Partenza
-Ah,
signorina Tomas!-
Mi
voltai alla scrivania di Vidic, e vidi che il vecchio veniva verso di
me.
-Che
succede, Doc?- domandai sdraiata sull’Animus.
-Volevo
avvertirla che il ricordo dal quale cominceremo potrebbe essere
tutt’altro di quello che si aspetta-.
-Non
è un problema, ma di che cosa si tratta? Anzi!- feci io, ma
presto me ne sarei pentita. –Non mi dica nulla, voglio
riservarmi la sorpresa-.
Mentre
Vidic mi fissava serio, sorrisi e poggiai per bene la testa a guardare
il soffitto. –Per ora spero solo che questi non siano i 4
mesi e 32 giorni più lunghi della mia vita-.
Proferendo
così, ebbi la familiare sensazione del vuoto sotto e sopra i
miei piedi, sui palmi delle mani e tra un capello e l’altro.
Poi
fu tutto bianco di una luce accecante.
La
spada passò attraverso le placche dell’armatura, e
a seguire traforò la cotta di maglia. Raggiunse la carne, e
lei spinse ancora finché il suo corpo non fu attaccato a
quello dell’uomo. Nella sua mano teneva stretta
l’impugnatura dell’arma.
Il
suono delle costole che si spezzavano e dei tessuti lacerati le
rimbombò nelle orecchie mentre il corpo si accasciava al
suolo senza vita. Un colpo ben piazzato aveva ucciso un soldato di
Corrado nel bel mezzo della notte, ma il cielo sopra le guglie di San
Giovanni d’Acri era celato da un’immensa nube
grigia.
La
ragazza si guardò attorno terrorizzata di quello che aveva
fatto. I suoi occhi mostravano due pupille dilatate e restavano
spalancati dalla paura. Che cosa aveva fatto, si chiese nel recuperare
l’arma dal petto dell’uomo. Poi sparì
avvolta dall’ombra di un vicolo.
Cercò
di rallentare il suo cuore, di calmare i suoi polmoni che si gonfiavano
e sgonfiavano troppo rapidamente. Si nascose
nell’oscurità, e scivolò sulla parete
fin a toccare la pietra sporca della stradina.
Era
con le spalle contro il muro di una vecchia chiesa quando una guardia
notturna, che portava una torcia alla mano, si chinò ad
osservare il corpo del compagno. –Ehi!
Com’è possibile?!- domandò osservandosi
in giro guardingo. –Maledetta, vieni fuori! So che ti
nascondi, bastarda!- si alzò e sguainò la spada
dal fodero.
La
ragazza si strinse l’arma al petto e cercò di
pensare a qualcosa che potesse distrarla, e con impegno
trasportò la sua mente lontana da quel luogo.
Un
piede le scivolò in una pozza d’acqua che
s’increspò all’istante. –No!-
mormorò e già le mancava di nuovo il fiato.
-Trovata!-
La
luce della fiaccola illuminò il vicolo e il viso della
sentinella fu a pochi passi dal suo quando tentò di scappare
verso la fine del vicolo, il più lontano possibile.
-Non
vai da nessuna parte!- disse la guardia tirandola per i vestiti, e con
una forza disumana la scagliò fuori dalla stradina.
La
ragazza ruzzolò accanto all’uomo che aveva ucciso
e anche oltre, tenendo sempre la spada con sé.
Quando
riacquistò i sensi, l’uomo veniva verso di lei
divertito. –Per poco non mi sfuggivi, ragazzina!-
sogghignò il cavaliere.
Lei
tentò di trascinarsi in piedi, ma il soldato la spinse di
nuovo giù. –Ora non fai più tanto la
prepotente!- le gridò.
Lei
si rannicchiò vicino ad un barile. –Lasciami
andare!- invocò disperata, ed inghiottì le prime
lacrime.
-Hai
ucciso tu quest’uomo?!- ruggì la guardia facendo
un balzo verso di lei, che per lo spavento ebbe un tremito.
–Sei un’assassina, è così?!-
-No,
non lo sono…! Ora ti prego, farò tutto quello che
vuoi, ma non uccidermi… ti prego. Io non volevo colpirlo, io
non volevo, io devo andarmene…- disse con voce rauca per il
pianto.
L’uomo
abbassò allora la guardia, e le si avvicinò
ancora, si chinò e le venne ancora, ancora vicino.
–Forse- le sussurrò all’orecchio.
–Forse possiamo raggiungere un accordo-.
A
quel punto, il sorriso malizioso che aveva in volto si
tramutò lentamente in un grido muto di dolore.
La
torcia gli cadde di mano e subito fu spenta dalla pioggia che venne
giù violenta e all’improvviso.
-Mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace…- disse lei a denti
stretti, e guardò come il soldato scivolava di lato in una
pozza di sangue.
La
ragazza provò ad alzarsi, ma ricadde piangendo e lasciando
la spada che aveva tenuto. Con le ginocchia nel sangue
dell’innocente che aveva ucciso, si portò le mani
al viso e pianse come non aveva mai pianto.
