Under the same sky, above the same sea di Soly_D (/viewuser.php?uid=164211)
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Under
the same
sky,
above the same
sea
#03.
Sanji/Nami − Love me like you do
La ciurma di Cappello di Paglia era sbarcata da pochi
giorni su una piccola isola sperduta per fare rifornimento e
lì aveva scoperto che la popolazione sottostava alle leggi
di un gruppo di tiranni che, anni prima, avevano spodestato il re e
catturato la principessa. Rufy, ovviamente, non ci aveva pensato due
volte a sfidare i cattivi di turno e riportare sul trono i vecchi
sovrani. Questi ultimi, in segno di riconoscenza, oltre a rifornire la
ciurma di cibo – per la gioia del capitano – e di
ricchezze – per la gioia della navigatrice –
avevano anche invitato Rufy e i suoi al matrimonio della principessa.
«COOOSA?!
Tra un’ora?! Non riuscirò mai a prepararmi in
così poco tempo! Devo ancora farmi la doccia, lavarmi i
capelli, truccarmi, scegliere il vestito e...». Nami si
bloccò, passandosi una mano sul viso con aria esasperata.
«Rufy, ti prego, lasciamo perdere... non abbiamo tempo per
queste cose».
«Ma ai matrimoni ci sono montagne
di cibo! Capisci, Nami? Non posso perdermi un’occasione del
genere!».
Nami capiva, capiva eccome – bisogna approfittare di
qualsiasi cosa fosse gratis
– ma il problema era che quel dannatissimo matrimonio era
previsto per le dieci di mattina e loro avevano ricevuto
l’invito alle nove. Insomma, lei era la Gatta Ladra e non
poteva di certo indossare la prima cosa che le capitava tra le mani.
Aveva bisogno di più tempo per prepararsi, diamine!
L’unica alternativa sarebbe stata chiedere a Robin di
aiutarla con un paio delle sue braccia, ma Nami l’aveva vista
scendere dalla nave insieme a Zoro giusto pochi minuti prima
– forse per comprare un vestito nuovo per il matrimonio,
forse per altro.
Quei due stavano ufficialmente insieme da qualche mese e, nonostante
Nami fosse felice per loro, in cuor suo provava una punta di invidia:
l’archeologa aveva avuto il coraggio di fare il primo passo
con lo spadaccino, mentre lei non era nemmeno riuscita ad ammettere a
se stessa i propri sentimenti... per il cuoco.
All’improvviso Nami seppe ciò che doveva fare e
sorrise furbescamente: quel matrimonio, forse, era
l’occasione giusta per cambiare le carte in tavola.
Non appena aveva saputo del matrimonio, Sanji era corso in bagno a
farsi la doccia per rendersi presentabile agli occhi delle bellissime
fanciulle che avrebbe incontrato quel giorno. In realtà
avrebbe voluto far colpo su una
fanciulla in particolare, ma da quando quel brutto idiota
di Zoro era riuscito a conquistare Robin-chan, Sanji aveva perso parte
delle sue speranze nei confronti di Nami-san. Se non l’aveva
ancora notato in tutti quegli anni, probabilmente non lo avrebbe fatto
più. Con un sospiro frustrato uscì dalla doccia e
si avvolse nell’accappatoio, quando sentì bussare
vigorosamente alla porta del bagno. «Sanji-kun, sono
io!».
Oh, era la
sua dea. Adorava la voce di Nami-san, così dolce,
così melodiosa...
«Nami-swan, due minuti e sono subito da
te~♥».
Era più forte di lui: nonostante si fosse ripromesso
semplicemente di servirla e assecondarla come aveva sempre fatto, non
poteva fare a meno di fantasticare su loro due insieme ogni volta che
se ne presentava l’occasione. Insomma, se Nami-san aveva
così tanta urgenza di parlare con lui, cosa poteva mai
significare se non che si era pazzamente innamorata di lui?
«Sanji-kun, ti prego, non posso aspettare!».
Sì, doveva essere assolutamente così.
