Serie TV > Xena
Segui la storia  |       
Autore: RedDragon    23/12/2008    9 recensioni
Si trovava lì, in quel luogo indefinibile, ormai privo di ogni suono che non fosse il suo respiro spezzato.
Sola...
Cosa sarebbe accaduto se Xena avesse realmente ucciso Gabrielle mentre sono ad Illusia? La guerriera sarebbe stata capace di accettare la morte della compagna avvenuta per mano sua? Come avrebbe reagito a quella perdita?
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Gabrielle, Xena
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Cap

Cap.9

.

.

.

Una figura incappucciata camminava barcollante lungo i corridoi umidi delle prigioni. Gemiti di dolore facevano da sottofondo ai suoi passi lenti e incerti. Aveva paura, un senso di disagio sempre crescente si era fatto largo tra i suoi pensieri facendole vedere cose che il suo sguardo innamorato fino a quel momento non era riuscito a cogliere.

«Manca ancora molto?»

L’uomo che camminava davanti a lei non si voltò nemmeno. «No, ci siamo quasi.»

«Bene.»

«Perché sei voluta scendere quaggiù?» chiese più per distrarla che per la voglia di intavolare una conversazione.

«Volevo vedere con i miei occhi se le leggende che si raccontano in giro sono vere.»

«E…?»

«Lo sono.» la sua voce sibilò bassa e tagliente, facendolo rabbrividire.

Era delusa, delusa e furiosa, e l’uomo non doveva nemmeno sforzarsi troppo per capirne il motivo.

«Gabrielle, ma questo lo sapevi già.»

«Questa non è una giustificazione! Guarda questo posto Demetrio! Sono gl’Inferi sulla terra! Ma come fate a vivere sapendo di essere gli artefici di certe atrocità?!»

L’uomo sospirò pesantemente, avevano già affrontato quell’argomento, ed era certo che lei ne avesse parlato anche con l’Imperatrice.

«Eppure questo non ti ha impedito di innamorarti di lei…» appena pronunciate queste parole si maledisse per il tono patetico che aveva usato.

«Quella non è una cosa che è dipesa dalla mia volontà! È successo e basta.»

Demetrio si voltò per guardarla negli occhi, e per tentare di capire che cosa le passasse per la testa. «Vuoi dire che se fosse stata una cosa che avresti potuto controllare non ti saresti mai innamorata di lei?»

«No… Si! Oh, ma che razza di domande fai!?»

«È una domanda lecita.»

«È stupida invece. Non puoi decidere chi amare, succede e basta!» affermò seria e decisa. Non voleva che il soldato pensasse che i sentimenti che provava fossero falsi.

L’uomo abbassò la testa sconfitto da quel verde scintillante. «Lo so…» riuscì a sussurrare. Ma Gabrielle non lo udì.

.

Erano arrivati vicino ad una cella isolata rispetto alle altre, lì i lamenti non arrivavano tanto forti, ma l’umidità era tanta da penetrare nelle ossa, procurando un acuto senso di gelo che arrivava fino alla profondità dell’anima. Riuscì a distinguere le figure conosciute di Erodoto e Perdicca, che sedute su di un mucchietto di paglia fetida fissavano le pareti di pietra con sguardo vacuo.

«Padre, Perdicca… sono io.» sussurrò scoprendo il volto.

«Gabrielle!» i due uomini scattarono in piedi e si avvicinarono alle sbarre.

«Ma che cosa ci fai qui?» provò ad indagare suo padre, nella voce si poteva sentire tutta la sua apprensione.

La ragazza scosse la testa facendo ondeggiare i suoi capelli biondi, in contrasto quasi osceno con l’oscurità di quel luogo, scacciando quelle lacrime che sempre più violentemente le pungevano agli angoli degli occhi.

«Volevo vedere come stavate. Ero preoccupata.»

Erodoto si fece più vicino alle sbarre nel vano tentativo di trarre un po’ di calore dallo sguardo della figlia. Sguardo che non riusciva più a riconoscere.

«Gabrielle, ma che cosa sta succedendo?»

«È… è complicato…» non sapeva proprio cos’altro dire. Come spiegare quella situazione così assurda, ma che lei sentiva così giusta?

«Questo l’hai già detto!» sbottò irritato. «Adesso, di grazia, vorresti spiegarmi perché è complicato?»

