21
Gli occhi degli
altri
Quel mercoledì Kelly e Matt
cominciarono il turno insieme, camminando spalla a spalla fino agli
armadietti con null'altro che chiacchiere leggere. La mattinata
scivolò via tranquillamente, con ben poche chiamate e ancor
meno adrenalina. Severide rise a tutti i commenti sulla sua mascella
tumefatta, sapendo che Matt si portava dietro ancora un persistente
senso di colpa, ma non mancò di sottolineare il piccolo
fregio quando, svanita la novità, si ritrovarono in bagno.
«Lo sai che indosso bene un paio di
lividi.»
Matt sollevò un sopracciglio al commento,
sogghignando in quel modo che Kelly cominciava a considerare
stranamente attraente.
«Non farci l'abitudine, non succederà
più» rispose Matt sciacquandosi le mani, solo per
metà scherzando. Riassunse un'espressione giocosa quando
aggiunse a bassa voce: «A meno che tu non me lo
chieda.»
Kelly gettò sulla spalla l'asciugamano umida,
ridendo sotto i baffi. «Dovremmo passare per la palestra,
dopo il turno. Così potrai colpirmi senza sentirti in
colpa.»
«In colpa?» sbuffò Matt.
Poggiò una mano al lavello, ponderando la proprosta. Con un
cenno del capo, rispose: «Okay, ci sto. Chi perde fa la
spesa. E per fare la spesa, intendo prendere tutto il
necessario.»
Estese una mano, sollevando il sopracciglio in un chiaro
invito. Kelly la strinse con un sorriso. Quando Matt cercò
di ritirare il braccio, il moro ne approfittò per attirarlo
a sé, sbilanciandolo.
«Extra-large, per me. Ricordatelo» gli
sussurrò all'orecchio.
«Attento a vantarti troppo, Severide.»
«Posso permettermelo.»
Matt lo spinse via, ma non poté onestamente
replicare a quella verità.
Severide attese che il compagno si fosse allontanato, per
raccogliere le sue cose e uscire dal bagno. Lo trovò al
bancone della cucina, intento a versarsi del caffé. Attese
il suo turno, tamburellando le dita sul piano e, nel farlo, il suo
sguardo vagò fino a cogliere il volto di Hermann. L'uomo,
oltre il bancone, lanciò uno sguardo alla nocca arrossata e
sbucciata di Matt, accigliandosi.
Quando si accorse di essere osservato, si defilò
senza aggiungere nulla.
Salendo sul camion per la prima chiamata del
pomeriggio, Matt si sentì meno teso di quanto avesse
previsto. Con un braccio fuori dal finestrino, saggiò l'aria
che gli sferzava la pelle, compatta e reale. Ora riusciva a riconoscere
il palpito dell'ansia dietro la propria maschera e, invece che
reprimerlo, tentò di razionalizzarlo e calmarsi, respirando
a fondo. Le nocche della mano destra cominciarono a pulsare, quindi
ritirò il braccio e le carezzò distrattamente.
Non avrebbe mai più perso il controllo, non così,
non con Kelly.
«Ci siamo» annunciò Hermann
dal sedile posteriore, infilando la testa nel finestrino mentre il
camion parcheggiava lungo la strada. Emanò un acuto fischio,
che attirò l'attenzione di Matt.
Davanti a loro si presentava una delle situazioni che loro
maggiormente odiavano: un pesante e vecchio bus che bloccava il
traffico. Il mezzo aveva sterzato, lasciando una lunga scia nera
sull'asfalto, e ora bloccava la strada in entrambi i sensi. Un gruppo
di automobilisti aveva lasciato le proprie auto, accalcandosi
tutt'intorno insieme a un folto sciame di curiosi.
«Cosa abbiamo, Capo?» chiese Matt appena
ebbe raggiunto il Comandante.
L'uomo indicò il bus fermo. I clacson delle auto
e le urla in strada costrinsero Boden ad alzare la voce. «Un
ragazzo è finito sotto le ruote del bus. L'autista dice che
è spuntato all'improvviso. Sospetto suicidio.»
«Il ragazzo è ancora vivo?»
chiese Severide.
Boden gli lanciò uno sguardo che valeva
più di ogni spiegazione.
