That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Habarcat - I.019
- Corvina
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - sab. 14 agosto 1971
Eravamo arrivati alla fine della nostra vacanza: i
dubbi nati con la disavventura di quel pomeriggio, il clima pessimo che
impediva di uscire per i boschi come amavamo tanto, la partenza di
Mirzam impegnato col Puddlemere, resero un po’ più
tristi tutti quanti. Quella che doveva essere la mia ora di punizione
divenne un momento comune, visto che Mei e Rigel dovevano studiare e
Deidra stava vivendo dei giorni difficili per via della gravidanza e
passava molto tempo in camera sua a riposare: così potemmo
apprezzare Alshain in versione maestro di pozioni e, al solito, lo fece
alla sua maniera. Scoprii che tutte le avventure nei boschi, che
avevano caratterizzato buona parte di quelle settimane, ora mi erano di
grande aiuto e che avevo appreso una quantità di cose
interessanti giocando; anche Reg era piacevolmente sorpreso: in quelle
settimane avevamo imparato molte più cose che in mesi e mesi
di tedio nella solitudine delle nostre camerette. Ero con la testa
persa nei ricordi di quei giorni, così non mi accorsi di
Alshain che, invece di leggere ad alta voce percorrendo con ampie
falcate il portico del chiostro, dove teneva le sue lezioni, ora
svettava dietro di me e mi osservava ormai da qualche minuto, nel
silenzio totale di tutti gli altri.
“Conti di tornare tra noi a
breve Sirius? O sarai così gentile da invitare tutti noi nel
tuo prato fiorito?”
Divenni rosso fuoco, mentre Rigel iniziava a sghignazzare dietro il
libro che aveva in mano e lanciava occhiate complici a sua sorella: da
quando era partito il fratello maggiore, era diventato più
aggressivo, soprattutto con Mey, e spesso faceva battute che non capivo
anche su di me; Regulus, invece, continuava a essere il suo prediletto
e passavano ore e ore a confabulare insieme di Quidditch e
chissà cos’altro. Reg mi guardò storto:
si vergognava per me, perché anche lontano da casa riuscivo
a mettermi in mostra per gli stessi motivi per cui ero famoso a
Grimmauld Place e, in quel momento, tornai a odiarlo, come non mi
capitava più da settimane, com’era invece prassi a
casa nostra.
“Mi scusi, stavo pensando
a…”
“Si?”
“Beh, ecco, stavo pensando che
ho imparato più qui giocando che in ore e ore di studio a
casa nostra…”
“E ora, entusiasta di questa
scoperta, credi sia il caso di perdere i punti guadagnati, sognando ad
occhi aperti come fai a Londra?”
Diventai ancora più rosso.
“Mi scusi di
nuovo…”
Mentre Rigel ormai si tratteneva a stento dal ridermi in faccia,
Alshain fece comparire due calderoni di peltro, distribuì
gli ingredienti, ci lasciò degli appunti sulla lavagna e ci
diede circa un’ora per completare quel lavoro: era la prima
volta che io e mio fratello preparavamo davvero una pozione, fino a
quel momento le avevamo solo studiate e fatto degli esercizi teorici,
con una certa meraviglia ci accorgemmo che invece Mey era
già stata abituata a destreggiarsi in tutto questo. Noi, al
confronto, solo nel disporre le cose necessarie sul tavolo, eravamo
proprio degli impediti.
“Mey, Rigel, non lavorate in
coppia, aiutate i giovani Black, sicuramente saranno degli ottimi
teorici, ma manca loro la pratica, non vorrei rimandarli indietro con i
capelli bruciacchiati… avrei dovuto insegnarvi qualcosa di
più durante l’estate, invece di lasciarvi
svolazzare sulle scope, ora chi la sente vostra madre?”
Io e Reg ci guardavamo, attoniti e preoccupati, poi osservammo lui e ci
accorgemmo che aveva un’aria beffarda; io tirai un sospiro di
sollievo. Alshain ci lasciò soli, appena Rigel prese in
consegna Reg e Mey si affiancò a me per risolvere quel
compito.
“Siete proprio terrorizzati da
vostra madre, o sbaglio?”
Divenni porpora e rimasi in silenzio, ancora preoccupato per quella che
ormai non era più soltanto una minaccia remota.
“Non preoccuparti,
Sirius… Sono sicura che quando tornerete a casa i tuoi
saranno contenti, se riesci a fare questa pozione, per esempio, si
può dire che sei quasi al livello di quelli del secondo
anno.”
“Davvero?”
“Sì certo, e poi,
se vuoi, ti aiuto…”
Era proprio bella e gentile: quel giorno aveva un abitino a fiori, un
po’ più pesante perché iniziava a fare
freddo, con le manichette che le arrivavano fino agli avambracci, le
scarpe chiuse al posto dei sandali, e i capelli sciolti, tenuti
indietro con un cerchietto argentato.
“Smettetela di fare i
piccioncini, voi due, o non la finirete nemmeno per domani, altro che
tra un’ora!”
Rigel continuava a prendermi di punta e sinceramente non ne capivo il
motivo, provai a dirgli qualcosa ma Mey fu più veloce.
“Solo perché tu sei
un porco, Rigel, non vuol dire che lo siano anche
loro…”
“Sì, sì,
certo! Infatti, scommetto che stava esattamente pensando a quanto ha
imparato in questi due mesi, non al cinemino vicino a
Spinner’s End…”
Reg mi guardava astioso, io ero attonito, rivolsi uno sguardo
interrogativo a Mey: non era possibile che avesse detto tutto a suo
fratello, poi guardai lui, mi rimandò indietro
un’occhiataccia maliziosa. Quel ragazzo pareva leggermi
dentro. Mey si alzò, sembrava intenzionata a picchiare suo
fratello.
“Ma smettila, a chi credi di
metter paura, ora non c’è Mirzam a salvarti le
chiappe…”
Mey gli mollò uno schiaffo e Rigel, con le cinque dita della
sorella stampate sulla faccia, la prese per i capelli e
iniziò a tirare. Sembrava un déjà vu.
Io e Reg non sapevamo se intervenire e, in caso, in favore di chi,
visto che i due fratelli sembravano darsele di santa ragione senza che
Rigel riuscisse, com’era inizialmente immaginabile, a
prevalere sulla sorella.
“Ti conviene chiedere scusa
subito fratellino, perché non stai facendo una bella figura
con i nostri ospiti, sembri una bimbetta…”
“E tu, agli occhi del tuo
amato, fai la figura di uno scaricatore di porto…”
Mey si divincolò, i capelli arruffati e il viso rosso,
sembrava che quell’ultimo appunto l’avesse colpita
molto più delle sberle che il fratello le aveva dato invano
fino a quel momento. Rigel approfittò della tregua per
rimettersi la maglietta in ordine: nel trambusto generale, intanto,
nessuno si era accorto che Alshain stava di nuovo attraversando il
chiostro, diretto verso di noi.
“Non finisce qui
sorellina…”
“Ti
aspetto…”
“Vi aspetta una bella
punizione! A tutti e due, uno spettacolo indegno…”
Alshain era furente, anche più del giorno in cui io avevo
quasi picchiato quel babbano.
