14
“It’s funny how some
distance
Makes everything seems small
And the fears than once controlled me
Can’t get to me at all”
[Frozen,
Let
it Go]
Non
appena i seguaci di Aslan
uscirono dalla stretta valle sinuosa, videro l’esercito della
Strega Bianca.
Peter
ed Edmund avevano guidato il
primo attacco ed ora erano in mezzo alla mischia infernale, a
combattere. Anna
scorse la chioma bionda del maggiore dei fratelli Pevensie, impegnato
in una
lotta contro un minotauro, mentre Edmund era qualche metro
più avanti, alla
prese con uno degli orchi dalle zanne lunghe. Qui e là si
vedevano centauri,
lupi e unicorni che si facevano largo in mezzo ai nemici. Alla luce del
sole le
creature di Jadis sembravano molto più numerose
dell’esercito del leone, più
terribili e anche più orrende.
Urla.
Grida di rabbia e di dolore.
Clangore di spade contro scudi e di corpi che entravano in collisione.
A terra
c’erano già molti cadaveri, mentre altri che non
erano caduti erano stati
trasformati in statue dalla Strega, che sostava in mezzo al campo di
battaglia,
difendendosi con la bacchetta tutte le volte che si sentiva in
pericolo.
Susan
estrasse il suo corno e vi
soffiò dentro, producendo una lunga, lugubre nota, che si
espanse per il campo
di battaglia.
-
Lucy, rimani qui con la scorta
che ti ho affidato – disse Aslan, accucciandosi
perché la bambina potesse
scendere dalla sua groppa. – Alla fine della battaglia ci
sarà bisogno di te.
Hai ancora ciò che ti ho dato?
-
Sì, Aslan – Lucy mostrò una
bottiglietta trasparente. – Eccola qui.
-
Che cos’è? – volle sapere Anna.
-
Cordiale. Un liquore estratto dai
fiori di fuoco che crescono su quelle che noi chiamiamo Montagne del
Sole. Un
dono importante. Poche gocce bastano a guarire le ferite.
Tasch
aveva detto ad Elsa che Aslan
aveva donato qualcosa ad ognuno dei Salvatori. Uno scudo, sul quale era
impressa l’immagine di un leone, e una spada per Peter.
L’arco e la faretra
piena di frecce per Susan, più il corno che aveva usato un
attimo prima. Per
Edmund la spada con l’impugnatura d’argento. La
bottiglietta di cristallo per
Lucy, che aveva con sé anche un pugnale.
-
Hai dato un pugnale a Lucy? –
domandò Elsa, vedendo l’arma agganciata alla
cintura della bambina.
-
Lucy non combatterà – intervenne
Aslan, con aria grave. – Ma nel caso in cui avesse bisogno di
difendersi...
potrà usarlo.
-
Potrei combattere anch’io –
osservò Lucy. – Credo che... beh... sarei
coraggiosa.
-
Le battaglie diventano ignobili
quando combattono bambini così piccoli –
commentò il fauno Tumnus, mettendo una
mano sulla spalla della piccola Lucy. Le sorrise. Era terreo in volto.
Aveva
molta paura e non riusciva a nasconderla. Il suo amico Tasch era
già sceso in
battaglia. Faceva parte della prima ondata guidata da Peter.
Tutti
tacquero.
-
Elsa, Anna... seguiteci. E
ricordate tutti quello che vi ho detto: non avvicinatevi troppo alla
Strega
almeno finché avrà con sé la
bacchetta. – disse Aslan. – Gigante Fracassone, tu
chiuderai il gruppo.
-
Sì, signore – tuonò il gigante.
Nel muovere un passo in avanti sradicò una macchia di
cespugli.
-
I giganti non sono molto
intelligenti. È sicuro farlo scendere in battaglia?
– chiese un nano.
-
Guarda che ti ho sentito,
maledetto nano! – esclamò gigante. –
Potrei schiacciarti come un lombrico.
-
Ed io ti sfuggirei facilmente
visto che sono piccolo e più veloce.
-
Basta chiacchiere. – lo
interruppe Aslan, severo. – Andate!
