Salve a tutti! ...da
quant'è che non aggiorno? Agosto dell'anno scorso! Eh...
eh... *crolla in ginocchio* Vi prego non uccidetemi
çWç Purtroppo sono caduta nel solito tranello
dell'ispirazione che va e viene quando e dove vuole... Infatti, come
avrete notato, anziché aggiornare qui ho scritto tantissime
altre cose. E l'università non ha aiutato. Decisamente no.
Sono una brutta persona, lo so çWç
Quindi... scusatemi. Non
vi faccio promesse che potrei non mantenere, quindi non vi prometto che
il prossimo capitolo arriverà presto, anche
perché ho altre fic su cui lavorare. Tuttavia, mi
impegnerò a continuare, quello sicuramente perché
le mie storie non restano incomplete. Giammai.
Ringraziamenti vari li
rimando a fondo pagina per oggi insieme ad altre cose
ù.ù Tranne uno, che va per forza qui: grazie a Frenzi perché sì x3
Detto questo, vi auguro
una buona lettura!
Capitolo VII: Doppia congiunzione
Tutto si erano aspettati tranne una traversata in traghetto. Nonostante
l’incontro turbolento, quella specie di soldati avevano agito
sì con fermezza, ma anche con calma, guidandoli tra le
strade della cittadina fino al molo dove si erano imbarcati. Li avevano
fatti salire in fila indiana e poi fatti disporre in quattro punti
diversi e ben distanti l’uno dall’altro, quindi
erano partiti.
Fu dopo pochi minuti che Jessie iniziò a risentire del
leggero rollio del battello, che la costrinse a piegarsi in avanti con
le mani premute sullo stomaco. Normalmente un viaggio simile non
l’avrebbe disturbata, ma nel buio di quella cecità
a cui ancora doveva abituarsi, le sembrava di trovarsi in balia del
mare in tempesta su un guscio di noce pronto a ribaltarsi. Tutto
questo, unito alla presenza del bambino, le provocò una
forte ondata di nausea, che minacciava di farla rimettere da un momento
all’altro.
A nessuno dei suoi compagni fu concesso di avvicinarsi per tentare di
aiutarla in qualche modo, solo Riku osò alzarsi in piedi,
fissando con rabbia il soldato che gli stava di fronte e che lo teneva
continuamente sotto tiro. A nulla valsero le sue parole, grida e
suppliche, l’unica risposta che ricevette fu di avere
pazienza, perché presto sarebbero sbarcati. La custode del
Tramonto non poté fare altro che sopportare in silenzio il
proprio malessere e pregare che almeno l’Emissario non la
disturbasse con la visione di un ricordo doloroso. Si chiuse ancora di
più su se stessa, sottraendosi alla mano che le si era
posata sulla spalla e senza rispondere allo sconosciuto che voleva
darle qualcosa da bere.
Adrian
Von Ziegler - World Music - Bone Temple
Quando finalmente rimise i piedi sulla terraferma Jessie
crollò sulle proprie ginocchia, sorda al resto del mondo,
con il fiato corto e le braccia tremanti, che le reggevano a malapena
il busto. Passarono cinque lunghi minuti, infine il suo respiro
tornò normale e l’agitarsi del suo stomaco si
placò, concedendole un sospiro di sollievo. Si mosse per
tornare in piedi, ma due uomini la precedettero, prendendola dalle
braccia e sollevandola con attenzione, quindi la guidarono verso la
prossima tappa, tenendola stretta per evitare che cadesse. Non si
oppose a quel trattamento, anzi ne approfittò per studiare i
dintorni con l’udito. Davanti a lei si stagliavano le luci
dei suoi amici e quelle dei loro accompagnatori, muovendosi in sincrono
con i loro passi, che sembravano rimbombare sulle pareti
dell’ambiente circostante. Sembrava tutto tranquillo, non
sentì rumori strani o qualcosa che indicasse la presenza di
altre persone, solo dopo aver preso un rapido ascensore
cominciò ad avvertire e “vedere” gli
altri abitanti di quel luogo. Scorse tantissime luci, alcune grandi e
altre più piccole, di colori e intensità diverse,
ma capì immediatamente che dovevano appartenere a soggetti
speciali, simili ai custodi del keyblade. Erano sparse un po’
dappertutto, la maggior parte lontane dal percorso che stavano
seguendo, mentre un gruppo, in cui spiccava un trio luci ancora
più particolare delle altre, pareva essere proprio la loro
meta.
