j
«
Abbiamo un ospite. » Peach divulgò la notizia al
resto dei compagni di viaggio non appena tutti si furono seduti per
consumare la colazione.
«
Mi pareva infatti di aver sentito qualcuno usare la doccia questa notte
» considerò Iggy, sollevato di non aver avuto le
traveggole. Senza alcuna spiegazione logica il ciuffo del bowserotto
tendeva a pendere da un verso invece di restare dritto come sempre
quando questi si era svegliato da poco.
«
E chi sarebbe costui? » domandò Ludwig prendendo possesso
della mela più rossa dalla cesta di frutta a centrotavola.
«
Un wrestler. » Alla risposta della principessa diversi sguardi si
alzarono con curiosità dai rispettivi piatti.
«
Lo abbiamo trovato noi » si vantarono i koopolotti più
piccoli che avevano chiesto ospitalità a Lemmy per quella notte.
«
Trovato? Gli oggetti smarriti si trovano, o al limite un animale
randagio » commentò perplessa Wendy con una piramide di
bigodini in testa.
«
Come si chiama? » volle informarsi Morton sotto una nuvola scura
di capelli spettinati, il più infervorato alla novella.
« Paperoga » grugnì Bowser, mettendosi in bocca una frittella intera.
« Falkoman » lo corresse Peach, scoccandogli uno sguardo d'avvertimento.
Il
ragazzotto saltò sulla sedia come un pupazzo a molla. « Il
Fulmine Dorato, il Mago delle tecniche volanti, la Trebbiatrice di vite
umane, il Reattore Nucleare di Oolong?! Se ormai non valesse mezza
cicca, glielo chiederei pure l’autografo… »
«
Figurati se lui non s'intendeva di queste fesserie »
commentò Roy, bevendo il suo cappuccino ed omettendo di essere
anch'egli al corrente dell'identità del loro ospite, sebbene non
si definisse un suo fan.
«
Il signor Falkoman sta affrontando un periodo difficile, per cui siate
tutti cordiali con lui » si raccomandò la principessa
includendo il genitore stesso nell'avviso.
«
Un “periodo difficile” è un generoso eufemismo
» osservò distrattamente Morton, sbocconcellando il suo
pancake al caramello. « Ha perso il titolo da oltre sei mesi e ha
subito più sconfitte in questo lasso di tempo che in tutta
l'intera carriera, ormai bella che distrutta insieme al suo onore di
lottatore, tanto che lo hanno sbattuto fuori dal circolo senza nemmeno
un saluti e baci e
bandito dal ring. Nessuno scommetterebbe più una suola rotta su
di lui e così non ha nemmeno una chance di rientrare nel giro,
sia qui che in qualunque altra associazione di wrestling, visto che la
sua credibilità è precipitata più in basso di
Gandalf il Grigio nell'abisso di Khazad-dûm. »
«
Mi è piaciuto specialmente il gran finale »
commentò il re pago, senza scomodarsi di celare la sua
sincerità.
«
E chi è stato a sottrargli il titolo? » domandò
Peach confiscandogli per punizione il piatto ancora pieno.
Tuttavia,
prima che il bowserotto potesse svelare il mistero, il soggetto della
conversazione si fece puntualmente vivo a passo barcollante, ancora
stordito dall'emozione di aver dormito su un letto vero e completamente
ignaro dell'attenzione riservatagli già prima di entrare. I
sorrisi di benvenuto e con una punta di commiserazione si rilassarono
verso il basso fino a diventare bocche schiuse per lo sconcerto.
«
Copriti, mentecatto! » latrò Bowser, schermando col palmo
della mano gli occhi innocenti della sua Wendy mentre le labbra della
ragazzina erano rimaste le sole ancora rivolte verso l'alto.
Un
arruffatissimo Falkoman, con indosso solo un asciugamano precariamente
avvolto intorno alla vita e che arrivava a malapena a nascondere per
intero il suo lato B, si studiò interrogativo aggrottando le
sopracciglia. « Sono coperto.
» Prese posto tra Junior e Larry che lo accolsero con letizia,
fieri di essere gli artefici dell'ultima singolare attrattiva a bordo e
contestualmente conquistatisi un nuovo amico.
Peach
si occupò delle dovute presentazioni e gli sistemò
davanti il piatto di pancake su cui Bowser aveva perso ogni diritto.
« Che si dice, gente? » rese omaggio il lottatore senza
sprecare tempo in attesa di una replica, deviando la sua completa
attenzione sulle cibarie con una voracità al limite del
soffocamento sotto lo sguardo inquieto dei principini, colti
dall'impressione collettiva di osservare un animale selvatico che aveva
patito la fame da giorni.
Bowser
indirizzò alla principessa una faccia sdegnata di fronte alla
scena, ma lei gli fece cenno di pazientare e sorvolare sulle maniere
rustiche per questa volta. « Chi è stato allora a
soffiarti il titolo e a buttarti in mezzo alla strada? »
ripropose la domanda al diretto interessato, beccandosi un'occhiataccia
tale dalla direzione di Peach da forare la parete. « Tanto lo sa
tutto il mondo tranne noi » ribatté cocciuto, alzando le
spalle.
« Io lo so » precisò Morton passando ignorato come d'abitudine.
«
Non è importante » si intromise la principessa notando
l'espressione afflitta che era affiorata sul volto dell'ospite, tenendo
il capo chino nella propria mortificazione che nemmeno il sapore di un
pasto delizioso poteva lenire. « Ho lasciato dei vestiti puliti
davanti la sua porta, signor Falkoman. Non ho potuto far nulla per
recuperare la vecchia tuta, mi spiace. »
«
Vi sono profondamente grato, principessa. » Il lottatore non si
era accorto di averli accidentalmente calpestati uscendo, troppo
concentrato a fiutare l'aria ed irretito dal profumo inebriante della
colazione.
« Dopo ci mostri qualche mossa di wrestling? » chiese speranzosissimo Larry sporgendosi verso di lui.
Falkoman
gli rivolse un sorriso venato da un'ombra di malinconia, riconoscendo
per un istante nell'ammirazione riflessa attraverso gli occhi del
bambino il grande protagonista di Oolong che era stato.
Fuori
aveva finalmente cessato di piovere e i primi sprazzi di luce guizzano
liberi dalla cappa nuvolosa. Peach ne approfittò per salire sul
ponte e distendere le membra intorpidite con un gemito di sollievo dopo
aver sopportato quasi un giorno intero al chiuso, in spazi dove non le
era concesso muoversi comodamente tanto quanto lei aveva bisogno. Le
assi umide e fredde sotto le zampe non le impedirono di godersi quel
momento di libertà, udendo alle spalle i passi di Bowser
raggiungerla senza fretta fino ad arrestarsi al suo fianco.
Il
re dovette distogliere malvolentieri lo sguardo da quella visione, dal
corpo generoso e pulsante di calda luminosità che si arcuava
come una sciabola e dal suono languido della sua voce, per evitare che
lei se ne accorgesse mettendola così a disagio. Non poté
fare a meno di constatare compiaciuto che le scaglie madreperlacee
avessero un aspetto sano e splendente, comprese le placche del carapace
e gli aculei ben lucidati, e non mancò di cogliere il profumo
sottile rubato dal venticello mattutino delle pomate fornitele da sua
figlia e che la principessa aveva imparato ad usare quotidianamente.
