Four
Il
ghigno che comparve sul volto di Amber fece quasi rabbrividire
Brooklyn.
La
ragazza fece un passo indietro e porse a Brooke la mano dalle lunghe
unghie laccate di rosso rubino.
Brooklyn
la osservò, esitante, ed Amber ridacchiò.
-
Lo sapevo- commentò, scuotendo la testa. Fece per abbassare
la mano,
quando Brooke, presa da un moto di orgoglio, la prese e la strinse
con vigore, guardando Amber con aria di sfida.
Sul
volto di quest'ultima apparve un'espressione quasi sorpresa, subito
sostituita da uno sguardo di pura cattiveria.
-
Bene, affare fatto, allora- disse la giovane - Un mese, Brooklyn, non
un giorno in più, non uno di meno. In un mese dovrai
scrivere un
articolo sensazionale di
6000 battute su questo gruppetto per ragazzine e consegnarmelo-
affermò, continuando a sorridere con malignità -
Certo, sempre che
tu non abbia paura di perdere- aggiunse, inarcando un sopracciglio -
Possiamo sempre fare finta che nulla sia successo- continuò.
Brooke
ridusse gli occhi a due fessure.
-
Scordatelo- sibilò - Un mese è anche troppo-
disse poi, senza
riflettere.
-
Non riesco a decidere se tu sia coraggiosa o soltanto stupida-
commentò acida Amber - Beh, l'hai voluto tu.
-
Cosa succede se vinco?- chiese Brooklyn a bruciapelo. Amber sorrise,
sadica.
-
Non vincerai- disse - Ma se perdi...-
Stava
finendo di parlare, quando Seth si affacciò sulla porta
dell'ufficio
rimasta aperta, interrompendola.
-
E' permesso?- chiese cordialmente, battendo un paio di colpi sul
legno - Amber, Wright ti cerca- disse poi, rivolgendosi verso la
bionda.
-
Grazie- rispose la ragazza, atona - Ci si vede, Brooklyn. E ricordati
della scadenza- ghignò, per poi voltarsi e dirigersi verso
la porta.
Seth
si scansò leggermente verso destra, lasciandola passare, per
poi
rivolgere a Brooke uno sguardo a metà tra il perplesso e il
preoccupato.
-
Scadenza?- disse,
avvicinandosi alla giovane - Di cosa stava parlando?
-
Nulla di importante, Seth- rispose Brooke, con un gesto di falsa
noncuranza della mano.
Seth
aggrottò la fronte, dubbioso.
-
Brooke, Amber non è il genere di persona con cui scherzare-
disse.
-
E io non sono il genere di persona che scherza con Amber- rispose la
giovane.
-
Brooklyn, sono serio- replicò Seth - Non so cosa stia
succedendo, ma
stai alla larga da quella ragazza. Potresti finire per giocarti il
tuo posto qui.
-
So badare a me stessa- ribatté Brooke, stizzita, sentendosi
punta
nel vivo - Conosco Amber, so di cosa è capace.
-
No, non lo sai- disse il ragazzo, scuotendo la testa, sconsolato.
-
Non sono una bambina!- affermò la bionda, visibilmente
irritata,
battendo una mano sulla scrivania.
-
Ehi, ehi, non volevo farti arrabbiare- si scusò subito Seth,
alzando
le mani.
-
Scusa- sospirò Brooke - Scusa, non avrei dovuto reagire
così.
-
Lo dico solo per il tuo bene- rispose Seth.
-
Lo so...- disse la giovane - Ma io so cosa devo fare e a chi devo
stare attenta- sbuffò a braccia conserte.
Seth
sospirò, rassegnato e tra i due calò il silenzio.
-
Beh...- iniziò a dire Seth, grattandosi la nuca con fare
imbarazzato
- sarà meglio che io vada.
-
Sì, forse è meglio- si limitò a dire
Brooke, abbassando lo
sguardo.
-
A dopo- salutò il giovane, per poi dileguarsi in fretta
dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
-
Sì, certo...- borbottò Brooklyn.