Gli altri tre custodi, invece, osservarono con stupore misto a
curiosità quell’enorme struttura di cemento grigio
incredibilmente alta, su cui risaltava quella che doveva trattarsi di
una rampa di lancio, attorniata da cerchi di energia azzurra, e di cui
notarono subito l’imponente muro crollato per più
di metà, che un tempo sembrava servire a dividerla in due.
Tutto questo, però, passò in secondo piano,
quando si videro ammanettare gli avambracci.
-Ehi!- protestò Sora, sollevando i polsi per esaminare i
lunghi bracciali neri. -Che significa questo?!-
-Anche se è stato il Comandante a ordinarmi di portarvi qui
alla base, preferisco prendere delle precauzioni.- spiegò
con gelida calma il capo della truppa. -Di voi non mi fido. Ora
andiamo.- ordinò, per poi farli incamminare in fila indiana
con un soldato a separarli l’uno dall’altro.
Riku ebbe l’ennesimo déjà vu di quando
erano stati ad Amestris, ma accettò
quell’imposizione, sollevato che alla sua compagna non fosse
toccato lo stesso trattamento. Ben presto si ritrovarono a percorrere
gli ampi corridoi di quell’edificio, che a ogni stanza in cui
gli capitava di gettare uno sguardo gli sembrava sempre di
più una scuola. Ne vide i banchi sistemati a scaloni, ma non
gli studenti che avrebbero dovuto occuparli. Si chiese se quella non
fosse un’accademia militare, ma non si azzardò a
fare domande al loro severo sequestratore, che gli stava proprio
davanti.
La principessa della Luce continuava, invece, a guardare alle proprie
spalle, preoccupata per le condizioni dell’amica, che
lentamente stava riprendendo colore in viso. A un tratto, la vide farsi
attenta e scrutare tutt’attorno con gli occhi schiusi, come
se fosse attratta da qualcosa, ma non poteva chiederle nulla. In
più, non avrebbe avuto senso poiché erano giunti
di fronte a una porta di metallo, che attutiva leggermente un brusio di
voci.
Con un sottile fruscio, le ante scorsero lateralmente, aprendosi ai
nuovi arrivati, che avanzarono sotto gli sguardi incuriositi dei
presenti all’interno di quella che aveva tutta
l’aria di essere una sala di comando.
Il custode del Giorno fece scorrere gli occhi azzurri su tutte le
persone che aveva davanti, ragazzi per la maggior parte, forse suoi
coetanei o poco più giovani di lui, distribuiti tra maschie
e femmine, ognuno a una diversa postazione di controllo, ma a
differenza di ciò che pensava, queste si trovavano
più in basso rispetto a loro e sostenute da colonne lunghe
decine di metri, che svanivano nel fondo buio della stanza. Di fronte a
lui e ai suoi compagni e alla loro scorta, infatti, si trovava la
postazione centrale occupata da quattro persone. Le prime due, ai lati
della struttura, erano un uomo e una donna: il primo, vestito come un
soldato, esattamente come il ragazzo che li aveva portati fin
laggiù, con in aggiunta un berretto nero sui corti capelli
castani, li stava fissando con occhi gelidi, come se li stesse
studiando per capire come distruggerli in caso di bisogno ma fu
soprattutto la sua mascella squadrata a catturare
l’attenzione dei tre keybladers, perché sembrava
fatta di metallo; la seconda, invece, vestita con una lunga camicia
bianca e giacca e gonna blu, dalla forma simile alla coda di una
sirena, e le mani congiunte sul petto, li guardava con timore da dietro
le lenti tonde degli occhiali. Tuttavia, i due personaggi nel mezzo
erano forse ancora più curiosi. La prima, alla loro destra,
sembrava una ragazzina: elegantemente vestita, li osservava dalla
poltrona su cui era seduta, con espressione neutra e le braccia
incrociate, che non le impedivano di giocherellare con una ciocca dei
suoi lunghissimi capelli color lillà su cui era posato un
cappellino nero. Al suo fianco, c’era un uomo alto e
slanciato, con una benda nera sull’occhio destro,
attraversato da una cicatrice che dalla fronte si portava fin sotto la
guancia, e i capelli castano scuro che si posavano sulle spalline della
lunga giacca viola, bordata con un motivo dorato e stretta da una corda
verde in vita. Lo sguardo del suo unico occhio visibile, seppur celato
da alcune ciocche della frangia, ebbe il potere di far mettere in
guardia i tre ragazzi, perché era talmente intenso da farli
sentire deboli e indifesi come poveri cuccioli spauriti.
