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Autore: Heilig__    19/04/2015    2 recensioni
[Sequel di Wedding Planner]
Nel frattempo non aveva sentito nessuno entrare, e quindi aprì la porta in tutta tranquillità. Nel momento in cui uscì, però, la porta del bagno si aprì.
Si immobilizzò e sentì il sangue nelle sue vene gelarsi, terrorizzata.
Sulla soglia stava un giovane dall'aria spaesata che la osservava da capo a piedi.
Aveva dei capelli corti e pettinati su un lato, il fisico massiccio e muscoloso, addominali scolpiti appena visibili sotto la maglietta nera a scollo a V che portava sopra un paio di semplici jeans.
- Ahm, credo aver sbagliato, scusami- disse il ragazzo con un sorriso imbarazzato, per poi chiudere la porta.
Brooklyn non si mosse di un millimetro, aspettando che il giovane capisse di non essere stato lui a confondersi, ma di essere lei la persona che si trovava nel luogo decisamente più sbagliato sulla faccia della Terra.
- Ehi!- fece infatti il ragazzo, riaprendo la porta ed entrando nel bagno - Perché sei nel bagno degli uomini?- chiese, incredulo.
Trailer: https://www.youtube.com/watch?v=6ZsM0kxuYUE
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Georg Listing, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Four 

Il ghigno che comparve sul volto di Amber fece quasi rabbrividire Brooklyn.
La ragazza fece un passo indietro e porse a Brooke la mano dalle lunghe unghie laccate di rosso rubino.
Brooklyn la osservò, esitante, ed Amber ridacchiò.
- Lo sapevo- commentò, scuotendo la testa. Fece per abbassare la mano, quando Brooke, presa da un moto di orgoglio, la prese e la strinse con vigore, guardando Amber con aria di sfida.
Sul volto di quest'ultima apparve un'espressione quasi sorpresa, subito sostituita da uno sguardo di pura cattiveria.
- Bene, affare fatto, allora- disse la giovane - Un mese, Brooklyn, non un giorno in più, non uno di meno. In un mese dovrai scrivere un articolo sensazionale di 6000 battute su questo gruppetto per ragazzine e consegnarmelo- affermò, continuando a sorridere con malignità - Certo, sempre che tu non abbia paura di perdere- aggiunse, inarcando un sopracciglio - Possiamo sempre fare finta che nulla sia successo- continuò.
Brooke ridusse gli occhi a due fessure.
- Scordatelo- sibilò - Un mese è anche troppo- disse poi, senza riflettere.
- Non riesco a decidere se tu sia coraggiosa o soltanto stupida- commentò acida Amber - Beh, l'hai voluto tu.
- Cosa succede se vinco?- chiese Brooklyn a bruciapelo. Amber sorrise, sadica.
- Non vincerai- disse - Ma se perdi...-
Stava finendo di parlare, quando Seth si affacciò sulla porta dell'ufficio rimasta aperta, interrompendola.
- E' permesso?- chiese cordialmente, battendo un paio di colpi sul legno - Amber, Wright ti cerca- disse poi, rivolgendosi verso la bionda.
- Grazie- rispose la ragazza, atona - Ci si vede, Brooklyn. E ricordati della scadenza- ghignò, per poi voltarsi e dirigersi verso la porta.
Seth si scansò leggermente verso destra, lasciandola passare, per poi rivolgere a Brooke uno sguardo a metà tra il perplesso e il preoccupato.
- Scadenza?- disse, avvicinandosi alla giovane - Di cosa stava parlando?
- Nulla di importante, Seth- rispose Brooke, con un gesto di falsa noncuranza della mano.
Seth aggrottò la fronte, dubbioso.
- Brooke, Amber non è il genere di persona con cui scherzare- disse.
- E io non sono il genere di persona che scherza con Amber- rispose la giovane.
- Brooklyn, sono serio- replicò Seth - Non so cosa stia succedendo, ma stai alla larga da quella ragazza. Potresti finire per giocarti il tuo posto qui.
- So badare a me stessa- ribatté Brooke, stizzita, sentendosi punta nel vivo - Conosco Amber, so di cosa è capace.
- No, non lo sai- disse il ragazzo, scuotendo la testa, sconsolato.
- Non sono una bambina!- affermò la bionda, visibilmente irritata, battendo una mano sulla scrivania.
- Ehi, ehi, non volevo farti arrabbiare- si scusò subito Seth, alzando le mani.
- Scusa- sospirò Brooke - Scusa, non avrei dovuto reagire così.
- Lo dico solo per il tuo bene- rispose Seth.
- Lo so...- disse la giovane - Ma io so cosa devo fare e a chi devo stare attenta- sbuffò a braccia conserte.
Seth sospirò, rassegnato e tra i due calò il silenzio.
- Beh...- iniziò a dire Seth, grattandosi la nuca con fare imbarazzato - sarà meglio che io vada.
- Sì, forse è meglio- si limitò a dire Brooke, abbassando lo sguardo.
- A dopo- salutò il giovane, per poi dileguarsi in fretta dall'ufficio, chiudendosi la porta alle spalle.
- Sì, certo...- borbottò Brooklyn.
Ascoltò Seth allontanarsi dal suo ufficio frettolosamente, fino a che il rumore dei suoi passi non si confuso con il brusio che aleggiava nella redazione.
Sbuffò, passandosi le mani tra i capelli biondi. Nonostante tutto, sapeva che Seth aveva ragione: Amber non era di certo la persona con cui giocare. Eppure lei, Brooke, sembrava essere proprio il suo nuovo giocattolo, la sua marionetta, il suo nuovo pupazzetto da torturare.
E lei ci era cascata.
Dove diavolo mi sono andata a cacciare?