I
nani lanciarono grida di guerra e
si buttarono giù per la china, brandendo asce e mazze,
seguiti da un gruppo di
centauri. Susan incoccò la prima freccia.
-
Non ho mai visto tanti mostri in
una volta sola – commentò Anna, con la netta
sensazione che lo stomaco le fosse
appena finito in gola.
-
Anna, puoi ancora restare qui,
con Lucy e la scorta di Aslan – le disse Elsa, avvicinandosi.
– Saresti al
sicuro. Questa è... è una follia.
-
Restare qui? – Anna fissò la
sorella, con gli occhi sgranati. – Non ci penso nemmeno. Io
vado laggiù con gli
altri. Ho una spada, la so usare... e ho anche infilzato un lupo di
recente, o
te ne sei già dimenticata? Mi piacciono le follie.
Elsa
non si era dimenticata niente.
Né il lupo, né gli occhi di Anna immersi nei suoi
dopo che l’aveva
ritrasformata in una persona in carne ed ossa con il suo bacio.
-
Anna...
Lei
la prese per la nuca,
avvicinandola quanto bastava perché potesse poggiare le
labbra contro il suo
orecchio. – Qualsiasi cosa succeda, non ti dimenticare che...
ti amo.
***
La
battaglia era come un vortice.
Un vortice fatto di facce mostruose e facce umane, di facce infuriate e
facce
risolute. Facce di pietra, anche. Le facce di chi era già
stato trasformato
dalla Strega Bianca. Era un vortice fatto di occhi spiritati, del
rumore delle
lame e delle armature che cozzavano, dell’odore metallico del
sangue che già
impregnava l’erba della valle, delle urla delle arpie e di
altre creature alate
che planavano per acciuffare e dilaniare i loro nemici con le zampe
munite di
artigli.
“Qualsiasi
cosa succeda non ti dimenticare che... ti amo”.
Dopo
averle detto quelle cose Anna
si era buttata nella mischia con la spada sguainata. Elsa
l’aveva seguita dopo
un attimo di esitazione ed ora si faceva largo in mezzo a quegli esseri
diabolici usando il suo potere. Alcune di quelle creature giacevano
già a terra
e si contorcevano mentre il ghiaccio iniziava a torturarli da dentro.
Un orco
allungò una mano, afferrandola per la caviglia, ma
l’ascia di un nano gli mozzò
di netto il braccio.
“Qualsiasi
cosa succeda...”
Cercava
Anna in mezzo alla calca.
Vide Peter, impegnato in un duello contro un altro minotauro, che lo
incalzava
con il suo spadone. Vide Edmund parare il fendente di un orco con il
suo scudo,
anche se fu costretto a piegarsi sulle ginocchia. Una freccia di Susan
si piantò
nella fronte dell’orco che lo minacciava e quello cadde
all’indietro, con gli
occhi sbarrati. Vide il fauno Tasch che combatteva contro un folletto
dall’aria
maligna. Vide la criniera dorata di Aslan e udì il suo
ruggito. Vide le sue
fauci aprirsi e chiudersi, scagliando il lupo che aveva acciuffato
molto
lontano. Vide Jadis che muoveva la sua bacchetta a destra e a sinistra,
mentre
nell’altra mano teneva il coltello con il quale aveva
assassinato Aslan.
Intorno a lei si era creato il vuoto. Sulla testa brillava la corona.
Vide il
gigante Fracassone abbassare la sua clava ai margini del campo. Altre
frecce di
Susan che colpivano i bersagli.
Elsa
scagliò un’ondata del suo
potere contro un minotauro che si era avventato contro Tumnus. Lo
colpì alla
testa, ma quello continuò ad agitare il suo spadone, fino a
quando non si
ritrovò con il corno bianco di uno degli unicorni conficcato
al centro del
petto.
-
Oh, ma guarda! È appena stato
impalato. – gridò uno dei centauri di Aslan, con
una luce folle e divertita
negli occhi scuri.
Elsa
distolse lo sguardo. Era senza
fiato. L’odore del sangue la nauseava. Notò che
molti dei nemici di Aslan la
evitavano, esattamente come loro evitavano la Strega Bianca.