Nella
sua mente, le ultime parole di suo padre riecheggiavano come uno stormo
di corvi attorno ad un campo di grano.
Tutto
era cominciato poche ore prima, quando il vecchio l’aveva
chiamata a raggiungerlo in veranda. Lei aveva obbedito, posando il suo
libro e andandogli incontro.
Aveva
cominciato più o meno così: -Non ho molto tempo
per darti le indicazioni di cui avrai bisogno- ed era accorso in cucina
a prendere del pane, che poi aveva avvolto in una pezza assieme a del
formaggio. Mentre gesticolava, le aveva parlato così: -Tra
pochi minuti degli uomini entreranno in casa nostra e razzieranno
questo luogo. Ma prima che ciò accada, voglio che tu sia il
più lontano possibile-.
Lei
all’inizio non aveva afferrato il senso delle sue parole, ma
il vecchio non aveva fatto tregua per permetterle delle
domande. –Prendi questa e non separartene mai,
tanto meno non leggerla. Non sono parole indirizzate a te, ma ad una
donna di nome Adha. Ella vive a nord di qui, dove tra le montagne si
cela un villaggio millenario di nome Masyaf. È lì
che sei diretta, ed è lì che troverai Adha.
Quando arriverai alle mura della città degli uomini non ti
lasceranno passare. Tu mostra loro questo- il vecchio allora le era
venuto vicino e le aveva scoperto il braccio sinistro.
-Elena-
le aveva detto. –Questo te lo feci io quando eri in fasce
affinché quando fosse venuto questo giorno, tu non avessi
bisogno di soffrire oltremodo. Ma ora voglio che tu metta in pratica
tutti gli insegnamenti che ti ho dato, voglio che quando ti troverai
circondata dagli uomini di Corrado, tu combatta come ho avuto
l’onore di insegnarti. Elena- aveva aggiunto in tono cupo e
inquieto. –Masyaf non è una città come
le altre. Quando sarà il momento, voglio in fine che tu ti
affidi ad Adha, qualsiasi decisione ella prenda per te. In questa
lettera ci sono segreti che non puoi sapere per ora, ma che
sarà lei a rivelarti a tempo opportuno. A proposito di
tempo-. L’aveva abbracciata e mentre lei lo stringeva a
sé, lui le aveva legato alla vita il fodero di una vecchia
spada, rozza e dalla forma comune. –Non
c’è più tempo- aveva detto.
-Padre,
non capisco, cosa sta succedendo?!- senza che il vecchio potesse
aggiungere altro, la porta di casa si era rovesciata a terra
accompagnata da un boato di voci.
-Va’
Elena!- le aveva gridato l’uomo spingendola su per le scale.
-Corri di sopra! Scappa!!! Trova Adha e…- non aveva potuto
finire, che una freccia gli aveva trapassato il corpo, e Corrado e i
suoi uomini avevano fatto irruzione nell’abitazione.
La
ragazza si prese un momento per se stessa, e stette una manciata di
secondi a fissare il vuoto davanti a sé.
Strazianti
allenamenti avevano dato i loro frutti e ora, due dei milioni di uomini
di Corrado giacevano a terra per mano sua.
Chi
era Adha?
E
perché suo padre la conosceva?
Qual’era
la strada più veloce per Masyaf?
Perché
quelli uomini avevano ucciso suo padre?
Perché
lei aveva ucciso loro?
Come
sarebbe andata a vanti, come avrebbe resistito alla tentazione di
leggere quella lettera e di scappare tutt’altro che verso
quest’ignota destinazione qual’era Masyaf.
Elena
era abbastanza grande da potersi gestire da sola, aveva compiuto 17
anni il mese di giugno, e fin da piccola era stata molto diversa da
tutte le altre ragazze del distretto. Ma perché se ne
rendeva conto solo ora che stava a piangere sotto le intemperie nel bel
mezzo di Acri?
Non
si era mai spiegata perché suo padre le avesse insegnato ad
usare un’arma tanto mascolina, e le avesse riempito la testa
di come andava la guerra tra Saldino e Riccardo. La pace di Ramla era
stata stipulata tra le due fazioni giusto pochissimi giorni prima, ma
poteva rientrare in tutte le vicende assurde che le stavano capitando?
-Non
è un caso…- si disse alzandosi.
Strinse
la spada, e con una mano raggiunse la tasca dei vestiti, dove la
pioggia stava rovinando l’involucro della lettera che il
vecchio le aveva affidato.
Suo
padre l’aveva nascosta ad una vita normale per preparala a
qualcosa che sicuramente l’attendeva oltre le mura di questa
Masyaf, città della quale, nella sua ignoranza, non aveva
mai sentito parlare.
La
pioggia ormai era dappertutto: per terra e nei suoi vestiti.
Si
allontanò dalla strada e intraprese i vicoli bui tra una
palazzina e un’altra per evitare di essere vista con del
sangue sui vestiti.