Ascoltò
Seth allontanarsi dal suo ufficio frettolosamente, fino a che il
rumore dei suoi passi non si confuso con il brusio che aleggiava
nella redazione.
Sbuffò,
passandosi le mani tra i capelli biondi. Nonostante tutto, sapeva che
Seth aveva ragione: Amber non era di certo la persona con cui
giocare. Eppure lei, Brooke, sembrava essere proprio il suo nuovo
giocattolo, la sua marionetta, il suo nuovo pupazzetto da torturare.
E
lei ci era cascata.
Dove
diavolo mi sono andata a cacciare?
*
*
Intanto
-
Georg?-
Il
giovane, seduto sul suo letto, alzò gli occhi dal basso che
stava
accordando, incontrando lo sguardo severo di Gustav, in piedi sulla
soglia della sua stanza, con una piccola piantina in un vaso di
terracotta tra le mani.
-
Sì, Gus?- rispose.
-
Prima di iniziare a strimpellare, fammi il favore di svuotare quella
bomba atomica di puzza e sudore e buttare tutto in lavatrice o le mie
piante moriranno- disse il biondo con aria schifata, indicando con un
cenno del capo il borsone di Georg, che il ragazzo aveva gettato in
un angolo della stanza appena tornato a casa.
Georg
ridacchiò, divertito.
-
Oh, avanti. Non puzza così tanto- commentò.
-
Fa' ciò che ti ho detto- s'impuntò Gustav.
Georg
alzò gli occhi al cielo, sospirando.
-
Agli ordini, padrone- sbuffò, poggiando
il basso sul
materasso, per poi alzarsi.
-
Vedo che hai capito- disse compiaciuto l'amico, per poi andarsene
fischiettando.
Georg
sbuffò una seconda volta, andando poi a prendere il borsone
incriminato.
Gustav
dovrebbe smetterla di dare ordini,
pensò, mentre lo apriva.
È
stato Bill a dargli questa brutta abitudine, ne sono certo,
si disse poi, annuendo con convinzione, iniziando a tirare fuori i
vestiti che aveva usato in palestra e che, dopo aver fatto una doccia
veloce, aveva appallottolato e gettato nel borsone senza curarsene.
Prese
in mano un paio di boxer e fece per buttarli a terra insieme agli
altri indumenti, quando un dettaglio attirò la sua
attenzione.
Aggrottò la fronte, notando che sull'elastico dei boxer vi
erano
ricamate due lettere in rosa: TK. Accanto
ad esse vi era un piccolo cuoricino.
Georg
impiegò qualche secondo a capire e, quando lo fece, per poco
non
gridò, visibilmente disgustato, lasciando subito la presa
sulle
mutande che teneva in mano.
Oddio.
Si
chinò subito sui vestiti a terra e controllò,
sperando di essersi
sbagliato. Tra gli indumenti, però, nessuno sembrava
appartenergli:
aveva preso il borsone di Tom anziché il suo.
Si
schiaffò una mano in fronte, maledicendosi per la sua
sbadataggine.
Decise quindi di chiamare subito l'amico, ma appena si alzò,
quasi
come se i due si fossero letti nel pensiero, il suo telefono
squillò.
Georg
si allungò sul materasso, afferrando il cellulare per poi
portarselo
all'orecchio.
-
Tom!- esclamò.
-
Hobbit- sibilò Tom -
Cosa diavolo hai combinato?
-
Scusa, Tom- disse Georg, mortificato - E' che i borsoni sono simili e
nella fretta non ci ho fatto caso- si giustificò.
Sentì
Tom sospirare pesantemente, evidentemente alterato.
-
Non ti preoccupare- si affrettò ad aggiungere Georg - Dammi
il tempo
di sistemarmi e passo da te.
-
Sarà meglio- sbuffò
il chitarrista - A dopo, allora-
-
A dopo- salutò l'amico - Ah, Tom- disse poi, prima di
chiudere la
chiamata - Carine le lettere ricamate. E' un regalo di tua madre?-
chiese, scoppiando in una fragorosa risata.
-
Vai al diavolo!- lo
maledì Tom, interrompendo bruscamente la telefonata.