Malgrado i cambiamenti dovuti alla metamorfosi, continuava ad avere
estremamente cura di se stessa. Si interrogò ancora una volta
sulle sue spoglie di uomo, se le fossero gradevoli o indifferenti.
Prendendo
il coraggio a due mani per porle finalmente la fatidica domanda, il re
dovette mordersi un labbro per frenare un improperio nell'attimo in cui
Falkoman ebbe il lampo di genio di uscire a distruggere la fragile
quiete, accompagnato da metà truppa bowserotta, per deliziare il
suo gentile pubblico con qualche prova di forza.
La
già insussistente simpatia per il lottatore sprofondò
ulteriormente sottozero mentre il padrone del vascello corrugava la
fronte rilevando un particolare interessante. « Ma quella
lì... »
«
Non serviva nemmeno lavare le sue cose per intuire che ormai erano da
chiudere in un sacco e buttare, così mi sono vista obbligata a
cedergli una delle tue tute. Per fortuna Wendy te ne ha fatte
confezionare una bella scorta » sussurrò Peach che aveva
già provveduto alla cremazione del suddetto sacco
nell'inceneritore per lo smaltimento dei rifiuti di bordo.
« E perché proprio una delle mie? » fu la burbera replica.
La
draghessa inarcò un sopracciglio alla domanda, considerato che
lui era l’unica persona adulta a bordo a disporre di vestiario.
« Portate la stessa taglia » si limitò a rispondere.
«
In realtà mi va un po' larga » commentò Falkoman,
stringendo in un fiocco il laccio dei pantaloni intorno alla vita per
mettere in subdola evidenza il confronto fra la sua tonica regione
addominale (ciò grazie anche alla dieta di stenti degli ultimi
mesi) e quella visibilmente più morbida dell'originario
possessore che colse in maniera cristallina l'insinuazione.
« Hai così tanta nostalgia delle mie sberle, Calimero? »
«
Trovo al contrario che le cada bene, signor Falkoman » intervenne
la principessa tentando di coprire con la propria voce il messaggio di
pace di Bowser.
Quest'ultimo
inorridì nel realizzare amaramente che il primo apprezzamento
che le aveva sentito pronunciare da quando avevano lasciato il regno
non era rivolto a lui stesso; per giunta quel maledetto gallinaccio se
lo era sgraffignato coi suoi vestiti addosso. Il Re dei Koopa era
ufficialmente roso dalla gelosia.
Falkoman
si allontanò per eseguire al sole una serie di piegamenti, prima
con una mano sola e poi con l'altra, mentre Junior e Larry contavano a
voce alta, entrambi seduti sulle spalle dell'atleta mentre Morton e
Lemmy presiedevano ascoltando intrigati le storie dei tempi vittoriosi
sotto i riflettori.
«
In fondo mi dispiace per lui. » Bowser incrociò le braccia
osservandosi una delle punte chiodate dei suoi stivali ed immaginando
l'appagamento nel piantarla nelle terga di un certo lottatore importuno.
« Sul serio? » Peach si voltò verso di lui con leggera sorpresa.
«
Già. La natura è stata tirchia a non munirlo pure di una
bella coda a ventaglio per pavoneggiarsi meglio. »
« Curioso che tu vada a criticare proprio il tratto per cui vi trovo sulla stessa lunghezza d'onda. »
« Mi stai paragonando ad un pallone gonfiato di quella portata? »
Bowser
le rivolse un'espressione talmente sgomenta da incuterle tenerezza.
« Nooo, tu sei il messia della modestia sceso in terra. Il tuo
castello ne è l’esempio. »
«
Io non mi atteggio di certo in quel modo! » sbottò il
sovrano che non aveva mai brillato per spirito di autocritica. «
E lo voglio fuori dai piedi quanto prima, intendo sloggiare stamane
stessa da quest'isola. »
La principessa restò in un silenzio sospetto che lui non faticò ad interpretare.
«
Non possiamo adottarlo, se è questo che stai progettando.
Abbiamo impegni ben più pressanti al momento. »
« Ma non possiamo nemmeno abbandonarlo nelle condizioni che abbiamo visto. »
« Oh, possiamo eccome. Finora è riuscito a giostrarsela discretamente, mi pare. »
« Bowser, forse può esserci d'aiuto. »
« Può esserci solo d'impiccio, lo sai perfettamente. E stai considerando di portarcelo comunque appresso? »
«
Non ne sono convinta. Ma mi sento male all'idea di non poter fare altro
per aiutarlo. » La fanciulla koopa gli sbatté davanti quei
suoi dolci occhioni azzurri come una finestra sul cielo incontaminato,
così pieni di bontà e speranze di riuscire a rendere il
mondo un posto migliore che il monarca della Terra Oscura non
dubitò neanche per un millisecondo della sua serietà.
Stabilì
di dover agire prima che la minaccia dell'irreparabile si
concretizzasse e che le grandiose aspettative di quell'avventura da solo con la sua Peach andassero in frantumi.
Attese
il momento propizio per fare una schietta chiacchierata in privato col
piantagrane, chiudendosi la porta alle spalle non appena questi fu
sceso per servirsi un bicchiere di limonata giù nella cambusa.
Il wrestler colto di soprassalto si girò ed aprì il becco
per rimostrare, ma lui lo precedette contraccambiando il suo sguardo
con altrettanta ostilità. « Sta’ zitto e ascoltami,
Titti. » Mantenne un tono di voce moderato. « Io non ti
voglio sulla mia nave e tu non vuoi restare l’eterno zimbello di
Oolong. Possiamo provare dunque a far finta di non detestarci per un
minuto e trovare un accordo. »
Ludwig
sollevò un poco il sopracciglio destro lasciando trapelare una
parvenza di meraviglia nel denotare anche lo scalpo ingellato di Roy in
mezzo alle teste dei fratelli, tutti seduti nella stessa fila tra il
pubblico rumoreggiante: proprio lui che aveva affermato sbuffando con
plateale esasperazione quale stupida e inutile e ancora stupida perdita di tempo fosse
andare a vedere un vero incontro di lotta dal vivo nella grande arena
di Oolong, ed invece si era improvvisamente degnato di non privarli
dell'onore della propria compagnia.
«
Mi chiedo cosa intendeva papà Re quando ha detto che non avremmo
dovuto perderci per nulla al mondo questo match » fece Iggy a
braccia conserte inclinando il viso con aria estremamente dubbiosa.
« Credevo che il wrestling nemmeno lo sfiorasse. »
«
A proposito, che fine ha fatto? Ha detto che sarebbe andato a prendere
i popcorn, ma l’incontro sta per cominciare a momenti. »
Morton si guardò intorno in vana ricerca del genitore e poi
alzò il mento per rivolgersi alla possente figura al suo fianco.
« Mama Peach, tu che sei la più alta lo vedi? »
La
principessa scosse il capo condividendo la confusione dei bowserotti.