* *


Intanto

- Georg?-
Il giovane, seduto sul suo letto, alzò gli occhi dal basso che stava accordando, incontrando lo sguardo severo di Gustav, in piedi sulla soglia della sua stanza, con una piccola piantina in un vaso di terracotta tra le mani.
- Sì, Gus?- rispose.
- Prima di iniziare a strimpellare, fammi il favore di svuotare quella bomba atomica di puzza e sudore e buttare tutto in lavatrice o le mie piante moriranno- disse il biondo con aria schifata, indicando con un cenno del capo il borsone di Georg, che il ragazzo aveva gettato in un angolo della stanza appena tornato a casa.
Georg ridacchiò, divertito.
- Oh, avanti. Non puzza così tanto- commentò.
- Fa' ciò che ti ho detto- s'impuntò Gustav.
Georg alzò gli occhi al cielo, sospirando.
- Agli ordini, padrone- sbuffò, poggiando il basso sul materasso, per poi alzarsi.
- Vedo che hai capito- disse compiaciuto l'amico, per poi andarsene fischiettando.
Georg sbuffò una seconda volta, andando poi a prendere il borsone incriminato.
Gustav dovrebbe smetterla di dare ordini, pensò, mentre lo apriva.
È stato Bill a dargli questa brutta abitudine, ne sono certo, si disse poi, annuendo con convinzione, iniziando a tirare fuori i vestiti che aveva usato in palestra e che, dopo aver fatto una doccia veloce, aveva appallottolato e gettato nel borsone senza curarsene.
Prese in mano un paio di boxer e fece per buttarli a terra insieme agli altri indumenti, quando un dettaglio attirò la sua attenzione. Aggrottò la fronte, notando che sull'elastico dei boxer vi erano ricamate due lettere in rosa: TK. Accanto ad esse vi era un piccolo cuoricino.
Georg impiegò qualche secondo a capire e, quando lo fece, per poco non gridò, visibilmente disgustato, lasciando subito la presa sulle mutande che teneva in mano.
Oddio.
Si chinò subito sui vestiti a terra e controllò, sperando di essersi sbagliato. Tra gli indumenti, però, nessuno sembrava appartenergli: aveva preso il borsone di Tom anziché il suo.
Si schiaffò una mano in fronte, maledicendosi per la sua sbadataggine. Decise quindi di chiamare subito l'amico, ma appena si alzò, quasi come se i due si fossero letti nel pensiero, il suo telefono squillò.
Georg si allungò sul materasso, afferrando il cellulare per poi portarselo all'orecchio.
- Tom!- esclamò.
- Hobbit- sibilò Tom - Cosa diavolo hai combinato?
- Scusa, Tom- disse Georg, mortificato - E' che i borsoni sono simili e nella fretta non ci ho fatto caso- si giustificò.
Sentì Tom sospirare pesantemente, evidentemente alterato.
- Non ti preoccupare- si affrettò ad aggiungere Georg - Dammi il tempo di sistemarmi e passo da te.
- Sarà meglio- sbuffò il chitarrista - A dopo, allora-
- A dopo- salutò l'amico - Ah, Tom- disse poi, prima di chiudere la chiamata - Carine le lettere ricamate. E' un regalo di tua madre?- chiese, scoppiando in una fragorosa risata.
- Vai al diavolo!- lo maledì Tom, interrompendo bruscamente la telefonata.
Georg infilò il telefono in tasca, ancora ridacchiando, per poi riprendere, con la dovuta cautela, i vestiti di Tom dal pavimento, rimettendoli uno ad uno nel borsone.
- Che cosa stai facendo?- tuonò all'improvviso una voce alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò quel che bastava per scorgere un Gustav piuttosto irritato a braccia conserte, che lo squadrava dalla testa ai piedi.
- Ho sbagliato borsa- si limitò a spiegare Georg, mentre chiudeva la zip - Ora riporto questa a Tom e mi riprendo la mia- aggiunse, voltandosi completamente verso l'amico.
- Mh...- mugugnò quest'ultimo - Beh, ora capisco perché il borsone non puzzava come le altre volte!- esclamò, prima di dileguarsi con straordinaria agilità, evitando la ciabatta che Georg gli aveva lanciato.
- Non sei affatto simpatico!- urlò il bassista, mentre l'amico si allontanava, ridendo di gusto.



