A volte basta volerlo, per far andare le cose al loro posto di Neflehim (/viewuser.php?uid=118272)
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Cap III
Aveva dato appuntamento
a Kagami per le diciassette del giorno seguente, nel bar vicino alla
stazione.
Si era preparato con calma, fatto una doccia e mangiato qualcosa di
veloce.
I suoi non c'erano mai a casa, quindi non aveva problemi di tempo o di
chi doveva andare prima al bagno. L'assenza dei suoi genitori non gli
aveva mai provocato molta sofferenza o solitudine. La presenza fin
dall'infanzia di Satsuki nella sua vita, aveva sempre colmato quei
vuoti.
"Dai-chan! Mi stai ascoltando?!"
Come in quel momento, anche se non era molto contento della sua
presenza. Da quando era arrivata in casa sua - all'una!- non aveva
smesso un attimo di parlare,di mettere a posto cose già in
ordine e a preparargli il pranzo senza che ce ne fosse realmente
bisogno.
"Si, si! Ci andrò piano quanto basta..."sbottò
alla fine, davanti allo specchio mentre si sistemava la felpa.
"Questo non mi rassicura per nulla Dai-chan!Conoscendoti lo farai
scappare!"
Il ragazzo le rivolse un'occhiataccia attraverso il riflesso nello
specchio "Hai così poca fiducia in me?"
Satsuki annuì senza esitazione e Daiki si trovò a
imprecarle contro non proprio a bassa voce.
"Si tratta di Tetsu-kun, Dai-chan !"
Aomine sospirò " Lo so, Satsuki, vedrai che andrà
tutto bene.."
Di certo non avrebbe mandato tutto a puttane dopo averlo ritrovato dopo
così tanto tempo!
Uscì di casa con le raccomandazioni di Satsuki ancora nelle
orecchie.
Prese un bel respiro inalando smog e odore di fritto, ritrovandosi a
tossire per liberare i polmoni dalla sporcizia che c'era nell'aria.
Sarebbe stata una lunga giornata e nonostante fosse stato lui a
organizzare l'incontro... una chiacchierata con l'odiato rivale non era
proprio quello che desiderava per passare il tempo. Decise di andare a
piedi visto che il bar non era poi così lontano.
Prese le cuffiette dalla tasca e le attaccò al cellulare.
Sentire la musica era la sola cosa che riusciva a calmarlo. Dopo il
basket ovviamente.
Con il sottofondo di una canzone movimentata e il tonfo costante della
palla sull'asfalto si avviò a passo cadenzato lungo il viale
alberato.
Osservò distratto il paesaggio che gli scorreva lento
accanto mentre attraversava quelle strade.
Erano giorni ormai, che si sentiva molto più rilassato,
più leggero.
Era di sicuro dovuto alla ritrovata amicizia con Tetsu.
Fece un sorriso appena accennato mentre ripercorreva con la mente le
ore che passavano assieme, che poi si trasformò in una
smorfia infastidita ricordando l'espressione afflitta dell'amico quando
si parlava di Kagami.
Era abbastanza palese che Tetsu stesse soffrendo per il rapporto un po'
troppo statico che aveva con il rosso.
Si chiese come mai non decidesse di fare lui il primo passo, poi gli
rivenne in mente lo strano lampo che aveva attraversato quegli occhi
solitamente inespressivi, quando gli aveva fatto quella stessa domanda
durante uno dei loro incontri. Mise in moto il cervello dopo moltissimi
mesi di inattività, in cui veniva utilizzato solo per il
basket o per le riviste porno, e prese in analisi il comportamento di
Kuroko, quello di Kagami e le parole che tempo prima gli aveva detto
Satsuki riguardo il modo di essere di Testu e arrivò ad una
conclusione che fece male: Tetsu fin dal suo arrivo alla Teiko era
sempre stato un tipo non molto socievole, che dava la sua fiducia a
pochi; quello che era successo all'ultimo torneo delle scuole medie e
il suo abbandono dovevano averlo ferito profondamente, tanto da, come
gli aveva confidato in uno dei loro incontri in cui avevano rivangato
il passato, fargli odiare il loro amato basket.
Possibile che quella ferita continuasse a ripercuotersi su di lui
ancora adesso?