Lo stadio era gremito di fan carichi di debordante entusiasmo che
acclamavano e battevano a ritmo piedi e mani per esortare a dare il via
allo spettacolo, dal quale erano talmente presi che in breve tempo
avevano smesso di far caso alla sua presenza. La sconcertò
l’ardore sfegatato del pubblico femminile lì in mezzo che
contribuiva validamente al chiasso dei tifosi maschi, forgiando
un'atmosfera talmente grintosa da far concorrenza a quella di un
anfiteatro romano ai tempi dei ludi gladiatori. Le parve che da un
momento all'altro qualcuno si sarebbe messo ad intonare l'inno della
Brawl, sebbene in quel luogo si svolgesse un tipo di lotta che nulla
aveva a che vedere con la serietà del Super Smash Bros. Eppure
le facce intorno a lei le suggerivano una linea di pensiero ben diversa.
Roy
adocchiò perplesso la chioma del fratellino seduto accanto che
si era appena sfilato il suo berretto di cotone per asciugarsi col
braccio un alone di sudore dalla fronte. « Che hai combinato ai
capelli? »
«
Treccine » rispose Morton impassibile davanti allo sguardo
sconvolto dell'altro. « Wendy ha detto che se proprio non mi
andava di badarci dovevo almeno permetterle di sistemarmeli per
impedire ai gabbiani di farci il nido. » C'era voluta tutta la
pazienza e la devozione all'estetica della sorella per domare il
groviglio cespuglioso che aveva in testa ed acconciare una alla volta
la moltitudine di piccole trecce ritte e ordinate, tenute indietro da
una fascia per evitare che lo infastidissero e che soccombesse
all'impulso di disfarle mandando così a monte l'impresa della
caparbia bowserotta.
Gli
schiamazzi divennero più forti quando un mazzuolo uscì
dal backstage, incedendo baldanzoso al centro del lungo corridoio che
portava al ring e deliziandosi della calorosa accoglienza del pubblico
che l'avvolse come un bagno di schiuma. Il tizio salì sulla
piattaforma e sollevò il braccio in un gesto teatrale,
sufficiente per chetare all'istante gli animi con la naturalezza di un
direttore d'orchestra sul podio.
Vi
era qualcosa nel suo atteggiamento, nell'espressione nascosta dietro
gli occhialetti scuri e la tesa del borsalino sul capo che non
suscitò un sentimento positivo in Peach, trovando quel
sorrisetto che gli adornava la faccia piuttosto losco.
Un
microfono a gelato venne calato tracciando una linea verticale sopra la
sua testa ed il mazzuolo lo brandì col mignolo alzato per
portarselo davanti la bocca, pronto a presentare a pieni polmoni i
contendenti e decretare il fatidico avvio all'incontro di quella
mattina, quando d'un tratto rumori di zuffa e grida di allarme si
levarono dalle quinte dello stadio tra lo stupore generale. La
colluttazione non parve durare oltre una manciata di secondi e, sceso
un silenzio sospetto che alimentò ancora di più lo
sbigottimento dei presenti, un'ombra si stagliò con tutta la sua
imponenza sotto i fasci di luce dei riflettori che convergerono nella
medesima direzione per identificare colui che era appena emerso a testa
alta dal parapiglia, parandosi di fronte all’ingresso centrale
riservato agli atleti.
« Deduco che non vedremo mai quei popcorn » concluse Iggy.
Bowser
non si mosse subito, permettendo al pubblico ora suo di assaporare con
gli occhi la sensazionale entrata in scena che stava loro offrendo (con
particolare riguardo verso una certa principessa), tenendo lo sguardo
fisso in un punto impreciso nella distanza, le spalle distese e i pugni
contro i fianchi, con la luce dall’alto che gli bagnava i muscoli
pronunciati, i capelli ed il mantello fluente che aveva tirato fuori
dal suo armadio apposta per l’occasione. Un re non doveva mai
girare sprovvisto di un simbolo di riconoscimento e, siccome lui di
corone non ne portava perché con le corna erano scomode e di
spade non sapeva cosa farsene a parte pulircisi i denti, quello era
l'unico vezzo che usava concedersi quando era in vena di mettersi in
ghingheri. E il mantello aveva sempre il suo fascino.
Sazio
della prima generosa portata di attenzione, si incamminò con
deliberata lentezza verso l'ampia piattaforma al cuore dell'edificio
mentre un brusio di curiosità prese a ronzare tutt’intorno
come uno sciame d’api impazzite, portandosi con un balzo entro il
confine dell’arena rialzata per giungere proprio davanti al
mazzuolo che non lo accolse esattamente a braccia aperte.
«
Ne ho abbastanza di voi mitomani. Come osi sciupare il mio incontro?
Sicurezza! » latrò irato quest'ultimo pestando un piede a
terra, per nulla impressionato seppur in palese svantaggio fisico.
« Mi sono occupato anche di quella » rispose calmo Bowser.
« Chi ti credi di essere?! Fuori dal mio ring! »
«
Visto quanto poco c'ho messo a stendere il fenomeno che doveva lottare
contro il tuo campione, dovresti essere contento di avere a portata di
mano un match degno di definirsi tale. » Il sovrano in incognito
pose bene in chiaro che non avrebbe abbandonato il campo senza aver
avuto il combattimento che reclamava. « Il tuo pupillo se la
vedrà con me. »
Sulle
prime il mazzuolo sembrò riprendere col suo bercio, poi si
soffermò un attimo a contemplare meditabondo la proposta ed i
lineamenti rabbiosi si distorsero in un ghigno sgradevole. « I
boriosi della tua specie non mi sono mai andati giù. Sarà
un piacere vederti stramazzare con le ossa tutte rotte. » Si
avvicinò nuovamente il microfono alle labbra e la sua voce
raschiante riverberò tra le pareti dell’intero stadio.
« Per il diletto di lor signori, un interessante fuoriprogramma
quest'oggi: un nuovo sfidante si batterà per la cintura dei
campioni! » Accompagnò le parole risonanti con movimenti
fluidi della mano libera, volgendo lo sguardo verso i tifosi che
sollevati tornarono ad esultare: the show must go on, anche con un lottatore diverso non faceva differenza.
Bowser
roteò gli occhi annoiato mentre si scialacquava tempo
inutilmente in ridondanti preamboli atti ad annunciare l'arrivo del suo
opponente; anche quella balzana discorsività era uno dei fattori
per cui detestava la lotta da intrattenimento. Localizzò tra il
pubblico il viso grazioso di Peach che lo scrutava interrogativo dai
posti più spaziosi che lui aveva riservato per farla stare il
più comoda possibile, dove si poteva godere inoltre della vista
migliore, giganteggiando sulle altre teste per quanto tentasse di
restare discreta con la schiena piegata in avanti ed il collo
lievemente infossato. Come previsto era rapita dalla scena e questo lo
compiacque. Non le avrebbe dato ragione di staccargli le pupille di
dosso sino alla fine dell'incontro.
Poi le ultime parole del mazzuolo insopportabile lo riportarono coi piedi per terra.
« Il Mostro dei pesi massimi, il Maciullatore degli sconfitti, il Minotauro di Oolong! »
Chissà perché, quella grottesca descrizione non gli suggerì un'immagine completamente nuova.