«Nami-swan, dammi solo il tempo di
vestirmi~♥». Si tolse l’accappatoio e si
infilò i boxer, mentre con un sorriso estasiato immaginava
la sua futura vita al fianco di Nami-san, il primo bacio, la prima
volta, il matrimonio, i figli...
«Non c’è tempo, sto entrando!».
Sanji sgranò gli occhi in direzione della porta che si
aprì lentamente, rivelando una Nami-san piuttosto
spazientita, totalmente incurante del fatto che lui fosse ancora in
boxer. Sanji si sentì quasi arrossire come un bambino: lei
era l’unica in grado di metterlo in imbarazzo.
«Quel dannato matrimonio è tra meno di
un’ora ed io ho bisogno di qualcuno che mi aiuti a
prepararmi», spiegò come se fosse la cosa
più naturale del mondo. Sanji avvertì tutti i
suoi castelli mentali sgretolarsi l’uno dopo
l’altro, poi nella sua mente si delineò
l’immagine di lui che strofinava la schiena di Nami-san
seduta nella vasca da bagno piena d’acqua e bollicine, e
rischiò seriamente di perdere sangue dal naso.
«N-Nami-swan, non puoi immaginare quanto questa proposta sia
allettante~♥, ma... perché
proprio io?».
Nami mise le mani sui fianchi e schioccò la lingua sul
palato, vagamente infastidita.
«Robin non può aiutarmi perché
è andata non
so dove con Zoro e sinceramente di tutti voi
l’unico che abbia un minimo di gusto mi sembri tu».
Sanji avrebbe acconsentito volentieri se solo il pensiero di lui e
Nami-san da soli in bagno non gli provocasse pensieri poco casti.
Insomma, era pur sempre un uomo − chiunque avrebbe pagato per
passare del tempo con Nami in un contesto simile − ma lui
l’amava praticamente dal giorno in cui l'aveva vista e non
avrebbe mai fatto nulla senza il suo permesso. Perciò
sarebbe stato meglio evitare qualunque tentazione.
«Mia adorata, sai quanto mi renda felice esserti utile,
ma...».
«Vuoi per caso che chieda a qualcun altro, ad esempio... uhm,
che ne so... Rufy?».
Sanji sgranò gli occhi. Al solo pensiero di Rufy che metteva
le sue manacce sul bellissimo corpo di Nami-san sentiva una rabbia
così forte da fargli venire voglia di prendere il capitano a
calci, così, senza un vero motivo. Si arrese, lasciandosi
sfuggire un sospiro. Sarebbe stato forte, avrebbe resistito in nome
dello sconfinato amore che provava per Nami-san. «E va
bene...».
«Oh, finalmente!», esclamò la
navigatrice sorridendo, poi si fece improvvisamente seria.
«Sanji-kun, ti avviso, questa cosa non ha nessunissimo doppio
fine, capito?». No,
solo lui e Nami-san mezza nuda chiusi in bagno. Quale doppio fine ci
sarebbe potuto essere?
Nami lo fissava da un intero minuto con le braccia incrociate sotto il
seno, un sopracciglio inarcato e il piede che batteva ritmicamente per
terra. Sanji non capiva il perché di
quell’atteggiamento. Non era forse stata lei a chiedergli di
rimanere lì per aiutarla?
«Tutto a posto, Nami-san?», chiese vagamente
preoccupato.
«La doccia me la posso fare anche da sola, idiota»,
sottolineò lei fulminandolo con lo sguardo. «Se non
esci, non posso spogliarmi».
«A-ah, giusto», rispose il cuoco, sentendosi
irrimediabilmente stupido. «Esco subito».
«Sarò veloce», gli assicurò
Nami, «tu rimani dietro la porta ad aspettarmi. Appena ti
chiamo entra».
«O-okay». Poi la navigatrice lo spinse fuori dal bagno e gli
sbatté letteralmente la porta in faccia.
Sanji si accasciò lungo la superficie di legno, fino a
sedersi per terra.
Nami-san nuda dall’altra parte della porta e lui
all’esterno, con solo i boxer, che aspettava di poter
entrare.
Peggio – o
meglio? – di così, non poteva proprio
andare.
«Sanji-kun, puoi entrare».
«Sicura sicura?».