-Cayenne, quelle manette non sono necessarie.- disse con
autorità la ragazzina, alzandosi in piedi. -Gli ordini
dicevano solo di condurli qui, non di trattarli da prigionieri.-
Il ragazzo armato di fucile mitragliatore scattò
sull’attenti, facendo ondeggiare la giacca che teneva sulle
spalle. -Le mie scuse Presidentessa, ma ho preferito non correre rischi
dopo che il loro compagno è fuggito attraverso una specie di
varco dimensionale.-
Lei inarcò un sopracciglio, mostrando una lieve
curiosità, poi rivolse un’occhiata veloce
all’uomo che aveva accanto senza però ottenere
risposte o indicazioni. -Non c’è pericolo,
Cayenne, quindi rimuovi le manette.-
In breve, i tre stranieri furono liberati dai loro vincoli e poterono
ricongiungersi con la loro silenziosa compagna, che nemmeno per un
momento aveva smesso di puntare le iridi opache sull’uomo con
la giacca viola.
-Possiamo sapere dove ci troviamo e perché?-
domandò Sora, fissando gli occhi rossi della ragazzina che
pareva essere al comando.
-Vi chiedo scusa per il trattamento che avete ricevuto, come ho
già detto, dovevate solo essere condotti qui alla Neo-DEAVA,
ma come al solito, Cayenne è sempre molto zelante quando si
tratta di eseguire gli ordini.- spiegò lei. -Io sono la
Presidentessa Crea Dorosera, mentre l’uomo al mio fianco
è il Comandante Zen Fudo, lui mi ha detto di trovarvi.-
proseguì, indicando con un cenno della mano la persona al
suo fianco.
-E così, voi siete i nuovi custodi del keyblade,
l’arma leggendaria, la più potente di tutte.-
esordì l’uomo, mostrando un sorriso
inaspettatamente soddisfatto di fronte allo smarrimento dei loro
ospiti. -Benvenuti.-
***
NieR Soundtrack - The Dark
Colossus Destroys All
La rosa fissò con puro odio i tre nuovi arrivati, mentre
tentava di liberare i propri rami da quelli fasulli creati dal
Burattinaio Mascherato, che subdolamente si era infiltrato tra le sue
spire. Puntò su di lui gli occhi celesti, continuando a
forzare la presa sulle sue illusioni e con difficoltà
riuscì a trattenere la sua soddisfazione nel sentire che il
Ritornante non era riuscito a intrappolarla completamente. Lei ormai
era penetrata in tutto il giardino, le sue radici più
sottili e lontane erano libere. Le richiamò in fretta a
sé, giocando alla stessa maniera del suo avversario,
imitando i movimenti che aveva compiuto lui, però aveva
bisogno di tempo e i suoi quattro avversari non sembravano intenzionati
a dargliene.
-Potete provarci anche tutti insieme, ma prima dovrete prendermi.-
ghignò, scavando velocemente nel terreno sotto di
sé, poi, sforzandosi, mosse i suoi rami più
grossi, ponendoli a difesa del suo corpo di carne.
-Tu non vai da nessuna parte!- sentenziò Xigbar, lanciando
cinque dadi verso la pianta per poi spararle con la propria pistola.