« Metaboss! »
Con
un esplosivo boato di benvenuto da parte del pubblico il succitato
campione uscì lentamente dall'ombra delle quinte con passo lento
e basculante, esternando la tipica calma di chi nutriva l'inossidabile
convinzione di avere la vittoria già in tasca.
Mostro
non era un mero epiteto, ma l'effettiva realtà. E il destino
aveva già serbato a Bowser più occasioni per arrivare ad
accettarla indubbia, impedendogli di dimenticarsene il nome: non quello
col quale si era spacciato spargendo devastazione nel regno suo e di
Peach, ma il vero nome con cui era ricercato da anni, confidatogli in
un sibilo carico di odio prima del loro ultimo duello.
Midbus.
Due occhietti cattivi e senza indizio di intelligenza lo localizzarono al centro del ring.
Contemplando
una creatura morfologicamente bislacca come Midbus, profonde sarebbero
state le riflessioni sorte alla luce sulla caleidoscopica fantasia di
Madre Natura per aver plasmato una chimera simile. A primo acchito era
possibile azzardare che la maggior parte di lui fosse un cinghiale, e
non tutti avrebbero condiviso tale opinione, mentre il resto consisteva
in un collage zoologico assemblato scartando qualsiasi criterio
estetico, puntando unicamente sulla ferocia: il dorso ingobbito era
rivestito di una corazza di squame scudate, spessa e resistente
più della roccia per proteggerlo e al contempo contrattaccare
grazie alla cresta di taglienti placche ossee lungo la linea della
spina dorsale; il suo cranio di suino era dotato di due corna ricurve
di avorio scuro come le grinfie acuminate che aveva al posto degli
zoccoli che uno si aspetterebbe e, dove non poteva sopperirvi la
corazza naturale, era presente una massa altrettanto impenetrabile di
grasso a proteggere muscoli e ossa, il tutto rendendolo un vero
bestione da guerra.
In
sintesi possedeva la forza del toro, l'istinto di autodifesa
dell'armadillo, la furia del cinghiale e le patetiche
potenzialità sinaptiche di tutti e tre: questo era Midbus in
tutta la sua gloria.
Inoltre,
sebbene il vivace rosato della pelliccia potesse trarre in inganno
sulla sua indole, Midbus aveva l'anima nera come un pozzo di pece
vischiosa, disposto a schiacciare chiunque pur di raggiungere i propri
fini egoisti. La sua unica qualità positiva si poteva definire
l'autoconsapevolezza: era perfettamente cosciente infatti di essere
stupido. Sapeva con cupa rassegnazione che non sarebbe mai stato capace
di ordire trame complicate e che l'arte della strategia era nettamente
al di sopra della portata dei suoi neuroni sparuti. Forse era questa la
ragione per cui era sempre di pessimo umore.
Dopo
che il suo ultimo tentativo di prendere un regno con la forza e
sistemarsi a vita era sfumato, aveva sentito vociferare di un luogo
dove non solo diventavi famoso se eri bravo a picchiare duro, guarda
caso l'unica cosa che gli riusciva bene, ma addirittura ti pagavano
profumatamente per farlo! E così aveva percorso chilometri e
chilometri, superato fiumi e deserti, rubato e saccheggiato
indiscriminatamente sulla sua strada, finché non ebbe infine
scovato questa fantomatica isola che per lui si era rivelata la vera
Cuccagna. Nessuno degli atleti là in mezzo aveva mai avuto la
sventura di confrontarsi con un prodigio di brutalità del suo
calibro e gli era bastato un giorno solo per fare piazza pulita della
concorrenza e strappare il titolo allo stesso Falkoman.
Questi
in principio aveva tentato assiduamente di riscattarsi dopo la prima
umiliante sconfitta e, pestone dopo pestone, Midbus scocciato gli aveva
fatto capire una buona volta che poteva scordarselo e che il suo posto
adesso era nella polvere insieme agli altri vermi. E, ciliegina sulla
torta, i fan dell'ex campione si erano talmente stancati di vedere il
loro eroe esibirsi in uno spettacolo così scadente che gli
avevano voltato le spalle per adulare invece il suo carnefice.
Ganz,
il mazzuolo dal look dandy e dalla corrotta moralità che
dirigeva le fila dello stadio, aveva individuato immediatamente in
quella belva di Midbus la sua nuova calamita per gli incassi e non
aveva perso tempo a schermarlo dietro un'identità di copertura,
con tanto di maschera per rivestirlo anche di un'aura di mistero che
non guastava mai su un lottatore, affinché le autorità
sulle sue tracce non gli sfilassero da sotto il naso il proprio cavallo
vincente. Si era bene informato ed era al corrente di tutto quello che
aveva combinato il suo ultimo pupillo prima di sfondare la porta dello
stadio, ma la questione non poteva tangere i suoi interessi e,
finché Midbus gli fruttava adeguatamente, non vedeva ragione di
sbarazzarsene come invece non aveva avuto problemi a disfarsi di
Falkoman, ormai inadatto ad attrarre quella fetta di profitto che il
suo successore gli procurava ogni settimana.
« Buona agonia » augurò sogghignante a Bowser premurandosi di spegnere prima il microfono.
Se
quest'ultimo non fosse stato troppo concentrato sul suo imminente
duello, sicuramente gli avrebbe volentieri elargito una meritata
scarpata sul posteriore mentre prendeva il largo dall'arena per
supervisionare il massacro dalla comodità del suo ufficio.
Midbus
si issò sul ring non senza una certa difficoltà a causa
del ventre tondo e ingombrante, ma la vista delle artigliate che
lasciava con uno stridio terribile sul duro piastrellato del ring,
nemmeno fosse di mogano, spense istantaneamente la voglia di concedersi
qualche secondo di ilarità. I muscoli rigonfi delle braccia
coperte di pelliccia, in grado di stritolare, spezzare e schiacciare,
pulsavano di una forza bruta a cui solo il koopa era stato capace di
tenere testa.
Forse
avrebbe fatto meglio a degnarsi di prestare ascolto ai numerosi
avvertimenti di Falkoman, ma di tutti gli avversari che poteva
aspettarsi non aveva pensato di ritrovarsi davanti il brutto grugno di
quel barbaro. Per la prima volta provò qualcosa vagamente simile
al biasimo verso se stesso per essere stato troppo incurante.
Alzò il mento per incontrare lo sguardo indifferente di Midbus
che non si scompose nell'apprendere lentamente, in base ai lunghi tempi
di reazione del suo cervellino, di avere di fronte un wrestler che non
somigliava per niente a quello che gli avevano indicato in foto, ma
poco gli importava: per lui erano tutti sacchi di ossa e carne da
strapazzare a suo piacimento, anche se Ganz gli aveva proibito di
lasciarsi prendere troppo la mano per evitare ritorsioni legali.
Eppure, qualcosa gli sussurrava guardingo che quel sacco di carne in
particolare era strano rispetto agli altri su cui aveva già
camminato.
