Acqua
viva
Autore: ellephedre
Disclaimer: i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
Giugno
Raramente Alexander aveva visto Ami tanto animata.
«Questa è la stradina giusta! Ormai
dovrebbe
mancare poco al lago.»
Si trovavano in campagna, partiti quella
mattina da Tokyo per incontrare il padre di lei. Ami stringeva tra le
mani un disegno abbozzato su un foglio d'agenda, improvvisato alla
buona dall’ultimo
contadino che avevano incontrato - un uomo che vedeva Koji Mizuno
passare da quelle parti durante le mattine di bel tempo. Il contadino
non sapeva dove andava il padre di Ami, ma aveva visto a cosa stava
lavorando.
Alexander era sorpreso dalla poca organizzazione della
gita. La sua ragazza di solito amava pianificare i dettagli. Chiedeva
una sicurezza di orari
e percorsi da seguire. Quella volta invece procedevano allo
sbaraglio, per di più con allegria.
Pareva che Koji Mizuno stesse dipingendo
un’ansa del lago. Non possedeva un telefono,
perciò per trovarlo dovevano camminare in un raggio di circa
un chilometro e stabilire se il bozzetto del dipinto che Ami teneva in
mano corrispondeva alla vista che avevano del
luogo. Quando
immagine e scenario fossero coincisi, avrebbero
incontrato Mizuno-san.
Invece di trovarlo frustrante, lei era estasiata
all’idea di
quel gioco. Normalmente sarebbe stata
paziente
con una persona che si fosse resa tanto difficile da reperire, ma non
avrebbe accumulato scuse per quell’atteggiamento.
«Papà è fatto
così.»
«È normale per lui dare indicazioni
vaghe, ha
sempre la testa in un dipinto. Deve
concentrarsi.»
«È vero
che non ha assicurato di esserci, ma se la luce cambia deve spostarsi.
Noi proviamo a partire in un giorno di sole.»
Ami aveva detto
al signor Mizuno che sarebbe andata a trovarlo; da quel che Alexander
sapeva, i due non si vedevano da più di otto mesi. Eppure il
signor Mizuno non si stava sforzando di farsi trovare in un posto
preciso, ad un’ora precisa, nell’unico momento
dell’anno in cui poteva incontrare sua figlia. Era come se
non gli importasse.
Ami non la pensava in quel modo.
«Vi vedete poco» aveva commentato
Alexander.
«Un incontro vale per cento. Ogni volta che ci
ritroviamo
sento una grande pace dentro di me. Ci capiamo senza parlare.»
Per non rompere quella serenità, lui aveva evitato
altre
domande. Voleva capire quella connessione. Voleva comprendere come Ami
fosse in grado di accettare con tranquillità una tale
lontananza.
Io non riuscirei a starti
lontano per così tanto
tempo.
«Guarda!» Lei alzò la mano
verso
un punto
lontano della costa. «Quello dev’essere
lui.»
A qualche centinaio di metri da loro, non lontano dalla riva,
si
intravedeva la sagoma minuscola di una figura umana.
In Ami era nata una scintilla di ansia mista ad aspettativa.
«Spero che papà ti piaccia. Per
me è importante.»
Lui non l’aveva
mai sentita esprimere una speranza del genere con tanto intento,
nemmeno quando si era incontrato con sua madre. Ami in genere stava
in silenzio su quello che provava, non chiedeva mai. Ora lo stava
pregando di accettare una parte di lei.
Lui aveva delle riserve su Koji Mizuno, per il fatto che fosse
un
padre
assente, ma non poteva sapere tutto su quell’uomo. Forse
avrebbe trovato un genitore protettivo che lo avrebbe giudicato come
ragazzo di sua figlia. Era pronto ad
affrontare l’esame.
Io amo Ami. Non temo nulla.
Involontariamente, era anche il più rispettoso dei
fidanzati: Ami e l’intimità fisica erano ancora
due concetti separati nella sua testa, non per sua volontà.
Era quasi tentato di parlarne al padre di Ami, se si fosse
caduti
nell’argomento. Provava una sorta di fierezza nascosta per la
lunga attesa che viveva senza eccessive sofferenze.
No, signore, non ho fatto
niente di sconveniente con sua
figlia. La
rispetto.
Avrebbe potuto dirlo ad alta voce, anche se nei suoi pensieri
lui ed
Ami erano tutt’altro che casti. D’altronde la
fantasia era territorio privo di colpe.
«Perché stai
sorridendo?»
La
domanda lo
fece tornare serio. «Niente. Non mi hai descritto
tuo
padre. Com’è?»
Lei rise piano.