Georg
infilò il telefono in tasca, ancora ridacchiando, per poi
riprendere, con la dovuta cautela, i vestiti di Tom dal pavimento,
rimettendoli uno ad uno nel borsone.
-
Che cosa stai facendo?- tuonò all'improvviso una voce alle
sue
spalle.
Il
ragazzo si voltò quel che bastava per scorgere un Gustav
piuttosto
irritato a braccia conserte, che lo squadrava dalla testa ai piedi.
-
Ho sbagliato borsa- si limitò a spiegare Georg, mentre
chiudeva la
zip - Ora riporto questa a Tom e mi riprendo la mia- aggiunse,
voltandosi completamente verso l'amico.
-
Mh...- mugugnò quest'ultimo - Beh, ora capisco
perché il borsone
non puzzava come le altre volte!- esclamò, prima di
dileguarsi con
straordinaria agilità, evitando la ciabatta che Georg gli
aveva
lanciato.
-
Non sei affatto simpatico!- urlò il bassista, mentre l'amico
si
allontanava, ridendo di gusto.
**
Nel
frattempo
Brooke
si ritrovò a sbagliare per l'ennesima volta la stessa frase.
Sbuffò,
spazientita, tirando una riga con fare arrabbiato, scarabocchiando
poi la correzione in alto a destra.
Dopo
la discussione con Amber e le parole di Seth non era più
riuscita a
concentrarsi, ritrovandosi sempre a pensare alla situazione in cui
era andata a finire.
Oh,
forza Holmes. Penserai alla scommessa più tardi, ora lavora,
si disse. Prese un profondo respiro, e riprese a leggere da dove si
era interrotta, ma dopo pochi minuti si distrasse di nuovo.
Si
mise le mani tra i capelli, sconsolata: di quel passo non avrebbe mai
finito.
Stava
pensando a cos'avrebbe dovuto fare, quando qualcuno bussò, e
senza
aspettare nemmeno che dicesse avanti,
la porta si aprì.
-
Signorina Holmes, la stavo cercando-
Brooklyn
trattenne il fiato, osservando il direttore Wright che si chiudeva la
porta alle spalle, avvicinandosi alla sua scrivania.
-
Signor Wright- disse la bionda, scattando in piedi appena riprese le
normali funzioni cognitive - Ha bisogno?- chiese, titubante, con gli
occhi bassi.
Era
innegabile: Wright la metteva in soggezione. E l'aveva sempre fatto,
fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella redazione per
presentare il suo curriculum.
Quell'uomo
alto, robusto, dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio, quello
sguardo duro e tagliente, quella voce profonda e quasi minacciosa,
l'avevano sempre intimorita.
-
In effetti sì- rispose l'uomo - Ha finito con il lavoro che
le ho
lasciato?- domandò.
-
A d-dire il vero, io...- balbettò imbarazzata Brooke: come
dirgli
che non sarebbe riuscita a finire di correggere tutte quelle bozze
entro la fine della giornata?
-
Non importa- la interruppe subito Wright - Ha un'altra faccenda da
sbrigare ora.
-
Signore?- fece Brooklyn, senza capire.
-
Oggi arriveranno delle celebrità molto importanti-
spiegò l'uomo -
Le intervisterò io personalmente nel mio ufficio-
continuò - Ho
pensato che sarebbe stato carino offrire loro da bere e da mangiare,
in modo che si sentano a proprio agio, e per questo ho fatto
preparare qualche dolce per l'occasione-
La
bionda corrugò la fronte: dove voleva arrivare?
-
La pasticceria non è molto lontana da qui, ma la mia
assistente non
può occuparsene ora, quindi ci andrà lei-
Oh.
-
Ma, signor Wright! Le bozze...- protestò Brooke.
-
Potrà continuare una volta tornata. I miei ospiti sono molto
più
importanti di qualsiasi bozza lei debba correggere- replicò
secco
l'uomo.
Brooklyn
volle ribattere, ma subito ammutolì di fronte allo sguardo
dell'uomo.
-
Va bene- disse con un fil di voce.