«Ti ricordo che faccio ancora in tempo a chiamare qualcun
altro...».
A quelle parole, Sanji scattò in piedi, spalancò
di colpo la porta ed entrò, per poi richiudersela alle
proprie spalle. Nami era in costume da bagno, pulita e asciutta, ma i
capelli gocciolavano ancora umidi sulla schiena. Sanji si fece forza e
ridusse la distanza che li separava: l’aveva vista tante
volte in costume da bagno, perché questa volta avrebbe
dovuto fare la differenza?
«Cosa devo fare, Nami-san?».
La navigatrice si sedette sul tappeto, davanti allo specchio, e gli indicò il phon. «Asciugami i capelli mentre mi
trucco».
Sanji prese lo sgabello per sedersi dietro di lei, poi afferrò il phon e lo accese, avvicinando le mani tremanti alla testa
della ragazza e cominciando a smuovere i lunghi capelli rossicci sotto
il getto d’aria calda. Intanto la osservava frugare
all’interno della sua trousse per estrarre tutti i cosmetici
di cui aveva bisogno. ...Che poi Nami-san era bella anche senza trucco.
Lei era bella sempre.
Sanji alzò lo sguardo sullo specchio, che gli
restituì l’immagine di un giovane uomo intento ad
aiutare la sua donna a farsi bella. Ma Nami-san non era sua, forse non
lo sarebbe mai stata. Perché quel buzzurro di Zoro poteva
stare con la donna che amava e lui no? Cosa aveva fatto di sbagliato
per non meritarsi l’amore di Nami-san? Perché
nonostante le moine, i complimenti e le faccende che sbrigava per lei,
lo sguardo di Nami continuava inesorabilmente a passargli attraverso?
All’improvviso pensò di non fare abbastanza,
pensò che Nami non aveva bisogno di uno schiavetto pronto a
gettarsi in mare per lei, ma di un uomo in grado di dimostrarle tutto
il suo amore. In fondo
Zoro non aveva nulla di cavalleresco, anzi era un tipo piuttosto
“diretto”, eppure era riuscito a far breccia nel
cuore di Robin. Sanji si disse che forse aveva sbagliato a trattenersi:
forse era proprio il contatto fisico – che lui aveva sempre
evitato per paura di ferire Nami-san – l’unica
soluzione al problema. Doveva farle capire che il suo amore non era platonico, che la desiderava ardentemente sotto ogni punto di vista: cuore, anima e anche corpo.
Doveva provarci, perlomeno. Nel peggiore dei casi, Nami
l’avrebbe picchiato di santa ragione.
Continuando a reggere il phon con una mano, avvicinò
l’altra al collo della navigatrice e spostò tutti
i capelli sulla spalla destra, in modo da avere piena visione di quella
sinistra. Sfiorò con le dita quella porzione di pelle
così liscia e calda al contatto, mentre con lo sguardo
scrutava l’immagine della navigatrice attraverso lo specchio
per captare la sua reazione: la ragazza si stava passando il rossetto
sulle labbra e sembrava non essersi accorta di nulla. Probabilmente
aveva interpretato quello sfioramento come un gesto involontario.
Sanji si fece forza e poggiò le dita sul collo della
navigatrice, scendendo con lentezza lungo la spalla e accarezzando il
braccio fino al gomito. A quel punto Nami lo mosse un po’,
senza però distogliere l’attenzione da
ciò che stava facendo, e Sanji ritirò subito la
mano, come scottato.
Deglutì, a disagio. Ci avrebbe provato un’ultima
volta, poi avrebbe mandato tutto all’aria.
Spense il phon: i capelli di Nami erano perfettamente asciutti.
“O adesso o
mai più” si disse. Si
trascinò maggiormente in avanti con lo sgabello e si sporse
verso di lei, poggiando il mento sulla sua spalla.
Nel guardarla da quella posizione, con il viso illuminato dal trucco,
Sanji si lasciò sfuggire un sospiro sognante. «Sei
meravigliosa,
Nami-san».
