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Autore: Terre_del_Nord    02/01/2009    21 recensioni
Sirius Black e la sua Nobile Casata; gli Sherton e la Confraternita del Nord; l’Ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte; gli Intrighi di Lestrange e Malfoy; le leggende di Potere e Sangue risalenti a Salazar Slytherin. E Hogwarts, i primi passi dei Malandrini e di chi, Amico o Nemico, condivise la loro Storia. UNA STORIA DI AMORE E DI GUERRA.
Anni 70. Il Mondo Magico, alle prese con Lord Voldemort, sempre più potente e feroce, farà da sfondo dark a storie d'amicizia per la vita, a un complicato rapporto tra un padre e i suoi figli, a vicende di fratelli divisi dalle scelte e dal sangue, a storie d'amore romantiche e avventurose. Gli eventi sono narrati in 1° persona da vari personaggi, canon e originali. "Nuovo Personaggio" indica la famiglia Sherton e altri OC.
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HABARCAT (Chap. 1/20) *** ORION (Chap. 21/24) *** HOGWARTS (Chap. 25/39) *** MIRZAM (Chap. 40/52) *** STORM IN HEAVEN (Chap. 53/62) *** CHAINS (Chap. 63/X) *** FEAR (Chap.97/) ***
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VINCITRICE 1° TURNO "Harry Potter Final Contest"
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Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Regulus Black, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'That Love is All There is' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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That Love is All There is

Terre_del_Nord

Slytherin's Blood

Habarcat - I.019 - Corvina

I.019


Sirius Black
Herrengton Hill, Highlands - sab. 14 agosto 1971

Eravamo arrivati alla fine della nostra vacanza: i dubbi nati con la disavventura di quel pomeriggio, il clima pessimo che impediva di uscire per i boschi come amavamo tanto, la partenza di Mirzam impegnato col Puddlemere, resero un po’ più tristi tutti quanti. Quella che doveva essere la mia ora di punizione divenne un momento comune, visto che Mei e Rigel dovevano studiare e Deidra stava vivendo dei giorni difficili per via della gravidanza e passava molto tempo in camera sua a riposare: così potemmo apprezzare Alshain in versione maestro di pozioni e, al solito, lo fece alla sua maniera. Scoprii che tutte le avventure nei boschi, che avevano caratterizzato buona parte di quelle settimane, ora mi erano di grande aiuto e che avevo appreso una quantità di cose interessanti giocando; anche Reg era piacevolmente sorpreso: in quelle settimane avevamo imparato molte più cose che in mesi e mesi di tedio nella solitudine delle nostre camerette. Ero con la testa persa nei ricordi di quei giorni, così non mi accorsi di Alshain che, invece di leggere ad alta voce percorrendo con ampie falcate il portico del chiostro, dove teneva le sue lezioni, ora svettava dietro di me e mi osservava ormai da qualche minuto, nel silenzio totale di tutti gli altri.

    “Conti di tornare tra noi a breve Sirius? O sarai così gentile da invitare tutti noi nel tuo prato fiorito?”

Divenni rosso fuoco, mentre Rigel iniziava a sghignazzare dietro il libro che aveva in mano e lanciava occhiate complici a sua sorella: da quando era partito il fratello maggiore, era diventato più aggressivo, soprattutto con Mey, e spesso faceva battute che non capivo anche su di me; Regulus, invece, continuava a essere il suo prediletto e passavano ore e ore a confabulare insieme di Quidditch e chissà cos’altro. Reg mi guardò storto: si vergognava per me, perché anche lontano da casa riuscivo a mettermi in mostra per gli stessi motivi per cui ero famoso a Grimmauld Place e, in quel momento, tornai a odiarlo, come non mi capitava più da settimane, com’era invece prassi a casa nostra.

    “Mi scusi, stavo pensando a…”
    “Si?”
    “Beh, ecco, stavo pensando che ho imparato più qui giocando che in ore e ore di studio a casa nostra…”
    “E ora, entusiasta di questa scoperta, credi sia il caso di perdere i punti guadagnati, sognando ad occhi aperti come fai a Londra?”

Diventai ancora più rosso.

    “Mi scusi di nuovo…”

Mentre Rigel ormai si tratteneva a stento dal ridermi in faccia, Alshain fece comparire due calderoni di peltro, distribuì gli ingredienti, ci lasciò degli appunti sulla lavagna e ci diede circa un’ora per completare quel lavoro: era la prima volta che io e mio fratello preparavamo davvero una pozione, fino a quel momento le avevamo solo studiate e fatto degli esercizi teorici, con una certa meraviglia ci accorgemmo che invece Mey era già stata abituata a destreggiarsi in tutto questo. Noi, al confronto, solo nel disporre le cose necessarie sul tavolo, eravamo proprio degli impediti.

    “Mey, Rigel, non lavorate in coppia, aiutate i giovani Black, sicuramente saranno degli ottimi teorici, ma manca loro la pratica, non vorrei rimandarli indietro con i capelli bruciacchiati… avrei dovuto insegnarvi qualcosa di più durante l’estate, invece di lasciarvi svolazzare sulle scope, ora chi la sente vostra madre?”

Io e Reg ci guardavamo, attoniti e preoccupati, poi osservammo lui e ci accorgemmo che aveva un’aria beffarda; io tirai un sospiro di sollievo. Alshain ci lasciò soli, appena Rigel prese in consegna Reg e Mey si affiancò a me per risolvere quel compito.

    “Siete proprio terrorizzati da vostra madre, o sbaglio?”

Divenni porpora e rimasi in silenzio, ancora preoccupato per quella che ormai non era più soltanto una minaccia remota.

    “Non preoccuparti, Sirius… Sono sicura che quando tornerete a casa i tuoi saranno contenti, se riesci a fare questa pozione, per esempio, si può dire che sei quasi al livello di quelli del secondo anno.”
    “Davvero?”
    “Sì certo, e poi, se vuoi, ti aiuto…”

Era proprio bella e gentile: quel giorno aveva un abitino a fiori, un po’ più pesante perché iniziava a fare freddo, con le manichette che le arrivavano fino agli avambracci, le scarpe chiuse al posto dei sandali, e i capelli sciolti, tenuti indietro con un cerchietto argentato.

    “Smettetela di fare i piccioncini, voi due, o non la finirete nemmeno per domani, altro che tra un’ora!”

Rigel continuava a prendermi di punta e sinceramente non ne capivo il motivo, provai a dirgli qualcosa ma Mey fu più veloce.

    “Solo perché tu sei un porco, Rigel, non vuol dire che lo siano anche loro…”
    “Sì, sì, certo! Infatti, scommetto che stava esattamente pensando a quanto ha imparato in questi due mesi, non al cinemino vicino a Spinner’s End…”

Reg mi guardava astioso, io ero attonito, rivolsi uno sguardo interrogativo a Mey: non era possibile che avesse detto tutto a suo fratello, poi guardai lui, mi rimandò indietro un’occhiataccia maliziosa. Quel ragazzo pareva leggermi dentro. Mey si alzò, sembrava intenzionata a picchiare suo fratello.

