Pallido.
(Rimpianto fratello di disperazione e rabbia)
007. Pale
Le luci del Seireitei
si spegnevano fiocche, sotto la pressante cupola della notte, scura e
cupa, senza stelle.
Dita pallide
s'intrecciano tra i fili rossi che sono i capelli di Renji, le sue
dita le sente ovunque, il sapore dell'alcool che ancora si posa sulla
sua lingua.
Non dovrebbe bere, lo
sa, non dovrebbe nascondersi sotto il dolce intorpidimento che gli
crea l'ubriachezza, lo sa.
Lo ripete.
"Non dovresti bere
così tanto, Renji" la sua voce è un eco di una presenza che
ormai non è altro che un'ombra del suo passato.
Come
lo era Hisana per lui.
"Lo so"
bisbiglia nell'oscurità lui. "Mi dispiace"
In qualche modo riesce
solo ora a capire come Byakuya si sentisse. Solo in quel momento
ricordava la dolce compostezza dell'altro, mentre dentro imperversava
la tempesta.
Solo che per Renji é
difficile poter anche solo respirare. Mantenere la compostezza, dopo
quello che è successo, era come chiedergli di tagliarsi la testa.
Anche se in quel momento avrebbe potuto anche
accettare di farlo. Solo per sentire di essere ancora collegato con
il mondo dei vivi. Solo per poterlo rivedere.
"Il tuo nuovo
capitano non è male, Renji, sono contenta che tu stia facendo del
tuo meglio per collaborare con lui" la voce di Rukia gli
rimbomba in testa, l'affermazione è semplice, ma è un complimento
che lui non può prendere.
Lui non ha mai
collaborato con quello.
Anche il solo pensiero
gli provoca la nausea. Ma deve far finta, lo sa.
"Non dovresti
pensare mai che il tuo capitano sia una persona ignobile, Renji"
"Lo so"
ripete di nuovo, è un dialogo vuoto, inutile. La sua coscienza ha
rubato la voce che un tempo apparteneva alla persona che lui più
amava "Mi dispiace"
Nel buio della sua
stanza può far finta che lui sia ancora lì,
il suo profumo nelle lenzuola e i suoi capelli che sfiorano la sua
pelle. Ma nella realtà, fuori da quella stanza, il mondo va avanti
senza Byakuya Kuchiki.
Com'è possibile?
Com'è dannatamente
possibile?
Se lo chiede ogni sera.
Il mondo va avanti senza colui che per Renji costituiva la ragione di
combattere, la ragione di vivere.
E vomita, tutto quel
che sente è che sta vomitando l'anima, capelli e vomito che si
mischiano, mentre Renji disgustato non può fare altro che vomitare,
sputare via la propia vita, il proprio cuore, il proprio corpo.
Vorrebbe tornare
indietro.
"Ma non puoi,
Renji"
"Lo so" dice,
la voce spezzata, le lacrime che si riversano sul pavimento. Batte un
pugno sul pavimento rabbioso.
La rabbia, oh, quella
c'è sempre, è sorella della disperazione e nemica della speranza.
"M-mi dispiace"
Singhiozza, si dispera,
segni rossi sul proprio viso, sporco di muco, lacrime, sudore e
vomito. Proprio come quel giorno. Solo che in quel giorno il muco e
il vomito erano sostituiti dal sangue.
Si guarda allo
specchio, il proprio riflesso che lo guarda pallido, anonimo. Ma la
disperazione nei propri occhi è lí, dipinta con colori cupi come la
notte.
L'aveva vista la
disperazione, negli occhi di Byakuya. Mentre il sangue cominciava a
rapprendersi nel viso di Renji, a seccare, ad infastidire, e la
polvere si alzava fino ad attaccarsi sulle ferite aperte. Ricorda
ogni taglio, ogni frattura, persino il sapore di sangue nella bocca,
che ora si è sostituito a quello dell'alcool, di nuovo.
Vomitare l'anima non
gli basta.
Ricordare quello che è
successo due anni prima è come uccidersi lentamente, mentre il sake
gioca un ruolo importante e dolce nella propria autodistruzione.
Non aveva detto nulla,
Byakuya, quando il proprio nemico lo aveva distrutto.
Un aureola di sangue
che si formava alle proprie spalle, mentre la propria zampakuto
faceva da arma dell'assassino in quel delitto. Il viso di Byakuya
era... spaventato. La paura si era riversata su di lui come un fiume
in piena, aveva sudato freddo, aveva guardato gli occhi completamente
neri di Äs Nödt, e poi il suo viso si era ricomposto, mentre la
vita gli scivolava lentamente dalle dita.
E da quelle di Renji.
Pensava che uccidere Äs
Nödt sarebbe stata la scelta giusta, che si sarebbe sentito
infinitamente meglio una volta morto.
Ma non era così.
Vederlo strisciare come
un verme non era bastato. Ucciderlo come un cane randagio non era
bastato.
Ironicamente era lui a
sentirsi un verme in quel momento.
Si stringe le
lenzuola madide di sudore intorno al corpo, mentre stringe le proprie
pallide dita flebilmente attorno al collo della bottiglia di sake,
e il cielo notturno viene squarciato in due dalla luce di un
sole che dolorosamente sorge. Una striscia di sangue putrido che si
riversa sul nero della notte che si ritira.
Mentre lui chiude gli
occhi non può che sentire ancora la sua voce bisbigliare parole che
lui, nonostante gli anni, non riesce a dimenticare.
"Lo so, mi
dispiace" bibiglia all'alba.
"Ti
amo, Renji"
NdA
(Questa fanfiction fa parte della mia, auto-imposta, sfida: "5 prompt a settimana!") Eccomi qui con una
altro strazio scritto dalla sottoscritta! La storia è chiaramente un
What if... dove il nostro caro Byakuya muore dopo il suo primo
scontro con Äs Nödt. E, niente, in realtà avevo bisogno di
scrivere qualcosa di leggermente angst, (ne avevo un bisogno davvero
forte) e questi due mi sono tornati a mente!
Questa storia è
comunque una cosa abbastanza messa lì, ispirato liberamente da "Your
face, it haunts my dreams" di Nemeryal (storia che segue il filo
della serie Civil War della Marvel, per chiunque volesse leggerla, e
vi consiglio caldamente di leggerla se vi piace la Stony, vada qui)
Ringrazio caldamente e indirettamente l'autrice, che spero un giorno
leggerà per caso questa storia.
E niente. Tutto qua.
Grazie a te di aver
letto! E di aver sentito il peso sul petto assieme a me!
Qualunque cosa, errore
ortografico o quel che sia, scrivete una piccola recensione! Ve ne
sarei anche molto grata, se si trattasse di un complimento o di una
critica costruttiva!
Graize ancora se sei
giunto fin qua sotto! ^^
Bye!
Espada.
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