Vide
Anna. La vide mentre sollevava
la spada per parare il colpo che un orco voleva infliggerle con la
mazza. Elsa
cercò di aprirsi un varco per raggiungerla ed aiutarla, ma
Anna ebbe il tempo
di sgusciare via prima che l’essere potesse calare nuovamente
la sua arma.
Poi
una mano l’afferrò per la
treccia ed Elsa si sentì strattonare all’indietro.
Lanciò un grido e allungò le
mani, ma prima che potesse sprigionare il suo potere avvertì
il morso freddo
della lama sulla gola. Sentì il fiato pestilenziale della
creatura sul collo.
La mano che stringeva l’impugnatura della spada era verde,
squamosa come quella
di un serpente.
-
Ho visto la Regina trasformarti
in pietra. Evidentemente non hai imparato la lezione – disse
una voce scura e
sibilante.
Sentì
la lama penetrarle
leggermente nel collo. Poi dalle sue spalle venne un suono carnoso. La
creatura
emise un gorgoglio, allentò la presa sull’arma,
che cadde a terra, e lentamente
si afflosciò. Elsa si girò di scatto, notando che
l’essere aveva un aspetto
vagamente umano, ma la pelle era ricoperta di squame verdi e gli occhi
erano
grandi e dorati, ormai vuoti.
Peter
l’aveva trafitto con la sua
spada. Il ragazzo era paonazzo. Era anche ferito, ma non sembravano
ferite
gravi: graffi sul viso e sulle braccia, per lo più. Un
labbro spaccato, un
taglio sul sopracciglio. Vacillò su gambe malferme. Elsa
annientò con il suo
potere l’arpia che si era gettata nella mischia per
acciuffarlo.
-
Peter – mormorò, chinandosi su di
lui.
-
Sto bene – rispose il ragazzo, togliendosi
ciuffi di capelli biondi dalla fronte sudata. – E sono...
molto stanco.
Una
delle frecce di Susan sfrecciò
sopra di loro e colpì Jadis. La colpì al collo,
anche se solo di striscio. La
Strega Bianca lanciò un grido furibondo e quando un centauro
si fece sotto per
ucciderla, approfittando del suo momento di distrazione, lei lo
trafisse con il
pugnale. Ridusse in pietra tre nani che avevano commesso
l’errore di
avvicinarsi troppo al suo raggio d’azione nella foga della
battaglia.
Ovunque
infuriavano i
combattimenti.
Il
nano cocchiere che aveva guidato
le renne bianche della slitta della sovrana le stava sempre vicino, con
uno
spadone in pugno. Era rosso in viso ed evidentemente spaventato, ma
sembrava
intenzionato a rimanere attaccato alle sottane della Regina fino alla
fine.
-
Nano traditore! – urlò un altro
nano. – Sei una vergogna per la nostra razza!
Le
frecce di Susan continuava a
sibilare intorno a loro. Elsa non sapeva più dove volgere lo
sguardo, perché
ovunque guardasse vedeva cose orribili. E non riusciva più a
scorgere Anna.
-
Via tutti! – urlò Aslan,
scavalcando con un balzo i corpi di alcune creature morenti.
– Andate via,
presto!
-
Aslan, maledetto! Dovresti essere
morto! – strillò Jadis.
Il
leone spiccò un altro balzo, con
le fauci spalancate.
Per
qualche momento nessuno capì
cosa stesse accadendo. Ad Elsa parve che fossero in gioco almeno tre
bacchette,
due coltelli e due giganteschi leoni identici ad Aslan. Non avrebbe
saputo dire
se fosse un’illusione magica di Jadis o se fosse opera della
confusione che si
era creata, ma vide chiaramente Edmund alla spalle della Regina. Era
incredibilmente piccolo rispetto a lei, incredibilmente pallido e
fragile,
eppure calò la spada con forza, tranciando la bacchetta
della Strega a metà.
Lei lanciò un nuovo grido di rabbia, mentre Edmund crollava
al suolo, lasciando
cadere la spada.
Poi
Aslan piombò su Jadis,
ruggendo.
Elsa
non poté più vedere niente, ma
udì. Udì le urla agonizzanti della Strega Bianca.