    “Ma smettila, a chi credi di metter paura, ora non c’è Mirzam a salvarti le chiappe…”

Mey gli mollò uno schiaffo e Rigel, con le cinque dita della sorella stampate sulla faccia, la prese per i capelli e iniziò a tirare. Sembrava un déjà vu. Io e Reg non sapevamo se intervenire e, in caso, in favore di chi, visto che i due fratelli sembravano darsele di santa ragione senza che Rigel riuscisse, com’era inizialmente immaginabile, a prevalere sulla sorella.

    “Ti conviene chiedere scusa subito fratellino, perché non stai facendo una bella figura con i nostri ospiti, sembri una bimbetta…”
    “E tu, agli occhi del tuo amato, fai la figura di uno scaricatore di porto…”

Mey si divincolò, i capelli arruffati e il viso rosso, sembrava che quell’ultimo appunto l’avesse colpita molto più delle sberle che il fratello le aveva dato invano fino a quel momento. Rigel approfittò della tregua per rimettersi la maglietta in ordine: nel trambusto generale, intanto, nessuno si era accorto che Alshain stava di nuovo attraversando il chiostro, diretto verso di noi.

    “Non finisce qui sorellina…”
    “Ti aspetto…”
    “Vi aspetta una bella punizione! A tutti e due, uno spettacolo indegno…”

Alshain era furente, anche più del giorno in cui io avevo quasi picchiato quel babbano.

    “Non sapete proprio cosa significa essere degli Sherton, vero? È normale litigare e picchiarsi ma, dai miei figli, mi aspetto che per lo meno non si facciano beccare e che non diano spettacolo in pubblico…”

Quello non me l’aspettavo, davvero: al contrario di quanto dicevano i nostri genitori, dagli Sherton non era vietato azzuffarsi tra fratelli, era vietato farsi beccare… Quasi mi venne da sorridere, se non fosse stato per l’aria truce e vendicativa che in quel momento aveva Alshain.

    “Niente scopa nuova per te, Rigel, e tu, Diagon Alley puoi scordartela, domani!”
    “Non vale, una giornata a Diagon Alley non vale una scopa da Quidditch…”
    “Vuoi che ti tolga anche quella che hai? Ti sei fatto mettere sotto da tua sorella! Ti basta come motivazione?”

Fu la prima volta che vidi Rigel davvero mortificato, Alshain intanto controllò le pozioni che erano ben lontane dal ribollire nei calderoni, congedò i figli con malagrazia e rimase nel chiostro con me e mio fratello, ancora meravigliati di quanto avevamo appena visto. Sherton, esasperato dalle nostre facce ebeti, capì che non era proprio la giornata giusta per occuparsi di pozioni, fece sparire i calderoni, gli ingredienti e la lavagna e si avviò verso la sala dei trofei, facendoci capire che dovevamo seguirlo. Potevo ammirarne la figura stando diversi passi dietro di lui: dopo la partita del Puddlemere, anche lui, come Mirzam, si era tagliato i capelli, che ora scendevano morbidi e leggermente mossi appena oltre la base del collo. Quel giorno vestiva una camicia bianca, piuttosto ampia e allacciata completamente, perfino i polsini, tenuta infilata nei pantaloni che gli aderivano addosso segnando le gambe asciutte e agili, e degli stivali alti e stretti con delle fibbie, alla vita portava una cintura, in cui da un paio di giorni spiccava una nuova bacchetta particolarmente antica e preziosa, la cui impugnatura era rivestita d’argento finemente lavorato e terminava con una coda serpentesca tempestata da una cascata di smeraldi. Accanto alla bacchetta era spuntato anche un pugnale a lama ricurva, a sostituire il coltello da caccia che gli avevo visto fin dal primo giorno, e diverse bustine, che sicuramente contenevano gli ingredienti per qualche pozione a preparazione istantanea. Scendemmo due piani, arrivando quasi nei sotterranei, quindi superammo le sale che avevo visitato quel pomeriggio di pioggia con Mey, per andare in quello che compresi essere il laboratorio personale di Alshain. Il fuoco nel caminetto si accese subito, ovunque attorno a noi c’erano antichi libri dalle copertine di pelle con scritte gotiche dorate, alle pareti c’erano innumerevoli scaffali, con ogni tipo di barattolo e ampolla e sul grande tavolo da pozionista, ordinatamente disposte, c’erano gli ingredienti di una pozione sicuramente preparata appena poche ore prima. Alshain si diresse alla finestra che guardava verso il mare, dandoci le spalle.

    “In questi ultimi giorni sono rimasto abbastanza deluso da voi, ragazzi. Inizio a capire vostro padre, non siete molto portati per la disciplina…”

Io e Reg ci guardammo, sorpresi per quel rimprovero così diretto e senza scampo: io in realtà un po’ me l’aspettavo, ultimamente non ero stato molto ligio, ero spesso con la testa tra le nuvole, ma mio fratello non meritava quell’appunto.

    “Forse io, ma non Regulus…”

Non andavo particolarmente d’accordo con Reg, vero, ma non mi pareva giusto che se la prendesse con lui. Alshain mi guardò diretto negli occhi, poi guardò Regulus, che aveva chinato lo sguardo ed era arrossito.

    “Ognuno di voi conosce le proprie colpe…”

Vidi Reg farsi ancora più piccolo.

    “… E far la parte del falso difensore di tuo fratello, non farà cambiare l’opinione che mi sto facendo di te, ragazzo…”

Si mise seduto su una poltrona accanto al caminetto, non c’invitò a sederci accanto o di fronte a lui, quindi restammo in piedi in attesa di capire cosa stava accadendo: ero ansioso di restare da solo con Reg per farmi dire cosa aveva combinato per farsi rimproverare anche lui in quel modo.

    “E’ appena arrivata una lettera di vostro padre, è per questo che siete qui. Verrà a prendervi domani, purtroppo non posso mantenere la promessa di riportarvi personalmente a casa, perché entro mezzogiorno Deidra deve trovarsi al San Mungo, e non c’è Mirzam ad accompagnarla al mio posto. Resta inteso, e vostro padre in questa lettera mi dà conferma, che appena ci saremo trasferiti ad Amesbury sarete ancora miei ospiti, come vi avevo già accennato…”

I nostri occhi già scintillavano di felicità, ci aspettavano ancora alcuni giorni in un posto meraviglioso quasi quanto Herrengton, con Mey e la sua famiglia.

    “… Ma il vostro modo di fare, così superficiale, degli ultimi giorni mi ha già fatto pentire… vedete di farmi ricredere su di voi, o sarò costretto ad annullare il mio invito…”

Si alzò di nuovo, estrasse la lettera da una tasca e me la schiaffò sul petto.

    “Può essere in dubbio persino quel discorso che ti ho fatto, Sirius…”

I miei occhi si specchiarono nei suoi, erano dannatamente seri, gli occhi di chi non minaccia ma promette.

    “Quanto a te…”

E stavolta i suoi penetranti occhi d’acciaio, duri, sondarono gli occhi persi nel terrore di mio fratello.

    “Se vedrò che ti lasci manipolare ancora da mio figlio, la punizione peggiore di tuo padre ti sembrerà un sollievo. Tutto questo non uscirà da questa stanza, se vi scopro a commentare quanto vi ho detto con altri o a discuterne tra voi, non metterete mai più piede a Herrengton, siamo intesi? Ora andate a fare i vostri bagagli, un po’ di lavoro manuale vi farà bene…”

Silenziosi e straniti ci scambiammo delle occhiate confuse, non capivo davvero il perché di tutta quell’aggressività, visto che non avevamo fatto poi nulla di tanto irreparabile: lo guardavo, era ancora sulla sua poltrona, impegnato con delle lettere, con un’espressione concentrata e priva di qualsiasi espressione che indicasse un cambiamento di umore o altro.