L’esplosione dei dadi generò una potente onda
d’urto che costrinse il Numero VI a indietreggiare di un paio
di passi, mentre la pianta gridava la sua sofferenza per la perdita di
alcune ampie compagini e per i danni subiti da altre. Nonostante questo
continuò il lavoro per aprirsi una via di fuga senza perdere
un istante. Quando però un’incandescente lama
rossa le passò accanto, tagliandole via la mano destra,
precedentemente ustionata, urlò di dolore e rabbia.
-Mi spiace, ma come ha detto il mio compagno, tu non vai da nessuna
parte.- dichiarò Xemnas, roteando la spada doppia davanti a
sé per liberarsi la strada dalla vegetazione.
Furente, Scarlet ringhiò e contro ogni aspettativa
tornò a spingersi in avanti, agguantando la maglia bianca
del Ritornante con l’unica mano rimastale per tirarlo verso
di sé e piantare i denti nella sottile pelle scura del
collo. Colto di sorpresa, Xemnas si lasciò sfuggire un grido
di dolore, ma non cedette e sollevò la propria arma per
affondarla nel grosso ramo che aveva accanto. La rosa sgranò
gli occhi chiari e indietreggiò con un urlo, inorridendo
l’attimo dopo: la Claymore di Saix si abbatté su
di lei, strappandole ciò che restava dell’arto
destro. Il dolore che le attraversò l’intero corpo
la fece fremere e la lasciò senza fiato, ma non indifesa. I
suoi rami più sottili le avevano risposto e si erano
arrampicati lungo le gambe dei suoi due avversari: rapidi come serpenti
avvolsero le loro spire attorno ai loro arti, preparandosi a cibarsi
della luce che pulsava sotto la loro pelle.
A quel punto, Xigbar corse in avanti, lanciando quattro carte con la
mano libera e sparando con la propria pistola, mentre gridava ai
compagni di spostarsi. Il numero VII indietreggiò
immediatamente, strappandosi di dosso i viticci rimasti, mentre il
Superiore faceva lo stesso con la sua spada rossa, per poi alzarla
ancora una volta sopra la testa della rosa per infliggerle il colpo
finale.
All’improvviso, però, Zexion crollò in
ginocchio, reggendosi al terreno con una mano, mentre
l’altra, tremante, era aperta sopra il Lexicon, per non
interromperne l’operato. Ansante, il numero VI non distolse
mai lo sguardo dal combattimento, sforzandosi di mantenere la
concentrazione che stava scivolando via, come sabbia al vento. I rami
illusori che aveva attorno, infatti, si accasciarono insieme a lui e
scomparvero un poco alla volta, esattamente come molti altri che invece
si trovavano nel sottosuolo.
-L-Lexaeus…- chiamò, attirando su di
sé lo sguardo dell’alto compagno. -Prova adesso,
sbrigati…-
Il castano annuì, posando il Tomahawk sul suolo e chiudendo
gli occhi per richiamare il proprio potere e prendere il controllo
sull’elemento, che la rosa rossa gli aveva proibito.
-No!- urlò Scarlet, liberandosi sempre più
facilmente dalla presa che il Burattinaio Mascherato aveva sui suoi
arti vegetali. -Non vi permetterò di fermarmi!- aggiunse,
celandosi fra i suoi rami spinosi per poi farsi sollevare,
così da guardare dall’alto i suoi cinque avversari.
Nel frattempo, un gruppo di quattro viticci si era accalcato sul
moncherino che le era rimasto al lato destro del corpo, coprendolo al
meglio per fermare l’emorragia. Emise un sibilo acuto per poi
gridare quando la punta di un suo ramo le penetrò nella
carne lacerata per tirare fuori subito dopo un braccio nuovo e sano.
Aprì e chiuse le dita della sua nuova mano destra, quindi
Scarlet puntò gli occhi chiari in basso, fulminando i suoi
avversari, che ricambiarono l’occhiata senza remore.
Ignorando il proprio affanno, per quanto lieve, la rosa rossa
spalancò gli arti superiori per poi abbassarli in direzione
del terreno e scatenando il proprio inferno. I rami più
sottili schizzarono in superficie dal sottosuolo e dal cielo piovvero
petali scarlatti, affilati come lame. E alla vista dei Ritornanti che
scattavano da una parte all’altra come topolini impazziti
chiusi in una scatola, la donna-fiore rise sguaiatamente.