Possibile che avesse ridotto l'amico in uno stato così
fragile dal rifiutarsi di confessare i suoi sentimenti a Kagami per
paura di perdere quel legame così forte che si era venuto a
creare tra di loro?
Scosse la testa cercando di far sparire il suo senso di colpa.
Aveva organizzato quell'incontro con Kagami proprio per riscattarsi!
Continuare ad affliggersi non lo avrebbe portato a nulla.
Senza che se ne accorgesse era arrivato praticamente al punto
d'incontro con addirittura trenta minuti di anticipo!
Brontolò qualcosa di incomprensibilmente simile ad un
insulto verso Satsuki che lo aveva costretto ad uscire così
presto e si appoggiò annoiato al muro vicino all'entrata del
bar, ignorando gli sguardi ammirati delle ragazze che gli passavano
vicino. Mandò un messaggio scocciato al rosso incitandolo a
sbrigarsi e di rimando ne ricevette uno irritato in cui gli diceva
chiaramente di non rompere i cosiddetti e che ci avrebbe messo il tempo
che ci voleva.
Emise un verso seccato che fece saltare una vecchietta in procinto di
entrare nel locale, ricevendo dalla stessa uno sguardo di rimprovero.
Sospirò e di nuovo maledisse Satsuki, annotandosi nella
testa di cambiare serratura in modo che non potesse più
recarsi a casa sua come le pareva.
Cancellò l'annotazione subito dopo, rendendosi conto che
quella ragazza testarda gli serviva ancora.
Chiuse le palpebre cercando di concentrarsi sulla musica e sul
rimbalzare ritmato della palla sull'asfalto.
Dopo qualche minuto sentì un vuoto nella mano sinistra e
l'assenza della palla gli fece aprire di scatto gli occhi e aggrottare
irritato le sopracciglia quando si ritrovò una banda di
cinque idioti che sogghignavano.Puntò lo sguardo sul pallone
che il capo branco, probabilmente, aveva tra le mani e ne tese una per
farselo ridare.
"Guardate come fa il fighetto questo qui..." disse invece quello mentre
gli altri ridacchiavano.
Daiki sospirò.
Volevano sul serio attaccare briga?
"Si comporta come se fosse il Dio del basket!" disse ancora l'idiota
con un tono che gli confermò che volesse litigare.
Prese un respiro profondo e guardò l'orologio. Nella mente
gli passarono la faccia irritata di Kagami se avesse fatto tardi,
quella oltraggiata di Satsuki – non tanto per la rissa cosa a
cui era abituata- ma per l'appuntamento saltato in sé, e
quella sconsolata di Tetsu.
Fu soprattutto l'ultima che lo fece desistere dal mandarli all'ospedale
tutti quanti .
" Sentite non mi va di fare a botte oggi , levatevi dalle palle"
sbottò riprendendosi da solo il pallone.
Il capo branco sembrò irritarsi " Che c'è? Hai
paura?"
Quelle parole lo mandarono in bestia e cancellarono tutto il buon senso
che aveva avuto fino a qualche minuto prima.
"Non qui"disse voltando loro le spalle e recandosi al campetto di
basket poco lontano che aveva visto sulla strada di andata.
Quelli lo seguirono sghignazzando.
Arrivati al campo si tolse la felpa per non sporcarla di sangue o di
terra e si preparò per affrontare quei cinque che avevano
avuto la malaugurata voglia di prendersela con il tipo sbagliato.
Scartò facilmente il primo che aveva cercato di colpirlo e
il secondo si ritrovò a terra in pochi minuti; probabilmente
non si era neppure reso conto di quello che era successo.
Stava per colpire il capo, quando una mano gli bloccò con
facilità il polso. Si girò per tirare un bel
destro al malcapitato quando si ritrovò di fronte alla
faccia di Kagami che lo guardava accigliato e un po' esasperato.
"Possibile che ovunque vai scateni risse?"
Daiki si liberò facilmente dalla sua presa "Dono di Madre
Natura" gli rispose di rimando scocciato.
Kagami sospirò e a Daiki gli sembrò che avesse
borbottato qualcosa di simile ad un "Dovrò farci quattro
chiacchiere con questa Natura..."
Non si chiese neppure come facesse ad essere così idiota.
Intanto gli altri
idioti si erano rialzati, pronti a battersi nuovamente.
