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Autore: cartacciabianca    12/01/2009    2 recensioni
[…] I due assassini si issarono sui bastioni della fortezza e furono a portata degli arcieri. -Via, via, via!- Altair l’afferrò per il cappuccio e la trascinò di corsa verso l’angolo della fortezza, che culminava con una torre, la quale facciata dava sull’immenso piazzale del distretto nobiliare. -Salta!- Altair la spinse giù e i due assassini, accompagnati dal ruggito di un’aquila, si gettarono nel vuoto. Nel bel mezzo del volo Altair la strinse a sé, ed Elena si avvinghiò a lui che, capovolgendosi in aria, atterrò di schiena nel cesto. Poi fu il silenzio, scortato dal canto delle campane d’allarme, ma almeno le voci dei soldati e le grida degli arcieri erano cessate. […]
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dea tra gli Angeli' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Partenza







-Ah, signorina Tomas!-
Mi voltai alla scrivania di Vidic, e vidi che il vecchio veniva verso di me.
-Che succede, Doc?- domandai sdraiata sull’Animus.
-Volevo avvertirla che il ricordo dal quale cominceremo potrebbe essere tutt’altro di quello che si aspetta-.
-Non è un problema, ma di che cosa si tratta? Anzi!- feci io, ma presto me ne sarei pentita. –Non mi dica nulla, voglio riservarmi la sorpresa-.
Mentre Vidic mi fissava serio, sorrisi e poggiai per bene la testa a guardare il soffitto. –Per ora spero solo che questi non siano i 4 mesi e 32 giorni più lunghi della mia vita-.
Proferendo così, ebbi la familiare sensazione del vuoto sotto e sopra i miei piedi, sui palmi delle mani e tra un capello e l’altro.
Poi fu tutto bianco di una luce accecante.

La spada passò attraverso le placche dell’armatura, e a seguire traforò la cotta di maglia. Raggiunse la carne, e lei spinse ancora finché il suo corpo non fu attaccato a quello dell’uomo. Nella sua mano teneva stretta l’impugnatura dell’arma.
Il suono delle costole che si spezzavano e dei tessuti lacerati le rimbombò nelle orecchie mentre il corpo si accasciava al suolo senza vita. Un colpo ben piazzato aveva ucciso un soldato di Corrado nel bel mezzo della notte, ma il cielo sopra le guglie di San Giovanni d’Acri era celato da un’immensa nube grigia.
La ragazza si guardò attorno terrorizzata di quello che aveva fatto. I suoi occhi mostravano due pupille dilatate e restavano spalancati dalla paura. Che cosa aveva fatto, si chiese nel recuperare l’arma dal petto dell’uomo. Poi sparì avvolta dall’ombra di un vicolo.
Cercò di rallentare il suo cuore, di calmare i suoi polmoni che si gonfiavano e sgonfiavano troppo rapidamente. Si nascose nell’oscurità, e scivolò sulla parete fin a toccare la pietra sporca della stradina.
Era con le spalle contro il muro di una vecchia chiesa quando una guardia notturna, che portava una torcia alla mano, si chinò ad osservare il corpo del compagno. –Ehi! Com’è possibile?!- domandò osservandosi in giro guardingo. –Maledetta, vieni fuori! So che ti nascondi, bastarda!- si alzò e sguainò la spada dal fodero.
La ragazza si strinse l’arma al petto e cercò di pensare a qualcosa che potesse distrarla, e con impegno trasportò la sua mente lontana da quel luogo.
Un piede le scivolò in una pozza d’acqua che s’increspò all’istante. –No!- mormorò e già le mancava di nuovo il fiato.
-Trovata!-
La luce della fiaccola illuminò il vicolo e il viso della sentinella fu a pochi passi dal suo quando tentò di scappare verso la fine del vicolo, il più lontano possibile.
-Non vai da nessuna parte!- disse la guardia tirandola per i vestiti, e con una forza disumana la scagliò fuori dalla stradina.
La ragazza ruzzolò accanto all’uomo che aveva ucciso e anche oltre, tenendo sempre la spada con sé.
Quando riacquistò i sensi, l’uomo veniva verso di lei divertito. –Per poco non mi sfuggivi, ragazzina!- sogghignò il cavaliere.
Lei tentò di trascinarsi in piedi, ma il soldato la spinse di nuovo giù. –Ora non fai più tanto la prepotente!- le gridò.
Lei si rannicchiò vicino ad un barile. –Lasciami andare!- invocò disperata, ed inghiottì le prime lacrime.
-Hai ucciso tu quest’uomo?!- ruggì la guardia facendo un balzo verso di lei, che per lo spavento ebbe un tremito. –Sei un’assassina, è così?!-
-No, non lo sono…! Ora ti prego, farò tutto quello che vuoi, ma non uccidermi… ti prego. Io non volevo colpirlo, io non volevo, io devo andarmene…- disse con voce rauca per il pianto.
