Cap
Cap.9
.
.
.
Una figura
incappucciata camminava barcollante lungo i corridoi umidi delle prigioni.
Gemiti di dolore facevano da sottofondo ai suoi passi lenti e incerti. Aveva
paura, un senso di disagio sempre crescente si era fatto largo tra i suoi
pensieri facendole vedere cose che il suo sguardo innamorato fino a quel momento
non era riuscito a cogliere.
«Manca
ancora molto?»
L’uomo che
camminava davanti a lei non si voltò nemmeno. «No, ci siamo quasi.»
«Bene.»
«Perché
sei voluta scendere quaggiù?» chiese più per distrarla che per la voglia di
intavolare una conversazione.
«Volevo
vedere con i miei occhi se le leggende che si raccontano in giro sono vere.»
«E…?»
«Lo sono.»
la sua voce sibilò bassa e tagliente, facendolo rabbrividire.
Era
delusa, delusa e furiosa, e l’uomo non doveva nemmeno sforzarsi troppo per
capirne il motivo.
«Gabrielle, ma questo lo sapevi già.»
«Questa
non è una giustificazione! Guarda questo posto Demetrio! Sono gl’Inferi sulla
terra! Ma come fate a vivere sapendo di essere gli artefici di certe atrocità?!»
L’uomo
sospirò pesantemente, avevano già affrontato quell’argomento, ed era certo che
lei ne avesse parlato anche con l’Imperatrice.
«Eppure
questo non ti ha impedito di innamorarti di lei…» appena pronunciate queste
parole si maledisse per il tono patetico che aveva usato.
«Quella
non è una cosa che è dipesa dalla mia volontà! È successo e basta.»
Demetrio
si voltò per guardarla negli occhi, e per tentare di capire che cosa le passasse
per la testa. «Vuoi dire che se fosse stata una cosa che avresti potuto
controllare non ti saresti mai innamorata di lei?»
«No… Si!
Oh, ma che razza di domande fai!?»
«È una
domanda lecita.»
«È stupida
invece. Non puoi decidere chi amare, succede e basta!» affermò seria e decisa.
Non voleva che il soldato pensasse che i sentimenti che provava fossero falsi.
L’uomo
abbassò la testa sconfitto da quel verde scintillante. «Lo so…» riuscì a
sussurrare. Ma Gabrielle non lo udì.
.
Erano
arrivati vicino ad una cella isolata rispetto alle altre, lì i lamenti non
arrivavano tanto forti, ma l’umidità era tanta da penetrare nelle ossa,
procurando un acuto senso di gelo che arrivava fino alla profondità dell’anima.
Riuscì a distinguere le figure conosciute di Erodoto e Perdicca, che sedute su
di un mucchietto di paglia fetida fissavano le pareti di pietra con sguardo
vacuo.
«Padre,
Perdicca… sono io.» sussurrò scoprendo il volto.
«Gabrielle!» i due uomini scattarono in piedi e si avvicinarono alle sbarre.
«Ma che
cosa ci fai qui?» provò ad indagare suo padre, nella voce si poteva sentire
tutta la sua apprensione.
La ragazza
scosse la testa facendo ondeggiare i suoi capelli biondi, in contrasto quasi
osceno con l’oscurità di quel luogo, scacciando quelle lacrime che sempre più
violentemente le pungevano agli angoli degli occhi.
«Volevo
vedere come stavate. Ero preoccupata.»
Erodoto si
fece più vicino alle sbarre nel vano tentativo di trarre un po’ di calore dallo
sguardo della figlia. Sguardo che non riusciva più a riconoscere.
«Gabrielle, ma che cosa sta succedendo?»
«È… è
complicato…» non sapeva proprio cos’altro dire. Come spiegare quella situazione
così assurda, ma che lei sentiva così giusta?
«Questo
l’hai già detto!» sbottò irritato. «Adesso, di grazia, vorresti spiegarmi
perché è complicato?»
Gabrielle
abbassò lo sguardo incapace di mentire a suo padre su una così importante, ma al
tempo stesso impossibilitata a dirgli la verità.
«Non
posso…» soffiò infine, e in quella semplice frase che non aveva alcun
significato ritrovò l’unica verità che fosse disposta ad elargire.
Troppe
complicazioni.
In primis
la condizione di Imperatrice di Xena, e la sua fama di distruttrice dei popoli.
Per finire poi con la sua codardia, fattore decisivo in quell’insignificante
scambio di battute.