Gabrielle abbassò lo sguardo incapace di mentire a suo padre su una così importante, ma al tempo stesso impossibilitata a dirgli la verità.

«Non posso…» soffiò infine, e in quella semplice frase che non aveva alcun significato ritrovò l’unica verità che fosse disposta ad elargire.

Troppe complicazioni.

In primis la condizione di Imperatrice di Xena, e la sua fama di distruttrice dei popoli. Per finire poi con la sua codardia, fattore decisivo in quell’insignificante scambio di battute.

Perdicca stava per prendere parte a quel discorso quando la voce dura del soldato l’anticipò.

«Gab, dobbiamo andare. Lo sai che non possiamo stare qui, se dovesse scoprirci…»

«Cosa?» si voltò con uno sguardo che non prometteva niente di buono, uno sguardo audace e combattivo che lui aveva imparato a conoscere fin dal loro primo incontro.

«Mi rinchiuderà in una cella umida e getterà via la chiave? Mi farà frustare per la mia mancanza di rispetto?»

L’uomo sbuffò. Entrambi sapevano che Xena non avrebbe mai osato fare nulla del genere alla sua Gabrielle, ma a lui poteva andare certamente peggio.

«Ti stai comportando come una bambina.»

Abbassò lo sguardo colpita dalle parole dell’uomo. Non sapeva nemmeno lei perché aveva reagito in quel modo, si sentiva estremamente confusa, e non riusciva a pensare con lucidità a quello che stava succedendo.

Aveva la sensazione che qualcosa non andasse nel verso giusto, come se qualcuno stesse giocando con le loro vite in modo maldestro e crudele. E non si trattava certamente di Xena. Anzi, i sentimenti che provava per lei erano l’unica cosa reale e che avesse senso in tutto questo.

«Hai ragione, scusa.»

Fissò per un ultimo instante suo padre e Perdicca e un leggero sorriso le increspò le labbra. «Ci rivedremo molto presto. Andiamo.» concluse infine calandosi nuovamente il cappuccio del mantello sul viso e sparendo nel corridoio scuro.

.

.

.

Se c’era una cosa che odiava era l’indecisione. E lei non era mai indecisa.

Si fidava ciecamente del suo istinto che fino a quel momento non l’aveva mai tradita, eppure quella volta non poteva affidarsi ad esso senza prima valutare attentamente tutte le conseguenze che quella decisione avrebbe comportato.

La situazione le stava decisamente sfuggendo di mano, ingarbugliandosi più di quanto potesse mai pensare.

C’era qualche cosa che non andava. Non poteva trattarsi tutto di un caso.

Avvertiva uno strano senso di vuoto e di estraneità che si stava acuendo sempre di più, come se una belva addormentata nel profondo del suo animo si stesse lentamente risvegliando, lacerandola con i suoi artigli affilati.

E il perno di tutto era… Gabrielle…

Tutto nasceva dal suo arrivo a palazzo, eppure lei era l’unica cosa che avesse senso in quel momento. L’unica cosa giusta della sua vita.

Ed ecco che sorgeva il problema.

Lasciarla andare oppure tenerla con sé esponendola a mille pericoli?

Avrebbe potuto farla tornare a casa con i suoi parenti e fare in modo che potesse avere una vita felice e spensierata, crearsi una famiglia normale, una di quelle che tutte le fanciulle sognano e che lei, volente o nolente, non avrebbe mai potuto darle.

Eppure la sua parte egoistica non voleva lasciarla andare, voleva tenerla al suo fianco nonostante i rischi a cui avrebbe esposto sé stessa e lei.

Sapeva bene quale sarebbe stata la cosa più giusta e saggia da fare, ma proprio non poteva.

Lei è tutto ciò che conta.

.

Uscì sul balconcino che si trovava nella stanza e osservò la città brulicante di vita che si stagliava ai suoi piedi.

Nei suoi occhi cerulei vi si poteva leggere tutta la sua indecisione.

.

I sentimenti sono per i deboli. Lei ti rende debole.

Lasciala andare, liberati di lei. Solo così potrai tornare la Xena forte di un tempo e riuscire ad affrontare Lao Ma!

.

No!

.

Xena scosse la testa per scacciare quella vocina fastidiosa.

Non era rara in quel periodo una cosa del genere.

Stava impazzendo, sentiva le voci e aveva pure dei… flash…

.

.