    “Potete andare…”

Risalimmo in silenzio per le scale di pietra, attraversammo il cortile e salimmo in camera nostra, dove io mi sdraiai sul letto a baldacchino.

    “Datti una mossa Sirius, dobbiamo fare i bagagli…”
    “C’è tempo… Si può sapere cosa hai combinato, con Rigel, per farlo inferocire così?”
    “Nulla…”

Il viso di mio fratello divenne rubino.

    “Come no… Guardati…”

Il viso di mio fratello si fece ancora più livido.

    “L’hai sentito, nulla deve uscire da quella stanza.”
    “Ha detto ”Se vedo che ti fai manipolare ancora da mio figlio…" che cosa significa Reg? Che cosa ti ha fatto fare Rigel?”
    “Nulla!”
    “Sei un bugiardo!”

Mi misi a sedere sul letto a squadrarlo con occhi famelici e un ghigno sarcastico, sapevo di averlo colpito, dandogli del bugiardo, visto che era il cocco della mamma, il ragazzino perfetto che faceva sempre e soltanto la cosa giusta, non veniva rimproverato praticamente mai.

    “E' che... L’altro giorno gli ho detto che ti piace Mey e gli ho raccontato quello che hai fatto quando sei stato con lei dai babbani… e lui si è divertito molto nel saperlo...”
    “Che cosa? Ma ti avevo fatto giurare di non dirlo a nessuno, Reg! Sei una spia! Sei solo una sporca spia!”

Vidi Reg sbiancarsi, poi stringere i pugni e lanciarmi uno sguardo carico d’odio.

    “Non sono io la spia… Sei tu… Tu l’hai detto direttamente a lei che mi piaceva…”

Sapevo di averlo meritato, ed ora capivo… Capivo che era per vergogna che l’aveva evitata come la peste per tutta l’estate, capivo il perchè di certi suoi sospiri alla sera, quando credeva fossi addormentato, e capivo anche il perché degli scherzi di Rigel; quello che non comprendevo era perché il giovane Sherton, dopo essere stato al mio fianco a Yule, si fosse coalizzato con mio fratello per darmi contro. Mi sdraiai di nuovo sul letto: quella era stata una giornata pesante, mi sembrava di essere già tornato al clima sulfureo di casa mia. Non potevo credere che ormai fosse la realtà, e non più solo un brutto sogno.

    “Vado nel patio… Regulus… a me è sfuggito per errore, non gliel’ho detto per farti prendere in giro, e ti ho chiesto scusa per quello... Tel'ho detto subito, non... Non importa...”

Mi ero alzato come una furia e mi chiusi la porta alle spalle con rabbia, se Rigel avesse detto quelle cose a Mey, la possibilità di stare ancora insieme a lei, da soli, si riduceva a zero… Mi spogliai di tutto e mi tuffai nell’acqua tiepida del patio… sapendo che era l’ultima volta che lo facevo… chissà cosa c’era in quell’acqua: sembrava rigenerare dalla fatica se eri stanco, dalla tristezza se eri infelice, e dalla rabbia se… se avevi voglia di strangolare tuo fratello… Riemersi dopo qualche vasca, presi l’asciugamano e me lo legai alla vita. Fuori pioveva ancora e oramai stava calando la sera: le giornate si erano accorciate prepotentemente, erano molto più corte di quanto lo fossero a Londra, e quella stanza, completamente circondata da alberi, sembrava davvero un antro magico e stregato, rischiarato solo dalla luce danzante dei bracieri. Camminai verso le vetrate più lontane, quelle che davano verso il bosco e la scogliera da cui quasi mi stavo gettando il primo giorno. Sorrisi… Da lì potevo ammirare il mare agitato che s’infrangeva sulle rocce molti metri più in basso, la violenza del vento che quasi piegava in due gli alberi, la folle corsa delle nuvole oscure che si rincorrevano sui cieli della Scozia, dandomi quasi un senso di eternità nel corpo: ero al sicuro, protetto, ma era come essere esposto alla furia e alla potenza di quella terra selvaggia. La minaccia di Alshain di non fare mai parte di quel mondo, mi aveva terrorizzato più di tutte le punizioni di mio padre e mia madre: no, io sarei tornato, avrei fatto parte di quel mondo perchè quel mondo ormai era dentro di me. Non era più l’inquietudine che conoscevo mesi prima, quella che nasceva dalla noia, questo era una specie di fiamma che mi alimentava e mi metteva in sintonia con quel mare, e quel vento, e quelle rocce… Avevo sempre saputo di non volere la vita di mio padre, ora sapevo che volevo la libertà di Alshain, la forza e la potenza della sua vita, del suo carattere che sembrava temprato su quelle asperità. Avevo trovato una strada... Avevo trovato la mia strada... Non era un mondo facile, non era comodo come quello che conoscevo, nessuno avrebbe mandato dei dissennatori contro mio padre, ma io sentivo che avrei preferito correre dei rischi di quel genere che vivere senza passioni come lui. Fu allora che decisi che gliel’avrei detto, che se non mi avesse creduto, glielo avrei dimostrato… che se mi avesse ostacolato, sarei scappato, perché ora conoscevo la mia strada. Mi ero portato dei vestiti di ricambio nel patio, quindi, quando sentii Reg che stava entrando a sua volta, mi vestii rapidamente e scesi, senza permesso, diretto al chiostro: ero sicuro che sarei stato solo, così avrei avuto modo di riflettere su quanto avevo deciso. Dovevo imparare il discorso da fare a mio padre, subito, appena fossi tornato a casa, così che non passasse il tempo e non ci fossero dubbi o ripensamenti. Non dovevo perdere il coraggio. Avrei anche voluto trovare il modo di tornare a Herrengton da solo: come aveva potuto, Reg, vendermi così?

    “Non aveva messo in punizione anche voi due?”

La voce di Mey alle mie spalle, mi riportò nel chiostro, mi voltai e me la trovai davanti: aveva un’espressione canzonatoria e indisponente.

    “Non ho il permesso di parlarne…”
    “Non hai nemmeno il permesso di stare qui...”
    “Tu si?”
    “Devo prendere una cosa per mia madre, non sta affatto bene oggi, è per questo che mio padre è così nervoso…”
    “Oh no… Salazar… Mi dispiace…”

Ero davvero mortificato: loro erano stati così gentili e generosi e noi avevamo fatto tutto quel casino proprio quel giorno, in cui avevano bisogno di calma e serenità.

    “Ma sta tanto male?”

Ero davvero preoccupato.

    “No, ma… C’è il forte rischio che il bambino nasca in anticipo, è già successo con Mirzam e con me…”
    “Ti posso aiutare a prendere quello che le serve?”
    “Dobbiamo scendere di sotto a prendere delle piante per mio padre, sta facendo un infuso per lei…”
    “Non sapevo che fosse un erborista…”
    “Lui è tante cose, Sirius…”

Rimasi un attimo pensieroso: sì, Alshain Sherton era davvero tante cose, e quell’estate avevo iniziato ad imparare a capirlo.