L’uomo abbassò allora la guardia, e le si avvicinò ancora, si chinò e le venne ancora, ancora vicino. –Forse- le sussurrò all’orecchio. –Forse possiamo raggiungere un accordo-.
A quel punto, il sorriso malizioso che aveva in volto si tramutò lentamente in un grido muto di dolore.
La torcia gli cadde di mano e subito fu spenta dalla pioggia che venne giù violenta e all’improvviso.
-Mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace…- disse lei a denti stretti, e guardò come il soldato scivolava di lato in una pozza di sangue.
La ragazza provò ad alzarsi, ma ricadde piangendo e lasciando la spada che aveva tenuto. Con le ginocchia nel sangue dell’innocente che aveva ucciso, si portò le mani al viso e pianse come non aveva mai pianto.
Nella sua mente, le ultime parole di suo padre riecheggiavano come uno stormo di corvi attorno ad un campo di grano.
Tutto era cominciato poche ore prima, quando il vecchio l’aveva chiamata a raggiungerlo in veranda. Lei aveva obbedito, posando il suo libro e andandogli incontro.
Aveva cominciato più o meno così: -Non ho molto tempo per darti le indicazioni di cui avrai bisogno- ed era accorso in cucina a prendere del pane, che poi aveva avvolto in una pezza assieme a del formaggio. Mentre gesticolava, le aveva parlato così: -Tra pochi minuti degli uomini entreranno in casa nostra e razzieranno questo luogo. Ma prima che ciò accada, voglio che tu sia il più lontano possibile-.
Lei all’inizio non aveva afferrato il senso delle sue parole, ma il vecchio non aveva fatto tregua per permetterle delle domande.  –Prendi questa e non separartene mai, tanto meno non leggerla. Non sono parole indirizzate a te, ma ad una donna di nome Adha. Ella vive a nord di qui, dove tra le montagne si cela un villaggio millenario di nome Masyaf. È lì che sei diretta, ed è lì che troverai Adha. Quando arriverai alle mura della città degli uomini non ti lasceranno passare. Tu mostra loro questo- il vecchio allora le era venuto vicino e le aveva scoperto il braccio sinistro.
-Elena- le aveva detto. –Questo te lo feci io quando eri in fasce affinché quando fosse venuto questo giorno, tu non avessi bisogno di soffrire oltremodo. Ma ora voglio che tu metta in pratica tutti gli insegnamenti che ti ho dato, voglio che quando ti troverai circondata dagli uomini di Corrado, tu combatta come ho avuto l’onore di insegnarti. Elena- aveva aggiunto in tono cupo e inquieto. –Masyaf non è una città come le altre. Quando sarà il momento, voglio in fine che tu ti affidi ad Adha, qualsiasi decisione ella prenda per te. In questa lettera ci sono segreti che non puoi sapere per ora, ma che sarà lei a rivelarti a tempo opportuno. A proposito di tempo-. L’aveva abbracciata e mentre lei lo stringeva a sé, lui le aveva legato alla vita il fodero di una vecchia spada, rozza e dalla forma comune. –Non c’è più tempo- aveva detto.
-Padre, non capisco, cosa sta succedendo?!- senza che il vecchio potesse aggiungere altro, la porta di casa si era rovesciata a terra accompagnata da un boato di voci.
-Va’ Elena!- le aveva gridato l’uomo spingendola su per le scale. -Corri di sopra! Scappa!!! Trova Adha e…- non aveva potuto finire, che una freccia gli aveva trapassato il corpo, e Corrado e i suoi uomini avevano fatto irruzione nell’abitazione.
La ragazza si prese un momento per se stessa, e stette una manciata di secondi a fissare il vuoto davanti a sé.
Strazianti allenamenti avevano dato i loro frutti e ora, due dei milioni di uomini di Corrado giacevano a terra per mano sua.
Chi era Adha?
E perché suo padre la conosceva?
Qual’era la strada più veloce per Masyaf?
Perché quelli uomini avevano ucciso suo padre?
Perché lei aveva ucciso loro?
Come sarebbe andata a vanti, come avrebbe resistito alla tentazione di leggere quella lettera e di scappare tutt’altro che verso quest’ignota destinazione qual’era Masyaf.
Elena era abbastanza grande da potersi gestire da sola, aveva compiuto 17 anni il mese di giugno, e fin da piccola era stata molto diversa da tutte le altre ragazze del distretto. Ma perché se ne rendeva conto solo ora che stava a piangere sotto le intemperie nel bel mezzo di Acri?
Non si era mai spiegata perché suo padre le avesse insegnato ad usare un’arma tanto mascolina, e le avesse riempito la testa di come andava la guerra tra Saldino e Riccardo. La pace di Ramla era stata stipulata tra le due fazioni giusto pochissimi giorni prima, ma poteva rientrare in tutte le vicende assurde che le stavano capitando?
-Non è un caso…- si disse alzandosi.
Strinse la spada, e con una mano raggiunse la tasca dei vestiti, dove la pioggia stava rovinando l’involucro della lettera che il vecchio le aveva affidato.