Vide il rosso guardarli di traverso e poi spostare gli occhi sulla
palla che giaceva in un angolo.
" Oi... sapete giocare a basket?"
Quelli se lo guardarono per un attimo per poi scoppiare a ridere "Di
certo meglio di voi!"
Kagami ghignò "Che ne dici Aomine? Un due contro cinque ti
sta bene ?"
Daiki sorrise allo stesso modo e annuì, mandando
apparentemente in bestia il gruppetto avversario.
Il risultato fu abbastanza scontato. Nonostante fossero rivali fin
nelle ossa quando si travata di una sfida la loro
competitività saliva alle stelle e riuscivano a coordinarsi
senza problema.
Alla fine gli idioti furono asfaltati con un punteggio di 60-10.
A fine partita Kagami si asciugò il sudore dalla fronte con
un asciugamano che aveva portato nella borsa da allenamento e ne
passò uno all'altro.
"Che diamine te la sei portata a fare la borsa?!"
Taiga scrollò le spalle "Con te non si sa mai..."Dopo aver
rimesso apposto il contenuto della borsa se la mise in spalla "Ho fame,
andiamo al bar" detto questo gli voltò le spalle e si
diresse verso l'uscita.
Aomine lo seguì senza protestare per il suo comportamento
dispotico solo perché aveva fame anche lui e la voglia di
discutere gli era passata con la fine della partita.
Arrivati nel locale presero entrambi quasi tutto il menù per
la gioia del direttore e lo sgomento della cameriera e degli altri
clienti.
Finito di mangiare il ventesimo cornetto ripieno, Kagami si
ripulì la bocca e aspettò che anche l'altro
completasse la sua colazione.
"Allora .. che vuoi?"
Daiki non si degnò di rispondergli immediatamente ma
piuttosto preferì finire il suo cornetto alla crema e bere
fino all'ultimo sorso il latte macchiato che aveva ordinato.
“Secondo te?”
“Immagino si tratti di Kuroko..”
Aomine si pulì la bocca con il tovagliolo di stoffa del bar
“ Immagini bene”.
Decise di andare dritto al sodo e che avevano aspettato anche troppo
quei due .
Serviva una bella scossa, soprattutto a quel ritardato di Kagami.
“Cosa provi per Tetsu?”
E fu così che, nel giro di sole ventiquattro ore, Kagami
Taiga ebbe il suo secondo blackout cerebrale. Inoltre per lo stesso
argomento! Poteva ritenersi un record nella storia.
Lo si poteva scorgere perfettamente, dal viso escandescente,gli occhi
vacui e il balbettio con cui non riusciva ad articolare una singola
parola di senso compiuto.
Daiki si godette appieno il momento di debolezza del rivale, con un
ghigno sul volto.
“Kagami-kun? Sei ancora tra noi?” lo prese in giro
simulando una voce strascicata.
Il rosso parve risvegliarsi a quelle parole e lo fissò con
sguardo infuocato.
“Come diamine te ne esci così
all'improvviso?!”
Aomine mise su una faccia innocente “Ho fatto una semplice
domanda.”
Kagami emise un verso di stizza voltando il capo verso la finestra,ma
Daiki non avrebbe certo lasciato cadere il discorso così.
“Allora?” lo incalzò a rispondere
facendo arrossare ancora di più le gote già
scarlatte dell'altro.
Kagami decise di prendersi un attimo per dare una risposta, ma comunque
non riuscì a darne una concreta.
Parlare di quelle cose per lui era come un tabù.
L'imbarazzo e la vergogna gli pervadevano all'istante il cervello,
azzerando ogni facoltà intellettiva utile che non fosse la
voglia di scappare via o di cambiare discorso.
Inoltre aveva scoperto da poco che la presenza costante di Kuroko non
faceva altro che amplificare quelle sensazioni.
Aveva ribattezzato Kuroko - solo nella sua mente- come il ragazzo che
diceva più cose imbarazzanti che conosceva.
La maggior parte delle volte però, le cose che Kuroko gli
diceva lo lusingavano. Una strana felicità che
però non riusciva a spiegarsi. Ogni volta che Kuroko gli
diceva qualcosa di bello, lui si sentiva importante. Ogni volta che lo
guardava, provava qualcosa di caldo nel petto, gli pareva di essere
davvero l'unica luce di Kuroko.