    “Ti invidio, tu hai un padre che merita tutta l’adorazione che provi per lui…”

Appena lo dissi capii che quella frase poteva essere interpretata in molti modi e diventai rosso porpora.

    “… voglio dire…”
    “Lo so che ti piace mio padre e che, se potessi, lo scambieresti col tuo: lo si capisce da come ti mortifichi quando ti riprende…”
    “Ma non ha la mia età tu?”
    “Sì, perchè?”
    “Come fai a capire così le persone?”

Mi guardò, senza supponenza o ironia.

    “Non lo so, forse, è perché le osservo…”

Entrammo nella serra che era collegata ai sotterranei in cui ero stato con Alshain e mio fratello nel pomeriggio, Mey prese dei guanti e estrasse delle radici da dei vasi piuttosto voluminosi e panciuti, che erano appoggiati su dei lunghi tavoli.

    “Tieni forte il vaso mentre io tiro su, e fai attenzione a non sporcarti…”

M’impegnai a fare come diceva lei, di nuovo meravigliato di quanto fosse abile rispetto alla sua età… o forse ero io a essere un imbranato. Risalimmo in silenzio al chiostro, aiutai Mey a portare le radici e un altro paio di piante, salimmo nel salone e lì trovammo Deidra, particolarmente pallida, seduta accanto al caminetto e suo marito inginocchiato di fronte a lei che le massaggiava i piedi: sembrò sorpreso quando ci vide entrambi, ma lasciò correre, per trafficare con quello che gli avevamo portato.

    “Ora, per favore, tornate in camera vostra, e non uscite finchè non vi chiama Kreya, ci siamo capiti Sir?”
    “Mi ha aiutato a portare tutta questa roba, padre…”
    “Ed è solo per questo che non vi sto rimproverando, ora via!”
    “Per favore... possiamo andare a giocare nel chiostro? Domani vanno via...”

Io mi ero già ritirato verso lo scalone, lì dovevamo dividerci per forza, perché Alshain continuava a guardarci e noi, secondo gli ordini, dovevamo andare in due diverse direzioni.

    “Non voglio sentire volare una mosca, siamo intesi?”

Mey corse verso di me, sorridente, vidi Alshain con un’espressione scocciata fare di no con la testa, mentre Deidra ci stava guardando: aveva un sorriso benevolo, come sempre verso di me e sua figlia.

    “Non credo che tuo padre volesse lasciarci andare via insieme, l’ha fatto solo per tagliare corto e non far agitare tua madre: forse è meglio se ci salutiamo qui e ci vediamo più tardi a cena, magari riusciamo a parlare domani, prima che arrivi mio padre…”

Mey mi guardava un po’ delusa, non seppi perché, anche se intuivo che fosse triste sia per la nostra partenza, sia perché si avvicinava il giorno che avrebbe dovuto lasciare Herrengton anche lei. Aveva uno sguardo strano che non mi lasciava capire appieno che intenzioni avesse, cosa volesse dirmi, rimase in silenzio, mentre a pochi metri da noi, al di fuori delle pietre del chiostro, la pioggia scrosciava come se si fossero aperte tutte le cataratte dell’universo. In seguito mi dissi che anche il cielo si era messo a piangere per me: la presi per mano, le diedi un bacio sulla guancia e mi voltai di nuovo verso l’ingresso, lei continuava a stare in silenzio, fissandomi intensamente. Sentii il mio cuore fare un tuffo all’indietro e quasi persi l’equilibrio, quando lei si alzò sulle punte dei piedi e mi scoccò un bacio sulle labbra, sempre fissandomi con quegli occhi da sogno.

    “A più tardi, Black…”

Mi guardava e io ero nella confusione più totale, dovevo rispondere ma mi ritrovai a balbettare.

    “A più tardi… Corvina…”

Non so perché, ma la chiamai in quel modo: lei sgranò gli occhi, come se fosse incredula, dalla tenerezza di quel bacio passò a un’espressione che non capii subito, i suoi occhi verdi divennero cupi e il suo viso si accese, ammutolì, io di nuovo balbettai qualcosa perché non avevo idea di cosa stesse accdendo, ma lei mi sibilò.

    “Sei solo un idiota, Sirius Black!”

E mi mollò lì da solo, andandosene tutta impettita, senza mai voltarsi indietro. La rincorsi, attraversando il cortile per raggiungerla prima, tagliandole la strada, bagnandomi come un deficiente, ma quando mi frapposi tra lei e l’ingresso allo scalone, aveva uno sguardo ancora più duro e ostinato: capii subito di aver perso tutto… la sua amicizia e il suo affetto.

    “Ma cosa ho fatto…. Io… io non ti volevo offendere…”
    “Ah no? Tu… Tu… credi che io non sia abbastanza slytherin per diventare una Serpeverde come te, tu credi che io sarò una stupida Corvonero, non è così? È questo che mi hai detto!”

Aveva i capelli incollati sul viso, gli occhi erano pieni di lacrime che si mischiavano alla pioggia, le labbra erano praticamente esangui.

    “Non è vero, io… io… Mey, io volevo solo dire…”
    “Beh, ti dimostrerò che ti stai sbagliando, Black, che vi sbagliate tutti…”

Le scesero delle lacrime che raccolse in fretta, arrabbiandosi ancor di più, con se stessa stavolta.

    “Sparisci dalla mia vista Black, io non esisto per te, e tu per me sei meno di zero, non scordarlo mai più…”

Salì le scale di corsa, io ero rimasto di sale: ero sicuro di aver detto quella stupida parola riferendomi al colore dei suoi capelli, non mi era nemmeno passato per la mente il discorso delle case di Hogwarts… Solo in quel momento mi tornarono alla mente tutte quelle cose che da settimane mi circolavano intorno e che mi dovevano far capire quanto quegli argomenti fossero pericolosi in quella casa: a quanto pareva, anche in quella famiglia perfetta, c’era qualcosa di oscuro, di imperfetto, che ammorbava i rapporti, senza che io allora potessi ancora rendermene pienamente conto. Perché ancora non conoscevo altro che parti di verità. Rientrai nel salone: quando Alshain mi vide zuppo e senza sua figlia si preoccupò, mi chiese cosa fosse successo e io riassunsi in lacrime la situazione. Sherton sospirò, chiamò Kreya perché raggiungesse di sopra Deidra al suo posto, e Doimòs perché si occupasse di me, poi salì da Meissa, nel tentativo di rimettere insieme i cocci. Si chiuse così il giorno più brutto della mia permanenza a Herrengton: una volta asciutto e con i vestiti puliti e caldi addosso, mi sdraiai sul letto e rimasi lì, a guardare e riguardare le decorazioni del baldacchino, mentre fuori non smetteva di piovere e presto la poca luce si spense nel buio della sera. Quando Reg rientrò dal patio, mi sorprese ancora a fissare il soffitto, si sedette sul mio letto e mi chiese cosa stavo combinando, io non avevo nemmeno voglia di aprire bocca, volevo sigillarmela, quella mia maledetta bocca stupida che o non parlava al momento giusto, o usciva con sparate idiote. Avevo solo voglia i piangere, non sapevo nemmeno io bene perché, quindi grugnii scocciato contro mio fratello, sperando che se ne andasse a cena, per potermi liberare in pace nelle lacrime. Io non scesi e quando Alshain venne in camera a sincerarsi della situazione, finsi di dormire, sperando che così se ne andasse subito, ma lui si sedette sul mio letto e mi vegliò per un po’.