“Non sapete proprio cosa
significa essere degli Sherton, vero? È normale litigare e
picchiarsi ma, dai miei figli, mi aspetto che per lo meno non si
facciano beccare e che non diano spettacolo in
pubblico…”
Quello non me l’aspettavo, davvero: al contrario di quanto
dicevano i nostri genitori, dagli Sherton non era vietato azzuffarsi
tra fratelli, era vietato farsi beccare… Quasi mi venne da
sorridere, se non fosse stato per l’aria truce e vendicativa
che in quel momento aveva Alshain.
“Niente scopa nuova per te,
Rigel, e tu, Diagon Alley puoi scordartela, domani!”
“Non vale, una giornata a
Diagon Alley non vale una scopa da Quidditch…”
“Vuoi che ti tolga anche
quella che hai? Ti sei fatto mettere sotto da tua sorella! Ti basta
come motivazione?”
Fu la prima volta che vidi Rigel davvero mortificato, Alshain intanto
controllò le pozioni che erano ben lontane dal ribollire nei
calderoni, congedò i figli con malagrazia e rimase nel
chiostro con me e mio fratello, ancora meravigliati di quanto avevamo
appena visto. Sherton, esasperato dalle nostre facce ebeti,
capì che non era proprio la giornata giusta per occuparsi di
pozioni, fece sparire i calderoni, gli ingredienti e la lavagna e si
avviò verso la sala dei trofei, facendoci capire che
dovevamo seguirlo. Potevo ammirarne la figura stando diversi passi
dietro di lui: dopo la partita del Puddlemere, anche lui, come Mirzam,
si era tagliato i capelli, che ora scendevano morbidi e leggermente
mossi appena oltre la base del collo. Quel giorno vestiva una camicia
bianca, piuttosto ampia e allacciata completamente, perfino i polsini,
tenuta infilata nei pantaloni che gli aderivano addosso segnando le
gambe asciutte e agili, e degli stivali alti e stretti con delle
fibbie, alla vita portava una cintura, in cui da un paio di giorni
spiccava una nuova bacchetta particolarmente antica e preziosa, la cui
impugnatura era rivestita d’argento finemente lavorato e
terminava con una coda serpentesca tempestata da una cascata di
smeraldi. Accanto alla bacchetta era spuntato anche un pugnale a lama
ricurva, a sostituire il coltello da caccia che gli avevo visto fin dal
primo giorno, e diverse bustine, che sicuramente contenevano gli
ingredienti per qualche pozione a preparazione istantanea. Scendemmo
due piani, arrivando quasi nei sotterranei, quindi superammo le sale
che avevo visitato quel pomeriggio di pioggia con Mey, per andare in
quello che compresi essere il laboratorio personale di Alshain. Il
fuoco nel caminetto si accese subito, ovunque attorno a noi
c’erano antichi libri dalle copertine di pelle con scritte
gotiche dorate, alle pareti c’erano innumerevoli scaffali,
con ogni tipo di barattolo e ampolla e sul grande tavolo da pozionista,
ordinatamente disposte, c’erano gli ingredienti di una
pozione sicuramente preparata appena poche ore prima. Alshain si
diresse alla finestra che guardava verso il mare, dandoci le spalle.
“In questi ultimi giorni sono
rimasto abbastanza deluso da voi, ragazzi. Inizio a capire vostro
padre, non siete molto portati per la disciplina…”
Io e Reg ci guardammo, sorpresi per quel rimprovero così
diretto e senza scampo: io in realtà un po’ me
l’aspettavo, ultimamente non ero stato molto ligio, ero
spesso con la testa tra le nuvole, ma mio fratello non meritava
quell’appunto.
“Forse io, ma non
Regulus…”
Non andavo particolarmente d’accordo con Reg, vero, ma non mi
pareva giusto che se la prendesse con lui. Alshain mi guardò
diretto negli occhi, poi guardò Regulus, che aveva chinato
lo sguardo ed era arrossito.
“Ognuno di voi conosce le
proprie colpe…”
Vidi Reg farsi ancora più piccolo.
“… E far la parte
del falso difensore di tuo fratello, non farà cambiare
l’opinione che mi sto facendo di te,
ragazzo…”
Si mise seduto su una poltrona accanto al caminetto, non
c’invitò a sederci accanto o di fronte a lui,
quindi restammo in piedi in attesa di capire cosa stava accadendo: ero
ansioso di restare da solo con Reg per farmi dire cosa aveva combinato
per farsi rimproverare anche lui in quel modo.
“E’ appena arrivata
una lettera di vostro padre, è per questo che siete qui.
Verrà a prendervi domani, purtroppo non posso mantenere la
promessa di riportarvi personalmente a casa, perché entro
mezzogiorno Deidra deve trovarsi al San Mungo, e non
c’è Mirzam ad accompagnarla al mio posto. Resta
inteso, e vostro padre in questa lettera mi dà conferma, che
appena ci saremo trasferiti ad Amesbury sarete ancora miei ospiti, come
vi avevo già accennato…”
I nostri occhi già scintillavano di felicità, ci
aspettavano ancora alcuni giorni in un posto meraviglioso quasi quanto
Herrengton, con Mey e la sua famiglia.
“… Ma il vostro
modo di fare, così superficiale, degli ultimi giorni mi ha
già fatto pentire… vedete di farmi ricredere su
di voi, o sarò costretto ad annullare il mio
invito…”
Si alzò di nuovo, estrasse la lettera da una tasca e me la
schiaffò sul petto.
“Può essere in
dubbio persino quel discorso che ti ho fatto,
Sirius…”
I miei occhi si specchiarono nei suoi, erano dannatamente seri, gli
occhi di chi non minaccia ma promette.
“Quanto a
te…”
E stavolta i suoi penetranti occhi d’acciaio, duri, sondarono
gli occhi persi nel terrore di mio fratello.
“Se vedrò che ti
lasci manipolare ancora da mio figlio, la punizione peggiore di tuo
padre ti sembrerà un sollievo. Tutto questo non
uscirà da questa stanza, se vi scopro a commentare quanto vi
ho detto con altri o a discuterne tra voi, non metterete mai
più piede a Herrengton, siamo intesi? Ora andate a fare i
vostri bagagli, un po’ di lavoro manuale vi farà
bene…”
Silenziosi e straniti ci scambiammo delle occhiate confuse, non capivo
davvero il perché di tutta
quell’aggressività, visto che non avevamo fatto
poi nulla di tanto irreparabile: lo guardavo, era ancora sulla sua
poltrona, impegnato con delle lettere, con un’espressione
concentrata e priva di qualsiasi espressione che indicasse un
cambiamento di umore o altro.
“Potete
andare…”
Risalimmo in silenzio per le scale di pietra, attraversammo il cortile
e salimmo in camera nostra, dove io mi sdraiai sul letto a baldacchino.
“Datti una mossa Sirius,
dobbiamo fare i bagagli…”
“C’è
tempo… Si può sapere cosa hai combinato, con
Rigel, per farlo inferocire così?”
“Nulla…”
Il viso di mio fratello divenne rubino.
“Come no…
Guardati…”
Il viso di mio fratello si fece ancora più livido.
“L’hai sentito,
nulla deve uscire da quella stanza.”
“Ha detto ”Se vedo
che ti fai manipolare ancora da mio figlio…" che cosa
significa Reg? Che cosa ti ha fatto fare Rigel?”