**


Nel frattempo

Brooke si ritrovò a sbagliare per l'ennesima volta la stessa frase. Sbuffò, spazientita, tirando una riga con fare arrabbiato, scarabocchiando poi la correzione in alto a destra.
Dopo la discussione con Amber e le parole di Seth non era più riuscita a concentrarsi, ritrovandosi sempre a pensare alla situazione in cui era andata a finire.
Oh, forza Holmes. Penserai alla scommessa più tardi, ora lavora, si disse. Prese un profondo respiro, e riprese a leggere da dove si era interrotta, ma dopo pochi minuti si distrasse di nuovo.
Si mise le mani tra i capelli, sconsolata: di quel passo non avrebbe mai finito.
Stava pensando a cos'avrebbe dovuto fare, quando qualcuno bussò, e senza aspettare nemmeno che dicesse avanti, la porta si aprì.
- Signorina Holmes, la stavo cercando-
Brooklyn trattenne il fiato, osservando il direttore Wright che si chiudeva la porta alle spalle, avvicinandosi alla sua scrivania.
- Signor Wright- disse la bionda, scattando in piedi appena riprese le normali funzioni cognitive - Ha bisogno?- chiese, titubante, con gli occhi bassi.
Era innegabile: Wright la metteva in soggezione. E l'aveva sempre fatto, fin dal primo momento in cui aveva messo piede nella redazione per presentare il suo curriculum.
Quell'uomo alto, robusto, dai capelli scuri e gli occhi di ghiaccio, quello sguardo duro e tagliente, quella voce profonda e quasi minacciosa, l'avevano sempre intimorita.
- In effetti sì- rispose l'uomo - Ha finito con il lavoro che le ho lasciato?- domandò.
- A d-dire il vero, io...- balbettò imbarazzata Brooke: come dirgli che non sarebbe riuscita a finire di correggere tutte quelle bozze entro la fine della giornata?
- Non importa- la interruppe subito Wright - Ha un'altra faccenda da sbrigare ora.
- Signore?- fece Brooklyn, senza capire.
- Oggi arriveranno delle celebrità molto importanti- spiegò l'uomo - Le intervisterò io personalmente nel mio ufficio- continuò - Ho pensato che sarebbe stato carino offrire loro da bere e da mangiare, in modo che si sentano a proprio agio, e per questo ho fatto preparare qualche dolce per l'occasione-
La bionda corrugò la fronte: dove voleva arrivare?
- La pasticceria non è molto lontana da qui, ma la mia assistente non può occuparsene ora, quindi ci andrà lei-
Oh.
- Ma, signor Wright! Le bozze...- protestò Brooke.
- Potrà continuare una volta tornata. I miei ospiti sono molto più importanti di qualsiasi bozza lei debba correggere- replicò secco l'uomo.
Brooklyn volle ribattere, ma subito ammutolì di fronte allo sguardo dell'uomo.
- Va bene- disse con un fil di voce.
Come se il mio consenso fosse necessario.