    “Lo so che non stai dormendo Sirius…”

Io mi girai, facendo attenzione a non farmi vedere mentre mi ascciugavo le lacrime.

    “Non volevo offenderla, lo giuro…”
    “Lo so… Non è colpa tua: Mei è sotto pressione, tutti si aspettano chissà che cosa solo perché è nata in quel dannato giorno. Me ne assumo le responsabilità, fin da quando era più piccola troppe volte l’ho presentata io stesso come la futura Serpeverde di casa Sherton, e ora lei si sente in trappola, teme che se a Hogwarts non sarà smistata lì… Come se me ne importasse davvero qualcosa di tutta questa storia…”

Mi tirai su dal materasso, mi colpì quella voce, era davvero preoccupato per Mei, almeno quanto lo ero io.

    “Vorrei farmi perdonare… domani me ne andrò, non voglio andarmene così, con…”

Alshain mi mise un braccio attorno alle spalle e mi abbracciò.

    “Non hai nulla da farti perdonare, non è colpa tua…. Forse è meglio se per ora lasci perdere, abbi pazienza per un po’, lei è testarda come me, ha preso tutti i difetti degli Sherton, e la bellezza di sua madre…”

Mi sorrise, io diventai rosso fuoco, speravo che nella penombra in cui eravamo non se ne accorgesse, ma il calore che emanavo probabilmente mi tradì lo stesso. Così come intuì che quel consiglio mi aveva gettato ancor di più nello sconforto.

    “Potresti sempre provare a dirle quello che hai nel cuore, é nel chiostro, con Rigel, vai giù e prova a parlarle, e fa qualcosa di carino e semplice per lei, che la faccia sorridere. È triste almeno quanto te, non immaginavo che si fosse formato un legame così forte tra voi due in un tempo così breve… Vai…”

Rinfrancato misi addosso una mantellina e scesi le scale, superai il passaggio coperto e arrivai al chiostro: Rigel stava accanto a sua sorella, con il braccio teso le stava indicando la costellazione dell’Orsa Maggiore, sembrava impossibile che si fossero accapigliati in quel modo, visto con quanto affetto stavano uno accanto all’altra. Forse, era proprio questa la loro forza: presso gli altri erano sempre un fronte unico, se uno di loro era in difficoltà qualsiasi incomprensione era messa da parte e affrontavano insieme tutte le avversità. Noi Black non eravamo così. Li salutai, ricambiato da Rigel, mentre Mei non mi rivolse nemmeno uno sguardo..

    “Potrei parlarti un attimo Mei?”

Rigel mi guardò, poi guardò sua sorella come per chiedere il suo parere, ma lei non parve affatto interessata alla questione, infine il ragazzo mi venne incontro con un sorriso d’incoraggiamento e sparì alle mie spalle, nel buio dello scalone.

    “Mey ti giuro… mi dispiace da morire, non volevo offenderti, nemmeno pensavo a… pensavo ai tuoi capelli, color nero corvino, e ti ho chiamata in quel modo, solo perché sono uno stupido che combina solo guai. Se non mi parlerai più lo capirò, non ti perdi nulla, però… non volevo in nessun modo ferirti o offenderti. Io ti considero la ragazza più in gamba che abbia mai conosciuto. Scusami…”

Mi voltai senza attendere una risposta, dopo pochi istanti sentii la sua presenza alle mie spalle, mi toccò lieve un gomito, mi prese per mano e il calore della sua pelle si irradiò in me ridandomi vita: mi voltai verso di lei, la luce di un braciere la illuminava. Aveva gli occhi ancora un po’ straniti dal pianto, ma era sempre meravigliosa; guardai oltre il muretto e vidi il roseto, tesi la mano e raccolsi una rosa chiusa, gliela porsi e, cosa che non mi riusciva pressoché mai, con somma rabbia di mio padre, la feci sbocciare tra le sue dita. Mi chinai appena a darle un bacio lieve come un battito d’ali d farfalla sulla fronte.

    “Sei uno stupido Black…”

Tremava e di nuovo le scese una lacrima, mentre teneva lo sguardo abbassato sulle nostre mani intrecciate. Mi tolsi il mantello e glielo avvolsi sulle spalle.

    “Ti prego… credimi… e perdonami, almeno per stavolta…”

Mi puntò addosso i suoi occhi verdi, io presi fuoco.

    “Corvina…”
    “è… per il colore dei tuoi capelli…”

Presi una ciocca che libera si muoveva sulla sua spalla, agitata dalla brezza… Li accarezzai, sembravano seta.

    “Per questa volta soltanto… ti prego…”

Le sentiii pronunciare un flebile

    “D’accordo...”

Non potevo crederci…

    “Davvero? Mi perdoni davvero? “

Il cuore si era allargato e così i miei occhi e il mio sorriso, non ci credevo, mi sembrava un sogno, un magnifico e perfetto sogno.

    “Sì, davvero…”

Si alzò sulla punta dei piedi e accostò la sua guancia alla mia, sussurrandomi lieve

    “...Ma non devi farmi piangere mai più, Black...”

Annuii e l’ incisi subito nell’anima, come un giuramento solenne e glielo soffiai sulla pelle, con un bacio sulla mano.

    “A domani, Black”
    “A domani… Meissa…”

Sorrise, tenendo la rosa in mano riattraversò il chiostro e sparì su per la scala degli Sherton. Io mi avviai per l’ultima volta verso la stanza degli ospiti, con lo stomaco finalmente libero dall’angoscia e una certa fame. Quella notte sognai che lei si avvicinava a me, sorridendo triste, stringeva la rosa fino a soffocarla, poi gettava via i resti con disprezzo e mi diceva semplicemente “Non ti perdonerò mai”. Mi risvegliai impietrito dall’angoscia, sicuro che non fosse solo un incubo ma un presentimento.

***

Sirius Black

Herrengton Hill, Highlands - dom. 15 agosto 1971

Nostro padre arrivò il mattino seguente, molto presto: si materializzò direttamente dal caminetto dei sotterranei, così da avere tempo per parlare in privato con Sherton. Quando lo seppi, pensai che in quelle settimane poteva averlo fatto altre volte, poteva essere stato un osservatore invisibile e attento di quanto stavamo combinando e una fitta di paura mi attraversò il cervello. Kreya, avvisata prima di noi, aveva già preparato le nostre cose, visto che la sera prima nessuno dei due aveva fatto grandi progressi; sui nostri letti apparvero i vestiti più ricercati e al tempo stesso più odiati tra quelli che avevamo portato con noi, dalla nostra camera scomparvero nei bagagli tutte le cose che ci avevano tenuto compagnia, lasciandomi con un senso di vuoto e smarrimento. Regulus, che continuava a non parlarmi, non era molto più allegro di me e capivo dal suo sguardo che sapeva qualcosa di quello che era successo la sera prima. Non aveva forse tutti i dettagli, ma probabilmente Rigel gli aveva detto che avevo fatto qualcosa a Mey, che avevamo litigato e che Sherton aveva dovuto passare alcune ore prima con lei e poi con me per risistemare le cose. Quando entrammo nel salone, trovammo nostro padre alla finestra, con un bicchiere in mano e Alshain al suo fianco: ci soppesò a lungo con i suoi occhi chiari, l’espressione del viso non tradì, però, alcuna emozione, non parve annoiato come sempre quando ci guardava, ma nemmeno particolarmente felice di rivederci. Tutta la baldanza e la sicurezza che avevo accumulato in quelle settimane mi lasciarono di colpo: era davvero finita, era stato un bel sogno, ma come tutti i sogni non poteva durare in eterno. Rigel andò subito a salutare nostro padre, Orion lo abbracciò con una familiarità e un affetto che mi lasciò abbastanza disturbato e geloso visto quanto era invece freddo con noi.