Il rumore dei denti che
strappavano e laceravano.
Vi
prego, basta, pensò
la regina di Arendelle.
-
Edmund! – Susan comparve con
l’arco in mano e la faretra ormai quasi vuota. Si diresse
verso il fratello.
Nessuno cercò di fermarla. I nemici erano stati presi dal
panico quando avevano
visto Aslan scagliarsi contro la sovrana.
Il
grande leone sollevò la testa
dopo un tempo che parve lunghissimo. Le urla di Jadis erano cessate.
Aslan
aveva il muso sporco di sangue, eppure non perse nemmeno un briciolo
della sua
regalità. Spalancò la bocca ed emise un nuovo,
roboante ruggito.
***
Nel
giro di poco la battaglia si
concluse. I nemici, non appena si resero conto che la loro Regina era
morta,
fatta a pezzi dal leone, avevano cominciato a guardarsi intorno,
confusi e
disorientati. Alcuni si erano arresi, gettando le armi e buttandosi in
ginocchio ai piedi dei loro avversari. Altri cercarono di darsela a
gambe.
Certi ci riuscirono, sebbene avessero i centauri e gli unicorni alle
calcagna,
ma non tutti. Quelli che vennero catturati furono subito ridotti
all’impotenza,
legati e imbavagliati. Il cocchiere di Jadis era tra questi. I nani che
lo
legarono come un salame gli inflissero anche una serie di pizzicotti.
Lo
pungolarono con le asce e risero delle sue imprecazioni.
-
Statemi lontani! Dannati, andate
via! Via!
-
Cocchiere, questo è solo
l’inizio. Sei fortunato a non essere stato ridotto in
poltiglia come la tua
amata sovrana. – rispose un nano, colpendolo con il manico
dell’ascia.
-
La mia Regina mi ha dato tutto.
Tutto quello che voi della mia razza non mi avete mai dato.
-
Ovvero?
-
Cibo. Un posto dove stare! Un
lavoro onorevole...
-
Quindi frustare le renne della
Regina era onorevole?
-
Mi ha scelto come suo cocchiere.
Io fra tanti!
-
Avrei preferito essere messo in
catene piuttosto che diventare il suo cocchiere!
La
discussione si protrasse per un
bel po’.
-
Elsa! – Anna venne verso di lei,
mentre Peter e Susan erano chini su Edmund.
Elsa
si accorse subito che la
sorella zoppicava vistosamente. Non aveva più la spada con
sé e zoppicava. E
perdeva sangue. Molto sangue. La ferita alla gamba le parve molto
seria.
Anna
le cadde addosso. Sollevò appena
le palpebre, osservandola con occhi velati dal dolore. – Ti
ho trovata,
finalmente...
-
Anna... che cosa ti hanno fatto?
-
Non l’ho visto arrivare, mi
dispiace...
-
Non devi preoccuparti, adesso. Ci
sono io. Andrà tutto bene. Guarirai. – Elsa la
strinse tra le braccia, premendo
le labbra contro la sua fronte. La strinse come l’aveva
stretta al villaggio
amazzone, dopo il combattimento contro Varja. La strinse
così come l’aveva
stretta quando erano bambine e lei l’aveva ferita
accidentalmente.
E
ad Anna, sua sorella sembrava
persino più bella del solito. Sapeva che la luce che vedeva
intorno a lei era
dovuta al fatto che stava per perdere conoscenza. Sapeva che era colpa
del
dolore terribile che le trafiggeva la gamba e la testa. Però
allungò una mano
con le ultime forze che le rimanevano e con la punta delle dita le
toccò la
guancia. Fiocchi di neve cadevano, posandosi sui suoi capelli rossi.
-
Elsa? – Era Peter. Titubante.
Lei
non rispose.
-
Elsa, credo che dovremmo portare
Anna nelle retrovie. Stiamo portando là tutti i feriti.
Anche Edmund...
Elsa
si rannicchiò su se stessa per
proteggere la sorella. Il cuore le batteva forte nel petto, le orecchie
fischiavano e l’unica cosa che contava era tenere stretta a
sé Anna, inglobarla
se necessario. Nessuno le avrebbe più fatto del male. Non
avrebbe dovuto
permettere che uno di quei mostri la riducesse in quello stato.