“Nulla!”
“Sei un bugiardo!”
Mi misi a sedere sul letto a squadrarlo con occhi famelici e un ghigno
sarcastico, sapevo di averlo colpito, dandogli del bugiardo, visto che
era il cocco della mamma, il ragazzino perfetto che faceva sempre e
soltanto la cosa giusta, non veniva rimproverato praticamente mai.
“E' che... L’altro
giorno gli ho detto che ti piace Mey e gli ho raccontato quello che hai
fatto quando sei stato con lei dai babbani… e lui si
è divertito molto nel saperlo...”
“Che cosa? Ma ti avevo fatto
giurare di non dirlo a nessuno, Reg! Sei una spia! Sei solo una sporca
spia!”
Vidi Reg sbiancarsi, poi stringere i pugni e lanciarmi uno sguardo
carico d’odio.
“Non sono io la
spia… Sei tu… Tu l’hai detto
direttamente a lei che mi piaceva…”
Sapevo di averlo meritato, ed ora capivo… Capivo che era per
vergogna che l’aveva evitata come la peste per tutta
l’estate, capivo il perchè di certi suoi sospiri
alla sera, quando credeva fossi addormentato, e capivo anche il
perché degli scherzi di Rigel; quello che non comprendevo
era perché il giovane Sherton, dopo essere stato al mio
fianco a Yule, si fosse coalizzato con mio fratello per darmi contro.
Mi sdraiai di nuovo sul letto: quella era stata una giornata pesante,
mi sembrava di essere già tornato al clima sulfureo di casa
mia. Non potevo credere che ormai fosse la realtà, e non
più solo un brutto sogno.
“Vado nel patio…
Regulus… a me è sfuggito per errore, non
gliel’ho detto per farti prendere in giro, e ti ho chiesto
scusa per quello... Tel'ho detto subito, non... Non
importa...”
Mi ero alzato come una furia e mi chiusi la porta alle spalle con
rabbia, se Rigel avesse detto quelle cose a Mey, la
possibilità di stare ancora insieme a lei, da soli, si
riduceva a zero… Mi spogliai di tutto e mi tuffai
nell’acqua tiepida del patio… sapendo che era
l’ultima volta che lo facevo… chissà
cosa c’era in quell’acqua: sembrava rigenerare
dalla fatica se eri stanco, dalla tristezza se eri infelice, e dalla
rabbia se… se avevi voglia di strangolare tuo
fratello… Riemersi dopo qualche vasca, presi
l’asciugamano e me lo legai alla vita. Fuori pioveva ancora e
oramai stava calando la sera: le giornate si erano accorciate
prepotentemente, erano molto più corte di quanto lo fossero
a Londra, e quella stanza, completamente circondata da alberi, sembrava
davvero un antro magico e stregato, rischiarato solo dalla luce
danzante dei bracieri. Camminai verso le vetrate più
lontane, quelle che davano verso il bosco e la scogliera da cui quasi
mi stavo gettando il primo giorno. Sorrisi… Da lì
potevo ammirare il mare agitato che s’infrangeva sulle rocce
molti metri più in basso, la violenza del vento che quasi
piegava in due gli alberi, la folle corsa delle nuvole oscure che si
rincorrevano sui cieli della Scozia, dandomi quasi un senso di
eternità nel corpo: ero al sicuro, protetto, ma era come
essere esposto alla furia e alla potenza di quella terra selvaggia. La
minaccia di Alshain di non fare mai parte di quel mondo, mi aveva
terrorizzato più di tutte le punizioni di mio padre e mia
madre: no, io sarei tornato, avrei fatto parte di quel mondo
perchè quel mondo ormai era dentro di me. Non era
più l’inquietudine che conoscevo mesi prima,
quella che nasceva dalla noia, questo era una specie di fiamma che mi
alimentava e mi metteva in sintonia con quel mare, e quel vento, e
quelle rocce… Avevo sempre saputo di non volere la vita di
mio padre, ora sapevo che volevo la libertà di Alshain, la
forza e la potenza della sua vita, del suo carattere che sembrava
temprato su quelle asperità. Avevo trovato una strada...
Avevo trovato la mia strada... Non era un mondo facile, non era comodo
come quello che conoscevo, nessuno avrebbe mandato dei dissennatori
contro mio padre, ma io sentivo che avrei preferito correre dei rischi
di quel genere che vivere senza passioni come lui. Fu allora che decisi
che gliel’avrei detto, che se non mi avesse creduto, glielo
avrei dimostrato… che se mi avesse ostacolato, sarei
scappato, perché ora conoscevo la mia strada. Mi ero portato
dei vestiti di ricambio nel patio, quindi, quando sentii Reg che stava
entrando a sua volta, mi vestii rapidamente e scesi, senza permesso,
diretto al chiostro: ero sicuro che sarei stato solo, così
avrei avuto modo di riflettere su quanto avevo deciso. Dovevo imparare
il discorso da fare a mio padre, subito, appena fossi tornato a casa,
così che non passasse il tempo e non ci fossero dubbi o
ripensamenti. Non dovevo perdere il coraggio. Avrei anche voluto
trovare il modo di tornare a Herrengton da solo: come aveva potuto,
Reg, vendermi così?
“Non aveva messo in punizione
anche voi due?”
La voce di Mey alle mie spalle, mi riportò nel chiostro, mi
voltai e me la trovai davanti: aveva un’espressione
canzonatoria e indisponente.
“Non ho il permesso di
parlarne…”
“Non hai nemmeno il permesso
di stare qui...”
“Tu si?”
“Devo prendere una cosa per
mia madre, non sta affatto bene oggi, è per questo che mio
padre è così nervoso…”
“Oh no…
Salazar… Mi dispiace…”
Ero davvero mortificato: loro erano stati così gentili e
generosi e noi avevamo fatto tutto quel casino proprio quel giorno, in
cui avevano bisogno di calma e serenità.
“Ma sta tanto male?”
Ero davvero preoccupato.
“No, ma…
C’è il forte rischio che il bambino nasca in
anticipo, è già successo con Mirzam e con
me…”
“Ti posso aiutare a prendere
quello che le serve?”
“Dobbiamo scendere di sotto a
prendere delle piante per mio padre, sta facendo un infuso per
lei…”
“Non sapevo che fosse un
erborista…”
“Lui è tante cose,
Sirius…”
Rimasi un attimo pensieroso: sì, Alshain Sherton era davvero
tante cose, e quell’estate avevo iniziato ad imparare a
capirlo.
“Ti invidio, tu hai un padre
che merita tutta l’adorazione che provi per
lui…”
Appena lo dissi capii che quella frase poteva essere interpretata in
molti modi e diventai rosso porpora.
“… voglio
dire…”
“Lo so che ti piace mio padre
e che, se potessi, lo scambieresti col tuo: lo si capisce da come ti
mortifichi quando ti riprende…”
“Ma non ha la mia
età tu?”
“Sì,
perchè?”
“Come fai a capire
così le persone?”
Mi guardò, senza supponenza o ironia.
“Non lo so, forse,
è perché le osservo…”
Entrammo nella serra che era collegata ai sotterranei in cui ero stato
con Alshain e mio fratello nel pomeriggio, Mey prese dei guanti e
estrasse delle radici da dei vasi piuttosto voluminosi e panciuti, che
erano appoggiati su dei lunghi tavoli.