    “Ho saputo che tuo fratello ormai è del Puddlemere, e che tu sei sulla buona strada… complimenti giovanotto!”

Il ragazzo sorrise, compiaciuto dei complimenti.

    “E ormai sei diventato alto quanto tuo padre, farai strage di ragazze a Hogwarts, proprio come qualcuno di mia conoscenza…”

E librò uno sguardo malizioso al suo amico.

    “E la piccola Meissa?”
    “È con la mamma, non si sente molto bene nemmeno lei, oggi…”

Regulus sbuffò appena al mio fianco, lanciandomi uno sguardo carico d’odio, sapeva parte della verità e mi riteneva responsabile della sua assenza, e a quel punto anch’io iniziavo a sentirmi colpevole.

    “Alshain, che cosa succede?”
    “Non ti preoccupare, Orion, nulla che non passi con un po’ di riposo e qualche coccola della mamma… Dei l’aveva previsto: come sai, nessuno dei miei figli conosce il dono della pazienza, di qualsiasi cosa si tratti…”

Alshain arrossì un po’, imbarazzato, il che era un’assoluta sorpresa per me, Orion sorrise, abbracciò il suo amico, gli sentii sussurrare un “complimenti” e pensai si riferisse al bambino.

    “Allora davvero sta per nascere?”

Dimenticando la buona educazione che mi aveva impartito la mia famiglia, irruppi nella conversazione, sotto gli occhi stupefatti di mio padre e lo sguardo disorientato di Alshain, evidentemente non avevo capito di cosa stessero parlando.

    “Mi scusi... Non volevo...”
    “Non importa, Sirius, comunque, no… per fortuna, rispetto a ieri, il bambino sembra non avere poi tanta urgenza, ma per precauzione, appena la tenuta sarà pronta, la pozione sta già nascondendo Herrengton agli occhi del mondo, accompagnerò Deidra e Meissa al San Mungo, da lì anche Rigel troverà il modo di tornare ad Amesbury.”

Io e mio fratello lo guardammo preoccupati. Perché Meissa doveva andare al San Mungo?

    “Naturalmente appena le cose saranno meno fumose, sarete miei ospiti, come da accordi, vero Orion?”
    “Sì ma… non devono darti nessun disturbo…”
    “Lo sai che ne sono contento, Orion! Ci siamo proprio divertiti in queste settimane!”

Orion gli lanciò un’occhiataccia e Alshain gli rispose con uno sguardo da discolo, allora mio padre si arrese e gli mise un braccio intorno alla vita.

    “Non ne dubito: venite un po’ qui voi due!”

Fino a quel momento si era limitato a guardarci mantenendo le distanze: aveva mostrato molto più entusiasmo verso gli elfi di casa che gli portavano la corrispondenza al ritorno da una giornata a Nocturne Alley che verso noi, dopo quasi due mesi che non ci vedeva, ma a quel punto, come gli fummo accanto, iniziò a guardarci con occhi diversi, quasi a cercare qualcosa che non riusciva a trovare.

    “Mi pare che hai fatto un buon lavoro, Alshain, li controllerò per bene a casa, certo, se non altro per verificare che siano proprio i miei, perché, visti così,in effetti potrei avere qualche dubbio…”

Alshain rise di cuore.

    “Sono i tuoi, sono i tuoi, non ci sono trucchi né inganni, a parte l’aria della Scozia e il pesce delle Highlands!”

Mio padre mi prese il mento tra le mani e mi alzò la faccia verso di sé, fondendo i suoi occhi nei miei: non mi sottrassi a quel momento e cercai di reggere quel muto interrogatorio il più a lungo possibile, evitando di accelerare il respiro come una bestia braccata, pregando di non tremare né sudare vistosamente.

    “Sì, sei tu, eppure sei diverso, sei… Qualcuno che deve dirmi qualcosa d’importante e che forse finalmente ha le palle per affrontarmi!”

Mi lasciò di scatto bruscamente, io guardai Ashain dubbioso e mi accorsi che aveva un’espressione compiaciuta.

    “Quanto a te…”

Stava facendo la stessa cosa a mio fratello e vidi che a sua volta Reg cercava di mostrarsi baldanzoso e sfrontato di fronte a mio padre

    "… Temo che qui hai esagerato, Alshain, questo sguardo da furfante non l’aveva prima!”

Reg diventò color pomodoro, mentre mio padre lo indicava con il suo dito ingioiellato e guardava Alshain con aria fintamente scandalizzata.

    “Ah sì, sì, ora lo riconosco, mi sembrava troppo bello, che aveste perso del tutto l’odore da poppanti… Alshain mi pare che tu ci sappia fare con questi due, dovevo mandarteli qui prima, davvero, dovevo darti retta, mi sarei risparmiato parecchie notti insonni e qualche attacco di bile…”

Tracannò d’un fiato quello che era rimasto nel bicchiere, poi estrasse la bacchetta dal taschino interno del suo panciotto e ce la puntò addosso.

    “Naturalmente per evitare le urla di vostra madre, dovremo fare qualcosa per questi…”

E con un paio di colpi di bacchetta riportò i nostri capelli alla lunghezza classica per casa Black.

    “Bene, credo sia il momento di togliere il disturbo, vi lascio cinque minuti da soli con Alshain e Rigel per permettervi di ringraziarli per l’ospitalità, come si conviene a due giovanotti a modo…”
    “Orion, se vuoi, puoi salire da Dei, avrebbe piacere di vederti…”
    “Sicuro che non disturbo?”
    “Nessun disturbo Orion, anzi… Dei si arrabbierebbe moltissimo se ti sapesse qui e non l’andassi a trovare… la conosci…”

Il viso di mio padre si aprì in un sorriso particolare, enigmatico e a me sconosciuto, avrei voluto sapere cosa significasse, che legame ci fosse tra due creature così diverse, Deidra, una vera dea, e mio padre, un uomo meschino.

    “È stato vostro padre a presentarci e a dare inizio a tutto questo, è stato mio testimone alle nostre nozze ed è il padrino di tutti i miei figli, non solo di Wezen. Dei gli vuole bene come un fratello, proprio come me. La risposta ti sembra esauriente, Sirius?”

Non mi guardava, perso com’era a osservare la pioggia fuori dalla finestra, ed io rimasi a bocca aperta: stavolta doveva per forza aver usato la legilimanzia, ma non ebbi tempo di protestare o dire altro, Rigel ci salutò calorosamente, poi ci lasciò soli con Alshain, ben sapendo che aveva ancora parecchie cose da dirci.