- Perfetto- disse Wright, con un sorriso simile ad una brutta smorfia - Ecco a lei- aggiunse poi, porgendo a Brooklyn uno scontrino - Quando arriva deve mostrare questo e dire che la mando io, il direttore dello Snoop- concluse, gonfiando il petto e marcando le ultime parole con aria orgogliosa.
Brooke si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo, temendo un licenziamento seduta stante, ed annuì, prendendo lo scontrino che Wright le porgeva.
- Faccia in fretta. Dovrà essere qui tra un'ora esatta- si raccomandò quest'ultimo - A dopo- salutò, per poi voltarsi ed allontanarsi, uscendo poi dall'ufficio e lasciando sola Brooklyn.
La bionda sbuffò, iniziando a sistemare alla meglio le scartoffie sulla sua scrivania.
Ci mancava solo questa, si disse, irritata, mentre riponeva una matita nel portapenne. Si mise in tasca lo scontrino e il cellulare, per poi prendere la giacca e la borsa dall'appendiabiti. Si voltò un'ultima volta, controllando di non aver perso nulla ed uscì, chiudendosi la porta alle spalle.
- Ehi, B- la chiamò Cathy, osservandola allontanarsi dal proprio ufficio - Dove vai? Non ti senti bene?
- No, sto bene- rispose la giovane, appoggiando la borsa sul banco della segretaria per potersi mettere la giacca - Devo fare una commissione per Wright- spiegò, sistemandosi il colletto.
- Una commissione?- ripeté perplessa Cathy - E da quando fai commissioni per lui?
- Da oggi, a quanto pare- sospirò Brooke - Sarà meglio che vada. A più tardi-
Cathy annuì ed agitò la mano in segno di saluto, per poi tornare al suo lavoro.
Brooke andò a prendere l'ascensore e scese al piano terra, per poi uscire in fretta dalla redazione.
La porta a vetri si chiuse silenziosamente e la giovane si allontanò a passo svelto dall'edificio.
Mentre camminava, recuperò lo scontrino dalla tasca dei jeans e osservò il nome della pasticceria: The Cake Bake. Fortunatamente il luogo distava solo una ventina di minuti dalla redazione, e Brooke conosceva la strada: d'altronde si trattava di una delle più famose pasticcerie della città - ed anche una delle più care. La giovane si ritrovò a domandarsi quanti soldi guadagnasse Wright per potersi permettere tutti quei dolci a quella cifra spropositata, riportata sullo scontrino. Scosse la testa, distogliendo la mente da quei pensieri e lanciò un'occhiata al suo orologio da polso: Wright le aveva dato un'ora, ma se avesse fatto in fretta, sarebbe tornata anche prima dell'orario stabilito.
Affrettò quindi il passo e in un quarto d'ora raggiunse la meta. Una volta arrivata, però, si ritrovò a sgranare gli occhi di fronte alla coda che dalla cassa all'interno del negozio continuava fino a qualche metro oltre l'ingresso.
Mi sembrava strano che fosse tutto così facile, pensò Brooke, mentre si metteva svogliatamente in fila dietro ad una signora di mezz'età che teneva per mano il figlio, pregando che il suo turno arrivasse presto.
Maledetto Wright.