“Tieni forte il vaso mentre io
tiro su, e fai attenzione a non sporcarti…”
M’impegnai a fare come diceva lei, di nuovo meravigliato di
quanto fosse abile rispetto alla sua età… o forse
ero io a essere un imbranato. Risalimmo in silenzio al chiostro, aiutai
Mey a portare le radici e un altro paio di piante, salimmo nel salone e
lì trovammo Deidra, particolarmente pallida, seduta accanto
al caminetto e suo marito inginocchiato di fronte a lei che le
massaggiava i piedi: sembrò sorpreso quando ci vide
entrambi, ma lasciò correre, per trafficare con quello che
gli avevamo portato.
“Ora, per favore, tornate in
camera vostra, e non uscite finchè non vi chiama Kreya, ci
siamo capiti Sir?”
“Mi ha aiutato a portare tutta
questa roba, padre…”
“Ed è solo per
questo che non vi sto rimproverando, ora via!”
“Per favore... possiamo andare
a giocare nel chiostro? Domani vanno via...”
Io mi ero già ritirato verso lo scalone, lì
dovevamo dividerci per forza, perché Alshain continuava a
guardarci e noi, secondo gli ordini, dovevamo andare in due diverse
direzioni.
“Non voglio sentire volare una
mosca, siamo intesi?”
Mey corse verso di me, sorridente, vidi Alshain con
un’espressione scocciata fare di no con la testa, mentre
Deidra ci stava guardando: aveva un sorriso benevolo, come sempre verso
di me e sua figlia.
“Non credo che tuo padre
volesse lasciarci andare via insieme, l’ha fatto solo per
tagliare corto e non far agitare tua madre: forse è meglio
se ci salutiamo qui e ci vediamo più tardi a cena, magari
riusciamo a parlare domani, prima che arrivi mio
padre…”
Mey mi guardava un po’ delusa, non seppi perché,
anche se intuivo che fosse triste sia per la nostra partenza, sia
perché si avvicinava il giorno che avrebbe dovuto lasciare
Herrengton anche lei. Aveva uno sguardo strano che non mi lasciava
capire appieno che intenzioni avesse, cosa volesse dirmi, rimase in
silenzio, mentre a pochi metri da noi, al di fuori delle pietre del
chiostro, la pioggia scrosciava come se si fossero aperte tutte le
cataratte dell’universo. In seguito mi dissi che anche il
cielo si era messo a piangere per me: la presi per mano, le diedi un
bacio sulla guancia e mi voltai di nuovo verso l’ingresso,
lei continuava a stare in silenzio, fissandomi intensamente. Sentii il
mio cuore fare un tuffo all’indietro e quasi persi
l’equilibrio, quando lei si alzò sulle punte dei
piedi e mi scoccò un bacio sulle labbra, sempre fissandomi
con quegli occhi da sogno.
“A più tardi,
Black…”
Mi guardava e io ero nella confusione più totale, dovevo
rispondere ma mi ritrovai a balbettare.
“A più
tardi… Corvina…”
Non so perché, ma la chiamai in quel modo: lei
sgranò gli occhi, come se fosse incredula, dalla tenerezza
di quel bacio passò a un’espressione che non capii
subito, i suoi occhi verdi divennero cupi e il suo viso si accese,
ammutolì, io di nuovo balbettai qualcosa perché
non avevo idea di cosa stesse accdendo, ma lei mi sibilò.
“Sei solo un idiota, Sirius
Black!”
E mi mollò lì da solo, andandosene tutta
impettita, senza mai voltarsi indietro. La rincorsi, attraversando il
cortile per raggiungerla prima, tagliandole la strada, bagnandomi come
un deficiente, ma quando mi frapposi tra lei e l’ingresso
allo scalone, aveva uno sguardo ancora più duro e ostinato:
capii subito di aver perso tutto… la sua amicizia e il suo
affetto.
“Ma cosa ho fatto….
Io… io non ti volevo offendere…”
“Ah no? Tu…
Tu… credi che io non sia abbastanza slytherin per diventare
una Serpeverde come te, tu credi che io sarò una stupida
Corvonero, non è così? È questo che mi
hai detto!”
Aveva i capelli incollati sul viso, gli occhi erano pieni di lacrime
che si mischiavano alla pioggia, le labbra erano praticamente esangui.
“Non è vero,
io… io… Mey, io volevo solo
dire…”
“Beh, ti dimostrerò
che ti stai sbagliando, Black, che vi sbagliate
tutti…”
Le scesero delle lacrime che raccolse in fretta, arrabbiandosi ancor di
più, con se stessa stavolta.
“Sparisci dalla mia vista
Black, io non esisto per te, e tu per me sei meno di zero, non
scordarlo mai più…”
Salì le scale di corsa, io ero rimasto di sale: ero sicuro
di aver detto quella stupida parola riferendomi al colore dei suoi
capelli, non mi era nemmeno passato per la mente il discorso delle case
di Hogwarts… Solo in quel momento mi tornarono alla mente
tutte quelle cose che da settimane mi circolavano intorno e che mi
dovevano far capire quanto quegli argomenti fossero pericolosi in
quella casa: a quanto pareva, anche in quella famiglia perfetta,
c’era qualcosa di oscuro, di imperfetto, che ammorbava i
rapporti, senza che io allora potessi ancora rendermene pienamente
conto. Perché ancora non conoscevo altro che parti di
verità. Rientrai nel salone: quando Alshain mi vide zuppo e
senza sua figlia si preoccupò, mi chiese cosa fosse successo
e io riassunsi in lacrime la situazione. Sherton sospirò,
chiamò Kreya perché raggiungesse di sopra Deidra
al suo posto, e Doimòs perché si occupasse di me,
poi salì da Meissa, nel tentativo di rimettere insieme i
cocci. Si chiuse così il giorno più brutto della
mia permanenza a Herrengton: una volta asciutto e con i vestiti puliti
e caldi addosso, mi sdraiai sul letto e rimasi lì, a
guardare e riguardare le decorazioni del baldacchino, mentre fuori non
smetteva di piovere e presto la poca luce si spense nel buio della
sera. Quando Reg rientrò dal patio, mi sorprese ancora a
fissare il soffitto, si sedette sul mio letto e mi chiese cosa stavo
combinando, io non avevo nemmeno voglia di aprire bocca, volevo
sigillarmela, quella mia maledetta bocca stupida che o non parlava al
momento giusto, o usciva con sparate idiote. Avevo solo voglia i
piangere, non sapevo nemmeno io bene perché, quindi grugnii
scocciato contro mio fratello, sperando che se ne andasse a cena, per
potermi liberare in pace nelle lacrime. Io non scesi e quando Alshain
venne in camera a sincerarsi della situazione, finsi di dormire,
sperando che così se ne andasse subito, ma lui si sedette
sul mio letto e mi vegliò per un po’.
“Lo so che non stai dormendo
Sirius…”
Io mi girai, facendo attenzione a non farmi vedere mentre mi ascciugavo
le lacrime.