Suo padre l’aveva nascosta ad una vita normale per preparala a qualcosa che sicuramente l’attendeva oltre le mura di questa Masyaf, città della quale, nella sua ignoranza, non aveva mai sentito parlare.
La pioggia ormai era dappertutto: per terra e nei suoi vestiti.
Si allontanò dalla strada e intraprese i vicoli bui tra una palazzina e un’altra per evitare di essere vista con del sangue sui vestiti.
Rinfoderò la spada con cautela e, passo dopo passo, raggiunse le mura della città senza troppi problemi.
Il fastidio più grande fu il freddo, che le lacerò la pelle e la rese vittima di continui spasmi, senza parlare dei denti che battevano.
C’erano arcieri appostati sull’alto dei muri ridotti a macerie del quartiere povero, 4 guardie a controllare l’ingresso di Acri e altre che facevano continue pattuglie tutt’attorno.
Nascosta nella penombra, Elena pregò che andasse tutto bene perché a quel punto avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo. Di nuovo.
Stava quasi per mettere piede fuori dall’ombra, quando un uomo comparve correndo con la spada in mano, una guardia, e andò dritto verso i quattro soldati appostati sotto l’arco di pietra.
Si scambiarono qualche parola, poi due delle sentinelle si allontanarono di corsa insieme alla guardia che aveva corso fin lì.
Questo le facilitava le cose.
Sguainò la lama e, con tremori alle gambe, deglutì e si mostrò ai soldati.
-Ehi! Guarda qua!- il primo si armò all’istante, mentre l’altro sembrava... dormire.
–Stupido, è la figlia dell’assassino di cui ci parlava quello! Svegliati!- il primo gli diede un calcio e lui scattò con la guardia pronta. –Eh, dove? Cosa? Chi?-
La ragazza non si fece distrarre, e approfittò dello smarrimento del secondo. Lo colpì di striscio ad un braccio, e riuscì a scartare di lato quando la prima guardia le fu addosso.
Con la massima precisione, colpì al petto la prima guardia, che subito si accasciò al suolo.
La seconda, in preda alla collera, divenne un duro avversario. All’inizio la ragazza riuscì a tenergli testa grazie alle parate fluide che le aveva insegnato il suo maestro, ma quando i muscoli non allenati cominciarono a formicolare, ed in fine a cedere, l’uomo riuscì ad aprirle una ferita profonda sulla gamba.
-Vediamo come te la cavi ora, mocciosa!- le gridò contro vedendola in difficoltà.
La ragazza si piegò dal dolore. Mai suo padre si era spinto a insegnarle cosa fosse la sofferenza fisica, e tanto meno quali fossero le reazioni in lei ad un simile squarto.
Lasciò che la spada le cadesse di mano, e scivolò all’indietro.
-Guardatela, poverina…- fece lui girandole in tondo. –Cosa vorresti che facessi, eh? Che ti lasciassi andare? Sappiamo dove sei diretta! Erano mesi che le nostre spie pedinavano il tuo vecchio!-
-Cosa?!-  balbettò lei con un filo di voce.
-Vuoi sapere come sono andate le cose? O meglio, come andranno? Quel vecchio bastardo domani mattina sarà appeso per il collo vicino alla grande Cattedrale come avvertimento per tutti quelli come lui!-.
-Non so… non so di cosa parli!-
-Non mentire!- le puntò la spada al petto. –Oltre che essere capace di far strage dei nostri uomini, hai anche la lingua lunga. Quindi finiamo questa storia prima che anche io rimanga coinvolto tra le tue vittorie! Questo non vuol dire che io ti tema, ragazza, e sappi che di fronte alla tua razza nessuno di noi temerà la morte!-
La guardia si stava fregando con le sue stesse mani, stava spaziando il discorso e volgeva spesso gli occhi altrove, distratto dalle parole che cercava nella sua mante poi da gettarle in faccia a mo’ di strafottente.
Così la ragazza lo colpì al cavallo con la punta della scarpa, e fu lui quella volta a contorcersi dal dolore.
- Cos’è che hai detto su mio padre?!- si alzò ignorando il sangue che colava sulla gamba e lo minacciò alla gola con la lama.
-Bastardo! Maledetto eretico come tutti gli altri!- l’uomo si rotolala a terra tenendosi le mani sui punti bassi, e la voce gli era salita di un’ottava al minimo.
Alla ragazza scappò un risolino vedendo la guardia provare a svignarsela strisciando con una sola mano. –La pagherai! La pagherete tutti…- bisbigliò rabbioso.
Lui non le sarebbe stato più d’intralcio, ed era ora di continuare la sua avventura.
Si voltò verso l’arco di pietra e vi si riparò dalla pioggia qualche istante.
Era arrivata la tempesta più nera su Acri, con tanto di tuoni e fulmini. Una volta fuori dalla città, montò sul primo cavallo che le capitò.
-Prendetela!- sentì alle sue spalle, e subito partì al galoppo.
Le tirarono contro una quindicina di frecce prima che riuscisse a sparire oltre la coltre di acqua che cadeva a fiotti dal cielo.
   
 
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