“Qualsiasi
cosa succeda, non ti dimenticare che... ti amo”.
Anna
aveva già perso i sensi.
-
Elsa – La voce di Aslan la
costrinse ad alzare la testa. Il leone era molto vicino. Non
c’erano più tracce
di sangue sul suo muso. Non sembrava nemmeno vagamente provato dalla
battaglia.
– Peter vuole aiutarti a portare Anna nelle retrovie.
Laggiù c’è Lucy. Ricordi?
Lei ha il cordiale. Con esso potrà guarire la ferita di tua
sorella e quelle di
tutti gli altri.
Elsa
guardò Peter. Sembrava molto
cambiato. Pallido, grave, la bocca ridotta ad una linea piatta,
decisamente più
adulto, anche se il viso era pur sempre quello di un ragazzino.
“Un
liquore estratto dai fiori di fuoco che crescono su quelle che noi
chiamiamo
Montagne del Sole. Un dono importante. Poche gocce bastano a guarire le
ferite”.
-
Sì... – mormorò Elsa. –
Sì, ti
prego. Aiutami, Peter.
In
quel momento la terra tremò. Si
scosse, come percossa dai piedi di una decina di giganti. Un albero si
piegò e
si schiantò al suolo. La valle si riempì di
gridolini di sorpresa e paura.
Aslan
girò la testa di lato,
mettendosi in ascolto.
-
Che sta succedendo? – domandò un
nano. – È un’altra magia?
-
No – rispose Aslan. – Nessuna
magia. È Lilith. Il demone piange la morte di uno dei suoi
figli. Così come ha
pianto la morte delle migliaia di figli che sono spirati non appena
hanno visto
la luce.
***
Nelle
retrovie c’era un gran
viavai. I feriti erano sistemati su barelle di fortuna, fatte di funi,
foglie e
rami, oppure sedevano contro le rocce o i tronchi degli alberi,
stringendosi
gli arti o le teste fasciate in qualche modo. Alcuni animali avevano
portato
delle coperte e si prodigavano per aiutare. Susan correva da una parte
all’altra con una borraccia piena d’acqua e un
panno bagnato.
Anna
venne adagiata con cura da
Peter ed Elsa le prese subito la mano, chiudendola nelle sue. Era in
preda
all’angoscia e le riusciva difficile controllare il suo
potere. I cristalli di
ghiaccio le svolazzavano intorno come tanti piccoli moscerini.
Le
palpebre di Anna tremolarono e
si sollevarono un poco. Il suo sguardo era distante. La guardava, ma
non
sembrava che vedesse davvero. – Elsa... sta nevicando.
-
No. Non nevica, Anna. Scusami,
sono io, non riesco...
-
Vuoi costruire un pupazzo di
neve?
Elsa
le sorrise e baciò le nocche
della sua mano. – Sì. Certo. Faremo tanti pupazzi
di neve. Li farò io per te.
-
E uno lo chiameremo Olaf. O
magari Sven. Potremmo farne uno... a forma di renna... e chiamarlo Sven.
-
Tutto quello che vuoi, Anna.
Adesso non parlare più. Tra poco starai bene.
Edmund
era lì vicino. Letteralmente
coperto di sangue, con il viso di un brutto colore verdognolo, le
labbra
socchiuse e il respiro affaticato.
-
Il cordiale, Lucy. Presto! –
esclamò Aslan.
-
Sì! Sì, Aslan. Ecco... – A Lucy
tremavano talmente tanto le mani che sulle prime non riuscì
ad aprire la
bottiglietta di cristallo.
-
Aspetta, ti aiuto io – si offrì
Peter.
-
Ce la faccio – Lucy svitò il
tappo e si chinò subito sul fratello, versandogli qualche
goccia di cordiale
sulla bocca.
Stettero
tutti a fissare
l’espressione di Edmund, aspettando un cambiamento.
Aspettando che aprisse gli
occhi e parlasse. Ma il ragazzo non si mosse.
-
Aslan... non funziona – mormorò
la bambina.