“Non volevo offenderla, lo
giuro…”
“Lo so… Non
è colpa tua: Mei è sotto pressione, tutti si
aspettano chissà che cosa solo perché
è nata in quel dannato giorno. Me ne assumo le
responsabilità, fin da quando era più piccola
troppe volte l’ho presentata io stesso come la futura
Serpeverde di casa Sherton, e ora lei si sente in trappola, teme che se
a Hogwarts non sarà smistata lì… Come
se me ne importasse davvero qualcosa di tutta questa
storia…”
Mi tirai su dal materasso, mi colpì quella voce, era davvero
preoccupato per Mei, almeno quanto lo ero io.
“Vorrei farmi
perdonare… domani me ne andrò, non voglio
andarmene così, con…”
Alshain mi mise un braccio attorno alle spalle e mi
abbracciò.
“Non hai nulla da farti
perdonare, non è colpa tua…. Forse è
meglio se per ora lasci perdere, abbi pazienza per un po’,
lei è testarda come me, ha preso tutti i difetti degli
Sherton, e la bellezza di sua madre…”
Mi sorrise, io diventai rosso fuoco, speravo che nella penombra in cui
eravamo non se ne accorgesse, ma il calore che emanavo probabilmente mi
tradì lo stesso. Così come intuì che
quel consiglio mi aveva gettato ancor di più nello sconforto.
“Potresti sempre provare a
dirle quello che hai nel cuore, é nel chiostro, con Rigel,
vai giù e prova a parlarle, e fa qualcosa di carino e
semplice per lei, che la faccia sorridere. È triste almeno
quanto te, non immaginavo che si fosse formato un legame
così forte tra voi due in un tempo così
breve… Vai…”
Rinfrancato misi addosso una mantellina e scesi le scale, superai il
passaggio coperto e arrivai al chiostro: Rigel stava accanto a sua
sorella, con il braccio teso le stava indicando la costellazione
dell’Orsa Maggiore, sembrava impossibile che si fossero
accapigliati in quel modo, visto con quanto affetto stavano uno accanto
all’altra. Forse, era proprio questa la loro forza: presso
gli altri erano sempre un fronte unico, se uno di loro era in
difficoltà qualsiasi incomprensione era messa da parte e
affrontavano insieme tutte le avversità. Noi Black non
eravamo così. Li salutai, ricambiato da Rigel, mentre Mei
non mi rivolse nemmeno uno sguardo..
“Potrei parlarti un attimo
Mei?”
Rigel mi guardò, poi guardò sua sorella come per
chiedere il suo parere, ma lei non parve affatto interessata alla
questione, infine il ragazzo mi venne incontro con un sorriso
d’incoraggiamento e sparì alle mie spalle, nel
buio dello scalone.
“Mey ti giuro… mi
dispiace da morire, non volevo offenderti, nemmeno pensavo
a… pensavo ai tuoi capelli, color nero corvino, e ti ho
chiamata in quel modo, solo perché sono uno stupido che
combina solo guai. Se non mi parlerai più lo
capirò, non ti perdi nulla, però… non
volevo in nessun modo ferirti o offenderti. Io ti considero la ragazza
più in gamba che abbia mai conosciuto.
Scusami…”
Mi voltai senza attendere una risposta, dopo pochi istanti sentii la
sua presenza alle mie spalle, mi toccò lieve un gomito, mi
prese per mano e il calore della sua pelle si irradiò in me
ridandomi vita: mi voltai verso di lei, la luce di un braciere la
illuminava. Aveva gli occhi ancora un po’ straniti dal
pianto, ma era sempre meravigliosa; guardai oltre il muretto e vidi il
roseto, tesi la mano e raccolsi una rosa chiusa, gliela porsi e, cosa
che non mi riusciva pressoché mai, con somma rabbia di mio
padre, la feci sbocciare tra le sue dita. Mi chinai appena a darle un
bacio lieve come un battito d’ali d farfalla sulla fronte.
“Sei uno stupido
Black…”
Tremava e di nuovo le scese una lacrima, mentre teneva lo sguardo
abbassato sulle nostre mani intrecciate. Mi tolsi il mantello e glielo
avvolsi sulle spalle.
“Ti prego…
credimi… e perdonami, almeno per
stavolta…”
Mi puntò addosso i suoi occhi verdi, io presi fuoco.
“Corvina…”
“è… per
il colore dei tuoi capelli…”
Presi una ciocca che libera si muoveva sulla sua spalla, agitata dalla
brezza… Li accarezzai, sembravano seta.
“Per questa volta
soltanto… ti prego…”
Le sentiii pronunciare un flebile
“D’accordo...”
Non potevo crederci…
“Davvero? Mi perdoni davvero?
“
Il cuore si era allargato e così i miei occhi e il mio
sorriso, non ci credevo, mi sembrava un sogno, un magnifico e perfetto
sogno.
“Sì,
davvero…”
Si alzò sulla punta dei piedi e accostò la sua
guancia alla mia, sussurrandomi lieve
“...Ma non devi farmi piangere
mai più, Black...”
Annuii e l’ incisi subito nell’anima, come un
giuramento solenne e glielo soffiai sulla pelle, con un bacio sulla
mano.
“A domani, Black”
“A domani…
Meissa…”
Sorrise, tenendo la rosa in mano riattraversò il chiostro e
sparì su per la scala degli Sherton. Io mi avviai per
l’ultima volta verso la stanza degli ospiti, con lo stomaco
finalmente libero dall’angoscia e una certa fame. Quella
notte sognai che lei si avvicinava a me, sorridendo triste, stringeva
la rosa fino a soffocarla, poi gettava via i resti con disprezzo e mi
diceva semplicemente “Non
ti perdonerò mai”. Mi risvegliai
impietrito dall’angoscia, sicuro che non fosse solo un incubo
ma un presentimento.
***
Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 15 agosto 1971
Nostro padre arrivò il mattino
seguente, molto presto: si materializzò direttamente dal
caminetto dei sotterranei, così da avere tempo per parlare
in privato con Sherton. Quando lo seppi, pensai che in quelle settimane
poteva averlo fatto altre volte, poteva essere stato un osservatore
invisibile e attento di quanto stavamo combinando e una fitta di paura
mi attraversò il cervello. Kreya, avvisata prima di noi,
aveva già preparato le nostre cose, visto che la sera prima
nessuno dei due aveva fatto grandi progressi; sui nostri letti
apparvero i vestiti più ricercati e al tempo stesso
più odiati tra quelli che avevamo portato con noi, dalla
nostra camera scomparvero nei bagagli tutte le cose che ci avevano
tenuto compagnia, lasciandomi con un senso di vuoto e smarrimento.
Regulus, che continuava a non parlarmi, non era molto più
allegro di me e capivo dal suo sguardo che sapeva qualcosa di quello
che era successo la sera prima. Non aveva forse tutti i dettagli, ma
probabilmente Rigel gli aveva detto che avevo fatto qualcosa a Mey, che
avevamo litigato e che Sherton aveva dovuto passare alcune ore prima
con lei e poi con me per risistemare le cose. Quando entrammo nel
salone, trovammo nostro padre alla finestra, con un bicchiere in mano e
Alshain al suo fianco: ci soppesò a lungo con i suoi occhi
chiari, l’espressione del viso non tradì,
però, alcuna emozione, non parve annoiato come sempre quando
ci guardava, ma nemmeno particolarmente felice di rivederci. Tutta la
baldanza e la sicurezza che avevo accumulato in quelle settimane mi
lasciarono di colpo: era davvero finita, era stato un bel sogno, ma
come tutti i sogni non poteva durare in eterno. Rigel andò
subito a salutare nostro padre, Orion lo abbracciò con una
familiarità e un affetto che mi lasciò abbastanza
disturbato e geloso visto quanto era invece freddo con noi.