Poi era arrivato Aomine...
Già dal primo incontro aveva provato uno strano senso di
impotenza.
Si era sentito inferiore, il riflesso della vera luce in un enorme
specchio.
Nonostante pochi mesi prima, Kuroko stesso lo avesse rassicurato sul
non voler tornare a giocare come partner di Aomine, ora... non sapeva
più che pensare.
Era geloso di quel rapporto. Ormai se ne era reso conto da molto tempo.
Viveva ogni allenamento, ogni partita... con l'ansia di vederselo
sparire sotto gli occhi e riapparire al fianco del moro che ora gli
stava di fronte.
Era abbastanza per affermare che gli piaceva in senso romantico Kuroko?
Non lo sapeva e fu per questo che rispose allo stesso modo ad Aomine.
“Non so dirtelo...”
Aomine sospirò.
Se lo aspettava in qualche modo.
Per lui le cose erano tutte abbastanza chiare: Kuroko amava
Kagami e viceversa.
Ma per Kagami... era un altro paio di maniche.
Lui era un casino con i sentimenti.
Gli serviva un onda d'urto più che una semplice scossa.
Sorrise … anzi ghignò.
Sapeva già cosa fare.
Stava per proferire parola quando fu interrotto proprio dal rosso che
pareva rimuginare su qualcosa.
“E poi anche se fosse... come la mettiamo con
Kuroko?”
Daiki lo fissò perplesso “ In che senso?”
“Non ho minimamente idea se gli piaccio oppure no... in
realtà non so neppure che genere di persona gli piaccia...
anzi non lo so neppure per me” detto quello sembrò
tornare tra i suoi intricati pensieri.
Ok, Kagami era ufficialmente un idiota.
“Beh sono certo che non gli piacciono le donne...
é un passo avanti” lo prese un po' in giro Daiki,
ma invece Kagami lo fissò perplesso.
“Come fai ad esserne così sicuro?”
Il moro sgranò gli occhi e rimase per qualche secondo in
silenzio.
Aveva combinato un guaio?
Un grosso guaio, a giudicare dallo sguardo affilato che gli stava
lanciando Kagami in quel momento.
Tetsu mi
ucciderà...
“Non so per quanto posso andare avanti in questo
modo...”
Storse il naso mentre l'odore acre delle medicine gli penetravano nelle
narici e le bruciavano la gola.
“Per favore ...” la voce flebile gli fece incassare
il collo nelle spalle
Il ragazzo si avvicinò alla finestra e scostò le
tende pesanti per osservare il mondo esterno.
La luce calda rendeva il tutto come in una dimensione irreale.
Spostò lo sguardo sull'arredamento in legno scuro, le
poltrone bianche riposte in fondo alla stanza e il caminetto per
riscaldare il proprietario in quel freddo inverno.
“Farò del mio meglio... ma é anche
amico mio.”
“Lo so... e mi dispiace, io... non so che altro
fare...”
Si voltò di scatto verso la provenienza del lamento: dal
centro della stanza proveniva un suono ritmato... un bip costante che
gli risuonava fastidiosamente nelle orecchie.
Una macchinario emetteva quel rumore così molesto. E non era
l'unico presente nella stanza.
Ve ne erano almeno altri due collegati tra loro. Lì vicino
vi era un trespolo su cui era appesa una sacca trasparente con dentro
un liquido incolore. A quella stessa sacca era attaccato un
tubicino che il ragazzo seguì con gli occhi fino a dove era
attaccato.
Oltre a quei macchinari c'era altro che stonava in quella stanza: un
letto. Non un semplice letto ma uno meccanico simile a quello usato
nelle stanze d'ospedale.
Continuò a seguire lentamente, con lo sguardo, il percorso
del piccolo tubicino quasi affascinato dalle piccole bolle che si
creava all'interno della plastica.
La sua mente pareva voler evitare fino all'ultimo il contatto visivo
con una scena che non voleva accettare.
Alla fine però, dovette arrivare al punto in cui quel tubo
era inserito. Scorse un braccio lungo e niveo. Proseguì
verso l'alto, verso la spalla e poi al collo su cui si
soffermò un secondo di più, quasi a prepararsi
per la vista successiva. Prese un respiro e fisso gli occhi sul viso: i
capelli leggermente allungati, la pelle nivea quasi trasparente, il
volto incavato e i segni scuri sotto gli occhi.