* *


Più tardi

- Buon pomeriggio signorina, in cosa posso esserle utile?-
Finalmente, dopo quasi venti minuti, la fila davanti a Brooklyn era scomparsa, e la bionda era giunta al bancone, dietro al quale vi era un uomo sulla cinquantina, alto e robusto, dal viso rotondo e gli occhi ridenti, che l'aveva accolta con un sorriso.
- Buon pomeriggio- salutò la giovane - Mi manda il signor Wright, il direttore dello Snoop- spiegò - Aveva ordinato questi dolci- aggiunse, porgendo all'uomo lo scontrino che Wright le aveva dato.
- Oh, devi essere la nuova assistente di Joseph!- esclamò il pasticcere, chiamando per nome il redattore - Cos'è successo all'altra?- continuò.
Non sono qui per fare conversazione, accidenti!
- Elizabeth aveva da fare- disse Brooke, con un sorriso tirato.
Ed io anche!
- Capisco...- fece l'uomo - Beh, la sua ordinazione arriva subito, signorina-
Brooke tirò un sospiro di sollievo, lanciando poi un'occhiata all'orologio a forma di cupcake appeso sul muro di fronte a lei: aveva meno di mezzora per tornare alla redazione con i dolci.
Meno di mezzora per evitare di essere sbattuta fuori dalla redazione, pensò mentre il negoziante andava e veniva dalla cucina, portando con sé delle scatole piene di pasticcini ed impilandole una sopra all'altra sul bancone.
- Ecco qui, signorina- disse infine, con aria soddisfatta.
Brooke osservò quasi spaventata la pila di scatole che le si presentava davanti.
- Ehm, grazie- disse, esitante.
Come diavolo farò?, si chiese.
Allungò le braccia ed afferrò l'ultima scatola, sollevando l'intera pila.
- A-arrivederci- salutò, cercando di tenere in equilibrio il tutto come meglio poteva.
Uscì barcollante dal negozio, ringraziando con il cenno del capo un giovane che le aveva tenuto la porta aperta, e si diresse verso la redazione, sperando di arrivare in tempo, oltre che sana e salva.