“Ho saputo che tuo fratello
ormai è del Puddlemere, e che tu sei sulla buona
strada… complimenti giovanotto!”
Il ragazzo sorrise, compiaciuto dei complimenti.
“E ormai sei diventato alto
quanto tuo padre, farai strage di ragazze a Hogwarts, proprio come
qualcuno di mia conoscenza…”
E librò uno sguardo malizioso al suo amico.
“E la piccola
Meissa?”
“È con la mamma,
non si sente molto bene nemmeno lei, oggi…”
Regulus sbuffò appena al mio fianco, lanciandomi uno sguardo
carico d’odio, sapeva parte della verità e mi
riteneva responsabile della sua assenza, e a quel punto
anch’io iniziavo a sentirmi colpevole.
“Alshain, che cosa
succede?”
“Non ti preoccupare, Orion,
nulla che non passi con un po’ di riposo e qualche coccola
della mamma… Dei l’aveva previsto: come sai,
nessuno dei miei figli conosce il dono della pazienza, di qualsiasi
cosa si tratti…”
Alshain arrossì un po’, imbarazzato, il che era
un’assoluta sorpresa per me, Orion sorrise,
abbracciò il suo amico, gli sentii sussurrare un
“complimenti” e pensai si riferisse al bambino.
“Allora davvero sta per
nascere?”
Dimenticando la buona educazione che mi aveva impartito la mia
famiglia, irruppi nella conversazione, sotto gli occhi stupefatti di
mio padre e lo sguardo disorientato di Alshain, evidentemente non avevo
capito di cosa stessero parlando.
“Mi scusi... Non
volevo...”
“Non importa, Sirius,
comunque, no… per fortuna, rispetto a ieri, il bambino
sembra non avere poi tanta urgenza, ma per precauzione, appena la
tenuta sarà pronta, la pozione sta già
nascondendo Herrengton agli occhi del mondo, accompagnerò
Deidra e Meissa al San Mungo, da lì anche Rigel
troverà il modo di tornare ad Amesbury.”
Io e mio fratello lo guardammo preoccupati. Perché Meissa
doveva andare al San Mungo?
“Naturalmente appena le cose
saranno meno fumose, sarete miei ospiti, come da accordi, vero
Orion?”
“Sì ma…
non devono darti nessun disturbo…”
“Lo sai che ne sono contento,
Orion! Ci siamo proprio divertiti in queste settimane!”
Orion gli lanciò un’occhiataccia e Alshain gli
rispose con uno sguardo da discolo, allora mio padre si arrese e gli
mise un braccio intorno alla vita.
“Non ne dubito: venite un
po’ qui voi due!”
Fino a quel momento si era limitato a guardarci mantenendo le distanze:
aveva mostrato molto più entusiasmo verso gli elfi di casa
che gli portavano la corrispondenza al ritorno da una giornata a
Nocturne Alley che verso noi, dopo quasi due mesi che non ci vedeva, ma
a quel punto, come gli fummo accanto, iniziò a guardarci con
occhi diversi, quasi a cercare qualcosa che non riusciva a trovare.
“Mi pare che hai fatto un buon
lavoro, Alshain, li controllerò per bene a casa, certo, se
non altro per verificare che siano proprio i miei, perché,
visti così,in effetti potrei avere qualche
dubbio…”
Alshain rise di cuore.
“Sono i tuoi, sono i tuoi, non
ci sono trucchi né inganni, a parte l’aria della
Scozia e il pesce delle Highlands!”
Mio padre mi prese il mento tra le mani e mi alzò la faccia
verso di sé, fondendo i suoi occhi nei miei: non mi
sottrassi a quel momento e cercai di reggere quel muto interrogatorio
il più a lungo possibile, evitando di accelerare il respiro
come una bestia braccata, pregando di non tremare né sudare
vistosamente.
“Sì, sei tu, eppure
sei diverso, sei… Qualcuno che deve dirmi qualcosa
d’importante e che forse finalmente ha le palle per
affrontarmi!”
Mi lasciò di scatto bruscamente, io guardai Ashain dubbioso
e mi accorsi che aveva un’espressione compiaciuta.
“Quanto a
te…”
Stava facendo la stessa cosa a mio fratello e vidi che a sua volta Reg
cercava di mostrarsi baldanzoso e sfrontato di fronte a mio padre
"… Temo che qui hai
esagerato, Alshain, questo sguardo da furfante non l’aveva
prima!”
Reg diventò color pomodoro, mentre mio padre lo indicava con
il suo dito ingioiellato e guardava Alshain con aria fintamente
scandalizzata.
“Ah sì,
sì, ora lo riconosco, mi sembrava troppo bello, che aveste
perso del tutto l’odore da poppanti… Alshain mi
pare che tu ci sappia fare con questi due, dovevo mandarteli qui prima,
davvero, dovevo darti retta, mi sarei risparmiato parecchie notti
insonni e qualche attacco di bile…”
Tracannò d’un fiato quello che era rimasto nel
bicchiere, poi estrasse la bacchetta dal taschino interno del suo
panciotto e ce la puntò addosso.
“Naturalmente per evitare le
urla di vostra madre, dovremo fare qualcosa per
questi…”
E con un paio di colpi di bacchetta riportò i nostri capelli
alla lunghezza classica per casa Black.
“Bene, credo sia il momento di
togliere il disturbo, vi lascio cinque minuti da soli con Alshain e
Rigel per permettervi di ringraziarli per
l’ospitalità, come si conviene a due giovanotti a
modo…”
“Orion, se vuoi, puoi salire
da Dei, avrebbe piacere di vederti…”
“Sicuro che non
disturbo?”
“Nessun disturbo Orion,
anzi… Dei si arrabbierebbe moltissimo se ti sapesse qui e
non l’andassi a trovare… la
conosci…”
Il viso di mio padre si aprì in un sorriso particolare,
enigmatico e a me sconosciuto, avrei voluto sapere cosa significasse,
che legame ci fosse tra due creature così diverse, Deidra,
una vera dea, e mio padre, un uomo meschino.
“È stato vostro
padre a presentarci e a dare inizio a tutto questo, è stato
mio testimone alle nostre nozze ed è il padrino di tutti i
miei figli, non solo di Wezen. Dei gli vuole bene come un fratello,
proprio come me. La risposta ti sembra esauriente, Sirius?”
Non mi guardava, perso com’era a osservare la pioggia fuori
dalla finestra, ed io rimasi a bocca aperta: stavolta doveva per forza
aver usato la legilimanzia, ma non ebbi tempo di protestare o dire
altro, Rigel ci salutò calorosamente, poi ci
lasciò soli con Alshain, ben sapendo che aveva ancora
parecchie cose da dirci.