“Cosa fare? Potresti iniziare col mangiare da solo, senza
bisogno di quella roba...” mormorò.
L'altro abbassò gli occhi “Non ce la faccio...
io... davvero, non ce la faccio!”
Non disse nulla.
Non aveva idea di come potesse sentirsi, né voleva averne.
Non poter più fare quello che amava... sarebbe stato auto
distruttivo.
Con un enorme peso sul petto, si avvicinò al letto e gli
prese delicatamente la mano libera dalla flebo.
Si sentì i suoi occhi addosso e si prese qualche minuto
prima di tornare a guardarlo.
“Devi farcela... se non per te, almeno puoi farlo per noi che
ti vogliamo bene?”
Il ragazzo sentì qualcosa a smuoversi dentro di lui, a
quelle parole. Degne della persona che aveva davanti. Non gli imponeva
di guarire, glielo chiedeva gentilmente. Come se fosse un favore
personale. Come se dalla sua guarigione dipendesse la sua
felicità. Forse era anche la verità.
Per la prima volta in quei mesi, si sentì importante.
Non più un perdente, ma qualcuno che contava almeno per una
persona. Eppure, sentì che non era abbastanza per ritornare
come prima.
Non sarebbe mai tornato quello di un tempo. Almeno fisicamente.
“Inizierò... inizierò a mangiare
qualcosa, promesso...”
Il sorriso raro che ricevette in cambio gli scaldò il cuore.
“Che ne dici se iniziamo da ora? Posso prepararti qualcosa
già che ci sto...”
L'espressione terrorizzata che fece l'amico ampliò quel
sorriso.
“C-credo... non ce ne sia bisogno... prenderemo del cibo da
asporto. Pranzi con me,vero?”
L'altro annuì.
Si permise di sorridere nuovamente anche lui dopo tanti mesi.
Camminava lentamente per la strada, le mani nella tasche, il capo
rivolto alle vetrine che gli scorrevano davanti senza che le vedesse
davvero, la mente era un tripudio di pensieri ed emozioni contrastanti.
Si era da poco lasciato con Aomine al bar e poteva dire con certezza di
esserne uscito distrutto da quell'incontro.
La conversazione avuta continuava a girargli nella testa senza che se
ne potesse liberare.
“Allora
Aomine? Come puoi dire di esserne sicuro?”
Lo vide tentennare,
prendere tempo mentre si contorceva le mani agitato.
Si rese conto che forse
Aomine aveva detto qualcosa che non doveva.
Qualcosa che non gli
piaceva e che probabilmente Kuroko non gli aveva detto.
“Aomine?”
lo incalzò affamato di sapere.
Il moro parve arrendersi
all'evidenza che non sarebbe riuscito a scamparla.
“Vai a far del
bene e ci rimetti la pelle, che affare!”lo sentì
borbottare e non decifrò perfettamente il messaggio, se non
che Kuroko avrebbe ucciso Aomine per quello che gli stava per dire.
Sorrise.
Avrebbe provocato un
omicidio... doveva rischiare?
Beh, si trattava di
Aomine.
Se la sarebbe cavata...
“Perché
Kuroko dovrebbe ucciderti?”gli disse ironico come se l'idea
che la sua ombra potesse fare qualcosa di violento, fosse inconcepibile.
Aomine lo
fissò tagliente “Hai mai visto Tetsu arrabbiato
davvero?”
Rimembrò
l'unica volta in cui aveva visto il volto di Kuroko trasformarsi in una
vera e propria espressione d'ira: la partita contro la Kirisaki Daichi,
quella in cui Teppei era stato quasi malmenato e aveva dovuto
anche restare per qualche giorno in ospedale.
Rabbrividiva ancora.
Annuì.
“In
partita?”
Annuì di
nuovo.
“Bene allora
pensa a quella rabbia fuori dalla partita...” si
ritrovò a rabbrividire “ esatto, ora pensala
contro di te e capirai almeno in parte che intendo.”
Adesso capiva
perfettamente il timore del moro. Non poteva neppure immaginare
cosa volesse dire e non voleva neppure provarla quella sensazione.