* *


Possibile che mamma mi tenga sempre così tanto al telefono?, si chiese Georg, mentre camminava a passo svelto per le vie di Los Angeles.
Proprio un istante prima di uscire, sua madre aveva pensato bene di telefonargli, lanciandosi poi in un ferreo terzo grado - “ Stai mangiando tesoro?”, “Quando torni?”, “Non è che stai bevendo troppo insieme a Gustav e gli altri?” - costringendolo a rassegnarsi e rimandare il suo proposito di restituire a Tom il borsone.
Una volta essersi liberato dall'interrogatorio della donna - sbattendole praticamente il telefono in faccia - Georg era quindi uscito e si era diretto a piedi verso dell'amico. Pochi minuti dopo essersi incamminato, sentì il suo telefono vibrare. Prese il cellulare dalla tasca ed osservò il display: era un messaggio di Gustav che gli chiedeva di comprare qualche birra prima di tornare a casa.
Speriamo che mamma non lo venga a sapere, pensò, sorridendo lievemente, mentre digitava la risposta.
- Attenzione, attenzione!-
Una voce gli fece distogliere lo sguardo dallo schermo del telefonino.
Ma cosa...?
Prima che potesse rendersene conto, un mucchio di scatole piombò su di lui, seguito da una figura femminile non ben definita dalla lunga chioma bionda.
I due caddero a terra con un tonfo sordo, uno sopra l'altra, mentre le scatole atterravano sparpagliate qua e là sul marciapiede, attirando l'attenzione di qualche passante che lanciava ai due occhiate incuriosite o addirittura perplesse.
- Oddio, oddio, oddio- iniziò a dire la ragazza - Sono mortificata- mormorò poi-
Quando incontrò lo sguardo di Georg, trattenne il fiato, incredulo: lui? Ancora?
Anche Georg rimase piuttosto sorpreso: era di nuovo la ragazza della sfilata.
Quest'ultima ammutolì ed arrossì tutto d'un colpo, per poi affrettarsi ad alzarsi.
- L'equilibrio non è decisamente il tuo forte, vedo- commentò sarcastico Georg, alzandosi a sua volta - Brooklyn, giusto?-
La giovane annuì, torturandosi le mani con fare nervoso. Prese poi a guardarsi intorno e il suo volto, da rosso porpora, divenne bianco.
- Oh, maledizione. Che disastro- disse, inginocchiandosi ed iniziando a raccogliere le scatole cadute a terra.
- Ti do una mano- si offrì Georg, seguendola a ruota. Prese una delle confezioni e la aprì.
- Mh...- fece, osservandone il contenuto - Beh, magari sono ancora commestibili- disse, rivolgendosi a Brooklyn e mostrandole i cupcake ormai impresentabili.
La giovane si lasciò sfuggire un lamento: Wright l'avrebbe uccisa.
- Questa proprio non ci voleva, accidenti- borbottò a denti stretti, mentre recuperava le ultime scatole rimaste.
- Era una consegna importante?- chiese Georg.
- Decisamente- rispose Brooke con un sospiro - Era di un'importanza vitale, direi- aggiunse, con una smorfia.
- Possiamo sempre ricomprare tutto- propose il giovane, sorridendole - Il tuo capo non si accorgerà di nulla e i clienti avranno i loro dolci.
- Come, scusa?- domandò Brooklyn, senza capire le parole di Georg.
- Sì, insomma... E' questo il tuo lavoro, no? Fare consegne, dico- spiegò il ragazzo, con ingenuità.
Brooke deglutì, incerta. In realtà sono una giornalista e sto lavorando ad un articolo su te e la tua band.
Questa era la verità.
Ma in fondo una piccola bugia non ha mai fatto male a nessuno, cercò di convincersi Brooklyn, mentre annuiva con veemenza.
- Sì- disse - Sì, esatto-
- Bene- rispose Georg - Allora andiamo- fece poi, alzandosi e prendendo con sé le scatole che aveva raccolto.
- Andiamo dove?- chiese Brooke, facendo lo stesso
- Conosco un posto che vende pasticcini a buon mercato. Non sono artigianali, ma nessuno si accorgerà della differenza- disse il giovane - Ci sono stato qualche volta, non è lontano da qui- aggiunse, cercando di essere convincente.
Brooke non rispose, dubbiosa: cosa fare? Seguire Georg ed arrivare in ritardo alla redazione o presentarsi da Wright puntuale ma senza i dolci? L'avrebbe licenziata in ogni caso.
La bionda sospirò, arrendendosi: probabilmente non sarebbe mai arrivata in orario anche se avesse corso da lì alla redazione.
- Va bene- acconsentì, sorridendo lievemente - Andiamo-