«Okay» mormorò il Tenente.
«Tiriamolo fuori prima che qualcuno si faccia male.»
Matt ordinò a Mouch, Mills e Cruz di tenere
lontane le persone dal bus e cercare di calmare gli animi degli
automobilisti. Con l'aiuto di una pattuglia di polizia riuscirono a
fare abbastanza spazio da cominciare l'ispezione del mezzo. Severide si
stese di petto per controllare la situazione e Matt lo
imitò. Dal suo lato non poteva vedere il volto della
vittima, ma dal sangue che inzuppava i capelli scuri e si spandeva
sull'asfalto, doveva essere messo male. La gamba destra era
intrappolata tra le ruote e continuava a sanguinare copiosamente. Matt
era quasi certo fosse morto, ma quando sfilò il guanto e gli
prese il polso, avvertì qualcosa. Si sporse il
più possibile per poggiare due dita sul collo e lo
sentì ancora, più chiaramente. Era debole e
irregolare, ma il battito c'era.
«Severide! È ancora vito!»
urlò.
In poco il collega gli fu accanto, abbaiando ordini per
predisporre l'attrezzatura. Matt rimase dov'era, mentre intorno a
sé sentiva le divise sferragliare e la lamiera del mezzo
stridere. Non riuscì a trovare la forza di lasciare il collo
del ragazzo, malgrado l'odore di asfalto e sangue cominciasse a
nausearlo. Doveva essere vivo, doveva sapere che era così.
C'era qualcosa di affascinante in quel debole e persistente battito
sotto le dita, una strenua forza e determinazione che gli scossero il
petto e lo stomaco.
«Okay, ce l'ho!» disse Kelly. Solo
udendo la sua voce Matt si accorse che il compagno era scivolato sotto
il bus, che era stato sollevato abbastanza da permettere l'estrazione
della vittima. Non sapeva quando o come, ma la gamba era stata liberata
dallo pneumatico e ora pendeva ad un'angolazione del tutto sbagliata.
«Matt» mormorò Kelly,
costringedolo a voltarsi. Lo fissò a lungo e solo allora
Matt capì di dover lasciare il collo del ragazzo.
Strisciò via per permettere alla barella di passare e
aiutò Kelly a sistemare la vittima.
Dowson e Shay erano già intente a controllare i
segni vitali e dare il primo soccorso, quando Matt riuscì a
riemergere dal caos creatosi intorno al bus.
Sentì Kelly battergli una mano sulla spalla e
scrutarlo in cerca di un segnale d'allarme.
Matt scosse il capo, forzando un sorriso. Le dita intrise di
sangue cominciavano a formicolargli, mentre alle sue spalle il camion
81 agganciava il bus per spostarlo dalla strada e, poco distante, i
paramedici operavano sulla vittima la rianimazione. Il disperato
appello di Dowson al ragazzo, perché resistesse, si
mischiava alle urla tutt'intorno e al rumore dei corpi che spingevano
tra loro per avere un pezzo di quel dramma.
Osservò la scena con orrore, sentendo ancora
sotto i polpastrelli quel fiero e ostinato battito. Qualcuno gli
urtò la spalla, facendogli perdere per un attimo
l'equilibrio. Quando alzò lo sguardo, un ragazzo correva
verso i paramedici con un cellulare davanti a sé.
«Tu!» urlò Matt, marciando
verso il ragazzo che, preso di sorpresa, si voltò a
fissarlo. «Che diavolo pensi di fare? Non hai un po' di
rispetto, uhm?»
Avrebbe voluto distruggere la faccia instupidita di quel
ragazzo. Avrebbe voluto gettarlo a terra e colpirlo finché
anche il suo volto non fosse diventato una maschera di sangue. Lo
avrebbe fatto, ne era certo, se una mano decisa non gli avesse premuto
il petto e l'altra afferrato il gomito.
«Matt» ringhiò Kelly nel suo
orecchio, tirandolo via e stringendolo al proprio petto. Matt
cercò di liberarsi dalla presa, scalciando e dimenandosi.
«Calmati, Matt.»
L'alito caldo del moro gli sfiorò l'orecchio,
surriscaldato dalla furia. Sentiva il palmo aperto sul petto spingere
con forza e le dita serrarsi intorno all'incavo del suo gomito.