«Ma ormai siamo qui. Comunque non mi somiglia molto, se
è quello che stai chiedendo. A me piace pensare di avere i
suoi
occhi profondi. Quando sogno, ho la sua mente.»
Se era davvero così, lui avrebbe trovato qualcosa
da
apprezzare anche nel signor Mizuno.
«Papà!» Ami
accelerò bruscamente il passo.
Da una trentina di metri di distanza, Mizuno-san
sollevò lo
sguardo e allontanò il pennello dalla tela. Sotto il
cappello di paglia, il volto abbronzato si distese in un sorriso pacato
mentre attendeva l'arrivo
di sua figlia.
Non le stava andando incontro, notò
Alexander.
Ami raggiunse suo padre. Si frenò da un abbraccio,
limitandosi a stargli di fronte, le mani unite davanti al petto per
l’emozione. Amava quell’uomo, ma non era in
confidenza con lui.
Alexander si unì a loro con calma. Il
signor
Mizuno era alto poco più di un metro e settanta, con un viso
giovanile che non tradiva preoccupazioni. I capelli erano screziati di
bianco, lunghi fin sotto le orecchie - una pettinatura noncurante che
gli ricordava quella di Ami.
Sentendolo aarrivare alle loro spalle, Ami si
allungò a prendergli una mano.
«Papà, lui è Alexander. L’ho
portato qui per
fartelo conoscere.»
Koji Mizuno gli dedicò
un’occhiata semplice, priva di giudizi - quasi senza
interesse. «Piacere.» Si
concentrò di nuovo su Ami e solo in quel momento,
guardandola meglio, comprese. «È una cosa
seria.»
Ami arrossì, annuendo.
«Sono contento. Vuol dire che stai
crescendo.»
Non era un padre che supervisionava, comprese Alexander, ma un
uomo
che lasciava che sua figlia esistesse, rallegrandosi delle sue scelte.
D’altronde, pensò, non poteva esserci
supervisione
senza vicinanza.
Ritrovò gli occhi di Mizuno-san su di sé.
«Tento di riprodurre i colori di queste giornate.
Sedetevi qui vicino se volete, o fate un passeggiata.
Più tardi pranziamo insieme.»
Ami fu pronta nella risposta. «Ci sediamo
là
dietro.» Prese Alexander per mano e lo portò
lontano, verso la curva di una collina, camminando piano. «Da
lì potremo vedere come lavora»
bisbigliò.
Più che di una persona, sembrava che parlassero di
un quadro,
inavvicinabile nella propria arte.
Ami giudicò che fossero abbastanza distanti.
«Qui.»
Aspettando di comprendere, Alexander si sedette sul manto
erboso in
pendenza mentre lei tirava fuori una tovaglia ben piegata
dallo zaino.
La dispiegò in aria, lasciando
che si adagiasse al suolo.
«Ti era preparata.» Come se suo padre
l'avesse abituata all'attesa mentre terminava di lavorare.
«Di
solito mi
sdraio a guardare il cielo.» Ami gli mostrò le
cuffie
del minidisc, indicando che di sottofondo aveva la musica.
«Di tanto in tanto provo a percepire quello che sta vedendo
lui. I quadri di papà sono apprezzati per come coglie
l'essenza della natura e la riproduce su tela.»
Aveva fatto
attenzione a non alzare la voce. Non voleva disturbare. Nonostante
il trattamento riservatole da suo padre, non era
nervosa né
infelice.
Lui tenne per sé le proprie
perplessità.
«Riposiamo e ascoltiamo la musica, allora. Sdraiati nel mio
braccio, ti faccio da cuscino.»
Accogliendo il suggerimento, lei divise tra loro le cuffie. Al
suono di un motivo strumentale, distesa al suo fianco,
si
godette la vista del padre che lavorava.
«Quando hanno divorziato?»
«Avevo meno di
un anno.»
Nella stanza di Alexander, qualche settimana prima, lo
sguardo di Ami si era posato sulla pagina bianca di un quaderno.
«Non so perché abbiano deciso per un
matrimonio.
Sono così diversi. Papà è un
sognatore, mamma è concreta. Hanno vissuto insieme per meno
di due mesi prima di separarsi.»
Lui aveva atteso che Ami scegliesse se continuare a
raccontare.
«All’inizio era solo un modo per litigare
di meno
e vivere la vita che si confaceva meglio a entrambi. È
quello che mi ha raccontato mamma. Lei studiava ancora e voleva
dedicarsi anima e corpo alla medicina prima che io nascessi.