Perdicca
stava per prendere parte a quel discorso quando la voce dura del soldato
l’anticipò.
«Gab,
dobbiamo andare. Lo sai che non possiamo stare qui, se dovesse scoprirci…»
«Cosa?» si
voltò con uno sguardo che non prometteva niente di buono, uno sguardo audace e
combattivo che lui aveva imparato a conoscere fin dal loro primo incontro.
«Mi
rinchiuderà in una cella umida e getterà via la chiave? Mi farà frustare per la
mia mancanza di rispetto?»
L’uomo
sbuffò. Entrambi sapevano che Xena non avrebbe mai osato fare nulla del genere
alla sua Gabrielle, ma a lui poteva andare certamente peggio.
«Ti stai
comportando come una bambina.»
Abbassò lo
sguardo colpita dalle parole dell’uomo. Non sapeva nemmeno lei perché aveva
reagito in quel modo, si sentiva estremamente confusa, e non riusciva a pensare
con lucidità a quello che stava succedendo.
Aveva la
sensazione che qualcosa non andasse nel verso giusto, come se qualcuno stesse
giocando con le loro vite in modo maldestro e crudele. E non si trattava
certamente di Xena. Anzi, i sentimenti che provava per lei erano l’unica cosa
reale e che avesse senso in tutto questo.
«Hai
ragione, scusa.»
Fissò per
un ultimo instante suo padre e Perdicca e un leggero sorriso le increspò le
labbra. «Ci rivedremo molto presto. Andiamo.» concluse infine calandosi
nuovamente il cappuccio del mantello sul viso e sparendo nel corridoio scuro.
.
.
.
Se c’era
una cosa che odiava era l’indecisione. E lei non era mai indecisa.
Si fidava
ciecamente del suo istinto che fino a quel momento non l’aveva mai tradita,
eppure quella volta non poteva affidarsi ad esso senza prima valutare
attentamente tutte le conseguenze che quella decisione avrebbe comportato.
La
situazione le stava decisamente sfuggendo di mano, ingarbugliandosi più di
quanto potesse mai pensare.
C’era
qualche cosa che non andava. Non poteva trattarsi tutto di un caso.
Avvertiva
uno strano senso di vuoto e di estraneità che si stava acuendo sempre di più,
come se una belva addormentata nel profondo del suo animo si stesse lentamente
risvegliando, lacerandola con i suoi artigli affilati.
E il perno
di tutto era… Gabrielle…
Tutto
nasceva dal suo arrivo a palazzo, eppure lei era l’unica cosa che avesse senso
in quel momento. L’unica cosa giusta della sua vita.
Ed ecco
che sorgeva il problema.
Lasciarla
andare oppure tenerla con sé esponendola a mille pericoli?
Avrebbe
potuto farla tornare a casa con i suoi parenti e fare in modo che potesse avere
una vita felice e spensierata, crearsi una famiglia normale, una di quelle che
tutte le fanciulle sognano e che lei, volente o nolente, non avrebbe mai potuto
darle.
Eppure la
sua parte egoistica non voleva lasciarla andare, voleva tenerla al suo fianco
nonostante i rischi a cui avrebbe esposto sé stessa e lei.
Sapeva
bene quale sarebbe stata la cosa più giusta e saggia da fare, ma proprio non
poteva.
Lei è
tutto ciò che conta.
.
Uscì sul
balconcino che si trovava nella stanza e osservò la città brulicante di vita che
si stagliava ai suoi piedi.
Nei suoi
occhi cerulei vi si poteva leggere tutta la sua indecisione.
.
I
sentimenti sono per i deboli. Lei ti rende debole.
Lasciala
andare, liberati di lei. Solo così potrai tornare la Xena forte di un tempo e
riuscire ad affrontare Lao Ma!
.
No!
.
Xena
scosse la testa per scacciare quella vocina fastidiosa.
Non era
rara in quel periodo una cosa del genere.
Stava
impazzendo, sentiva le voci e aveva pure dei… flash…
.
.
Si riveste
con gesti meccanici, provando ad escludere quelle voci fastidiose che la
circondano. Fortunatamente sono andati via quasi tutti, dopo averla ringraziata
e garbatamente chiesto di lasciare al più presto il loro villaggio. Tutti tranne
lei. La ragazzina bionda che aveva provato da sola a fermare quel manipolo di
guerrieri.