Cercò di riprendere il controllo, concentrando i suoi sensi
in quel contatto.
Sentiva gli sguardi di alcuni dei suoi uomini su di
sé e chiuse gli occhi, perché non riusciva ad
affrontarli, non ora.
«Okay, sono calmo» mormorò.
«Che succede qui?»
La voce potente di Boden lo fece trasalire. Kelly lo
lasciò andare subito. Accennò al ragazzo, che ora
argomentava rumorosamente con un ufficiale di polizia.
«Portate via quest'idiota!»
ringhiò Boden.
L'agente, aiutato da Cruz, riuscì ad allontanare
il ragazzo, mentre la barella veniva issata sul retro dell'ambulanza.
Il mezzo partì a tutta velocità, lanciando il suo
lamento a sirene spiegate.
«Tutto bene qui?» chiese il Comandante,
saettando lo sguardo tra i due tenenti.
«Tutto bene, Capo» si
affrettò a dire Severide, stringendo la spalla di Matt.
«Solo una scintilla, niente di importante.»
«Okay. Spostiamo questo affare e puliamo la
strada.»
Matt osservò il Comandante tornare alla sua
postazione d'osservazione dei lavori.
«Stai attento, Matt» mormorò
Kelly.
Il biondo aprì la bocca per replicare che non era
colpa sua se quell'idiota non aveva avuto il minimo senso comune, ma la
richiuse quando vide Hermann raggiungerli. Porse a Casey una
bottiglietta d'acqua e gli diede una pacca sulla spalla.
«Il mondo è pieno di idioti,
eh?» disse, indicando con il pollice dietro le spalle, gli
occhi fissi su Severide. «Quel ragazzo ti dovrebbe
ringraziare» commentò, prima di allontanarsi.
Matt bevve un lungo sorso d'acqua, notando all'angolo del
campo visivo lo sguardo concentrato di Kelly. Lo seguì,
trovandolo focalizzato su Hermann che aiutava gli altri a sgombrare la
strada. «Cosa?»
Kelly si riscosse e scrollò le spalle. «Niente,
niente. Dai, torniamo a lavoro.»
«Vuoi fare sul serio o preferisci andare
a ballare con le ragazzine?»
Matt alzò lo sguardo dal pavimento del ring,
inarcando le sopracciglia con quel ghigno sulle labbra. Si
raddrizzò e Kelly poté vedere i muscoli delle
braccia flettersi mentre dentro i guantoni i pugni si stringevano. Non
poté far altro che sorridere. Matt saltellò sul
posto, facendo ondeggiare la sottile canotta di una taglia
più grande, che già cominciava ad attaccarsi al
petto e alla schiena per il sudore. Kelly conosceva come propri i
movimenti di Matt sul ring. Cominciava con calma e il primo round era
solitamente uno schivare e parare; non era particolarmente forte o
dotato di tecnica, ma si muoveva in quel modo furtivo che aumentava la
frustrazione dell'avversario. Al secondo round, quando Kelly cominciava
ad anticipare le sue mosse e ad assestare qualche colpo ben mirato, i
movimenti di Matt diventavano meno controllati e più
scattanti. Verso la fine Matt cominciava a rimandare i colpi, ma erano
solo provocazioni. Il terzo round era il preferito di Kelly: limitarsi
alla difeva diventava impossibile, uno spreco di energie nella ricerca
del controllo; era allora che Matt cominciava a rispondere davvero ai
colpi.
Matt si passò l'avambraccio sulla fronte,
raccogliendo il sudore e la polvere. Battè i guantoni tra
loro e scrollò le spalle.
Kelly roteò gli occhi alla recita, ma fu preso
alla sprovvista da un colpo ben assestato al fianco.
«Wow...Fai sul serio, allora?»
Le sue parole furono inghiottite da una sequela di colpi e
parate, finché tra le mura spoglie rimbombò solo
il rumore dei guantoni contro i caschi protettivi e la pelle. Le suole
delle scarpe strusciavano sul pavimento, accavallandosi ai grugniti e
alle esalazioni di sorpresa o rabbia.