Ridusse
di poco la distanza tra loro con qualche passo ciondolante, più
oltraggiato che colpito dal tizio che non si smontò della palese
sfrontatezza trasudante da ogni poro, ed inalò una zaffata del
suo odore dilatando le narici suine. Una rabbia sconfinata
s'impadronì della sua mente iniettandogli gli occhi di sangue.
Sebbene il suo povero intelletto non gli fosse di grande affidamento,
l'istinto animale non sbagliava mai.
L'olfatto
sviluppatissimo captò una traccia che mai si sarebbe sognato di
fiutare proprio in quell'angolo polveroso di mondo, piantata come un
chiodo nel pigro cervello un pugno dopo l'altro nelle loro lotte
passate. Tutto era differente dell'aspetto del suo arcinemico, ma
quell'odore, quell'espressione strafottente che ridestava i suoi
istinti omicidi non poi così nascosti, non se li era certo
scordati. Non capiva come fosse riuscito a rimpicciolirsi e a conti
fatti preferiva infischiarsene: tutto ciò che sapeva era di
avere dinnanzi proprio il responsabile delle sue più brucianti
disfatte, colui che gli aveva scombinato i piani di un'esistenza, il
ladro maledetto che gli aveva sfilato tra le dita le speranze di
accaparrarsi gli agi di un trono che tanto aveva agognato.
Le
raccomandazioni del suo nuovo capo si dissolsero in un odio corrosivo e
a galla rimase solamente il torbido, cieco furore. Serrò i pugni
artigliati mentre il sangue cominciava a pompare veloce nelle vene
prominenti nella bramosia di vendetta più di ogni altra cosa,
persino dei lussi che comportava la sua nuova identità e che
avrebbe perso nell'attimo in cui avesse scavalcato la sottile linea fra
la dose di violenza permessa nell'arena e quella di troppo che ti
portava dritto in gattabuia. Non gli servì scavare in
profondità delle sue arretrate competenze linguistiche per
chiarire in maniera concisa il suo attuale stato d'animo: « Oggi
muori ».
Midbus
glielo annunciò in un borbottio raschioso, quasi completamente
coperto dalle grida d'incitamento del gentile pubblico ignaro di stare
per assistere ad un potenziale assassinio quella mattina, biascicando
le parole nel suo stentato modo di esprimersi e muovendo appena la
bocca armata dei canini inferiori sporgenti e affilati.
E
così era stato addirittura capace di riconoscerlo: ammirevole.
Se la situazione minacciava di diventare pericolosa già da
prima, adesso vi era invece l'assoluta garanzia che la bestia si
sarebbe ben premurata di fargli la festa. Tuttavia Bowser non era
spaventato, perché aveva già battuto il tardo Midbus in
passato e di certo non lo temeva. Al contrario, trovava la prospettiva
di un'ulteriore sfida tra loro due un'allettante occasione per
dimostrare a tutti che, anche da misero umano, lui restava sempre
l'impareggiabile Re Koopa temuto dal mondo intero, il cui nome bastava
a far tremare le montagne. Inoltre gli aggradava l'idea di concedere un
quarto benservito al suo vecchio opponente per tutte le grane che gli
aveva arrecato. Avvertì l'intensità dello sguardo di
Peach addosso come una carezza sulla pelle, chiamandola vicina col
cuore e combattendo l'impulso di girarsi a cercarla. Non era fiero di
saperla in pena a causa sua, ma non poteva reprimere un'intima letizia
immaginando che lei non avesse in mente null'altro che lui in tali
circostanze, preoccupata come lo era stata soltanto per Mario,
riservando questa volta al sovrano le sue premure e le sue preghiere.
Si sarebbe fatto perdonare dedicando a lei la sua prossima vittoria.
Rivolse
un sorriso beffardo all'avversario spostando con disinvoltura il peso
su una gamba. « Con quella ridicola mascherina mi sembri ancora
più scemo » rispose a tono al tentativo di intimidirlo.
Fu
allora che poté giudicare con certezza che Midbus fosse
veramente fuori di sé dall'ira. Al suono della campana questi
lanciò un rauco muggito che scosse lo stadio intero e lo
caricò con la potenza di un jumbo al decollo. Date le sue
possenti dimensioni, si poteva intuire senza fantasia che Midbus e
l'agilità non avevano mai stretto rapporti e quando la chimera
decideva di aggredire un avversario più veloce ed infliggere
più danni possibile, paradossalmente era proprio questo il
momento in cui il suo lato armadillino entrava in gioco,
appallottolandosi su se stesso e rotolando con una spinta poderosa
verso la vittima mentre la cresta di placche sul dorso agiva similmente
ad una sega circolare.
Il
re evitò di essere spiaccicato e al contempo dilaniato scartando
di lato e rischiando quasi di perdere l'equilibrio per il violento
spostamento d'aria. Midbus frenò la sua avanzata tornando su
tutte e quattro le zampe ed emettendo uno stridio lancinante da
lacerare i timpani, con le unghie che rigavano la superficie liscia
della piattaforma per arrestarsi a scarsi centimetri dal bordo. Gli
spettatori non parvero aver compreso la serietà della situazione
poiché tornarono ad esultare festosi non appena si furono
ripresi dai brividi per il tremendo rumore, impressionati da quella
sbalorditiva tecnica di lotta che il loro campione non aveva mai
rivelato prima; probabilmente perché non aveva ancora provato ad
uccidere qualcuno. La principessa e i bowserotti invece avevano colto
nitidamente che aria stava tirando tra i limiti di quel ring e
continuavano ad assistere all'incontro ammutoliti, persino Morton.
Peach
teneva gli occhi incollati su Bowser mentre la crescente apprensione
per la sua incolumità la immobilizzava sul posto. Avvertiva la
paura sragionata ma persistente che se ella avesse distolto per un
secondo lo sguardo gli sarebbe accaduto qualcosa di terribile. Adesso
lui non era più un drago e non aveva con sé nemmeno
l'armatura, resosi completamente vulnerabile all'offensiva di quel
bestione smanioso di ridurlo a brandelli per ragioni che le sfuggivano.
La principessa intuì che Bowser non avesse minimamente previsto
di affrontare un avversario simile e le cose stavano minacciando di
sfuggirgli di mano.
Metaboss
attaccò più volte con ferocia inaudita, tracciando lunghi
solchi sul pavimento dove la cresta acuminata affondava, e ad ogni suo
tentativo di ferire i cuccioli trattenevano il fiato insieme a lei.
Bowser scivolava via all'ultimo secondo e cercava di attuare un
contrattacco, ma ogni colpo in grado di stendere immediatamente un
nemico normale e che andava a segno sul muso o sul ventre del mostro
non sembrava sortire alcun effetto, eccetto che farlo imbufalire ancora
di più. Quando quella bestia mal travestita da wrestler non
girava come il rullo di uno schiacciasassi, i pugni e le granfiate che
sferrava facevano saltare il cuore in gola alla fanciulla che temette
in un'occasione di vedere il sovrano finire letteralmente decapitato. E
ciò che rendeva l'atmosfera oltremodo inquietante era la folla
euforica intorno che si illudeva di star seguendo uno show recitato a
menadito, fraintendendo brutalità per ottima interpretazione.