Papà bramava di iniziare un nuovo quadro, anche se allora
non ne aveva ancora venduto nessuno. Era inquieto, non poteva stare
chiuso
dentro quattro mura. La sua famiglia… Non so se lui
abbia ancora contatti con loro. Non aveva fratelli, solo dei
genitori. Ha
abbandonato il loro cognome quando si è sposato con mia
madre. Lei non li ha conosciuti.»
La signora Mizuno proveniva da una famiglia comune, aveva
pensato
Alexander, che non era rinomata o ricca a sufficienza da portare un
uomo a cambiare il proprio cognome per il suo. Da parte del
padre di
Ami una simile scelta suonava come un rifiuto delle proprie origini.
«Presto i miei genitori hanno capito che non
volevano tornare
a vivere insieme. Sposarsi era stato uno sbaglio. Non ha
funzionato, ma mamma non prova risentimento verso di lui. Ancora oggi
non
lo capisce.» Le era uscito un breve sorriso. «Per
me è diverso. Sai, papà
è stato il
primo a mettermi in mano una matita.» Mimò un
disegno sul foglio. «Quando ero piccola veniva a
trovarmi
più di frequente. Disegnava vicino a me e io
imparavo.»
Il suo sguardo era volato al cielo fuori dalla
finestra.
«Con lui la mia fantasia acquisiva le ali.
Ricordo che all’asilo non disegnavo forme, bensì
righe e curve
colorate. Nella mia testa erano fiumi, nuvole. Mi piaceva che le
tonalità fossero armoniose come le vedevo nella
realtà, quando papà mi portava nel parco vicino a
casa.»
Ami aveva sospirato, nostalgica.
«Man mano che crescevo le sue visite si sono
diradate. Gli
facevo tante domande. Stavo diventando più logica e
chiara
nei miei ragionamenti. Una volta lui mi ha detto che volevo rinchiudere
tutto in un quadrato. È l’unica critica che mi
abbia mai fatto. Mi ha chiesto subito scusa.»
Da come ne parlava, quell'episodio lontano per lei era un
momento di dolcezza.
«Ti manca?» le aveva domandato lui.
Trattenendo la risposta pronta sulla labbra, lei aveva
cambiato idea su cosa dire.
«Non lo so. Papà è la parte
poetica di me. È sempre con me. Però…
A volte mi domando come sarebbe stato averlo in casa e
poterlo conoscere di più.» Era
diventata triste per la prima volta. «Penso che avrebbe avuto
altre critiche per me.
Siamo diversi, non è colpa di nessuno.»
Alexander aveva sentito di dover intervenire. «Tu
non sei
sbagliata.»
«Lo so. Quell’unica volta che
lui mi ha chiesto scusa… Gli era dispiaciuto darmi contro.
Non
voleva farmi del male nemmeno in una maniera piccola, per questo non ha
mai più detto nulla di simile.»
Poi si era allontanato, aveva pensato Alexander.
Aveva portato una mano tra i capelli di Ami e l'aveva
accarezzata, consolandola.
Quando Koji Mizuno terminò il proprio lavoro,
intorno
alle una del pomeriggio,
Alexander aveva fame almeno da mezz’ora, ma Ami non aveva
detto una parola sul pranzo e lui aveva aspettato. Vide il
momento in cui il padre di Ami fissò lo
sguardo sul
cielo, sbatté le palpebre come risvegliandosi e si
voltò
verso di
loro.
Ami si alzò prontamente. «Ti è
venuta
fame?»
Mizuno-san iniziò a sistemare la propria
attrezzatura. «Vi ho fatto aspettare.»
«Non volevamo disturbarti.»
Alexander sperò che non si sentisse il suo stomaco
che
brontolava.
«Ho portato dei panini» offrì
Ami, avvicinandosi a Mizuno-san.
Incredulo, Alexander lanciò un'occhiata vorace al
suo zaino.
Koji Mizuno controllava la stabilità del
cavalletto. «Andiamo invece da
Daito-san. Forse ha altro cibo.»
Ami si illuminò. «Grazie.»
Alexander non capì. È come se ti avesse
detto che non vuole i panini che gli hai preparato.
Confuso, seguì i due mentre si incamminavano verso
Daito-san - probabilmente il contadino con cui avevano parlato quella
mattina.
«Che cosa studi?»
Si accorse con qualche secondo di ritardo che la domanda era
rivolta a lui. «Ah… Fisica.»
Ebbe l’approvazione di Mizuno-san. «Uguale
a sua madre.»
Eh?
Ami si divertì. «Intende dire che io sono
uguale a
mamma. Perché ho scelto una persona che ama la scienza, come
lei e me.»
Mizuno confermò con un cenno del capo.
«Caratteri uguali, lunga
durata.»