Kelly si ritrovò sormontato dalla furia di Matt,
costretto a portare gli avambracci davanti al volto per proteggersi dai
suoi attacchi. In passato, erano state poche le volte che erano giunti
a quel livello di scontro. Al quinto o sesto round, se la giornata era
stata buona.
«Avanti, Matt, così»
grugnì quando lo sentì rallentare.
Ebbe appena il tempo di scorgere uno scorcio del volto
contratto di Matt, prima di doversi ritirare dietro i propri guantoni
per parare altri colpi. Gli occhi solitamente calmi e gentili erano
infuocati e privi di focus, la stessa espressione che Matt assumeva
quando beveva un bicchiere di troppo, o la passione lo travolgeva
annebbiandogli la mente.
Un colpo alla mascella lo fece indietreggiare, mentre il
dolore si sprigionava come un fuoco, contraendogli i nervi. Si
aggrappò alle corde, stringendo i denti per non mostrare la
propria sofferenza. Oltre l'orgoglio, c'era il desiderio di non
interrompere quello scontro, di non far sprofondare Matt nella
realtà, strappandolo al meraviglioso fuoco che lo pervadeva.
Alzò lo sguardo e trovò il suo
compagno ritto di fronte a lui. Il fiato corto alzava ed appassava il
petto con forza. Tutto ciò che Kelly riuscì a
sentire era il calore di quel corpo e il suo respiro pesante che faceva
da contrattempo al proprio.
I muscoli tesi sembravano vibrare sotto la stoffa e la
pelle, le labbra schiuse e lo sguardo annebbiato. Fissandolo per un
momento di troppo, Kelly si accorse della sensazione che gli scioglieva
il ventre e di come il proprio sangue corresse nella direzione
sbagliata, lasciando tra le orecchie solo il palpito del cuore.
In un attimo gli fu addosso e, mentre Matt alzava i guantoni
per rispondere al colpo, Kelly strappò via i propri con
furia. Gli afferrò il volto con una mano e con l'altra gli
strinse la nuca, attirandolo in un feroce bacio. A corto d'aria, Matt
lo spinse indietro, spalancando gli occhi. Per un attimo ci furono solo
i loro respiri e i guantoni di Matt premuti contro il petto di Kelly, e
l'attimo dopo le loro labbra erano di nuovo incollate e Kelly spingeva
Matt indietro. Il biondo finì con la schiena contro le corde
e un grugnito sfuggì alle sue labbra.
«Sei sicuro...» mormorò a un
soffio dal suo volto, il fiato corto. «Che non ci
sia...nessuno?»
Kelly scosse la testa, aggredendo la sua gola e quel piccolo
pezzo di pelle tra l'orecchio e la nuca, che sapeva far perdere il
controllo a Matt. Rise sulla sua pelle quando lo sentì
esalare al diavolo,
poco prima di sentire le sue mani liberarsi dei guantoni e afferrargli
i fianchi.
Kelly non si lasciò tener fermo, tirandogli via i
polsi e congiungendo le sue mani sulle corde. Spinse con il proprio
corpo contro il suo, sentendolo gemere per la frizione.
Matt non sembrava voler cedere il controllo così
facilmente. Spinse con il bacino per liberarsi dalla morsa. In tutta
risposta, Kelly lasciò andare le sue mani per spingergli le
spalle indietro, facendolo urtare ancora contro le corde.
Soffocò il suo grugnito con un altro bacio, avventurandosi
con le mani oltre i sottili pantaloncini. Il biondo cominciava ad
arrendersi, reclinando la testa e leccandosi le labbra, in aspettativa
del lavoro delle mani esperte del compagno.
Sollevò appena le palpebre e fu allora che il
sangue si congelò nelle vene. Oltre i capelli di Kelly, che
sfregavano le sue labbra e gli inebriavano le narici, vide due occhi
spalancati fissarli dall'ingresso della stanza.
«Cazzo» esalò, spingendo
indietro Kelly.
Il moro barcollò e lo guardò irritato
e confuso. «Che ti prende?»
«Mills!»
Kelly rimase pietrificato. Si voltò appena in
tempo per vedere il candidato indietreggiare e correre via. Stava per
buttarsi giù dal ring quando Matt gli afferrò con
forza il braccio.