Per
un attimo considerò l'idea di andare a cercare quel mazzuolo e
persuaderlo ad interrompere il match, pur sapendo che Bowser avrebbe
considerato un'onta al suo onore tirarsi indietro da una battaglia.
Stabilì malvolentieri di riporre la sua fiducia nel re e di non
intromettersi ma, se la situazione avesse preso davvero una brutta
piega, né regole né onore l'avrebbero tenuta ferma a
guardare. E una volta tornati sulla nave si sarebbe ricordata di
impartirgli una bella lavata di capo per la sua sconsideratezza.
Un
brivido la scosse quando uno dei colpi di Metaboss fece centro,
sbattendo un avambraccio contro una spalla di Bowser e sbalzandolo
malamente in aria con un grugnito di dolore. L'uomo evitò un
brutto atterraggio eseguendo una capriola di lato sulle piastrelle
venate di crepe e rimettendosi svelto in piedi, apparentemente indenne,
ma la spalla offesa si stava rapidamente tingendo di un colore
violastro a testimoniare che l'attacco era stato accusato. Peach
soffocò un gemito mentre le mani le formicolavano per la forza
con cui se le stava stringendo. Avvertì il calore di piccole
dita posarsi sul gomito per calmarla ed abbassando lo sguardo vide che
erano quelle di Morton, teso quanto lei ma confidando nelle
capacità di suo padre.
Tutti
gli altri bowserotti assistevano così rapiti da dare
l'impressione che avessero smesso addirittura di respirare: Roy si era
perfino tolto gli occhiali per studiare avido lo scontro con le sue
iridi azzurre che si ostinava a nascondere e Ludwig teneva lo scettro
sulle ginocchia, pronto ad intervenire in caso di estremo pericolo. Il
bowserotto più anziano colse il movimento della principessa e si
girò ad annuirle in cenno di intesa, infondendo la tacita
rassicurazione che pure nell'esito più infelice di quel match il
padre non avrebbe comunque perso la vita. Peach annuì a sua
volta e Ludwig tornò a sorvegliare vigile lo scontro.
La
fanciulla si sentì sollevata e soprattutto grata della presenza
di un silenzioso angelo custode in quel caos, ma il dubbio continuava a
perseguitarla come un fastidioso ronzio: il bowserotto sarebbe davvero
stato abbastanza veloce da scongiurare il peggio?
Bowser
imprecò a denti stretti constatando di aver sottovalutato
l'entità della minaccia che un Midbus folle di rabbia gli
rappresentava. Per quanto il re si fosse impegnato, non vi era stato
verso di fiaccare l'avversario con le froge dilatate come ciminiere
fumanti, sbuffando getti di fiato umido mentre continuava a fissarlo
con desiderio omicida. O Midbus era veramente instancabile come
professava oppure era così stupido da non aver ancora capito di
essere stanco: possibilità da non buttar via e indiscutibile
vantaggio. Se voleva dare una svolta decisiva a quel match che non
volgeva esattamente a suo favore, Bowser doveva inventarsi subito
qualcosa.
Almeno
lui, ai tempi d'oro della sua carriera di rapitore, aveva sempre
concesso a Mario il diritto di portarsi dietro il suo martello quando
giungeva il momento di affrontarsi. In quel caso invece lo scontro era
assolutamente impari con Midbus che godeva dell'imbarazzo della scelta
fra corna, zanne, corazza e artigli, mentre lui non disponeva d'altro
che pantaloni e stivali... e un mantello. Osservò la fiera a
qualche metro di distanza, immobile come rintontita, china in avanti e
sbuffante, quasi nemmeno riuscisse più a vederlo dietro la cappa
d'ira che gli aveva ottenebrato la debole mente. Il re afferrò
la ragione di quell'inaspettata staticità e dedusse che doveva
effettivamente esserci il gene del toro in mezzo al guazzabuglio del
suo DNA, perché al momento Midbus si stava comportando davvero
come uno che era pronto ad incornare.
Il
pubblico rumoreggiante non gradì tuttavia quel breve stallo nel
clou dell'azione e numerose proteste si levarono a spronare i due
atleti a scacciare la noia.
Vi darò lo spettacolo che tanto reclamate. Bowser
si sfilò con rapidi gesti il mantello e, impugnandone un lembo
con la mano destra, lo agitò alla maniera della muleta di un
matador. Non era in realtà il colore del drappo ad attirare
l'aggressività del toro, malgrado si usasse ingenuamente
crederlo, ma il movimento dell'oggetto che la bestia interpretava
istintivamente come un bersaglio animato mentre il torero vi si parava
dietro. E ormai governato unicamente dall'istinto, Midbus reagì
scagliandosi sull'obiettivo e caricando a testa bassa mentre il ring
tremava sotto i suoi passi. Il re balzò per schivarlo, ma
stavolta non lateralmente come in precedenza onde evitare di farsi
schiacciare: eseguì un salto mortale all'indietro dopo essersi
tuffato sopra le corna del bestione, dandosi una spinta con le mani sul
dorso coriaceo e prestando attenzione a non affettarsi la faccia con la
cresta puntuta. Quando toccò nuovamente il suolo, si snodarono
ben tre secondi di silenzio sbigottito per quello che aveva fatto e un
coro esplosivo lo premiò della sua esibizione.
Bowser
accettò gli applausi con un inchino elegante, facendo scivolare
un piede in avanti e portando il mantello dietro la schiena, mentre
Midbus frenava disorientato e voltava la grossa testa alla ricerca
della sua vittima. Il re riassunse posizione e la scena si
ripeté, questa volta prendendo slancio dopo aver afferrato le
corna nere, dando prova inconsapevolmente di una mirabile maestria in
quella che esisteva documentata nella storia come l'antica arte
acrobatica della taurocatapsia,
volgarmente nota come Salto del Toro. Evitare inoltre di farsi
tranciare dalle ritte placche ossee rendeva il cimento ancor più
ardito.
Ad
ogni carica di Metaboss cresceva la simpatia per il wrestler senza nome
che in poco tempo stava riscuotendo un successo in costante ascesa,
catturando la complicità degli spettatori che restavano
incantati dai volteggi sempre più elaborati, oltre che dalla
bravura nel non farsi travolgere dalla furia dell’opponente. Il
pubblico lo apprezzava non perché si stava battendo, ma lo stava
intrattenendo con originalità ed era proprio questo che
effettivamente desiderava. Le acclamazioni acquistarono ulteriore
volume quando Bowser ebbe l'iniziativa di aggiungere le fiamme alla sua
performance, evocando con l'ausilio della magia oscura lingue di fuoco
che gli danzavano sulla pelle senza ustionarlo e formando cerchi
ardenti nell’aria per saltarvi con piroette attraverso. Non vi
era ombra di dubbio: i fan erano in suo potere adesso.
Le
sorti dell'incontro si erano palesemente ribaltate e Peach tirò
un lungo sospiro di sollievo portando una mano al petto. Anche i
bowserotti si convinsero che il genitore l'avesse sfangata e come lei
si limitarono ad assistere allo show col sorriso a fior di labbra, non
proprio ansiosi di unirsi alle voci di quelli che fino a qualche minuto
prima avevano tifato per il mostro che aveva cercato di trucidare loro
padre.