Ami annuì. Seguiva facilmente quel discorso
frammentato.
«Stiamo insieme dallo scorso anno» disse a
suo padre.
«Niente decisioni
avventate?»
«No.»
«Non come me.
Bene.»
C’era dell’affetto nella voce di
Mizuno-san, ma il
suo grado di coinvolgimento nella conversazione era difficile da
determinare.
Ami allungò il passo di poco, per guardare in volto
suo padre.
«Io e Alex giochiamo a scacchi insieme. Studiamo
formule
matematiche. Leggiamo.»
Parole che riempirono gli occhi di Koji Mizuno di
tranquillità.
«Niente dipinti?»
Ami sorrise, quasi pentita.
«Lui non
è molto artistico.»
«Per
niente» contribuì Alexander.
Per la prima volta Mizuno-san rimase perplesso, ma Ami si
affrettò a correggersi. «Alex
sogna di
andare
nello spazio.»
Veramente lui non desiderava
esattamente fare
l’astronauta, ma...
«Vuole indagare l’impossibile che ci
circonda» proseguì lei.
Stava tentando di rendere poetici i suoi
propositi.
«Ti capisce?» domandò suo padre.
Alexander sentì di non essere nemmeno presente
vicino a loro due, ignorato.
«In tutto» rispose Ami.
Mizuno-san sospirò piano. «La
libertà
dell’anima è importante.»
«Non la ingabbio mai, papà.»
Non dissero più niente.
Giunti a destinazione, pranzarono all'aria aperta, su un
tavolo di pietra.
Ami sorrideva. «Di solito con papà
mangiamo al sacco, dove capita.»
Mizuno-san annuì. «Ma oggi c'era un'altra
persona.»
Alexander finalmente capì perché
Ami aveva ringraziato, prima. Il padre di lei aveva fatto dei
cambiamenti per metterlo a suo agio.
Il contadino, Daito-san, si fermò accanto a loro
con tre piatti di minestra.
«Mizuno-san sa che qui da me si è sempre
fortunati!» Rise. «La mia signora cucina in
abbondanza!»
Il padre di Ami ringraziò con un cenno del capo.
«Mi invitano alla loro tavola.»
«Ogni volta che lo vediamo! Fa pena vederlo da solo,
la sera, mentre cammina verso quella capanna che ha
affittato.»
«Ho del cibo in scatola.»
«Quella non è una vera cena! Gli dico
sempre di non fare complimenti, ma lui ha la testa per aria! Passa di
qui e si dimentica di chiamarci!»
Ami sorrise. Quel racconto le piaceva. «Grazie per
prendervi cura di lui.»
«Bisogna essere gentili! Scusate se non possiamo
offrirvi di più.»
«È già troppo»
affermò
lei. «Il cibo è ottimo. Ancora grazie
infinite.»
Il contadino li lasciò.
Mizuno-san guardava sua figlia con attenzione.
Lei si rannicchiò nelle spalle. «Sono
diventata più socievole. La
vicinanza di Alexander e delle mie amiche mi fa bene.»
Suo padre prese in mano il cucchiaio. «È
giusto stare tra le persone.» Non iniziò a
mangiare e si rivolse a lui. «Io mi sono isolato.
Non parlo in maniera normale, me ne rendo conto. Tendo a
perdermi nella mia
testa.»
Non era un discorso che ad Ami
piaceva. «Non
parlare così di te stesso.»
«Lo hai portato qui per conoscermi. Ciò
che sono non si deve riflettere su di te.»
Lei stava per rispondere, ma Alexander
intervenì. «Conosco bene Ami.»
Non avrebbe cambiato idea su di lei.
Mizuno-san annuì. «Ami è molto
più simile a sua madre.» Nella sua bocca era un
complimento. «Guarda Saeko per sapere come
diventerà.»
Ami era contrariata. «Sono parte di tutti e due.
Mangiamo.»
Per non contraddirla, Alexander non continuò quel
discorso e così fece suo padre.
Pochi momenti dopo era di nuovo tornata la pace tra lei e
Mizuno-san; Alexander lo capì quando i due si trovarono con
uno sguardo.
Ami riprese a parlare. Normalmente era la persona che
ascoltava in una conversazione, ma durante quel pranzo fu protagonista.
Raccontò a suo padre tutto quello che le veniva in mente di
sé.
«Mi sto preparando per l'esame di ammissione
all'università.»
«L'altro giorno mi è tornata la voglia di
scrivere poesie.»
«Nel mini-disc ho questa musica che Alexander mi ha
fatto conoscere. È la mia passione di questi
giorni.»
