capivo che stava annaspando, lottando contro i suoi
demoni, avrei tanto voluto abbracciarlo,
stringerlo forte a me. Ma non potevo e questo mi faceva stare male.
Molto male.
Christian ha cominciato a cambiare, seppure molto lentamente, da quando
ha conosciuto Anastasia, sua moglie. L'ho visto mutare
giorno dopo giorno davanti ai miei occhi, diventare
più comunicativo, quasi solare, per certi aspetti
felice.
Finché un giorno, un bellissimo e terribile giorno, proprio
in
una stanza di questo ospedale, davanti a sua
moglie in
coma, ha finalmente esternato verso di me tutte le sue paure ed
è scoppiato a piangere. L'ho tenuto stretto al mio
cuore,
come avrei voluto fare quando era piccino, e l'ho cullato per
confortarlo. E, in una volta sola, ho confortato sia il giovane uomo
che avevo davanti sia il mio bambino di ventiquattro anni prima.
Tutto in una volta.
Asciugo in fretta una lacrima che ha iniziato a scivolare
giù dal mio viso e mi avvicino.
Mio figlio alza lo sguardo, mi vede e mi sorride.
Guardo il piccolo da vicino, sta dormendo. E' bellissimo, perfetto,
meraviglioso.
"Oddio, Christian!" esclamo "è bellissimo!"
Lui mi sorride nuovamente, orgoglioso, poi mi chiede:
"Vuoi tenerlo?"
Annuisco e prendo la creatura che ha in braccio.
Mio nipote si agita per alcuni secondi, quasi infastidito dal cambio
del braccio, poi, forse, capisce in un certo modo di essere in mani
sicure e si riabbandona al sonno.
Mio figlio gli accarezza la guancia col solo dito indice, che sembra
enorme, paragonato ai minuscoli lineamenti del neonato, poi dice:
"Mamma, ti presento tuo nipote: Theodore Raymond Grey"
Gli ha dato il nome di mio padre!
Ha dato al piccolo il nome di mio padre!
Resto qualche minuto fra l'incredulo e lo sconcertato, poi, con voce
strozzata dall'emozione, mormoro:
"Oddio, Christian, gli hai dato il nome del nonno!"
"Sì, mamma" risponde "e l'ho fatto per te. Non credo che
potrò mai ringraziarti abbastanza per avermi salvato la
vita,
adottandomi. Se tu e papà non mi aveste preso con voi
adesso..."
si ferma un secondo pensieroso, si passa un mano fra i capelli e posso
scorgere come un brivido che gli attraversa il corpo, poi prosegue, con
voce smorzata, rotta dall'emozione "adesso chissà dove
sarei. Oh,
mamma! Credo che non ti potrò mai ringraziare abbastanza,
per
tutto! Per avermi dato una casa e una famiglia; per avermi curato e
sopportato in tutti questi anni. Soprattutto per avermi amato, anche se
io non lo sapevo, anche se
solo ora me ne sto rendendo conto."
Mi cinge le spalle in un gesto affettuoso stringendo anche
Theodore, unendo così, in un solo abbraccio, le sue radici
e il suo futuro.
Adesso le lacrime scivolano copiose sul mio viso; mi
appoggio
al suo corpo facendomi stringere ancora più forte e mormoro
commossa:
"Bambino mio, per niente al mondo ti avrei lasciato al tuo destino.
Credo di averti amato sin dal primo momento che ti ho visto, col tuo
lutto, il tuo dolore, la tua rabbia e la tua malinconia. Non ho pensato
mai per un momento di abbandonarti, mi sei entrato
dentro e ci sei rimasto. Lo sarai per sempre. Ti voglio bene,
Christian, tanto";
"Ti voglio bene, mamma! Grazie ancora, grazie per tutto".
Ti voglio bene, mamma.
Erano anni che aspettavo queste parole e avevo paura che non
sarebbero mai venute.
E ora che le ho sentite, finalmente ho il cuore in pace.
Temevo che mio figlio non avrebbe mai potuto esternare il suo affetto
per me, ora so che non è così, che era solo
questione di
tempo.
E' stato abbattuto anche l'ultimo brandello di muro.
Sono qui, in una sera di primavera, fra le braccia di mio figlio e con
mio nipote fra le mie braccia e penso di non essere mai stata
tanto felice.
E la mia long finisce qui!
Ho pensato di dare a Grace l'opportunità di esternare i suoi
pensieri, rievocare il passato e assaporare il presente e il futuro.
Chiudo qui anche per non diventare ripetitiva e già questo
capitolo riprende tematiche dei capitoli precedenti e assomiglia a una
one-shot che ho scritto tempo fa (Father and son) sul rapporto
fra Christian e Carrick, per cui meglio fermarsi.
Penso che scriverò altre cose, ho qualche idea che mi balena
in mente, continuate a seguirmi.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito, chi ha
recensito, chi mi ha messo fra le seguite, le preferite ecc. ecc.
Ho cercato di fare del mio meglio e spero di esserci riuscita.
Come sempre attendo recensioni
Baci
Love
Jessie
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