-
Certo che funziona, Lucy –
rispose il leone. – Abbi pazienza. Edmund starà
bene. Ora tocca ad Anna e agli
altri feriti.
Lucy
si riscosse e si avvicinò ad
Anna, facendo la stessa cosa che aveva fatto con Edmund.
Alzò la testa,
osservando Elsa, e poi si allontanò, seguendo Aslan.
***
Sulle
prime non accadde niente.
Anna non si muoveva, a parte gli occhi che si agitavano sotto le
palpebre. La ferita
le pareva sempre uguale. Il suo viso era sempre pallido e la mano che
stringeva
era fredda. Lo stesso valeva per Edmund, accudito da sua sorella Susan.
Dopo
una buona mezz’ora, mentre
Lucy era ancora impegnata a curare chi ne aveva bisogno e Aslan ridava
vita
alle statue di pietra con il suo soffio magico, Elsa vide che i graffi
sul viso
della sorella erano spariti e che lo squarcio nella gamba si stava
rimarginando
davanti ai suoi occhi.
-
Funziona – mormorò, sentendosi
inondare dal sollievo.
Edmund
si destò di soprassalto e si
mise a sedere. Si guardò intorno, disorientato. –
Dove sono? Dov’è la Strega?
-
La Strega è morta – gli rispose Susan,
offrendogli la borraccia perché potesse bere un sorso.
– Aslan l’ha uccisa.
-
E Peter? Lucy? Loro sono vivi?
Stanno bene, vero?
-
Sì, nessuno di loro è ferito. Ed
è merito tuo.
-
Mio? Io ho combinato solo
pasticci.
-
Niente affatto. Sei stato
coraggioso. Ho visto cos’hai fatto. Se non fosse stato per
te, la Strega
avrebbe trasformato tutti in statue! Tu l’hai disarmata.
Edmund
arrossì. – Credo sia...
credo sia stata fortuna. Era distratta. È Aslan che
l’ha sconfitta.
-
Grazie a te. – insistette la
sorella.
Edmund
volle a tutti i costi
alzarsi in piedi. Era decisamente in buona salute. Non solo non era
più ferito,
ma aveva un’aria diversa, più dolce e serena.
– E... Anna? Si riprenderà?
-
Sta già meglio. – rispose Elsa.
-
Edmund! – strillò Lucy, correndo
dal fratello e abbracciandolo stretto. Lui le scompigliò i
capelli e rise. –
Edmund, sei tornato...
-
A quanto pare sì.
Aslan
si avvicinò con Peter. Anche
il leone sorrideva. – Sono lieto di vederti di nuovo in
forze, figlio di Adamo.
Peter mi ha detto che in battaglia sei stato molto coraggioso. Anche se
non ce
n’era bisogno. Lo sapevo già.
Elsa
era felice di vedere i quattro
fratelli uniti. Erano giovani, ma era sicura che sarebbero stati degli
ottimi
sovrani per Narnia.
E
pensò a casa sua. Ad Arendelle.
Al suo regno così lontano. A Kristoff che aspettava il loro
ritorno. Aslan
aveva detto che esisteva un passaggio, in quel mondo, che avrebbe
permesso a
lei e ad Anna di tornare a casa.
-
Il passaggio esiste – disse
Aslan. Ovviamente non c’era bisogno di esprimere i propri
pensieri ad alta voce
quando era nei paraggi. – Non preoccuparti, Elsa.
Farò in modo che raggiungiate
presto il luogo di cui vi ho parlato, così che possiate fare
ritorno nel vostro
mondo.
-
Presto? – domandò Peter. Sembrava
dispiaciuto.
-
Elsa ha un regno che l’aspetta,
caro Peter. Come Narnia ha aspettato voi – precisò
Aslan.
-
Beh, sì... certo, naturalmente.
-
Scusalo, Aslan. Credo volesse
conoscerle meglio. Soprattutto vorrebbe conoscere meglio Anna.
– Susan sollevò
un sopracciglio, rimirando il fratello maggiore.
Elsa
sorrise.
-
No, non è questo! – esclamò
Peter, diventando rosso. – Pensavo solo... che... beh,
pensavo che sarebbero
rimaste ancora un po’... almeno per l’incoronazione
e la festa. E pensavo...