Lei…
“Devi
portarmi con te e insegnarmi tutto quello che sai. Non puoi lasciarmi qui.”
Lo sguardo
muschio deciso e speranzoso.
“Perchè?”
“Hai visto l'uomo che vogliono che io sposi?”
“Sembra di animo gentile... qualità rara in un uomo.”
Inizia a
sistemare le cose nella sua bisaccia dandole le spalle, incurante del suo
discorso.
“Non è con il suo lato gentile che ho problemi. E' con il lato noioso e stupido.
Xena, non sono fatta per la vita di questo villaggio. Io sono nata per fare
molto di più!”
.
Io sono
nata per fare molto di più… molto di più!
.
.
Xena
spalancò gli occhi ansimando. Si sentiva come se qualcuno l’avesse colpita
inaspettatamente in pieno petto.
Ma che
cosa significano questi sogni? Che cosa sta succedendo?
.
.
Gabrielle
era appena entrata nelle stanze private di Xena. Era tormentata da mille
pensieri e nessuno di questi era allegro.
Trovò Xena
sul balcone che la osservava con uno strano sguardo.
«Ciao.»
mormorò stendendosi sul letto con un sospiro stanco.
«Ciao.»
rispose la guerriera con il suo stesso tono mesto. «Ti sei divertita con
Demetrio?» proprio non riuscì a nascondere la vena di gelosia nella sua voce.
«No. Ma
immagino che non debba sforzarmi molto per inventare una scusa su dove siamo
stati e su cosa abbiamo fatto.»
«Infatti.
So già tutto. Perché sei voluta andare nelle prigioni?»
Gabrielle
si sollevò per guardarla diritta negli occhi con uno sguardo furioso che l‘altra
non aveva mai visto.
«Volevo
sapere se le leggende erano vere.»
Xena annuì
comprendendo perfettamente che il motivo era un altro, ma non biasimava
Gabrielle per quello, in fondo era più che naturale che si interessasse della
salute dei suoi cari.
«Come hai
potuto?!» continuò rabbiosa dopo qualche attimo di silenzio.
Xena
sollevò un sopracciglio perplessa da quello scatto d’ira. «Ti ho già detto di
non preoccuparti, libererò i tuoi…»
«Non sto
parlando di loro! Parlo di tutta la povera gente che muore di stenti in quel
luogo orribile, senza avere nemmeno una vera colpa da scontare! Come puoi
lasciarli lì a soffrire, Xena? come puoi permettere che vengano compiute certe
atrocità senza fare nulla?!»
Si era
alzata fronteggiando la guerriera con un impeto che non pensava di avere.
«Gabrielle… Io sono così. Sono l’Imperatrice. Che ti piaccia oppure no. È questo
quello che sono!»
Xena provò
a mantenere il tono freddo, ma davanti allo sguardo fiammeggiante di quella
donna non poteva non crollare come un misero castello di sabbia.
«Non è
vero! Tu non sei così, tu sei… diversa. C’è del buono nel tuo animo, io l’ho
visto.»
«No, sei
tu che hai voluto vederlo. In me non c’è niente.» e questa volta il tono era
veramente rassegnato.
«Xena…»
«Gabrielle, tu sei così ingenua. Sei troppo buona per poter stare con me. Forse
dovresti… forse dovresti andare via con la tua famiglia.»
Ecco
l’aveva detto. Per una volta aveva fatto vincere il suo lato generoso e avrebbe
liberato quella fanciulla dalle sue catene. E ora si ritrovava con uno squarcio
nel petto che pulsava violento e doloroso, mentre gli occhi di Gabrielle si
riempivano di lacrime.
«Cosa?
Xena che cosa stai dicendo?»
«Penso che
dovresti partire con la tua famiglia.»
Dura e
fredda, come la lama di un coltello che trafigge il piccolo cuore biondo.
«No… Tu
non stai parlando sul serio.»
«Sì
invece. È giusto così.»
«E tutti
quei discorsi sull’essere speciale, che non era solo sesso con una schiava che
fine hanno fatto?!»
Xena lottò
contro la voglia di abbracciarla e baciarla chiedendole scusa e ripetendole che
l’amava fino a quando non avrebbe avuto più fiato, e mantenne lo sguardo fermo e
deciso.
«Per
questo voglio che tu vada via. Tu sei speciale, e io voglio che tu sia libera.»