Rinfoderò
la spada con cautela e, passo dopo passo, raggiunse le mura della
città senza troppi problemi.
Il
fastidio più grande fu il freddo, che le lacerò
la pelle e la rese vittima di continui spasmi, senza parlare dei denti
che battevano.
C’erano
arcieri appostati sull’alto dei muri ridotti a macerie del
quartiere povero, 4 guardie a controllare l’ingresso di Acri
e altre che facevano continue pattuglie tutt’attorno.
Nascosta
nella penombra, Elena pregò che andasse tutto bene
perché a quel punto avrebbe dovuto aprirsi la strada
combattendo. Di nuovo.
Stava
quasi per mettere piede fuori dall’ombra, quando un uomo
comparve correndo con la spada in mano, una guardia, e andò
dritto verso i quattro soldati appostati sotto l’arco di
pietra.
Si
scambiarono qualche parola, poi due delle sentinelle si allontanarono
di corsa insieme alla guardia che aveva corso fin lì.
Questo
le facilitava le cose.
Sguainò
la lama e, con tremori alle gambe, deglutì e si
mostrò ai soldati.
-Ehi!
Guarda qua!- il primo si armò all’istante, mentre
l’altro sembrava... dormire.
–Stupido,
è la figlia dell’assassino di cui ci parlava
quello! Svegliati!- il primo gli diede un calcio e lui
scattò con la guardia pronta. –Eh, dove? Cosa?
Chi?-
La
ragazza non si fece distrarre, e approfittò dello
smarrimento del secondo. Lo colpì di striscio ad un braccio,
e riuscì a scartare di lato quando la prima guardia le fu
addosso.
Con
la massima precisione, colpì al petto la prima guardia, che
subito si accasciò al suolo.
La
seconda, in preda alla collera, divenne un duro avversario.
All’inizio la ragazza riuscì a tenergli testa
grazie alle parate fluide che le aveva insegnato il suo maestro, ma
quando i muscoli non allenati cominciarono a formicolare, ed in fine a
cedere, l’uomo riuscì ad aprirle una ferita
profonda sulla gamba.
-Vediamo
come te la cavi ora, mocciosa!- le gridò contro vedendola in
difficoltà.
La
ragazza si piegò dal dolore. Mai suo padre si era spinto a
insegnarle cosa fosse la sofferenza fisica, e tanto meno quali fossero
le reazioni in lei ad un simile squarto.
Lasciò
che la spada le cadesse di mano, e scivolò
all’indietro.
-Guardatela,
poverina…- fece lui girandole in tondo. –Cosa
vorresti che facessi, eh? Che ti lasciassi andare? Sappiamo dove sei
diretta! Erano mesi che le nostre spie pedinavano il tuo vecchio!-
-Cosa?!-
balbettò lei con un filo di voce.
-Vuoi
sapere come sono andate le cose? O meglio, come andranno? Quel vecchio
bastardo domani mattina sarà appeso per il collo vicino alla
grande Cattedrale come avvertimento per tutti quelli come lui!-.
-Non
so… non so di cosa parli!-
-Non
mentire!- le puntò la spada al petto. –Oltre che
essere capace di far strage dei nostri uomini, hai anche la lingua
lunga. Quindi finiamo questa storia prima che anche io rimanga
coinvolto tra le tue vittorie! Questo non vuol dire che io ti tema,
ragazza, e sappi che di fronte alla tua razza nessuno di noi
temerà la morte!-
La
guardia si stava fregando con le sue stesse mani, stava spaziando il
discorso e volgeva spesso gli occhi altrove, distratto dalle parole che
cercava nella sua mante poi da gettarle in faccia a mo’ di
strafottente.
Così
la ragazza lo colpì al cavallo con la punta della scarpa, e
fu lui quella volta a contorcersi dal dolore.
-
Cos’è che hai detto su mio padre?!- si
alzò ignorando il sangue che colava sulla gamba e lo
minacciò alla gola con la lama.
-Bastardo!
Maledetto eretico come tutti gli altri!- l’uomo si rotolala a
terra tenendosi le mani sui punti bassi, e la voce gli era salita di
un’ottava al minimo.
Alla
ragazza scappò un risolino vedendo la guardia provare a
svignarsela strisciando con una sola mano. –La pagherai! La
pagherete tutti…- bisbigliò rabbioso.
Lui
non le sarebbe stato più d’intralcio, ed era ora
di continuare la sua avventura.
Si
voltò verso l’arco di pietra e vi si
riparò dalla pioggia qualche istante.
Era
arrivata la tempesta più nera su Acri, con tanto di tuoni e
fulmini. Una volta fuori dalla città, montò sul
primo cavallo che le capitò.
-Prendetela!-
sentì alle sue spalle, e subito partì al galoppo.
Le
tirarono contro una quindicina di frecce prima che riuscisse a sparire
oltre la coltre di acqua che cadeva a fiotti dal cielo.
|