Si riveste con gesti meccanici, provando ad escludere quelle voci fastidiose che la circondano. Fortunatamente sono andati via quasi tutti, dopo averla ringraziata e garbatamente chiesto di lasciare al più presto il loro villaggio. Tutti tranne lei. La ragazzina bionda che aveva provato da sola a fermare quel manipolo di guerrieri.

Lei…

“Devi portarmi con te e insegnarmi tutto quello che sai. Non puoi lasciarmi qui.”

Lo sguardo muschio deciso e speranzoso.
“Perchè?”
“Hai visto l'uomo che vogliono che io sposi?”
“Sembra di animo gentile... qualità rara in un uomo.”

Inizia a sistemare le cose nella sua bisaccia dandole le spalle, incurante del suo discorso.
“Non è con il suo lato gentile che ho problemi. E' con il lato noioso e stupido. Xena, non sono fatta per la vita di questo villaggio. Io sono nata per fare molto di più!”

.

Io sono nata per fare molto di più… molto di più!

.

.

Xena spalancò gli occhi ansimando. Si sentiva come se qualcuno l’avesse colpita inaspettatamente in pieno petto.

Ma che cosa significano questi sogni? Che cosa sta succedendo?

.

.

Gabrielle era appena entrata nelle stanze private di Xena. Era tormentata da mille pensieri e nessuno di questi era allegro.

Trovò Xena sul balcone che la osservava con uno strano sguardo.

«Ciao.» mormorò stendendosi sul letto con un sospiro stanco.

«Ciao.» rispose la guerriera con il suo stesso tono mesto. «Ti sei divertita con Demetrio?» proprio non riuscì a nascondere la vena di gelosia nella sua voce.

«No. Ma immagino che non debba sforzarmi molto per inventare una scusa su dove siamo stati e su cosa abbiamo fatto.»

«Infatti. So già tutto. Perché sei voluta andare nelle prigioni?»

Gabrielle si sollevò per guardarla diritta negli occhi con uno sguardo furioso che l‘altra non aveva mai visto.

«Volevo sapere se le leggende erano vere.»

Xena annuì comprendendo perfettamente che il motivo era un altro, ma non biasimava Gabrielle per quello, in fondo era più che naturale che si interessasse della salute dei suoi cari.

«Come hai potuto?!» continuò rabbiosa dopo qualche attimo di silenzio.

Xena sollevò un sopracciglio perplessa da quello scatto d’ira. «Ti ho già detto di non preoccuparti, libererò i tuoi…»

«Non sto parlando di loro! Parlo di tutta la povera gente che muore di stenti in quel luogo orribile, senza avere nemmeno una vera colpa da scontare! Come puoi lasciarli lì a soffrire, Xena? come puoi permettere che vengano compiute certe atrocità senza fare nulla?!»

Si era alzata fronteggiando la guerriera con un impeto che non pensava di avere.

«Gabrielle… Io sono così. Sono l’Imperatrice. Che ti piaccia oppure no. È questo quello che sono!»

Xena provò a mantenere il tono freddo, ma davanti allo sguardo fiammeggiante di quella donna non poteva non crollare come un misero castello di sabbia.

«Non è vero! Tu non sei così, tu sei… diversa. C’è del buono nel tuo animo, io l’ho visto.»

«No, sei tu che hai voluto vederlo. In me non c’è niente.» e questa volta il tono era veramente rassegnato.

«Xena…»

«Gabrielle, tu sei così ingenua. Sei troppo buona per poter stare con me. Forse dovresti… forse dovresti andare via con la tua famiglia.»

Ecco l’aveva detto. Per una volta aveva fatto vincere il suo lato generoso e avrebbe liberato quella fanciulla dalle sue catene. E ora si ritrovava con uno squarcio nel petto che pulsava violento e doloroso, mentre gli occhi di Gabrielle si riempivano di lacrime.

«Cosa? Xena che cosa stai dicendo?»

«Penso che dovresti partire con la tua famiglia.»

Dura e fredda, come la lama di un coltello che trafigge il piccolo cuore biondo.

«No… Tu non stai parlando sul serio.»

«Sì invece. È giusto così.»

«E tutti quei discorsi sull’essere speciale, che non era solo sesso con una schiava che fine hanno fatto?!»

Xena lottò contro la voglia di abbracciarla e baciarla chiedendole scusa e ripetendole che l’amava fino a quando non avrebbe avuto più fiato, e mantenne lo sguardo fermo e deciso.