«Ma io non
voglio! Xena, io voglio stare con te! Io ti amo…» la voce si abbassò di qualche
ottava, imbarazzata, all’ultima parola.
.
Anche io…
ti amo così tanto!
.
«Mi
dispiace Gabrielle, ma io sono l’Imperatrice e non posso distrarmi con queste
sciocchezze. Sarà meglio per tutti se te ne andrai.»
Gabrielle
ormai non controllava più le lacrime. «Allora dimmelo, dimmi che non mi ami,
dimmi che con me hai solo giocato. Avanti Xena, dillo!»
Un colpo
al suo cuore corazzato di ghiaccio.
«Io non ti
amo.»
Bugiarda…
«Bugiarda.» sussurrò Gabrielle più a sé stessa che a Xena.
La
guerriera incassò stoicamente il colpo e tacque. Non avrebbe potuto dire più
nemmeno una parola senza crollare.
Gabrielle
fece un profondo respiro e si asciugò il viso con il dorso della mano. Non
voleva farsi vedere da Xena devastata dal dolore che provava in quel momento.
Aveva ancora un orgoglio da difendere.
Avrò tutta
la vita per piangere.
«Bene,
allora addio imperatrice.» disse facendo un profondo e rispettoso
inchino. Poi si voltò scappando quasi da quelle stanze.
«Addio,
amore mio.» mormorò l’Imperatrice in un singulto impercettibile mentre una
lacrima solitaria le scavava il bel volto.
.
.
.
.
Il trotto
leggero del cavallo accompagnava i suoi pensieri durante quel viaggio di
ritorno.
Solo
qualche giorno prima, Gabrielle non avrebbe scommesso nemmeno una moneta su
quella possibilità.
E avrebbe
perso.
Non
avrebbe mai creduto che avrebbe rivisto quei sentieri che ora la stavano
conducendo verso la sua vera prigione.
Demetrio
aveva procurato loro un piccolo carro e un cavallo che li avrebbero attesi
appena sbarcati. Era riuscito a organizzare tutto alla perfezione, aiutato dal
favore delle tenebre, che adesso si andavano a diluire con il chiarore
dell’alba.
Gabrielle
sentiva un senso di vuoto crescente man mano che si allontanavano dalla
Capitale, incapace di credere a tutto quello che in quel breve lasso di tempo le
era successo.
E non si
riferiva certo al rapimento. Si era innamorata, e ora il suo cuore era
semplicemente a pezzi, distrutto da uno sguardo glaciale.
Con gli
occhi gonfi di lacrime che non voleva versare, fissava il nulla davanti a lei,
mentre i ricordi della sua breve avventura la tormentavano.
Suo padre
le lanciava ogni tanto qualche occhiata preoccupata, maledicendo ogni secondo la
sua incapacità di instaurare un dialogo con la figlia.
Che cosa
poteva esserle successo di tanto terribile in quel palazzo da ridurre una
ragazza vitale come Gabrielle in quello stato? Non che essere rapite dal
flagello delle nazioni fosse cosa da poco, ma Erodoto avrebbe scommesso
qualunque cosa che c’era dell’altro. Qualcosa che non avrebbe mai potuto
immaginare.
Qualcosa
che la stava lacerando nel profondo.
D’altro
canto anche Perdicca non se la cavava meglio. Non sapeva cosa dire, e neppure
come comportarsi con la sua futura moglie, eppure non avrebbe mai permesso che
Gabrielle continuasse con il suo mutismo disperato.
Voleva
sapere. Doveva sapere!
Aveva
assistito al saluto tra Gabrielle e quel soldato senza dire una parola,
lasciando che la gelosia lo torturasse mentre le braccia esili della fanciulla
si aggrappavano alle spalle muscolose dell’uomo con un impeto che non avrebbe
mai immaginato.
.
«Grazie.»
la voce rotta di Gabrielle trafisse Demetrio.
Avrebbe
voluto dirle di non partire, di restare con lui, avrebbe voluto dirle tante cose
ma non ne aveva il diritto. Non lo aveva mai avuto, specialmente ora che la
sapeva così profondamente innamorata.
Respirò a
fondo l’odore fresco dei suoi capelli. «Figurati, è stato un piacere rapirti.»
L’unica
cosa che Gabrielle poté fare senza scoppiare a piangere fu annuire, eppure una
lacrima le scivolò traditrice sul viso.