* *


Proprio come Georg aveva detto, il negozio non distava molto da dove i due si erano incontrati - o meglio, scontrati.
Brooklyn scelse i cupcake da acquistare piuttosto frettolosamente, pregando che Wright non si accorgesse del disastro che aveva combinato.
Georg la osservava, appoggiato al bancone, tra le mani le confezioni semi distrutte e ai suoi piedi il borsone di Tom.
Quando Brooklyn si avvicinò per pagare, il cassiere mise il tutto in un sacchetto, rifiutando poi gentilmente i soldi che la bionda le porgeva.
- Ha già pagato lui- spiegò poi con un sorriso, indicando Georg.
- In fondo è anche colpa mia- disse semplicemente quest'ultimo, con un'alzata di spalle.
- No, questo non posso accettarlo- brontolò Brooklyn, stizzita - Avanti, prenda questi e dia a lui i suoi soldi- disse poi, rivolta al negoziante, che guardò Georg, perplesso.
- Non fare storie- fece il giovane, chinandosi per prendere la borsa a terra. Brooklyn rimase sulle sue posizioni per un po', ma finì per rassegnarsi, sbuffando, e rimise i soldi in tasca.
- Beh, allora andiamo- disse infine - Grazie e arrivederci- aggiunse, rivolgendosi al cassiere, che salutò cordialmente i due giovani.
- Arrivederci- salutò a sua volta Georg, seguendo Brooke fuori dal negozio.
- Non avresti dovuto pagare- gli disse quest'ultima una volta usciti - Ora sono in debito con te.
- Non insistere- replicò Georg - Mi ha fatto piacere aiutarti. Almeno ora hai i tuoi cupcake-
Brooklyn fece una smorfia, ma subito s'illuminò. Sotto lo sguardo confuso di Georg, aprì la borsa, tirando poi fuori una penna ed il suo inseparabile taccuino. Cercando di rimanere in equilibrio, scarabocchiò qualcosa su un foglio che poi porse al giovane.
- Ti devo un favore- gli disse - Se hai bisogno, non esitare a contattarmi-
Georg osservò il numero, per poi sorriderle.
- Lo farò, grazie-
I due giovani rimasero a guardarsi in silenzio per qualche istante, e Brooke sembrò dimenticarsi dei suoi problemi: Amber, la scommessa, Wright...
Wright. Oddio.
Quell'uomo l'avrebbe davvero uccisa.
- Oddio, sono in ritardo!- esclamò, agitandosi - Ti ringrazio infinitamente per il tuo aiuto- aggiunse, rivolta a Georg.
- Ma... io...- cercò di dire il ragazzo.
- Ci vediamo!- lo interruppe bruscamente Brooklyn, per poi voltarsi e iniziare a correre a perdifiato.
Georg rimase ad osservarla, fino a che la sua figura non scomparì completamente tra la folla.
Sospirò, incerto sul da farsi, e guardò le scatole che teneva ancora in mano.
E ora cosa me ne faccio di queste?


* *

Più tardi

La prossima volta prendo l'auto, si ripromise Georg, arrancando a fatica fino al cancello della casa di Tom. La strada dal negozio fino a lì era piuttosto lunga e il carico che si portava appresso non l'aveva di certo aiutato.
Superò l'inferriata e si avviò per il viale. Giunto a metà strada, delle urla indistinte, unite al tonfo di oggetti che cadevano sul pavimento, lo fecero fermare. Il giovane aggrottò la fronte, confuso, e si diresse verso la porta d'ingresso. Una volta arrivato, le voci si fecero più chiare.
- Sei un idiota!- gridò una voce femminile, a lui piuttosto familiare.
- E tu una bambina!- rispose la voce di Tom.
- Agh, vai al diavolo Kaulitz!-
Georg fece per bussare, quando la porta si spalancò, rischiando di rompergli il naso.
Fece un passo indietro, spaventato, e quasi cadde a terra.
- Ehi! Che modi!- si lamentò. Guardò poi con più attenzione e riconobbe subito la giovane sulla soglia della porta.
- Vera?!- esclamò - Ma cosa diavolo sta succedendo?










Spazio autrice
Ma salve a tutti, amici di EFP! Riecco a voi Heilig.
Quanto tempo è passato? 3 mesi? 4?
E dire che ero convinta che avrei postato una volta ogni settimana, o massimo ogni due!
Aaaargh, sono in super ritardo. Spero non me ne vogliate, ma davvero, questi sono stati dei mesi piuttosto incasinati. Tra scuola, sport e patente il tempo per scrivere era davvero poco e non volevo certo propinarvi una schifezza scritta in due minuti. Non se ne parla proprio.
Spero possiate perdonare questi miei continui ritardi che, purtroppo, continueranno ad esserci, almeno fino a quando non passerò la maturità. Sappiate però che non ho intenzione di far passare mesi e mesi per il prossimo capitolo anche perché la storia si sta facendo più interessante (?). Non sono così crudele da lasciarvi con il fiato sospeso per così tanto :D
Volevo inoltre ringraziare tutti coloro che non hanno smesso di aspettare questo capitolo ed ora stanno leggendo queste mie parole. Siete persone meravigliose.
Beh, che dire? Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Come sempre in basso troverete i miei contatti facebook e twitter, insieme ai link del trailer e del gruppo facebook “Writers&Readers - Le Aliens Di EFP
Alla prossima, mie care Aliens.
Un bacio enorme,
Heilig (che adesso non scomparirà più)


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