Lei sorrise senza guardarlo e al cuoco parve quasi di vederla
arrossire, ma forse doveva esserselo immaginato. Con un altro
po’ di coraggio, avvicinò il viso al collo della
navigatrice e percorse con la punta del naso la linea della mandibola,
raggiungendo la guancia. A quel punto sollevò il viso e
sfiorò con le labbra la tempia, lasciandole un piccolo
bacio. Avrebbe volentieri proseguito di lato, scendendo verso il lobo
dell’orecchio, se non si fosse ritrovato addosso i grandi
occhi di Nami sgranati all’inverosimile. Sembrava che avesse
appena visto un fantasma.
«C-cosa stai facendo?». Il suo tono di voce non era
minaccioso, sembrava quasi... in imbarazzo.
Sanji la guardò negli occhi, cercando di leggervi dentro, e
ricordò improvvisamente ciò che le aveva promesso
mezz’ora prima.
“Sanji-kun, ti
avviso, questa cosa non ha nessunissimo doppio fine, capito?”.
Come avrebbe potuto infrangere quella promessa? Lui era Sanji,
comportarsi da gentiluomo era insito nella sua natura. Era pervertito
solo a parole, ma non avrebbe mai e poi mai fatto qualcosa ad una donna
contro il suo volere, per di più se si trattava della donna
che amava. E se Nami gli aveva detto che in tutta quella faccenda non
c’era nessun doppio fine, allora significava che non era
interessata a lui.
Non poteva provarci con lei così spudoratamente. Un conto
era decantarle tutto il suo amore, un conto era toccarla e baciarla
senza il suo permesso. Quello non era un comportamento da Sanji. Non
era quello il tipo di amore in cui lui
credeva.
Deluso da se stesso, si allontanò velocemente dalla
navigatrice e si mise in piedi, pronto ad uscire da quel maledetto
bagno. Aveva appena fatto pochi passi in direzione della porta, quando
la voce di Nami gli riempì le orecchie – e il cuore.
«OH, INSOMMA, NON CI POSSO CREDERE!».
Sanji si voltò allibito: Nami lo guardava rossa in volto con
i pugni stretti lungo i fianchi.
«Io e te... chiusi da soli in un bagno... mezzi nudi... per
mezz’ora... E quando stai per agire, ti alzi e te ne vai! Ma
ti sei fumato il cervello?!».
Sanji si sentì mancare il respiro.
«N-Nami-san», sussurrò. «Ma tu
avevi detto...».
«E pensare che avevo programmato tutto nei minimi
dettagli!», lo bloccò lei visibilmente infuriata.
«Ero sicura che questa volta ti saresti dato una mossa e
invece... invece no!
A volte mi chiedo se sei veramente così tanto innamorato di
me come dichiari di esser−».
Sanji, semplicemente, la baciò. Avvolse le braccia intorno
ai fianchi della navigatrice e, stringendola contro il proprio petto,
premette le labbra sulle sue, imprimendovi tutta la passione repressa
fino a quel momento.
Quando lei rispose al bacio, cingendogli il collo e
accarezzandogli i capelli, Sanji si sentì in paradiso.
La sua natura da gentiluomo, alla fine, aveva avuto gli effetti sperati.
«Nami-san, se mi sono trattenuto è proprio
perché ti amo... troppo».
«Sta’ zitto e baciami, stupido cuoco».
«Mi aiuti a scegliere il vestito per il matrimonio?».
«A dire la verità ti preferisco senza».
«...».
«...».
«...Non sbilanciarti troppo ora».
Note dell'autrice:
Avevo in mente questo capitolo fin dall'inizio ma l'ho
voluto pubblicare solo ora perchè continuavo a limarlo nel
tentativo di imprimerci tutto l'amore che provo per questa coppia, la
mia OTP in assoluto. Spero che questo amore sia arrivato anche a voi,
io ho fatto del mio meglio ♥ ringrazio Nami93
per la bellissima immagine, l'ho adorata fin da subito.
Tornerò con altri capitoli su Nami e Sanji, ma nei prossimi
voglio dedicarmi a coppie nuove ;) grazie a tutti coloro che mi seguono
e commentano, critiche
e commenti sono sempre ben accetti. Alla prossima!
Soly Dea
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