Stava per chiedere ad
Aomine cosa avesse fatto di così grave per far fare a Kuroko
un'espressione del genere, ma si rese conto che si stava allontanando
dal motivo principale.
“Allora?”
Vide Aomine sospirare e
dedusse che stava cercando un modo di scampare all'ira futura di Kuroko.
“Tetsu
è già stato con un ragazzo.”
Quell'affermazione gli
provocò una tempesta di emozioni che definì
negative.
La rabbia stava
prendendo il sopravvento. Il solo pensiero di Kuroko che toccava...
baciava un ragazzo, gli stava mandando il sangue alla testa.
Riuscì a malapena a modulare la sua voce per non far
trasparire emozioni “Chi?”
“Ogiwara ...
se ti ha parlato di Akashi, immagino che abbia parlato anche di
lui.”
Strinse il pugno sotto
il tavolo e annuì a malapena.Ora il ragazzo che si baciava
con Kuroko nella sua testa aveva un volto e quindi le sue emozioni si
amplificarono.
“Era un suo
vecchio amico di infanzia. Si tennero in contatto anche quando Tetsu si
trasferì alla Teiko e nelle vacanze di prima media
si misero assieme.”
Aomine
continuò a parlare fissandolo negli occhi “Si
lasciarono alla fine della terza media...” lo vide abbassare
lo sguardo “ alla fine del torneo nazionale. Probabilmente fu
proprio a causa della finale e della partita in sé. Non mi
pento di come é andata la partita ma avrei voluto giocare in
modo diverso. Avrei voluto sapere che Ogiwara giocava nella squadra in
finale.”
“Sarebbe
cambiato qualcosa?”Kagami nonostante fosse ancora arrabbiato
non si sentiva lasciare che Aomine si prendesse la colpa d qualcosa che
dipendeva solo in parte da lui. Aomine sorrise lievemente
“No, probabilmente. Comunque dopo quella partita pare che
Ogiwara rimase così segnato che smise di giocare a basket e
… lasciò Tetsu.”
Sembrava che non avesse
finito, così aspettò che proseguisse.
“ Credo
però... che i problemi tra di loro ci fossero già
prima...”
Aggrottò le
sopracciglia interessato “Che intendi?”
“Ogiwara era
geloso,della squadra... in particolare di Akashi e … di
me.”
La rabbia torno a
montare. “ Aveva ragione?”
Aomine alzò
le spalle “Su Akashi?Non lo so … Akashi
é … Akashi.”
“Chiaro come
il cielo di notte” sbottò irritato.
“Akashi,ha
sempre avuto una preferenza per Kuroko. Una specie di
affetto/ossessione. Ma no... non credo che Akashi provasse qualcosa di
romantico nei suoi confronti. Lo vedeva piuttosto come una sua
creazione, qualcosa che gli apparteneva. Credo che ci ritenesse tutti
una sua proprietà”
Sgranò gli
occhi “ E' matto?”
“A volte lo
sembra. Non lo é, credimi.”
Sospirò. Non
si era tranquillizzato del tutto in quanto Akashi... si
ritrovò a sorridere.
Akashi é
Akashi.
Lo aveva incontrato e
sapeva che poteva essere pericoloso e che teneva in modo ossessivo alla
specie di setta chiamata
Generazione dei Miracoli che aveva creato nella sua mente. Decise che a quel problema ci
avrebbe pensato più tardi.
“ E su di te?
Su di te Ogiwara aveva ragione?”
Aomine ghignò
in un modo che non gli piaceva. Lo vide tirare fuori dei soldi
e metterli su tavolo.
Si alzò, ma
prima di andarsene gli disse delle parole che lo scossero dentro.
“Ti
consiglio di trovare in fretta le risposte che cerchi. Se non lo
farai... Presto mi riprenderò Kuroko ad ogni
costo.”
Quelle parole continuavano a girargli nella testa senza che potesse
fare nulla per tirarcele fuori. Continuava a pensarci, mentre l'ansia
che aveva tutti i giorni saliva ogni minuto di più.
Ora la sensazione che Kuroko sparisse dal suo fianco da un momento
all'altro si era triplicata diventando quasi una certezza.