Quando, però, un proiettile le attraversò la
schiena, uscendo dal centro esatto del petto, la rosa si
ritrovò ancora una volta priva del respiro e con gli occhi
sgranati, pieni di incredulità. Tossendo, si girò
per trovarsi faccia a faccia con il Tiratore Libero, che sospeso a
testa in giù e con la metà inferiore del corpo
nascosta in un varco luminoso, le rivolgeva un ghigno sfacciato.
-Credo che tu abbia sbagliato a fare i conti, fiorellino.- disse
Xigbar, sparando un altro dardo.
Con un ringhio soffocato, Scarlet fece per muoversi e schivare
l’attacco, ma si scoprì incapace di farlo. Il
proiettile rosso le trapassò la spalla appena rigenerata e
nello stesso momento, si rese conto di non avere più il
controllo della maggior parte delle sue appendici. Il silenzioso
possessore del Tomahawk aveva ripreso il comando su gran parte del
giardino, dove si annidavano i suoi viticci più piccoli.
-Maledetti!- sputò, gli occhi larghi e la pupilla ridotta a
un puntino nero in mezzo all’iride. -Male- Ah!-
gridò poi, interrompendosi e guardando in basso dove Saix e
Lexaeus stavano distruggendo i suoi rami, ora incapaci di rispondere
agli attacchi, uno dopo l’altro.
-È finita.- dichiarò una voce calma alle sue
spalle, che la fece voltare di nuovo.
Il capo dei Ritornanti era lì davanti a lei, immobile,
sospeso in aria da un intricato gruppo di saette bianche, che svanivano
e ricomparivano in pochi secondi. L’attimo dopo,
però, il Superiore era scomparso e quelle candide strali si
erano allungate per percorrere la distanza che le separava dal numero
II. E fu proprio lì che l’uomo dagli occhi color
ambra si palesò, con la mano stretta sull’elsa
metallica delle due spade rosse, ancora unite.
Scarlet, con il fiato corto e i lunghi capelli scarmigliati,
fissò Xemnas e ciò che lo circondava con
bramosia. Luce. Ce n’era talmente tanta che avrebbe potuto
riprendere il controllo di ogni parte del suo corpo, e sentiva che
doveva essere così pura che probabilmente non ne sarebbe mai
stata sazia. Deglutì a vuoto. La desiderava ardentemente,
tutta per sé.
Un nuovo attacco del Tiratore Libero però la distrasse e la
costrinse a proteggersi con i rami più grossi e resistenti.
L’esplosione dei dadi produsse una fitta nube di fumo scuro e
il numero I con le sue saette bianche scomparvero dalla sua vista.
Messa alle strette, la donna-fiore non aveva trovato altra soluzione se
non nutrirsi. Si guardò attorno e si girò, mentre
avvertiva la propria forza scemare sempre di più. Un fruscio
alle sue spalle richiamò la sua attenzione, ma fu troppo
lenta. L’unica cosa che vide fu la lama rossa di Xemnas che
le passava diagonalmente davanti agli occhi chiari per aprirle una
ferita profonda dalla spalla sinistra al fianco opposto. Allo stesso
tempo, Xigbar le sparò alla schiena, lasciandola senza fiato
ancora una volta.
Scarlet tossì, sporcandosi il mento di sangue, che
andò a mescolarsi con quello versato dalla lama rossa e dal
foro lasciato dal proiettile che le aveva trapassato il petto poco
prima. Un sorriso amaro le incurvò le labbra sottili, ma
ancora non si dichiarava sconfitta.
Con i pensieri che si spegnevano uno dietro l’altro, come
petali che cadevano dalla corolla di un fiore appassito, Scarlet
reagì puramente d’istinto, comportandosi come sua
sorella Sophia, che aveva tentato di vendicarsi della persona che le
stava strappando la vita. E Scarlet ci riuscì,
perché poco prima che la sua mente si spegnesse del tutto,
uno dei suoi rami si era arrampicato su una bianca saetta come un
infido serpente e si era nutrito della sua luce, fino ad arrivare al
corpo di Xemnas.