-
L’incoronazione avverrà domani,
Peter. – annunciò Aslan, quasi fosse la
normale routine.
-
Domani?
-
Ho già preparato tutto. Così
anche Elsa ed Anna potranno assistere quando siederete sui troni che vi
spettano.
In
quel momento alcuni nani
trasportarono delle barelle sui quali erano adagiati i corpi senza vita
di
alcuni membri dell’esercito di Aslan. I morti erano tanti e
quella sera i roghi
avrebbero illuminato a giorno la valle in cui si era svolta la
battaglia contro
Jadis.
Prima
Elsa vide Tumnus, il fauno
amico di Tasch. Aveva i capelli tutti arruffati, zoppicava e aveva il
viso
bagnato di lacrime. Poi vide un nano afferrare il lembo di una coperta
per
coprire il volto di uno dei caduti. Elsa intravide appena quella
faccia. Ma
quello che notò fu sufficiente.
-
Aspettate! – gridò.
Quando
si era accorta che Tasch non
era nei paraggi dopo la fine dei combattimenti, si era detta che
probabilmente
era rimasto ferito ed era stato trasportato nelle retrovie. Si era
detta che
probabilmente era tra le persone che Lucy aveva curato con il suo
cordiale. Era
troppo preoccupata per Anna e non si era fermata a riflettere sul fatto
che
potesse anche essere...
“Hai
detto di chiamarti Elsa?”.
“Sì”.
“È
uno strano nome. Il mio è Tasch”.
A
prima vista sembrava che il
giovane fauno stesse solo dormendo. Il suo viso era bianco come carta
ma
rilassato. I suoi capelli erano una zazzera rossa e scompigliata, ma
non
c’erano tracce di sangue. Però era evidente che
non c’era più traccia di vita
in quel corpo. Il petto era immobile. Le membra non erano semplicemente
rilassate ma rigide.
-
È morto per salvarmi. – mormorò
Tumnus, mordendosi il labbro inferiore. – Un orco mi aveva
disarmato e stava
per uccidermi... lui... lui è intervenuto. Non avrebbe
dovuto. Era troppo
grande e troppo forte per Tasch...
Elsa
non disse niente. Aveva la
gola serrata. Le sue dita sfiorarono gentilmente il viso del fauno, la
prima
faccia amica che aveva incontrato quando aveva messo piede a Narnia.
L’aveva
seguita anche se non aveva la minima idea di chi fosse.
L’aveva aiutata a raggiungere
il castello della Regina e a ritrovare Anna. Si erano dati una mano a
vicenda...
-
È... morto quasi subito... Lucy
non ha potuto aiutarlo... – continuò Tumnus. Aveva
ricominciato a piangere.
-
Oh, signor Tumnus! – esclamò la
bambina, stringendo la mano del fauno tra le sue. – Mi
dispiace così tanto!
Per
un attimo restarono tutti così,
immobili. Lucy con la mano in quella di Tumnus. Elsa con gli occhi
spalancati
che fissavano Tasch. Anna ancora priva di sensi dietro di lei. Peter,
Susan ed
Edmund vicini. Il leone che agitava la coda.
-
Preparate le pire – annunciò Aslan,
rompendo il silenzio.
***
Elsa
cercò di non pensare al corpo
senza vita di Tasch, mentre intorno a lei chi era in grado di farlo, si
prodigava per eseguire al meglio l’ordine di Aslan. Peter ed
Edmund davano una
mano, in silenzio, mentre Susan si distraeva affilando la punta delle
frecce
che le erano rimaste, seduta su un tronco caduto.
Anna
continuava a dormire. La
ferita era ormai completamente rimarginata.
Elsa
giocherellò con una ciocca dei
suoi capelli rossi. Si chinò per sfiorare la sua fronte con
le labbra,
leggermente, senza fare pressione.
-
Sai cosa mi ricorda tutto questo?
– le disse Elsa, rimanendo piegata su di lei, parlandole come
se potesse
sentirla. – Mi ricorda... quella volta in cui ti sei ammalata
e non sei venuta
a bussare alla mia porta.