    “Cercate di non mettervi nei guai, siamo intesi? Quelle camerette all’ultimo piano sono troppo piccole per voi due, sarebbe bene che ci rimaneste solo il tempo di dormire e fare i compiti, fate in modo di passare più tempo possibile all’aperto con vostro padre, anche se vi trascina in giro durante le sue commissioni, d’accordo? Anzi, facciamo così, so che vi deve portare a Nocturne Alley nei prossimi giorni, quindi vi do questo compito: dovete aprire gli occhi e individuare a testa almeno dieci cose davvero stravaganti, di cui non sapete l’utilità, me le descriverete ed io vi dirò a cosa servono. Sarà come cercare orme nel bosco, Sirius, ed è anche una sfida, Regulus, perché regalerò una stupenda scopa da Quidditch a quello di voi che troverà la cosa più difficile da spiegare…”

Gli occhi di Regulus si accesero di desiderio e capii che sicuramente aveva promesso una scopa proprio per attirare in trappola mio fratello: sapeva benissimo che con me non era necessario, anche a km di distanza avrei fatto tutto quello che voleva, solo per compiacerlo.

    “Vi aspetto ad Amesbury entro la fine del mese, non c’è il mare, purtroppo, ma vedrete che è altrettanto bella e piena di cose da scoprire. E ora via quelle facce tristi, non vorrete sembrare due bambini agli occhi di vostro padre, no?”
    “Puoi salutarci Deidra e Meissa?”
    “Naturalmente Reg…”
    “Non è nulla di grave, vero? Meissa non sta male…”

Ero preoccupato, temevo fosse colpa della sera prima, si era inzuppata sotto la pioggia, se si fosse presa la polmonite per colpa mia…

    “No, non è nulla di preoccupante…”

Mi guardò con occhi strani, poi alzò lo sguardo verso l’ingresso della stanza: nostro padre era affacciato alla porta e stava entrando con il suo solito passo imperioso.

    “È ora di andare, fammi sapere se hai bisogno che accompagni Rigel o se devo fare qualsiasi altra cosa per te e la tua famiglia… Sei sicuro che il ragazzo debba restare da solo ad Amesbury? Posso ospitarlo a Grimmauld Place, per tutto il tempo che serve…”

Guardammo nostro padre e Alshain con occhi carichi di speranza, sarebbe stato stupendo portare Rigel con noi.

    “È tutto sotto controllo Orion, non ti preoccupare… se dovremmo trattenerci a lungo al San Mungo ti manderò Rigel, altrimenti non sarà necessario, comunque grazie per l’offerta.”
    “Non fare storie, d’accordo? E fammi sapere del bambino…”
    “Ti avviserò subito!”

Si abbracciarono e si baciarono le guance, si scambiarono quello sguardo che ormai iniziavo a vedergli abbastanza spesso, poi nostro padre ci mise le braccia introno alle spalle e Alshain gli permise una smaterializzazione diretta da Herrengton a casa nostra. E all’improvviso tutto era finito. Se non avessi rischiato subito la defenestrazione da parte di mio padre, mi sarei messo a piangere. Nostra madre non si mostrò molto più felice del nostro ritorno, anzi trovò parecchie cose da ridire, sul nostro aspetto, sulla nostra aria trascurata, sui nostri modi di fare che, sosteneva lei, erano meno raffinati, troppo rozzi. Mi colpì profondamente scoprire che non aveva una grande considerazione per i modi degli Sherton, che si sentiva superiore a loro perché noi abitavamo in città mentre loro stavano ai confini del mondo, mi sorprese davvero tanto, soprattutto perché sembrava darsi tanto da fare per accalappiare Meissa per uno di noi. Ma a quanto pareva quello che accendeva le sue fantasie erano il nome, il potere, e il denaro di Sherton, e null’altro.
Anche la tregua tra nostro padre e noi finì pressoché subito, non appena rimesso piede a Grimmauld Place l’influenza negativa di nostra madre riprese il sopravvento anche su di lui, mi sconvolgeva quanto poco fosse vitale appena si allontanava dal suo amico. E in breve non esercitò nessun controllo su noi e nostra madre, lasciandola libera di tiranneggiarci come suo solito. Tornai in camera, mi sdraiai all’ombra del mio baldacchino, con le braccia incrociate sotto la testa e a occhi chiusi, con la finestra aperta a portarmi i profumi d Londra e i suoi rumori così diversi da quelli che avevo imparato ad amare… Quelle magnifiche vacanze in Scozia erano davvero concluse per sempre, ma se avessi respirato a fondo, forse avrei scoperto una traccia di lei: in quel preciso istante ero felice di essere a Londra, solo perché anche lei, in quel momento, divideva il mio stesso cielo, la mia stessa aria.
Avevo appena scoperto che per essere felice mi bastava anche solo il pensiero di Meissa Sherton.


***

Alshain Sherton
74, Essex Street, Londra - giov. 19 agosto 1971

    “Ho fatto una cazzata, Orion, è questa la verità, e da questa non si torna indietro…”
    “Sei solo confuso, datti il tempo di snebbiarti la mente dagli eventi, e poi vedrai come il tuo cervello astuto riprenderà a girare nella maniera giusta…”
    “Tu credi davvero che possa riuscirci?”
    “Se non lo credessi non ti avrei mai suggerito di provarci… quando sei lucido e…”
    “Lucido, Orion? Lucido o, piuttosto, esaltato? Non so Orion, ora vedo tutti i problemi che prima non vedevo…”
    “È solo per via del dolore e dell’alcol che prendi in quantità industriali per soffocarlo… non c’è un altro mezzo per aumentare la tua soglia del dolore?”
    “No, posso sopportare solo quello che accetto volontariamente, è l’accettazione che ci fa resistere, e tu sai che quel dolore, quello che di sicuro mi provocherà Riddle, non sarà qualcosa che abbraccerò volentieri…”
    “D’accordo, d’accordo, anche se non condivido, non posso negare che stai seguendo la sola strada logica… però secondo me dipende anche dagli altri pensieri, Dei a Londra, il bambino che non si sa cosa vuole, sono convinto che se fossi a Herrengton l’avresti già superata…”
    “Già! Ma come ben sai non posso tornare a Herrengton, in questo momento… Non ci voleva Orion, doveva accadere con i ragazzi già a scuola, così è pericoloso”
    “Manda Meissa e Rigel da me, nessuno oserebbe toccarli finchè sono a Grimmauld Place, sarebbe…”
    “…Il modo migliore per scatenare altre dicerie, Orion, non posso…comunque hai ragione… dopo un’estate a Herrengton, Londra annoierebbe pure te…”

Sorrisi e tirai l’ultima boccata, poi schiacciai il sigaro su un posacenere a forma di serpe, al centro del tavolino, volevo assolutamente cambiare discorso, perchè nemmeno Orion riusciva a tirarmi fuori da quella depressione.

    “Hai ragione… ho visto i miei figli, son già disperati e apatici, si può sapere cosa gli hai fatto?”
    “Nulla di disonesto, lo sai, sono l’unico dei tuoi conoscenti che non insidierebbe mai i tuoi figli!”