***
A quelle parole, i quattro custodi gelarono sul posto, sgranando gli
occhi. Tutt’intorno a loro, invece, il resto dei presenti
s’incuriosì e si fece più attento al
discorso portato avanti dal loro Comandante.
-Come fai a sapere dei keyblade?- domandò Riku, puntando le
iridi acquamarina nell’unica visibile di Fudo.
-Quella dei custodi è una storia molto antica, come quella
dei mondi stessi, che è stata dimenticata, ma non da tutti.-
rispose lui, compiendo qualche passo senza che nessuno dei keybladers
lo perdesse di vista.
Nemmeno Jessie riuscì a staccargli gli occhi ciechi di
dosso, perché la sua luce era diversa da tutte le altre.
Proprio come era accaduto con Yen Sid, la ragazza scorse qualcosa di
totalmente inatteso: una nube luminosa e calda come i raggi del sole,
che vorticava lentamente su se stessa, espandendosi qua e
là. Oltre all’aspetto, curiose erano anche le
sensazioni che provocava, le parve di essere in presenza di
un’entità saggia e antica, forse quanto
l’universo stesso, che la fece sentire piccola e
insignificante, come se fosse al cospetto di un enorme gigante. Fu
quella strana vista a spingerla a muoversi verso il loro leader per
comunicargli le sue impressioni. Allungò un braccio in
direzione della luce di Sora, attirando la sua attenzione con un tocco
delle dita sulla schiena.
Il ragazzo reagì immediatamente, indietreggiando
finché non sentì l’intero palmo
dell’amica tra le scapole, senza mai voltarsi indietro.
-Dimmi tutto.- bisbigliò, muovendo al minimo le labbra.
-Non sembra avere cattive intenzioni, però è
meglio stare attenti.- mormorò Jessie, abbassando lo
sguardo. -La sua luce… è diversa dalle altre,
somiglia molto a ciò che ho visto dal Maestro, ma non mi
convince.-
Il castano assentì a labbra chiuse, avanzando di nuovo.
-Ripeto la mia domanda: perché ci troviamo qui?-
Zen Fudo si fermò a pochi passi dai quattro giovani e li
osservò tutti con un’espressione indecifrabile.
-Perché questo sarà il vostro ultimo baluardo
luminoso prima della battaglia conclusiva, ma vedo che manca un custode
all’appello: ci sono cinque chiavi e quattro prescelti. La
sesta chiave non è con voi?-
-Il nostro compagno è al sicuro.- ribatté Jessie
dopo qualche istante di silenzio, puntando di nuovo gli occhi ciechi
sul Comandante. -Come fai a sapere che ci sono cinque keyblade?-
L’uomo si limitò a sollevare il braccio destro e a
ruotarne la mano, in cui comparve la carta dell’asso di
picche. -Perché l’oscurità del tuo
braccio sinistro è chiaramente visibile, esattamente come la
luce fiammeggiante del destro.- spiegò, facendo comparire
anche l’asso di cuori. -Perché sei tu
l’erede delle chiavi oscure.-
Di fronte a quell’affermazione, decisa e imperativa, che non
poteva in alcun modo essere controbattuta, i guerrieri della Luce si
fecero ancora più all’erta. Kairi
osservò con attenzione i ragazzi presenti, notando con
facilità le loro occhiate dubbiose e intimorite, tra cui
quelle della donna vestita di blu e del soldato, che si scambiarono uno
sguardo preoccupato, per poi rivolgersi alla Presidentessa, che al
contrario, non aveva fatto una piega.
Anche Sora non mancò di osservare le reazioni della platea e
fece di nuovo un passo indietro, ponendosi di fronte alla custode del
Tramonto, mentre Riku faceva lo stesso al suo fianco. -Continuo a non
comprendere il motivo della nostra presenza qui.- riprese, distogliendo
l’attenzione dall’amica. -Noi ci troviamo qui
perché abbiamo rilevato la presenza
dell’Oscurità, se così non fosse stato,
avremmo proseguito verso la nostra meta finale. Che cosa volete da
noi?- domandò infine.