«Vado io» disse. Senza attendere
replica, superò le corde e cominciò a correre
verso l'uscita. Kelly non poté fare altro che grugnire una
serie di spergiuri, portandosi le mani tra i capelli.
«Mills!» urlò Matt, seguendo
la schiena del candidato. «Peter!»
Il ragazzo si bloccò nel mezzo dello scuro
corridoio, voltandosi di colpo. Matt non era certo di come leggere la
sua espressione: c'era shock -e questo era normale- e c'era qualcosa di
davvero indefinibile. Forse rabbia, risentimento, sfiducia. Matt non
voleva davvero saperlo.
Lo raggiunse e riprese fiato, portando una mano avanti per
bloccarlo.
«Senti, non so cosa hai visto-»
«Abbastanza» rispose caustico Peter. Era
confuso ogni oltre misura e la sua mente viaggiava in troppe direzioni
per articolare un pensiero lineare. Si chiedeva se fosse l'unico a non
aver visto arrivare quella relazione, se gli altri sapessero e lui
fosse stato escluso per sfiducia, se Gaby sapesse e non glielo avesse
detto per lo stesso motivo. Questo pensiero feriva più di
tutti gli altri. Guardò il proprio Tenente e in quel momento
ricordò perché lo stimava così tanto
come uomo: Casey era ritto davanti a lui e attendeva la sua reazione,
senza profondersi in scuse vane. Fiero e sicuro. Sospirò e
cercò di raccogliere i propri sentimenti, perché
Casey non meritava la sua rabbia. «Senta, Tenente, non sono
affari miei.»
«No, infatti» disse Matt. Era combattuto
tra il congedarsi e il bisogno di spiegarsi. Mills non aveva mai
mostrato altro che rispetto nei suoi confronti e, benché
fosse un subordinato, Matt sentiva il bisogno di ricambiare.
«So che non lo dirai a nessuno, ma se hai problemi
con...questa cosa, dimmelo.»
Mills si accigliò, poi distolse lo sguardo. No,
non aveva alcun problema con questa
cosa, anche se gli sembrava di aver assistito a un sogno,
o un'allucinazione. Da quando era entrato alla 51, aveva visto Severide
e Casey beccarsi a vicenda e lanciarsi più che innoque
battute. C'erano state volte in cui si era sentito al centro di un
fuoco incrociato, chiedendosi quando ne sarebbe caduto vittima. Ora,
stranamente, tutto gli sembrava avere un po' più senso.
«Tenente, ciò che penso di lei non
è cambiato» affermò convinto,
fissandolo negli occhi.
Matt annuì e gli diede una pacca sulla spalla.
«Sei un bravo ragazzo, Mills.»
Peter accennò un sorriso, ancora troppo intontito
per rispondere con qualcosa di sensato. Si voltò, poi ci
ripensò e chiese: «Boden...lui lo sa?»
Matt scosse la testa.
«Dovreste dirglielo» mormorò
Peter, prima di allontarsi.
Matt lo guardò svoltare l'angolo e
riuscì finalmente a sospirare di sollievo. L'idea che Mills
ora sapesse non gli piaceva molto, ma in fondo credeva a ciò
che aveva detto. Ciò che lo turbava era il modo in cui il
ragazzo aveva parlato di Boden. Si massaggiò la nuca, mentre
scenari di come il Comandante avrebbe reagito galopparono feroci nella
sua mente. Preso da quelle immagini, sussultò quando una
mano si posò sulla sua spalla.
«Bhe?» chiese Kelly, guardandolo in
aspettativa.
«Proiettile schivato» mormorò
Matt. «Per ora» aggiunse oltrepassandolo.
«Hey!» lo richiamò Kelly,
urlando per farsi sentire. «Ci stai ancora per un altro
round?»
Matt sorrise, sapendo esattamente a cosa il compagno si
riferisse. Si voltò e, senza fermarsi, rispose:
«Forse...»
Note: Hello! Scusate
immensamente per il lungo periodo di attesa, problemi con il pc e con
la vita in generale mi hanno impedito di essere assidua.
Cercherò di essere più presente. Grazie a chi
continua a seguirmi e continuerà :)
A presto, Ax.
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