La
principessa riconobbe non senza un vago piacere che Bowser aveva
scovato il modo di sorprenderli tutti quel giorno, lei in primis,
dimostrando pure una notevole resistenza fisica nell'eseguire quella
sfilza di capriole in volo senza perdere vigore. Si soffermò a
contemplare alla luce dei riflettori la sottile patina di sudore che
rivestiva i muscoli possenti delle spalle e del dorso che il monarca
non sembrava provar più remore a tenere scoperto. Si era sempre
chiesta se le squame sotto il suo guscio fossero state smeraldine
seguendo la linea del collo, oppure ramate come il resto del corpo...
Avvertì il sangue affluire copiosamente sul muso avvedendosi in
tremendo imbarazzo di quel fugace smarrimento di pudore. Si
coprì gli occhi con le dita mentre cercava di dissimulare la sua
vergogna e non aiutò che Morton, accortosi del suo disagio e
credendola ancora provata, le strinse nuovamente il gomito con fare
confortante. Wendy si girò verso di lei studiandola un istante e
sogghignò sorniona, perfettamente consapevole di cosa bolliva in
pentola, ma finse di ignorarla augurandosi che il padre avrebbe presto
offerto all'attenzione della damigella una prova di forza più
sensazionale di salti e acrobazie.
Bowser
camminava sicuro al centro del ring con un braccio sollevato che ardeva
come una torcia, reggendo il mantello con l'altro. Midbus stava
barcollante vicino al bordo, ormai mezzo spossato dalla corsa e troppo
scombussolato dalla collera e dalla confusione tutt'intorno per
riordinare le idee e mirare un altro assalto. Il sovrano fece scorrere
avido lo sguardo sul suo pubblico adulante fino a soffermarsi su un
punto preciso, dove sedevano l'una accanto all'altra le persone
più importanti della sua vita, e notò deluso che Peach
non lo stava più guardando. Evidentemente quel diversivo aveva
finito per annoiarla e lui doveva proporre qualcosa all'altezza delle
sue aspettative.
Estinte
le lingue infuocate e ricaricatosi di un'energia nuova, gettò a
terra il mantello e chiamò il mostro a pieni polmoni col vero
nome. Il grugno schiumante di Midbus scattò nella sua direzione.
Lo stadio intero si azzittì di colpo.
« Fatti avanti! » lanciò la sua ultima provocazione flettendo le dita per invitarlo a piombargli addosso.
Emettendo
un ruglio gorgogliante la fiera gli si avventò contro un'ultima
volta, ma in questo caso Bowser non mostrò alcuna intenzione di
spostarsi.
Ludwig
brandì combattuto il suo scettro, conscio di avere a
disposizione un lasso di tempo inconsistente per intervenire in difesa
del genitore imprigionato nei limiti fisici di un essere umano, oppure
confidare in quest'ultimo. Alzò l'oggetto sfolgorante di magia
tenendo gli occhi incollati sul re che piegò le ginocchia per
ammortizzare l'imminente impatto. Le probabilità di una tragedia
erano altissime. Al bowserotto non rimase che una frazione di secondo
per decidere se rimettersi alla volontà di suo padre o correre
il rischio di essere afflitto dai sensi di colpa per il resto della
vita. Non scagliò l'incantesimo.
Peach sentì la voce morirle in gola.
La
mastodontica chimera lo trascinò per diversi metri sul
piastrellato spingendolo fino al bordo, ma Bowser arrestò
lentamente l'avanzata tracciando davanti a sé una scia di
scintille con le punte chiodate degli stivali. I muscoli delle braccia
e delle spalle fremevano talmente nello sforzo che per un attimo
immaginò che gli sarebbero scoppiati, eppure non cedette facendo
appello ad ogni fibra del suo corpo e serrò la presa sulle corna
di avorio nero fino a sentire le schegge che gli perforavano la pelle.
La folla intorno strascicò le vocali in un'esclamazione
collettiva di meraviglia.
Midbus
aveva lo sguardo stralunato di un animale ormai prossimo al suo limite
ed il re comprese che era giunto il momento di concludere l'incontro
una volta per tutte.
Tenendolo
stretto per le corna Bowser fece leva sulle gambe e costrinse il mostro
ad arretrare leggermente tra lo stupore generale, eseguendo una
torsione del busto per piegare il collo della bestia fino a
permettergli di portarsi dietro le estremità ossee e spingere la
grossa testa sempre più vicina al pavimento, come nella
pittoresca riproduzione di un rodeo, lottando tenacemente per ogni
centimetro di supremazia che si conquistava mentre la chimera si
rifiutava ostinata di crollare, opponendo i suoi ultimi stralci di
resistenza. Alla fine, con le tempie che pulsavano quasi da fargli
fischiare le orecchie e i muscoli in fiamme, fu il re a prevalere
scoprendo i denti in un ringhio di vittoria e Midbus cadde sotto di lui
senza più rialzarsi. Il fianco della dura corazza armadillina
cozzò con violenza sulla pavimentazione ormai logorata dalla
foga dello scontro, il cui rimbombo fu l'unico suono che si udì
per una manciata di secondi entro le pareti dell'edificio. E dopo il
pubblico impazzì.
Bowser
si erse e con un braccio si asciugò il sudore dal viso
grondante, per poi accingersi a sfilare la stupida mascherina che aveva
permesso a Midbus di continuare ad agire indisturbato con la
complicità di Ganz nonostante tutti i disastri di cui si era
reso fieramente responsabile. Siccome i match di Oolong venivano
trasmessi in tempo reale, le autorità che avevano intercettato
il suo nome si trovavano già alle porte dello stadio e il
malfattore esanime venne prontamente caricato di peso sul furgone del
penitenziario che lo attendeva da anni ormai, tra lo scandalo dei fan
che non avevano mai sospettato di un lato così oscuro del loro
campione.
La
polizia tolse velocemente il disturbo per evitare che il mostro si
ridestasse al di fuori della cella riservata appositamente per lui ed
il nuovo eroe che da solo aveva posto fine al regno di un fuorilegge
restò a godersi le attenzioni degli spettatori estasiati.
La
principessa poté finalmente rilassarsi sul suo spalto come se le
avessero appena rimosso dei blocchi di cemento sulle spalle, incapace
tuttavia di fermare il sorriso commosso che le fiorì sulle
labbra nella gioia di quel trionfo e soprattutto perché Bowser
ne era uscito sano e salvo, a dispetto delle difficoltà
spaventose. Sotto le spoglie umane batteva vivo e forte il suo cuore di
drago che non si era ancora arreso al maleficio. La felicità di
quella realizzazione le infuse nuove speranze per la loro impresa e
quando lui la cercò con lo sguardo non gli negò la
propria letizia, rivolgendogli il sorriso per il quale aveva fatto
letteralmente i salti mortali. Bowser le strizzò un occhio prima
di prendere fiato per tenere un breve discorsetto celebrativo,
invitando la folla a chetarsi con un pigro cenno della mano.