Doveva essere una battuta scherzosa, ma non riuscivo a darle il giusto tono, non riuscivo a staccare gli occhi dal fuoco in cui mi apparivano solo immagini orrende.

    “Eheheheh, vero, ma mi pare che la tua onestà costi cara!”
    “Come?”

Non lo ascoltavo, ma qualcosa mi diceva che era invece il momento di tornare presente a me stesso.

    “Sirius…”
    “Ah ecco, siamo arrivati al momento in cui “Devo dirti per l’ennesima volta che se lasci Walby comportarsi così con lui, lo rovinerete per sempre?”. “Gli state solo togliendo la voglia di vivere!” “Vedrai, ne farete un complessato o un ribelle se non smetterete di mortificare la sua indole!” è questo che vuoi dire? Che altro vuoi che ti dica a riguardo?”

Accesi un altro sigaro e mi alzai, mi avvicinai di più al caminetto.

    “No, voglio sapere che storia è quella che mi ha raccontato Sirius, che vorrebbe fare il Cammino del Nord con i tuoi figli…”
    “Ah, bene, ha trovato il coraggio di dirtelo…”

Mi voltai di nuovo verso di lui e mi sedetti nella poltrona accanto a quella in cui stava sprofondato.

    “Quindi lo sapevi e non me ne hai parlato, anzi l’hai pure assecondato, è così?”
    “Certo, ha la stoffa per farlo!”
    “Storie… E’ solo un bambino capriccioso, e tu sei peggio di lui. So che vuoi mio figlio da quando è nato, e sicuramente in questi due mesi l’avrai lusingato in maniera vergognosa: ho visto le scope da Quidditch che hai regalato a entrambi pochi giorni fa. Te li stai comprando!”

Sorrisi: Orion era straordinario, capiva tutto al volo, sempre, ma quanto si trattava dei suoi figli, diventava un idiota.

    “Lo sai che è la soluzione migliore e visto come vi comportate tu e Walby con lui… Sirius sta crescendo perfetto per quello che vorrei da lui…”
    “Non se ne parla Sherton, io…. Coinvolgimi pure nelle tue pazzie, ma i miei figli, quelli non si toccano…”
    “Se fossi stato adatto, Orion, l’avrei chiesto a te, ma non sei portato per quella vita, al contrario, tuo figlio è perfetto, è puro, ha stoffa, ed è abbastanza mortificato da voi da essere insospettabile agli occhi del mondo… per questo potrebbe fare per me…”
    “Ma è mio figlio e non voglio che tu lo metta nei guai…”
    “Non puoi andare contro al suo destino, Orion…”
    “Lo vuoi manipolare tu, il suo destino…”
    “No… Gli sto solo dando un’opportunità per andargli incontro senza… troppi rischi: se facessi quello che ti suggerisco, l’unica cosa che può perdere siete voi due, e non mi pare che vi siate dati tanto da fare, finora, per rendere questa perdita dolorosa… quanto a Regulus…”
    “Merlino… ti prego, non dirmi che hai un piano anche per lui! Se l’idea di Sirius nelle tue mani è ridicola, Regulus… Walburga non te lo permetterà mai!”
    “Non voglio niente da Regulus, Orion, ti sto solo dicendo che lo devi seguire di più, con lui hai ancora un anno… per favore, ascoltami. Regulus non è felice, nemmeno Sirius lo è, ma almeno ha trovato qualcosa che lo spinge a lottare per uscirne, Reg è apatico, si lascia manipolare da chi gli prospetta una soluzione e non… Ho paura che possa trovarsi sulla strada qualcuno di pericoloso che sfrutti questa sua debolezza…”
    “Tipo te? è l’alcool che parla, non te… lo so bene, Regulus non ha nulla che non va…”
    “Orion… ti prego, dammi ascolto per una volta, tu finora li hai seguiti poco, e Walby vive in un mondo tutto suo, in cui le cose che sono importanti… lasciamo perdere… ti assicuro che non è questo il momento di essere superficiali e occuparsi di affari invece che dei figli…”
    “Prima di sindacare così, non credi che dovresti metterti una mano sulla coscienza e riflettere sulle ultime bravate di tuo figlio Rigel con Avery e Lestrange? Sei sicuro di poter parlare dei figli degli altri, quando non riesci a controllare i tuoi?”
    “E’ questo il punto! Te ne parlo proprio perché Reg e Rigel sono diventati molto amici, anche troppo. È così che mi sono accorto che Reg ha qualcosa che non va…”
    “Pazzie… ma sentiamo, per curiosità, che cosa dovrei fare secondo te?”
    “Seguilo di più, e mandamelo nei weekend, con la scusa del Quidditch…”
    “E credi che con Malfoy e Merlino solo sa chi altri che ti gireranno per casa sia una buona idea? io al tuo posto manderei anche Dei lontano da Londra, tipo dai suoi in Irlanda, non mi metterei a dare consigli che pongono in pericolo i miei figliocci…”
    “Sei odioso quando fai così, Orion, non ti poni nemmeno in dubbio, mai… ma te lo farò capire prima o poi… a costo di dover farti una Cruciato a una Imperio…”
    “È meglio se ti faccio sparire la sbornia e poi torniamo a casa…. Domani vado a Nocturne Alley per quella cosetta che mi hai chiesto per Mey… e vedi di rispondere a Malfoy, prima che sospettino che sia un bluff dopo nemmeno una settimana che ti sei fatto avanti…”
    “Sì, hai ragione, su tutto ma non sui ragazzi…”

Lo guardai, ero serio e Orion lo sapeva, e anche se con riluttanza, capii dal suo sguardo che avrebbe fatto come gli avevo suggerito. Rincarai la dose, sapendo che in quel momento giocavo sporco e che avrei colpito Orion dove era più debole.

    “Sirius è esattamente com’eri tu anni fa, Orion… Lo sai meglio di me che ne sarai orgoglioso per tutta la vita…”
    “Perché credi che non voglia che tu lo faccia?! Perché credi che stia cercando disperatamente da 11 anni di non affezionarmi a lui? Tu lo sai quanto mi è costato! Tu sei l’unico che mi conosce davvero! Io non voglio che Sirius soffra quello che ho sofferto io… e quello che vuoi fargli… è esattamente illuderlo, come mi sono illuso io… per anni… per niente.”
    “Orion…”
    “Se accetto, devi giurarmi che ne varrà la pena, Alshain… devi giurarmi che almeno lui ce la farà… giuramelo…”
    “Te lo giuro, Orion …e cercherò di… fare qualcosa anche per Regulus…”
    “Ero sicuro che ti saresti preso lui… Ero sicuro… Ora… Non dire altro… fai quello che devi… e che Salazar ci protegga tutti…”

Mi voltai, non potevo sopportare di vederlo debole, e lui non voleva che lo guardassi in quel momento. Sapevo che Orion non si sarebbe perdonato mai, che in quel momento si stava strappando per sempre un pezzo di se stesso, che da quel momento avrebbe dovuto recitare ancor meglio la sua parte: per farsi odiare, per farsi disprezzare.
Dall’unica persona che amava più di se stesso.

*continua*



NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc, hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010). 
L'immagine di inizio capitolo è stata realizzata per me da Ary Yuna (che ringrazio), potete trovare i suoi lavori su DeviantArt e nella sua pagina Artista su FB.
Valeria



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