Fudo fece sparire le carte esattamente com’erano apparse, ma
quando riaprì la mano comparve una pallina blu tenuta tra
l’indice e il medio. -Il compito dei custodi del keyblade
è quello di sigillare la Serratura che conduce al cuore del
mondo. Nel nostro caso, però, i mondi sono due.- disse,
chiudendo la mano a pugno per poi riaprirla e mostrare una pallina
rossa tra il medio e l’anulare. -Quindi le Serrature sono
due. Voi siete qui, perché solo grazie a noi potete sperare
di raggiungere la seconda Serratura.-
-Spiegati meglio.- intervenne Riku, guadagnandosi
un’occhiataccia da Cayenne e dall’altro soldato.
-In che rapporti siete con questo secondo mondo?-
-Il nostro mondo è in guerra con Altair, vicino ma
irraggiungibile, perché situato in una dimensione diversa da
quella in cui ci troviamo.- spiegò la Presidentessa. -Il
nostro nemico è in grado di raggiungerci tramite dei varchi
dimensionali, che noi non siamo in grado di aprire, e quando giungono
qui rapiscono le persone sfruttando delle creature chiamate Bestie
Mietitrici. La Neo-DEAVA si oppone a questa invasione.-
-Un’altra guerra…- mormorò Jessie.
-Questo però non vi riguarda.- sentenziò Fudo.
-Ma Comandante!- esclamò il soldato con impeto, avanzando di
un passo. -Se sono davvero in possesso di un’arma
così potente, non dovremmo-
-Donar.- chiamò Crea con voce ferma, fissandolo con gli
occhi rossi. -Loro non possono aiutarci nella nostra battaglia.-
-Come sarebbe a dire?- replicò l’uomo, interdetto.
-I prescelti del keyblade devono vigilare sull’ordine dei
mondi, impedendo che l’equilibrio tra Luce e
Oscurità venga spezzato, ma non devono in alcun modo
interferire con la loro storia.- rispose Zen Fudo. -Loro sono dei
guardiani che vanno e vengono, normalmente nessuno è a
conoscenza del loro passaggio.-
-Tu invece lo sapevi molto bene.- s’intromise Jessie. -Come
facevi a saperlo? Non abbiamo ancora usato i keyblade, da quando siamo
arrivati.-
Il Comandante sorrise, mostrando una nuova carta nella propria mano: un
jolly nero. -Vi ho notati, come ho notato la presenza e la natura delle
cinque chiavi. Anche tu hai visto qualcosa d’interessante
entrando qui, o mi sbaglio, custode del Tramonto?- chiese, allargando
appena le dita per rivelare la presenza di un jolly rosso dietro il
primo.
All’improvviso, un allarme cominciò a suonare
all’impazzata e l’intera sala parve risvegliarsi da
quella sorta di stasi in cui era caduta a causa della tensione portata
dalla discussione.
-Siamo sotto attacco!- urlò una ragazza con gli occhiali e
una lunga treccia bionda. -Rivelata la presenza di entità
sconosciute nel territorio della Neo-DEAVA!- aggiunse, muovendo
rapidamente le dita sulla tastiera che aveva davanti. -Ecco le immagini
del- Oh mio…- si zittì, quando vide le creature
che avevano invaso il cortile interno della base.
-Cosa diavolo sono quelle cose?- domandò un ragazzo,
sistemandosi il berretto che aveva in testa.
-Heartless.- rispose Sora, guardando il grande monitor alla sua
sinistra, che stava mostrando l’ampio giardino da cui erano
passati al loro arrivo ora pullulante di Heartless di tipo Neo Shadow,
Soldato e Soldato Aereo. -Quanti sono?-
-Rilevo cento unità… ma continuano ad aumentare!-
rispose la stessa ragazza di prima. -Comandante! I Vector possono-
-No.- la interruppe Riku. -Voi non potete combattere gli Heartless, ce
ne occuperemo noi.-
Alle sue spalle, Cayenne quasi ringhiò. -Come ti permetti,
tu-
-Ma sono troppi! Come pensate- protestò allo stesso tempo la
bionda.