La cosa che più lo faceva stare male era proprio
l'immaginare cosa sarebbe accaduto se Aomine fosse riuscito nella sua
minaccia.
Immaginare anche solamente l'assenza permanente di Kuroko dal suo
fianco, gli stringeva il cuore in una morsa.
Ora che i suoi sospetti erano diventati certezze... non sapeva
più che fare. Vagliò l'idea di chiedere
nuovamente consiglio a Tatsuya ma la scartò subito.
Era ora che riuscisse a prendere le sue decisioni da solo. Soprattutto
le decisioni importanti per la sua vita.
Continuò a passeggiare per le strade affollate, buttando a
volte uno sguardo verso le vetrine.
Una in particolare attirò la sua attenzione.
Era una vecchia videoteca. In vetrina vi erano diversi televisori
accesi che mandavano in onda film o riprese di ogni genere.
Il primo degli schermi stava mandando un film texano, il secondo un
documentario sugli animali che lo fece arrossire – un
documentario su come si accoppiano i cani e anche abbastanza
esplicito!- il terzo fu quello che lo lasciò a fissare lo
schermo come ammaliato. Stava mandando in onda una partita di basket
delle scuole medie.
Il telecronista improvvisamente si mise a urlare << E'
finita! La Teiko passa alla finale delle Nazionali con lo schiacciante
punteggio di 110 a 5! >>
A quelle parole capì perchè le divise bianche e
azzurre avevano attirato la sua attenzione.
Davanti alla telecamera passò la squadra della Teiko.
Il primo anno, dedusse.
Tutti i giocatori stavano sorridendo. Il suo sguardo fu catalizzato su
due figure in particolare: una era alta, pelle scura,corporatura
imponente e capelli neri; l'altra molto più bassa
, gracile e la chioma azzurro chiaro.
Non ci voleva un genio per capire chi fossero.
Aomine aveva un braccio attorno alle spalle di Kuroko e se lo stringeva
al petto, mentre gli scompigliava i capelli sorridendo .
Kuroko se lo lasciava fare senza problemi, anzi sorrideva a sua volta.
La gelosia prese di nuovo il sopravvento su di lui.
Vedere quella scena così intima, lo aveva portato a
sostituirla con una più recente, dove era l' Aomine attuale
ad abbracciare il Kuroko attuale e la cosa lo mandò in
bestia.
Voltò le spalle agli schermi e agendo d''istinto come suo
solito riprese il cammino a passo spedito verso una direzione a lui
più o meno conosciuta.
Non sapeva ancora cosa fare, ma decise che ci avrebbe pensato una volta
che fosse stato faccia a faccia con Kuroko.
Era tardi lo sapeva, il suo stomaco reclamava il cibo necessario per
sfamarlo- che non era poco- ma lo ignorò e
continuò a procedere a passo così spedito che
pareva quasi correre.
Riuscì a calmarsi solo una volta salito sul treno che lo
avrebbe portato verso casa di Kuroko.
Arrivò alla sua fermata in pochi minuti e quando scese si
sforzò per ricordare quale fosse l'indirizzo della sua ombra.
Paradossalmente non era mai stato a casa di Kuroko, nonostante lui
invece fosse ormai una specie di coinquilino.
Ci mise una decina di minuti prima di riuscire a trovare il posto
giusto, ma quando lo fece non si fermò a riflettere e
salì fino al piano giusto.
Kuroko si era trasferito in quel condominio subito dopo la partita
contro la Too.
Gli aveva detto che i suoi genitori erano dovuti partire per la Francia
all'improvviso e che quindi lui era stato costretto ad affittare
quell'appartamento per non rischiare di doversi trasferire anche lui
all'estero.
Rabbrividì a quel pensiero e si stupì quando si
rese conto che se mai fosse accaduto, la prima soluzione che aveva
trovato era stata quella di seguirlo immediatamente.
Non ci aveva più pensato in quanto era stato un pensiero
istantaneo subito cancellato dalla rassicurazione di Kuroko nel volersi
trovare un appartamento in cui alloggiare.
Si ritrovò davanti alla porta di casa di Kuroko ed
esitò solo un momento prima di bussare.
Bussò e quando la porta si aprì e si
ritrovò davanti l'oggetto dei suoi pensieri, Kagami Taiga
perse il lume della ragione.
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