Come
se il mio consenso fosse necessario.
-
Perfetto- disse Wright, con un sorriso simile ad una brutta smorfia -
Ecco a lei- aggiunse poi, porgendo a Brooklyn uno scontrino - Quando
arriva deve mostrare questo e dire che la mando io, il direttore
dello Snoop- concluse,
gonfiando il petto e marcando le ultime parole con aria orgogliosa.
Brooke
si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, temendo un licenziamento
seduta stante, ed annuì, prendendo lo scontrino che Wright
le
porgeva.
-
Faccia in fretta. Dovrà essere qui tra un'ora esatta- si
raccomandò
quest'ultimo - A dopo- salutò, per poi voltarsi ed
allontanarsi,
uscendo poi dall'ufficio e lasciando sola Brooklyn.
La
bionda sbuffò, iniziando a sistemare alla meglio le
scartoffie sulla
sua scrivania.
Ci
mancava solo questa,
si disse,
irritata, mentre riponeva una matita nel portapenne. Si mise in tasca
lo scontrino e il cellulare, per poi prendere la giacca e la borsa
dall'appendiabiti. Si voltò un'ultima volta, controllando di
non
aver perso nulla ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
-
Ehi, B- la chiamò Cathy, osservandola allontanarsi dal
proprio
ufficio - Dove vai? Non ti senti bene?
-
No, sto bene- rispose la giovane, appoggiando la borsa sul banco
della segretaria per potersi mettere la giacca - Devo fare una
commissione per Wright- spiegò, sistemandosi il colletto.
-
Una commissione?-
ripeté perplessa Cathy - E da quando fai commissioni per lui?
-
Da oggi, a quanto pare- sospirò Brooke - Sarà
meglio che vada. A
più tardi-
Cathy
annuì ed agitò la mano in segno di saluto, per
poi tornare al suo
lavoro.
Brooke
andò a prendere l'ascensore e scese al piano terra, per poi
uscire
in fretta dalla redazione.
La
porta a vetri si chiuse silenziosamente e la giovane si
allontanò a
passo svelto dall'edificio.
Mentre
camminava, recuperò lo scontrino dalla tasca dei jeans e
osservò il
nome della pasticceria: The Cake Bake.
Fortunatamente il luogo distava solo una ventina di minuti dalla
redazione, e Brooke conosceva la strada: d'altronde si trattava di
una delle più famose pasticcerie della città - ed
anche una delle
più care. La giovane si ritrovò a domandarsi
quanti soldi
guadagnasse Wright per potersi permettere tutti quei dolci a quella
cifra spropositata, riportata sullo scontrino. Scosse la testa,
distogliendo la mente da quei pensieri e lanciò un'occhiata
al suo
orologio da polso: Wright le aveva dato un'ora, ma se avesse fatto in
fretta, sarebbe tornata anche prima dell'orario stabilito.
Affrettò
quindi il passo e in un quarto d'ora raggiunse la meta. Una volta
arrivata, però, si ritrovò a sgranare gli occhi
di fronte alla coda
che dalla cassa all'interno del negozio continuava fino a qualche
metro oltre l'ingresso.
Mi
sembrava strano che fosse tutto così facile,
pensò Brooke, mentre si metteva svogliatamente in fila
dietro ad una
signora di mezz'età che teneva per mano il figlio, pregando
che il
suo turno arrivasse presto.
Maledetto
Wright.
*
*
Più
tardi
-
Buon pomeriggio signorina, in cosa posso esserle utile?-
Finalmente,
dopo quasi venti minuti, la fila davanti a Brooklyn era scomparsa, e
la bionda era giunta al bancone, dietro al quale vi era un uomo sulla
cinquantina, alto e robusto, dal viso rotondo e gli occhi ridenti,
che l'aveva accolta con un sorriso.
-
Buon pomeriggio- salutò la giovane - Mi manda il signor
Wright, il
direttore dello Snoop- spiegò - Aveva
ordinato questi dolci-
aggiunse, porgendo all'uomo lo scontrino che Wright le aveva dato.