-MIX, Cayenne, calmatevi.- intervenne la Presidentessa, rivolgendosi ai
due ragazzi. -Ha ragione, solo loro possono combattere queste
creature.- disse con tono neutro. -Seguite il corridoio da cui siete
arrivati e raggiungerete il cortile. Noi ci occuperemo di richiamare in
questa zona della base tutti gli Element.-
Senza perdere tempo a scoprire cosa fossero Vector ed Element, Sora
annuì per poi guardare i suoi tre compagni, concentrandosi
su uno in particolare. -Jessie, io credo che tu debba restare qui.-
La castana concordò con un sospiro. -Temo che tu abbia
ragione… L’idea di restare indietro mi secca,
terribilmente, ma mi rendo conto di non essere ancora
pronta…- commentò, stringendo la mano destra
lungo il fianco. -Vi sarei solamente d’impiccio.-
-Non preoccuparti, tu resta qui e aspettaci.- disse Kairi.
-Torneremo prima di quanto pensi.- aggiunse l’argenteo,
lasciandole un bacio sulla guancia. -Possiamo fidarci a lasciarla nelle
vostre mani?- chiese con tono grave, fissando duramente le persone che
aveva di fronte.
-Non devi temere nulla, la vostra compagna sarà al sicuro
qui con noi. Non le accadrà nulla di male.-
assicurò la Presidentessa.
-State attenti…- mormorò Jessie, seguendo il
rumore dei loro passi che svaniva oltre la porta insieme alla luce dei
loro cuori, che si allontanò sempre di più fino a
sparire nel buio della sua cecità.
Eccoci qua di nuovo.
Capitolo forse un po' più corto degli altri, ma spero che vi
sia piaciuto ugualmente :3
Parliamo prima della questione più veloce: la fine dello
scontro con Scarlet. La rosa è stata finalmente sconfitta,
ma non tutti i Ritornanti ne sono usciti indenni. Inaspettatamente,
questa è stata la parte più difficile da
scrivere. Il resto del capitolo è venuto abbastanza
velocemente, mentre con il combattimento ho avuto davvero molte
difficoltà, non so nemmeno io perché e proprio
per questo non mi convince fino alla fine. A voi lettori il giudizio
finale, come sempre.
Poi, il mondo in cui sono atterrati i nostri eroi è preso
dall'anime Aquarion
EVOL (per i dettagli sulla trama e sui personaggi vi rimando
a Santa Wikipedia, che sempre veglia su di noi) , che forse pochi di
voi conosceranno, ma forse qualcuno in più ha almeno sentito
parlare della serie precedente a questa: Sousei no
Aquarion (Santa Wikipedia vi guiderà verso la
conoscenza).
Ho scelto questo mondo per un motivo che ancora non posso svelarvi, ma
presto (?) sarà tutto più chiaro
ù.ù Spero comunque che la scelta vi sia piaciuta.
Inizialmente c'erano altri due anime in lista: Katekyo Hitman Reborn e
Fairy Tail, ma non li ho scelti per i seguenti motivi. Il primo
perché sarebbe stato ambientato ancora una volta su un'altra
versione della Terra, i personaggi importanti da tirare in ballo
sarebbero stati eccessivi e poi ci sarebbe stato un problema di
organizzazione e gestione delle descrizioni (chi conosce questo anime
sa che Gokudera Hayato ha occhi verdi e capelli argentei e non
è un personaggio che si può lasciare in disparte
xD e si sarebbe confuso con Riku, o comunque sarei caduta nel baratro
delle ripetizioni); il secondo invece mi intrigava molto,
però non andava bene con i progetti che ho in mente e poi
sarebbe stato un casino colossale xD
Ora, i ringraziamenti! Ringrazio aleex_ilmagnifico96,
Fireslot, Hikaru_Tsuki e pagos per aver messo
la storia tra le preferite; poi ringrazio Hikaru_Tsuki, milky98 e pagos per averla
inserita tra le seguite. Ovviamente ringrazio sempre e comunque anche
chi legge e commenta (qui e in altra sede) e anche chi legge soltanto.
Vi adoVo tutti quanti *3*
Al prossimo capitolo!
See ya!
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