“Cercate di non mettervi nei
guai, siamo intesi? Quelle camerette all’ultimo piano sono
troppo piccole per voi due, sarebbe bene che ci rimaneste solo il tempo
di dormire e fare i compiti, fate in modo di passare più
tempo possibile all’aperto con vostro padre, anche se vi
trascina in giro durante le sue commissioni, d’accordo? Anzi,
facciamo così, so che vi deve portare a Nocturne Alley nei
prossimi giorni, quindi vi do questo compito: dovete aprire gli occhi e
individuare a testa almeno dieci cose davvero stravaganti, di cui non
sapete l’utilità, me le descriverete ed io vi
dirò a cosa servono. Sarà come cercare orme nel
bosco, Sirius, ed è anche una sfida, Regulus,
perché regalerò una stupenda scopa da Quidditch a
quello di voi che troverà la cosa più difficile
da spiegare…”
Gli occhi di Regulus si accesero di desiderio e capii che sicuramente
aveva promesso una scopa proprio per attirare in trappola mio fratello:
sapeva benissimo che con me non era necessario, anche a km di distanza
avrei fatto tutto quello che voleva, solo per compiacerlo.
“Vi aspetto ad Amesbury entro
la fine del mese, non c’è il mare, purtroppo, ma
vedrete che è altrettanto bella e piena di cose da scoprire.
E ora via quelle facce tristi, non vorrete sembrare due bambini agli
occhi di vostro padre, no?”
“Puoi salutarci Deidra e
Meissa?”
“Naturalmente
Reg…”
“Non è nulla di
grave, vero? Meissa non sta male…”
Ero preoccupato, temevo fosse colpa della sera prima, si era inzuppata
sotto la pioggia, se si fosse presa la polmonite per colpa
mia…
“No, non è nulla di
preoccupante…”
Mi guardò con occhi strani, poi alzò lo sguardo
verso l’ingresso della stanza: nostro padre era affacciato
alla porta e stava entrando con il suo solito passo imperioso.
“È ora di andare,
fammi sapere se hai bisogno che accompagni Rigel o se devo fare
qualsiasi altra cosa per te e la tua famiglia… Sei sicuro
che il ragazzo debba restare da solo ad Amesbury? Posso ospitarlo a
Grimmauld Place, per tutto il tempo che serve…”
Guardammo nostro padre e Alshain con occhi carichi di speranza, sarebbe
stato stupendo portare Rigel con noi.
“È tutto sotto
controllo Orion, non ti preoccupare… se dovremmo trattenerci
a lungo al San Mungo ti manderò Rigel, altrimenti non
sarà necessario, comunque grazie per
l’offerta.”
“Non fare storie,
d’accordo? E fammi sapere del bambino…”
“Ti avviserò
subito!”
Si abbracciarono e si baciarono le guance, si scambiarono quello
sguardo che ormai iniziavo a vedergli abbastanza spesso, poi nostro
padre ci mise le braccia introno alle spalle e Alshain gli permise una
smaterializzazione diretta da Herrengton a casa nostra. E
all’improvviso tutto era finito. Se non avessi rischiato
subito la defenestrazione da parte di mio padre, mi sarei messo a
piangere. Nostra madre non si mostrò molto più
felice del nostro ritorno, anzi trovò parecchie cose da
ridire, sul nostro aspetto, sulla nostra aria trascurata, sui nostri
modi di fare che, sosteneva lei, erano meno raffinati, troppo rozzi. Mi
colpì profondamente scoprire che non aveva una grande
considerazione per i modi degli Sherton, che si sentiva superiore a
loro perché noi abitavamo in città mentre loro
stavano ai confini del mondo, mi sorprese davvero tanto, soprattutto
perché sembrava darsi tanto da fare per accalappiare Meissa
per uno di noi. Ma a quanto pareva quello che accendeva le sue fantasie
erano il nome, il potere, e il denaro di Sherton, e
null’altro.
Anche la tregua tra nostro padre e noi finì
pressoché subito, non appena rimesso piede a Grimmauld Place
l’influenza negativa di nostra madre riprese il sopravvento
anche su di lui, mi sconvolgeva quanto poco fosse vitale appena si
allontanava dal suo amico. E in breve non esercitò nessun
controllo su noi e nostra madre, lasciandola libera di tiranneggiarci
come suo solito. Tornai in camera, mi sdraiai all’ombra del
mio baldacchino, con le braccia incrociate sotto la testa e a occhi
chiusi, con la finestra aperta a portarmi i profumi d Londra e i suoi
rumori così diversi da quelli che avevo imparato ad
amare… Quelle magnifiche vacanze in Scozia erano davvero
concluse per sempre, ma se avessi respirato a fondo, forse avrei
scoperto una traccia di lei: in quel preciso istante ero felice di
essere a Londra, solo perché anche lei, in quel momento,
divideva il mio stesso cielo, la mia stessa aria.
Avevo appena scoperto che per essere felice mi bastava anche solo il
pensiero di Meissa Sherton.
***
Alshain
Sherton
74, Essex Street, Londra - giov. 19 agosto 1971
“Ho fatto
una cazzata, Orion, è questa la verità, e da
questa non si torna indietro…”
“Sei solo confuso, datti il
tempo di snebbiarti la mente dagli eventi, e poi vedrai come il tuo
cervello astuto riprenderà a girare nella maniera
giusta…”
“Tu credi davvero che possa
riuscirci?”
“Se non lo credessi non ti
avrei mai suggerito di provarci… quando sei lucido
e…”
“Lucido, Orion? Lucido o,
piuttosto, esaltato? Non so Orion, ora vedo tutti i problemi che prima
non vedevo…”
“È solo per via del
dolore e dell’alcol che prendi in quantità
industriali per soffocarlo… non c’è un
altro mezzo per aumentare la tua soglia del dolore?”
“No, posso sopportare solo
quello che accetto volontariamente, è
l’accettazione che ci fa resistere, e tu sai che quel dolore,
quello che di sicuro mi provocherà Riddle, non
sarà qualcosa che abbraccerò
volentieri…”
“D’accordo,
d’accordo, anche se non condivido, non posso negare che stai
seguendo la sola strada logica… però secondo me
dipende anche dagli altri pensieri, Dei a Londra, il bambino che non si
sa cosa vuole, sono convinto che se fossi a Herrengton
l’avresti già superata…”
“Già! Ma come ben
sai non posso tornare a Herrengton, in questo momento… Non
ci voleva Orion, doveva accadere con i ragazzi già a scuola,
così è pericoloso”
“Manda Meissa e Rigel da me,
nessuno oserebbe toccarli finchè sono a Grimmauld Place,
sarebbe…”
“…Il modo migliore
per scatenare altre dicerie, Orion, non posso…comunque hai
ragione… dopo un’estate a Herrengton, Londra
annoierebbe pure te…”
Sorrisi e tirai l’ultima boccata, poi schiacciai il sigaro su
un posacenere a forma di serpe, al centro del tavolino, volevo
assolutamente cambiare discorso, perchè nemmeno Orion
riusciva a tirarmi fuori da quella depressione.
“Hai ragione… ho
visto i miei figli, son già disperati e apatici, si
può sapere cosa gli hai fatto?”
“Nulla di disonesto, lo sai,
sono l’unico dei tuoi conoscenti che non insidierebbe mai i
tuoi figli!”
Doveva essere una battuta scherzosa, ma non riuscivo a darle il giusto
tono, non riuscivo a staccare gli occhi dal fuoco in cui mi apparivano
solo immagini orrende.
“Eheheheh, vero, ma mi pare
che la tua onestà costi cara!”