-
Oh, devi essere la nuova assistente di Joseph!- esclamò il
pasticcere, chiamando per nome il redattore - Cos'è successo
all'altra?- continuò.
Non
sono qui per fare conversazione, accidenti!
-
Elizabeth aveva da fare- disse Brooke, con un sorriso tirato.
Ed
io anche!
-
Capisco...- fece l'uomo - Beh, la sua ordinazione arriva subito,
signorina-
Brooke
tirò un sospiro di sollievo, lanciando poi un'occhiata
all'orologio
a forma di cupcake appeso sul muro di fronte a lei: aveva meno di
mezzora per tornare alla redazione con i dolci.
Meno
di mezzora per evitare di essere sbattuta fuori dalla redazione,
pensò mentre il negoziante andava e veniva dalla cucina,
portando
con sé delle scatole piene di pasticcini ed impilandole una
sopra
all'altra sul bancone.
-
Ecco qui, signorina- disse infine, con aria soddisfatta.
Brooke
osservò quasi spaventata la pila di scatole che le si
presentava
davanti.
-
Ehm, grazie- disse, esitante.
Come
diavolo farò?,
si chiese.
Allungò
le braccia ed afferrò l'ultima scatola, sollevando l'intera
pila.
-
A-arrivederci- salutò, cercando di tenere in equilibrio il
tutto
come meglio poteva.
Uscì
barcollante dal negozio, ringraziando con il cenno del capo un
giovane che le aveva tenuto la porta aperta, e si diresse verso la
redazione, sperando di arrivare in tempo, oltre che sana
e
salva.
*
*
Possibile
che mamma mi tenga sempre così tanto al telefono?,
si chiese Georg, mentre camminava a passo svelto per le vie di Los
Angeles.
Proprio
un istante prima di uscire, sua madre aveva pensato bene di
telefonargli, lanciandosi poi in un ferreo terzo grado - “ Stai
mangiando tesoro?”,
“Quando
torni?”,
“Non è
che stai bevendo troppo insieme a Gustav e gli altri?”
- costringendolo a rassegnarsi e rimandare il suo proposito di
restituire a Tom il borsone.
Una
volta essersi liberato dall'interrogatorio della donna - sbattendole
praticamente il telefono in faccia - Georg era quindi uscito e si era
diretto a piedi verso dell'amico. Pochi minuti dopo essersi
incamminato, sentì il suo telefono vibrare. Prese il
cellulare dalla
tasca ed osservò il display: era un messaggio di Gustav che
gli
chiedeva di comprare qualche birra prima di tornare a casa.
Speriamo
che mamma non lo venga a sapere,
pensò, sorridendo lievemente, mentre digitava la risposta.
-
Attenzione, attenzione!-
Una
voce gli fece distogliere lo sguardo dallo schermo del telefonino.
Ma
cosa...?
Prima
che potesse rendersene conto, un mucchio di scatole piombò
su di
lui, seguito da una figura femminile non ben definita dalla lunga
chioma bionda.
I
due caddero a terra con un tonfo sordo, uno sopra l'altra, mentre le
scatole atterravano sparpagliate qua e là sul marciapiede,
attirando
l'attenzione di qualche passante che lanciava ai due occhiate
incuriosite o addirittura perplesse.
-
Oddio, oddio, oddio- iniziò a dire la ragazza - Sono
mortificata-
mormorò poi-
Quando
incontrò lo sguardo di Georg, trattenne il fiato, incredulo:
lui?
Ancora?
Anche
Georg rimase piuttosto sorpreso: era di nuovo la ragazza della
sfilata.
Quest'ultima
ammutolì ed arrossì tutto d'un colpo, per poi
affrettarsi ad
alzarsi.
-
L'equilibrio non è decisamente il tuo forte, vedo-
commentò
sarcastico Georg, alzandosi a sua volta - Brooklyn, giusto?-
La
giovane annuì, torturandosi le mani con fare nervoso. Prese
poi a
guardarsi intorno e il suo volto, da rosso porpora, divenne bianco.
-
Oh, maledizione. Che disastro- disse, inginocchiandosi ed iniziando a
raccogliere le scatole cadute a terra.