Demetrio
non fece commenti, si limitò ad asciugarle la guancia con la punta delle dita,
per poi separarsi dall’abbraccio salutandola definitivamente con un mezzo
sorriso rassicurante.
Il sorriso
di un amico…
.
E Perdicca
era rimasto immobile vicino al carro controllato da due soldati dall’aspetto
minaccioso, insieme ad Erodoto che aveva assistito alla scena con lo stesso
sguardo pensieroso e crucciato.
Perché
Gabrielle era così triste nel lasciare quel luogo tremendo?
.
«Gabby,
senti… io…» deglutì cercando di trovare qualcosa di giusto da dire.
«Ti
dispiacerebbe spiegarci che cosa è successo stanotte?» intervenne Erodoto
impaziente.
Era meglio
risolvere la questione prima di arrivare a Potidea.
«Vi hanno
liberati.» mormorò piatta Gabrielle senza neppure alzare lo sguardo.
«Sì,
questo l’avevamo capito. Ma perché? Non riesco a capire! E poi che cos’era tutta
quella confidenza con quel soldato!» forse si era lasciato prendere troppo dal
suo lato possessivo.
«Non c’è
nulla da capire. E Demetrio è un mio amico!» rispose infastidita dal tono del
suo presunto fidanzato.
A quel
punto nulla poté fermare la furia del ragazzo, che ribolliva da ore pronta ad
esplodere in una sfuriata. «Un tuo amico?! Gabrielle, per gli dèi, quello è il
tuo rapitore! Ma ti rendi conto di quello che dici?! Che cosa ti hanno fatto?!
Rispondi, maledizione!»
La
risposta acida e seccata che la ragazza stava per dare non ebbe il tempo di
lasciare le sue labbra, poiché si ritrovò sbalzata in avanti a causa di una
brusca frenata del carro.
«Ma cosa…»
la voce di Erodoto sfumò lentamente quando gli occhi smeraldini di Gabrielle si
posarono sull’ostacolo che aveva provocato la frenata.
Un brivido
di paura le corse lungo la schiena, mentre nella sua mente un serie di immagini
caotiche sfrecciavano ad una velocità assurda, tanto da non riuscirne ad
identificarne neanche una.
.
L’armatura
di cuoio nero leggero e la spada mollemente appoggiata al suo fianco destro le
davano un’aria misteriosa e noncurante che sicuramente non rassicurava. Ma la
cosa che colpiva di più in quella figura minuta era lo sguardo, perfettamente
soddisfatto, di chi ha appena trovato un enorme tesoro, e che lasciava
chiaramente intravedere tutta la follia che quella donna incarnava.
Gabrielle
deglutì più volte, cercando di liberarsi di quella soffocante sensazione di odio
che quella donna le ispirava senza un apparente motivo. Inutile, più la guardava
e più la sensazione di conoscerla si faceva forte. E questo non le lasciava
presagire nulla di buono.
«Mi
dispiace interrompere il tuo viaggio, ma credo che dovremmo passare un po’ di
tempo insieme.» gli occhi castani si fissarono in quelli di Gabrielle. Si stava
rivolgendo solo a lei, ma questo l’aveva intuito da prima che parlasse.
«Chi sei?»
Callisto
scosse la testa. «Mi dispiace tesoro, ma a me non piacciono le chiacchiere.»
Gabrielle
sgranò gli occhi sconvolta, ma preferì tacere.
«Ora se
volete seguirmi con le buone eviterò di farvi più male di quanto sia
necessario.»
Per un
attimo sperò che facessero resistenza, che quei folli decidessero di combattere
forti della superiorità numerica. Quanto le sarebbe piaciuto ucciderli, e quanto
sarebbe stato facile, ma aveva un piano e voleva seguirlo alla lettera.
Ci sarebbe
stato tanto tempo per divertirsi con loro….
Un sorriso
sinistro le deformò le labbra, e Gabrielle, per la prima volta da quando era
stata rapita, ebbe veramente paura.
.
.
.
Continua…
Note:
Con un po’ (tantissimo) di
ritardo è arrivato anche il nono capitolo. Chiedo scusa per quest’attesa
disumana, ma vedrò di fare il possibile per riuscire ad aggiornare con più
regolarità!
.
Come al solito ringrazio
Eylis per la gentilezza, pazienza e bravura con cui mi corregge i capitoli!^^
E un grazie enorme anche a
chi legge e recensisce la storia!
.
A presto!
.
P.s.
Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti!!! ^_^
|