«Per questo voglio che tu vada via. Tu sei speciale, e io voglio che tu sia libera.»

«Ma io non voglio! Xena, io voglio stare con te! Io ti amo…» la voce si abbassò di qualche ottava, imbarazzata, all’ultima parola.

.

Anche io… ti amo così tanto!

.

«Mi dispiace Gabrielle, ma io sono l’Imperatrice e non posso distrarmi con queste sciocchezze. Sarà meglio per tutti se te ne andrai.»

Gabrielle ormai non controllava più le lacrime. «Allora dimmelo, dimmi che non mi ami, dimmi che con me hai solo giocato. Avanti Xena, dillo!»

Un colpo al suo cuore corazzato di ghiaccio.

«Io non ti amo.»

Bugiarda…

«Bugiarda.» sussurrò Gabrielle più a sé stessa che a Xena.

La guerriera incassò stoicamente il colpo e tacque. Non avrebbe potuto dire più nemmeno una parola senza crollare.

Gabrielle fece un profondo respiro e si asciugò il viso con il dorso della mano. Non voleva farsi vedere da Xena devastata dal dolore che provava in quel momento. Aveva ancora un orgoglio da difendere.

Avrò tutta la vita per piangere.

«Bene, allora addio imperatrice.» disse facendo un profondo e rispettoso inchino. Poi si voltò scappando quasi da quelle stanze.

«Addio, amore mio.» mormorò l’Imperatrice in un singulto impercettibile mentre una lacrima solitaria le scavava il bel volto.

.

.

.

.

Il trotto leggero del cavallo accompagnava i suoi pensieri durante quel viaggio di ritorno.

Solo qualche giorno prima, Gabrielle non avrebbe scommesso nemmeno una moneta su quella possibilità.

E avrebbe perso.

Non avrebbe mai creduto che avrebbe rivisto quei sentieri che ora la stavano conducendo verso la sua vera prigione.

Demetrio aveva procurato loro un piccolo carro e un cavallo che li avrebbero attesi appena sbarcati. Era riuscito a organizzare tutto alla perfezione, aiutato dal favore delle tenebre, che adesso si andavano a diluire con il chiarore dell’alba.

Gabrielle sentiva un senso di vuoto crescente man mano che si allontanavano dalla Capitale, incapace di credere a tutto quello che in quel breve lasso di tempo le era successo.

E non si riferiva certo al rapimento. Si era innamorata, e ora il suo cuore era semplicemente a pezzi, distrutto da uno sguardo glaciale.

Con gli occhi gonfi di lacrime che non voleva versare, fissava il nulla davanti a lei, mentre i ricordi della sua breve avventura la tormentavano.

Suo padre le lanciava ogni tanto qualche occhiata preoccupata, maledicendo ogni secondo la sua incapacità di instaurare un dialogo con la figlia.

Che cosa poteva esserle successo di tanto terribile in quel palazzo da ridurre una ragazza vitale come Gabrielle in quello stato? Non che essere rapite dal flagello delle nazioni fosse cosa da poco, ma Erodoto avrebbe scommesso qualunque cosa che c’era dell’altro. Qualcosa che non avrebbe mai potuto immaginare.

Qualcosa che la stava lacerando nel profondo.

D’altro canto anche Perdicca non se la cavava meglio. Non sapeva cosa dire, e neppure come comportarsi con la sua futura moglie, eppure non avrebbe mai permesso che Gabrielle continuasse con il suo mutismo disperato.

Voleva sapere. Doveva sapere!

Aveva assistito al saluto tra Gabrielle e quel soldato senza dire una parola, lasciando che la gelosia lo torturasse mentre le braccia esili della fanciulla si aggrappavano alle spalle muscolose dell’uomo con un impeto che non avrebbe mai immaginato.

.

«Grazie.» la voce rotta di Gabrielle trafisse Demetrio.

Avrebbe voluto dirle di non partire, di restare con lui, avrebbe voluto dirle tante cose ma non ne aveva il diritto. Non lo aveva mai avuto, specialmente ora che la sapeva così profondamente innamorata.

Respirò a fondo l’odore fresco dei suoi capelli. «Figurati, è stato un piacere rapirti.»

L’unica cosa che Gabrielle poté fare senza scoppiare a piangere fu annuire, eppure una lacrima le scivolò traditrice sul viso.