“Come?”
Non lo ascoltavo, ma qualcosa mi diceva che era invece il momento di
tornare presente a me stesso.
“Sirius…”
“Ah ecco, siamo arrivati al
momento in cui “Devo dirti per l’ennesima volta che
se lasci Walby comportarsi così con lui, lo rovinerete per
sempre?”. “Gli state solo togliendo la voglia di
vivere!” “Vedrai, ne farete un complessato o un
ribelle se non smetterete di mortificare la sua indole!”
è questo che vuoi dire? Che altro vuoi che ti dica a
riguardo?”
Accesi un altro sigaro e mi alzai, mi avvicinai di più al
caminetto.
“No, voglio sapere che storia
è quella che mi ha raccontato Sirius, che vorrebbe fare il
Cammino del Nord con i tuoi figli…”
“Ah, bene, ha trovato il
coraggio di dirtelo…”
Mi voltai di nuovo verso di lui e mi sedetti nella poltrona accanto a
quella in cui stava sprofondato.
“Quindi lo sapevi e non me ne
hai parlato, anzi l’hai pure assecondato, è
così?”
“Certo, ha la stoffa per
farlo!”
“Storie…
E’ solo un bambino capriccioso, e tu sei peggio di lui. So
che vuoi mio figlio da quando è nato, e sicuramente in
questi due mesi l’avrai lusingato in maniera vergognosa: ho
visto le scope da Quidditch che hai regalato a entrambi pochi giorni
fa. Te li stai comprando!”
Sorrisi: Orion era straordinario, capiva tutto al volo, sempre, ma
quanto si trattava dei suoi figli, diventava un idiota.
“Lo sai che è la
soluzione migliore e visto come vi comportate tu e Walby con
lui… Sirius sta crescendo perfetto per quello che vorrei da
lui…”
“Non se ne parla Sherton,
io…. Coinvolgimi pure nelle tue pazzie, ma i miei figli,
quelli non si toccano…”
“Se fossi stato adatto, Orion,
l’avrei chiesto a te, ma non sei portato per quella vita, al
contrario, tuo figlio è perfetto, è puro, ha
stoffa, ed è abbastanza mortificato da voi da essere
insospettabile agli occhi del mondo… per questo potrebbe
fare per me…”
“Ma è mio figlio e
non voglio che tu lo metta nei guai…”
“Non puoi andare contro al suo
destino, Orion…”
“Lo vuoi manipolare tu, il suo
destino…”
“No… Gli sto solo
dando un’opportunità per andargli incontro
senza… troppi rischi: se facessi quello che ti suggerisco,
l’unica cosa che può perdere siete voi due, e non
mi pare che vi siate dati tanto da fare, finora, per rendere questa
perdita dolorosa… quanto a Regulus…”
“Merlino… ti prego,
non dirmi che hai un piano anche per lui! Se l’idea di Sirius
nelle tue mani è ridicola, Regulus… Walburga non
te lo permetterà mai!”
“Non voglio niente da Regulus,
Orion, ti sto solo dicendo che lo devi seguire di più, con
lui hai ancora un anno… per favore, ascoltami. Regulus non
è felice, nemmeno Sirius lo è, ma almeno ha
trovato qualcosa che lo spinge a lottare per uscirne, Reg è
apatico, si lascia manipolare da chi gli prospetta una soluzione e
non… Ho paura che possa trovarsi sulla strada qualcuno di
pericoloso che sfrutti questa sua debolezza…”
“Tipo te? è
l’alcool che parla, non te… lo so bene, Regulus
non ha nulla che non va…”
“Orion… ti prego,
dammi ascolto per una volta, tu finora li hai seguiti poco, e Walby
vive in un mondo tutto suo, in cui le cose che sono
importanti… lasciamo perdere… ti assicuro che non
è questo il momento di essere superficiali e occuparsi di
affari invece che dei figli…”
“Prima di sindacare
così, non credi che dovresti metterti una mano sulla
coscienza e riflettere sulle ultime bravate di tuo figlio Rigel con
Avery e Lestrange? Sei sicuro di poter parlare dei figli degli altri,
quando non riesci a controllare i tuoi?”
“E’ questo il punto!
Te ne parlo proprio perché Reg e Rigel sono diventati molto
amici, anche troppo. È così che mi sono accorto
che Reg ha qualcosa che non va…”
“Pazzie… ma
sentiamo, per curiosità, che cosa dovrei fare secondo
te?”
“Seguilo di più, e
mandamelo nei weekend, con la scusa del Quidditch…”
“E credi che con Malfoy e
Merlino solo sa chi altri che ti gireranno per casa sia una buona idea?
io al tuo posto manderei anche Dei lontano da Londra, tipo dai suoi in
Irlanda, non mi metterei a dare consigli che pongono in pericolo i miei
figliocci…”
“Sei odioso quando fai
così, Orion, non ti poni nemmeno in dubbio, mai…
ma te lo farò capire prima o poi… a costo di
dover farti una Cruciato a una Imperio…”
“È meglio se ti
faccio sparire la sbornia e poi torniamo a casa…. Domani
vado a Nocturne Alley per quella cosetta che mi hai chiesto per
Mey… e vedi di rispondere a Malfoy, prima che sospettino che
sia un bluff dopo nemmeno una settimana che ti sei fatto
avanti…”
“Sì, hai ragione,
su tutto ma non sui ragazzi…”
Lo guardai, ero serio e Orion lo sapeva, e anche se con riluttanza,
capii dal suo sguardo che avrebbe fatto come gli avevo suggerito.
Rincarai la dose, sapendo che in quel momento giocavo sporco e che
avrei colpito Orion dove era più debole.
“Sirius è
esattamente com’eri tu anni fa, Orion… Lo sai
meglio di me che ne sarai orgoglioso per tutta la
vita…”
“Perché credi che
non voglia che tu lo faccia?! Perché credi che stia cercando
disperatamente da 11 anni di non affezionarmi a lui? Tu lo sai quanto
mi è costato! Tu sei l’unico che mi conosce
davvero! Io non voglio che Sirius soffra quello che ho sofferto
io… e quello che vuoi fargli… è
esattamente illuderlo, come mi sono illuso io… per
anni… per niente.”
“Orion…”
“Se accetto, devi giurarmi che
ne varrà la pena, Alshain… devi giurarmi che
almeno lui ce la farà…
giuramelo…”
“Te lo giuro, Orion
…e cercherò di… fare qualcosa anche
per Regulus…”
“Ero sicuro che ti saresti
preso lui… Ero sicuro… Ora… Non dire
altro… fai quello che devi… e che Salazar ci
protegga tutti…”
Mi voltai, non potevo sopportare di vederlo debole, e lui non voleva
che lo guardassi in quel momento. Sapevo che Orion non si sarebbe
perdonato mai, che in quel momento si stava strappando per sempre un
pezzo di se stesso, che da quel momento avrebbe dovuto recitare ancor
meglio la sua parte: per farsi odiare, per farsi disprezzare.
Dall’unica persona che amava più di se stesso.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio
2010). L'immagine di inizio
capitolo è stata realizzata per me da Ary Yuna
(che ringrazio), potete trovare i suoi lavori su DeviantArt
e nella sua pagina Artista su FB.
Valeria
Scheda
Immagine
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