-
Ti do una mano- si offrì Georg, seguendola a ruota. Prese
una delle
confezioni e la aprì.
-
Mh...- fece, osservandone il contenuto - Beh, magari sono ancora
commestibili- disse, rivolgendosi a Brooklyn e mostrandole i cupcake
ormai impresentabili.
La
giovane si lasciò sfuggire un lamento: Wright l'avrebbe
uccisa.
-
Questa proprio non ci voleva, accidenti- borbottò a denti
stretti,
mentre recuperava le ultime scatole rimaste.
-
Era una consegna importante?- chiese Georg.
-
Decisamente- rispose Brooke con un sospiro - Era di un'importanza
vitale, direi-
aggiunse, con una smorfia.
-
Possiamo sempre ricomprare tutto- propose il giovane, sorridendole -
Il tuo capo non si accorgerà di nulla e i clienti avranno i
loro
dolci.
-
Come, scusa?- domandò Brooklyn, senza capire le parole di
Georg.
-
Sì, insomma... E' questo il tuo lavoro, no? Fare consegne,
dico-
spiegò il ragazzo, con ingenuità.
Brooke
deglutì, incerta. In
realtà sono una giornalista e sto
lavorando ad un articolo su te e la tua band.
Questa
era la verità.
Ma
in fondo una piccola bugia non ha mai fatto male a nessuno,
cercò di convincersi Brooklyn, mentre annuiva con veemenza.
-
Sì- disse - Sì, esatto-
-
Bene- rispose Georg - Allora andiamo- fece poi, alzandosi e prendendo
con sé le scatole che aveva raccolto.
-
Andiamo dove?- chiese Brooke, facendo lo stesso
-
Conosco un posto che vende pasticcini a buon mercato. Non sono
artigianali, ma nessuno si accorgerà della differenza- disse
il
giovane - Ci sono stato qualche volta, non è lontano da qui-
aggiunse, cercando di essere convincente.
Brooke
non rispose, dubbiosa: cosa fare? Seguire Georg ed arrivare in
ritardo alla redazione o presentarsi da Wright puntuale ma senza i
dolci? L'avrebbe licenziata in ogni caso.
La
bionda sospirò, arrendendosi: probabilmente non sarebbe mai
arrivata
in orario anche se avesse corso da lì alla redazione.
-
Va bene- acconsentì, sorridendo lievemente - Andiamo-
*
*
Proprio
come Georg aveva detto, il negozio non distava molto da dove i due si
erano incontrati - o meglio, scontrati.
Brooklyn
scelse i cupcake da acquistare piuttosto frettolosamente, pregando
che Wright non si accorgesse del disastro che aveva combinato.
Georg
la osservava, appoggiato al bancone, tra le mani le confezioni semi
distrutte e ai suoi piedi il borsone di Tom.
Quando
Brooklyn si avvicinò per pagare, il cassiere mise il tutto
in un
sacchetto, rifiutando poi gentilmente i soldi che la bionda le
porgeva.
-
Ha già pagato lui- spiegò poi con un sorriso,
indicando Georg.
-
In fondo è anche colpa mia- disse semplicemente
quest'ultimo, con
un'alzata di spalle.
-
No, questo non posso accettarlo- brontolò Brooklyn, stizzita
-
Avanti, prenda questi e dia a lui i suoi soldi- disse poi, rivolta al
negoziante, che guardò Georg, perplesso.
-
Non fare storie- fece il giovane, chinandosi per prendere la borsa a
terra. Brooklyn rimase sulle sue posizioni per un po', ma
finì per
rassegnarsi, sbuffando, e rimise i soldi in tasca.
-
Beh, allora andiamo- disse infine - Grazie e arrivederci- aggiunse,
rivolgendosi al cassiere, che salutò cordialmente i due
giovani.
-
Arrivederci- salutò a sua volta Georg, seguendo Brooke fuori
dal
negozio.
-
Non avresti dovuto pagare- gli disse quest'ultima una volta usciti -
Ora sono in debito con te.
-
Non insistere- replicò Georg - Mi ha fatto piacere aiutarti.