«Con Rei ora è più difficile
incontrarci: ha trovato un ragazzo da poco. Ricordi l'aiutante del
tempio?»
«Usagi mi ha invitato a provare un nuovo gusto di
gelato. Io sono sempre abitudinaria. Alexander no, ma lui è
quello che mi invita a provare nuovi cibi nei ristoranti.»
«Non sto pensando a un lavoro per quest'anno. La mia
amica Makoto ne ha in mente già uno invece, ma solo dopo che
finirà la scuola.»
«Questi vestiti li ho scelti con Minako. La prossima
settimana usciamo di nuovo e questa volta speriamo di coinvolgere anche
Rei.»
Erano discorsi particolari per lei, poiché non
citava le sue passioni per la matemica o la medicina, concetti che
normalmente affollavano la sua mente. Alexander non aveva
l'impressione che lei si stesse censurando. Piuttosto, Ami presentava a
suo padre un lato più leggero di sé. Davanti a
lui era come una bambina entusiasta.
«Sei più felice dell'ultima
volta» disse Mizuno-san d'improvviso, interrompendola.
Lei si chetò. «Sì.»
Il signor Mizuno aveva terminato di mangiare. Andò
ad aprire una cartelletta che si era portato dietro. «Mi hai
ricordato questo.»
Ami allungò la testa.
«Lo hai disegnato quando avevi quattro
anni.» Fece vedere loro un foglio, schizzi di colore.
«Usavi tanto giallo e rosa. Il blu per gli alberi,
perché dalla tua prospettiva stavano nel cielo.»
Ami era senza parole.
Suo padre guardò di nuovo il disegno.
«Poi hai iniziato a riprodurre fedelmente la
realtà, ma qui, come allora, stai di nuovo dando alla tua
vita i colori che più desideri.»
«... lo hai tenuto.»
Raramente Alexander aveva sentito tanta commozione nelle sue
parole.
«Me lo hai dato tu» rispose Mizuno-san, a
mo' di spiegazione.
Sotto il tavolo Alexander cercò la mano di lei. Ami
gliela strinse forte, aggrappandosi a lui.
«Sono contenta.»
Di sera, mentre tornavano a Tokyo, Ami era silenziosa, come se
fosse ancora sdraiata sulla collina alle pendici del lago.
«Ti vuole bene» le disse lui, portandola a
chiudere gli occhi contro il finestrino del treno.
«Sì.»
La lasciò riposare.
Alcuni minuti dopo, Ami uscì dal proprio sogno solo
per guardarlo.
«Non so se è possibile capirlo, ma a me questo
basta. Anche se non lo vedo per mesi e non sento mai la sua voce,
papà mi porta con sé e io ho il suo animo con me.
Ho preso la mia timidezza da lui.» Sorrise. «I miei
imbarazzi, le insicurezze. La sensazione di non... appartenere. Quando
lo incontro ci troviamo in un mondo nostro. E mi ricordo da
dove sono venuta.»
Alexander poteva vederlo e capirlo. Ancora non gli piaceva che
Ami ritenesse di poter avere la felicità di quel giorno solo
occasionalmente, ma se lei non ne soffriva...
«Eri in pensiero per me»
commentò lei.
«Hm?»
«Per oggi che avrei incontrato mio padre. Temevi che
fosse una persona fredda.»
Be', il loro non era stato esattamente un incontro caloroso.
La sua ragazza sorrideva. «Non preoccuparti.
È stato
il padre migliore che poteva essere per me. Va bene
così.» Gli chiese la mano e Alexander
gliela diede. «Ricevo affetto quotidiano da molte
altre
parti.»
«Ora si chiama solo affetto?»
Lei rise. «Vedi? Ti ho incontrato. Ora
è tutto a posto per me.»
Lui non ebbe bisogno di sentirle dire altro.
Giugno - FINE
NdA: era da molto tempo che volevo scrivere una storia su Ami
e suo padre. Spero di aver reso quello che volevo, ovvero l'impatto
silenzioso ma importantissimo che l'assenza/presenza implicita di
questa figura ha avuto sulla vita di lei.
Nelle storie che sto scrivendo ora nella raccolta 'Per istinto
e pensiero' Ami inizia a dover prendere delle decisioni fondamentali
per la sua vita. Questo capitolo, per quanto lontano nel tempo da
quegli avvenimenti, potrà aiutare a dare un quadro
più completo del suo atteggiamento e della persona che
è Ami Mizuno nelle mie storie.
Grazie di aver letto, un vostro commento sarà
sempre gradito :)
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, dove posto link e
anticipazioni è Sailor
Moon, Verso l'alba e oltre...