Demetrio non fece commenti, si limitò ad asciugarle la guancia con la punta delle dita, per poi separarsi dall’abbraccio salutandola definitivamente con un mezzo sorriso rassicurante.

Il sorriso di un amico…

.

E Perdicca era rimasto immobile vicino al carro controllato da due soldati dall’aspetto minaccioso, insieme ad Erodoto che aveva assistito alla scena con lo stesso sguardo pensieroso e crucciato.

Perché Gabrielle era così triste nel lasciare quel luogo tremendo?

.

«Gabby, senti… io…» deglutì cercando di trovare qualcosa di giusto da dire.

«Ti dispiacerebbe spiegarci che cosa è successo stanotte?» intervenne Erodoto impaziente.

Era meglio risolvere la questione prima di arrivare a Potidea.

«Vi hanno liberati.» mormorò piatta Gabrielle senza neppure alzare lo sguardo.

«Sì, questo l’avevamo capito. Ma perché? Non riesco a capire! E poi che cos’era tutta quella confidenza con quel soldato!» forse si era lasciato prendere troppo dal suo lato possessivo.

«Non c’è nulla da capire. E Demetrio è un mio amico!» rispose infastidita dal tono del suo presunto fidanzato.

A quel punto nulla poté fermare la furia del ragazzo, che ribolliva da ore pronta ad esplodere in una sfuriata. «Un tuo amico?! Gabrielle, per gli dèi, quello è il tuo rapitore! Ma ti rendi conto di quello che dici?! Che cosa ti hanno fatto?! Rispondi, maledizione!»

La risposta acida e seccata che la ragazza stava per dare non ebbe il tempo di lasciare le sue labbra, poiché si ritrovò sbalzata in avanti a causa di una brusca frenata del carro.

«Ma cosa…» la voce di Erodoto sfumò lentamente quando gli occhi smeraldini di Gabrielle si posarono sull’ostacolo che aveva provocato la frenata.

Un brivido di paura le corse lungo la schiena, mentre nella sua mente un serie di immagini caotiche sfrecciavano ad una velocità assurda, tanto da non riuscirne ad identificarne neanche una.

.

L’armatura di cuoio nero leggero e la spada mollemente appoggiata al suo fianco destro le davano un’aria misteriosa e noncurante che sicuramente non rassicurava. Ma la cosa che colpiva di più in quella figura minuta era lo sguardo, perfettamente soddisfatto, di chi ha appena trovato un enorme tesoro, e che lasciava chiaramente intravedere tutta la follia che quella donna incarnava.

Gabrielle deglutì più volte, cercando di liberarsi di quella soffocante sensazione di odio che quella donna le ispirava senza un apparente motivo. Inutile, più la guardava e più la sensazione di conoscerla si faceva forte. E questo non le lasciava presagire nulla di buono.

«Mi dispiace interrompere il tuo viaggio, ma credo che dovremmo passare un po’ di tempo insieme.» gli occhi castani si fissarono in quelli di Gabrielle. Si stava rivolgendo solo a lei, ma questo l’aveva intuito da prima che parlasse.

«Chi sei?»

Callisto scosse la testa. «Mi dispiace tesoro, ma a me non piacciono le chiacchiere.»

Gabrielle sgranò gli occhi sconvolta, ma preferì tacere.

«Ora se volete seguirmi con le buone eviterò di farvi più male di quanto sia necessario.»

Per un attimo sperò che facessero resistenza, che quei folli decidessero di combattere forti della superiorità numerica. Quanto le sarebbe piaciuto ucciderli, e quanto sarebbe stato facile, ma aveva un piano e voleva seguirlo alla lettera.

Ci sarebbe stato tanto tempo per divertirsi con loro….

Un sorriso sinistro le deformò le labbra, e Gabrielle, per la prima volta da quando era stata rapita, ebbe veramente paura.

.

.

.

Continua…

Note:

Con un po’ (tantissimo) di ritardo è arrivato anche il nono capitolo. Chiedo scusa per quest’attesa disumana, ma vedrò di fare il possibile per riuscire ad aggiornare con più regolarità!

.

Come al solito ringrazio Eylis per la gentilezza, pazienza e bravura con cui mi corregge i capitoli!^^

E un grazie enorme anche a chi legge e recensisce la storia!

.

A presto!

.

P.s.

Buon Natale e Felice Anno Nuovo a tutti!!! ^_^

  
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Xena / Vai alla pagina dell'autore: RedDragon