Almeno
ora hai i tuoi cupcake-
Brooklyn
fece una smorfia, ma subito s'illuminò. Sotto lo sguardo
confuso di
Georg, aprì la borsa, tirando poi fuori una penna ed il suo
inseparabile taccuino. Cercando di rimanere in equilibrio,
scarabocchiò qualcosa su un foglio che poi porse al giovane.
-
Ti devo un favore- gli disse - Se hai bisogno, non esitare a
contattarmi-
Georg
osservò il numero, per poi sorriderle.
-
Lo farò, grazie-
I
due giovani rimasero a guardarsi in silenzio per qualche istante, e
Brooke sembrò dimenticarsi dei suoi problemi: Amber, la
scommessa,
Wright...
Wright.
Oddio.
Quell'uomo
l'avrebbe davvero
uccisa.
-
Oddio, sono in ritardo!- esclamò, agitandosi - Ti ringrazio
infinitamente per il tuo aiuto- aggiunse, rivolta a Georg.
-
Ma... io...- cercò di dire il ragazzo.
-
Ci vediamo!- lo interruppe bruscamente Brooklyn, per poi voltarsi e
iniziare a correre a perdifiato.
Georg
rimase ad osservarla, fino a che la sua figura non scomparì
completamente tra la folla.
Sospirò,
incerto sul da farsi, e guardò le scatole che teneva ancora
in mano.
E
ora cosa me ne faccio di queste?
*
*
Più
tardi
La
prossima volta prendo l'auto, si
ripromise Georg, arrancando a fatica fino al cancello della casa di
Tom. La strada dal negozio fino a lì era piuttosto lunga e
il carico
che si portava appresso non l'aveva di certo aiutato.
Superò
l'inferriata e si avviò per il viale. Giunto a
metà strada, delle
urla indistinte, unite al tonfo di oggetti che cadevano sul
pavimento, lo fecero fermare. Il giovane aggrottò la fronte,
confuso, e si diresse verso la porta d'ingresso. Una volta arrivato,
le voci si fecero più chiare.
-
Sei un idiota!- gridò una voce femminile, a lui piuttosto
familiare.
-
E tu una bambina!- rispose la voce di Tom.
-
Agh, vai al diavolo Kaulitz!-
Georg
fece per bussare, quando la porta si spalancò, rischiando di
rompergli il naso.
Fece
un passo indietro, spaventato, e quasi cadde a terra.
-
Ehi! Che modi!- si lamentò. Guardò poi con
più attenzione e
riconobbe subito la giovane sulla soglia della porta.
-
Vera?!-
esclamò - Ma
cosa diavolo sta succedendo?
Spazio
autrice
Ma
salve a tutti, amici di EFP! Riecco a voi Heilig.
Quanto
tempo è passato? 3 mesi? 4?
E
dire che ero convinta che avrei postato una volta ogni settimana, o
massimo ogni due!
Aaaargh,
sono in super ritardo. Spero non me ne vogliate, ma davvero, questi
sono stati dei mesi piuttosto incasinati. Tra scuola, sport e patente
il tempo per scrivere era davvero poco e non volevo
certo
propinarvi una schifezza scritta in due minuti. Non se ne
parla
proprio.
Spero
possiate perdonare questi miei continui ritardi che, purtroppo,
continueranno ad esserci, almeno fino a quando non passerò
la
maturità. Sappiate però che non ho intenzione di
far passare mesi e
mesi per il prossimo capitolo anche perché la storia si sta
facendo
più interessante (?). Non sono così crudele da
lasciarvi con il
fiato sospeso per così tanto :D
Volevo
inoltre ringraziare tutti coloro che non hanno smesso di aspettare
questo capitolo ed ora stanno leggendo queste mie parole. Siete
persone meravigliose.
Beh,
che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come
sempre in basso troverete i miei contatti facebook
e twitter,
insieme ai link del trailer e del gruppo facebook
“Writers&Readers - Le Aliens Di EFP”
Alla
prossima, mie care Aliens.
Un
bacio enorme,
Heilig
(che adesso non scomparirà più)
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