Le
palpebre di Anna tremolarono.
Accanto a loro un giovane satiro con degli strani capelli ritti come
gli aculei
di un porcospino si rigirò sotto la coperta che gli avevano
dato, senza
destarsi.
-
Ero così... abituata a sentirti
bussare... ti fermavi sempre davanti alla porta della mia stanza,
bussavi, mi
chiedevi di uscire a giocare con te, mi chiedevi... se volevo costruire
un
pupazzo di neve... e ovviamente io ti rispondevo di andartene. Pensavo
fosse
troppo pericoloso per te. – Si interruppe qualche istante.
– Però il giorno in
cui non ti ho sentita bussare alla mia porta... ho capito che poteva
esserti
successo qualcosa. Tu non ti arrendi mai, Anna. Non ti sei mai arresa.
Ero...
ero preoccupata... e la mamma mi ha detto che ti eri ammalata.
Per
lei era difficile ricordare
quei momenti. I momenti in cui non faceva altro che scacciare la
sorella,
quando avrebbe solo voluto aprire quella porta e abbracciarla forte. I
momenti
in cui le diceva di andarsene, quando invece avrebbe voluto uscire in
giardino
e costruire quel maledetto pupazzo. Vederla sorridere. Vedere i suoi
occhi
brillare come quando giocavano da bambine, prima
dell’incidente.
-
Ho chiesto se potevo vederti. Non
ci ho nemmeno riflettuto. Dovevo assicurarmi che stessi bene.
– continuò Elsa,
toccandole la fronte e accarezzandola piano. – E la mamma mi
ha lasciato
entrare nella tua stanza. Eri... eri buffa. Dormivi in una posizione
assurda...
ed eri molto calda. Quando ti ho toccata... eri molto calda. Ma hai
sorriso. Perché
mi hai sentita... e il freddo della mia pelle ti ha dato un
po’ di sollievo.
“Vuoi
che ti lasci da sola con lei?”, le
aveva chiesto sua
madre.
Probabilmente
Gerda si era domandata
se fosse la cosa giusta da fare, lasciare la figlia da sola con la
sorella, pur
sapendo di quel potere, pur sapendo che era rischioso. Forse aveva
ripensato
alla sua, di sorella. Ad Ingrid che uccideva involontariamente Helga.
Elsa
ricordava anche la sua paura.
La paura di farle del male anche solo sfiorandola.
Ma
quella volta aveva cercato di non
avere paura.
-
Mi sono avvicinata al tuo letto e
ti ho dato un bacio... non te lo puoi ricordare, ma io sì.
Io me lo ricordo. Ti
ho dato un bacio anche se avevo paura. E ti ho detto che ti volevo
bene. Poteva
essere la mia ultima occasione...
L’aveva
fatto con il cuore in gola
e poi era scappata via.
Si
chinò di nuovo per baciarla in
mezzo agli occhi e poi scese più in basso, appoggiando le
labbra sulla sua
guancia, vicino alla bocca.
***
Angolo
autrice:
Buonsalve
a tutti!
Come
al solito mi scuso per i tempi
biblici con cui aggiorno e preciso alcune cose che riguardano questo
capitolo:
Nel
romanzo di Lewis non è Aslan a
donare quegli oggetti ai fratelli Pevensie, ma Babbo Natale. Dato che
non mi
sembrava proprio il caso di inserire Babbo Natale in questa storia
(niente
contro Babbo Natale ovviamente ^^ solo che mi sarebbe parso un
po’ ridicolo,
ecco), ho cambiato questo particolare.
Devo
ringraziare un mio amico Oncer
che, tempo fa, scrisse una piccola storia su Elsa ed Anna, in cui Anna,
appunto, si era ammalata e la sorella le faceva visita anche se aveva
paura di
farle del male. Il mio amico mi ha permesso di inserire la sua idea
nella mia
storia.
La
one shot si chiama “Oggi per
l’ultima volta”.
Il
bacio che Elsa dà ad Anna è un
piccolo rimando a La Regina delle Nevi, fiaba
di Andersen, in cui Kay viene incantato dalla Regina delle Nevi con un
bacio.