«
Ora che sono io il campione, vi avviso che ci saranno cambiamenti
radicali in questa baracca » annunciò con la sua voce
profonda gonfiando il petto per vedere le sue nuove fan spalancare gli
occhi con ammirazione. « Prima di tutto: non voglio racchie tra
il mio pubblico. »
Qualcuno ridacchiò incerto e qualcun altro ammutolì colto a bruciapelo, specialmente tra la percentuale femminile.
«
Seconda cosa: mi fanno senso i bambini, con le loro vocine stridule e
la faccia impiastrata di gelato. Per cui vedete di tenerveli a casa
oppure farò sbatter fuori loro e voialtri di seguito se vedo un
solo marmocchio urlante quando entro. »
Confusione
e indignazione dilagarono a macchia d'olio tra le file degli
spettatori, assieme al numero delle occhiatacce torve che si stavano
moltiplicando a ritmo allarmante, mentre il silenzio si faceva sempre
più denso.
«
E poi perché state sempre a idolatrare da bravi allocchi il primo
saltimbanco che vi piazzano sotto un riflettore? Vi manca proprio il
cervello o avete una vita davvero così insulsa fuori da questo
circo? Mi fate pena. »
Nessuno emise più un fiato.
Peach
era rimasta basita già dalla prima brillante proclamazione e i
bowserotti condivisero segretamente il sollievo che neppure a uno fino
ad allora era passato per la scatola cranica di accennare al rispettivo
rapporto di parentela col tizio al centro del ring, il quale era appena
riuscito a farsi detestare dalla stessa moltitudine di fanatici che lo
aveva adorato con pari fervore nemmeno dieci secondi fa.
«
Come osi voltare le spalle a questa brava gente che ha sempre creduto
in te fin dal primo giorno e ti ha reso quello che sei oggi?! »
Tutti gli sguardi presenti si focalizzarono sull'origine di quelle parole risonanti.
Falkoman
fece la propria entrata spettacolare dall'ingresso dei lottatori come
un rivoluzionario pronto a sguainare la spada contro il nuovo
oppressore. « Ti hanno dato la loro fiducia incondizionata, ti
hanno forgiato col loro incrollabile sostegno e ti hanno accolto nei
loro cuori come un fratello, ed ecco il tuo balordo ringraziamento?
Giammai permetterò a quest'ingiustizia di durare un secondo di
più. Scendi da quel ring o ti trascinerò giù con
le mie stesse mani, infame traditore! »
«
Sai cosa? Non me ne importa un beneamato piffero del loro sostegno
» gli rispose Bowser dopo una crassa risata traboccante di
scherno. « Ho approfittato della loro buona fede per ogni singolo
istante e non è rimasto più nessuno capace di fermarmi.
»
«
Sbagli! Accetta la mia sfida se non vuoi dimostrarti anche un codardo!
» Ad ogni parola del falcone più voci si univano ad
incoraggiare il loro vero eroe risorto per difenderli dalla perfidia
dell’impostore.
« Cosa speri di fare? Ti rispedirò nella fossa da cui sei strisciato fuori. »
«
Sarai tu a soccombere invece, farabutto. » L’ex campione
saltò nell'arena e si portò davanti al malvagio rivale,
mostrando tutta l’intenzione di riscattare la dignità
offesa dei fan tornati dalla sua parte.
«
Finiscila con gli appellativi » gli sussurrò Bowser a
denti stretti, impegnandosi a non spazientirsi e dare così
inizio ad uno scontro vero.
Recitare
il proprio ruolo fu relativamente semplice, con la sola
difficoltà di restare serio quando emulavano le mosse della
lotta e le piume di Falkoman gli facevano il solletico.
Quest’ultimo aveva tenuto il pubblico distratto affinché
il re avesse potuto uscire in sordina dalla porta di servizio e Peach e
i bowserotti erano sgattaiolati fuori con discrezione intanto che la
folla era troppo concentrata sui festeggiamenti del ritorno del loro
idolo.
«
Scocciatori? » chiese il sovrano al gruppo di boo che aveva
evocato a guardia della nave. Dato l’incommensurabile valore del
carico, quella di affidarlo ad altri al di fuori della famiglia era
stata una decisione dettata solamente dalla necessità di averli
tutti presenti al suo evento e fortunatamente la loro assenza era stata
piuttosto breve.
« Giusto un paio. Robetta » rispose non senza una nota di delusione lo spettro interpellato.
«
Vostra Tenebrosità, una chiamata per voi. » Una piccola
boo con due fiocchetti in testa si avvicinò timorosa al suo re,
parlando con una vocina decisamente inadatta allo spavento.
«
Non sento squillare niente. » Bowser inarcò un
sopracciglio. La fantasmina spalancò le mandibole
sorprendentemente acuminate e capaci di tranciare di netto una mano,
attraverso le quali si distese una lingua serpentina che teneva in
equilibrio una cornice circa il doppio delle dimensioni della
proprietaria. All'interno del riquadro raffinatamente intagliato (e
ricoperto di bava filante) stava una tela nera come una stanza senza
finestre, ma in una manciata di secondi un volto inequivocabile grazie
alla spettrale radianza dei suoi stessi occhi si dipinse a
corrispondere malcontento lo sguardo disgustato di fronte.
Riconoscendo
all'istante chi gli lo stesse osservando dall'altra parte del ritratto,
l'espressione dell'uomo non comunicò maggior gradimento. «
A cosa devo il dispiacere? »
«
Detesto quando prendi in prestito le mie reclute senza prima avvisare
» ringhiò il faccione zannuto di Re Boo, al quale non
aggradava troppo condividere le stesse pedine.
«
Usa il tono che mi si conviene quando ti rivolgi a me, palla di
ectoplasma » ringhiò di rimando Bowser, ormai lungamente
avvezzo ai modi poco rispettosi del suo più potente vassallo.
Aveva richiamato esclusivamente boo residenti al suo castello e leali
tanto a lui quanto al suo infido sottoposto, siccome questi aveva la
pessima tendenza a trasgredire gli ordini se non vedeva dei vantaggi
anche per se stesso. « Di' la verità, ti sei scomodato di
una sbirciata solo per accertarti di quello che hai già sentito.
» Di fatto lo spirito non fu minimamente turbato nel ricevere
risposta da un essere umano.
Re
Boo schioccò la lingua violastra contro i denti affilati con
critica disapprovazione. « L'umanità non vi dona proprio,
Sire. » Poi le pupille lampeggianti di una malignità
immortale si posarono sulla koopa silenziosa ed il suo tipico ghigno a
mezzaluna fece lesto ritorno. « Au contraire, Principessa Peach, trovo che voi stiate d’incanto come mi hanno riferito. »
La
fanciulla non seppe discernere se lo avesse pensato seriamente o se lo
avesse detto soltanto per prenderla in giro dietro il sottile gioco di
parole: uno degli atteggiamenti più antipatici dell'enigmatico
spettro re che si accomiatò senza ulteriori commenti,
inghiottito dal buio dentro la cornice con una risatina graffiante.
Bowser sollevò una mano ed un vortice oscuro risucchiò
uno ad uno i soldatini fluttuanti che si lasciarono placidamente
trasportare dalla corrente.
« Porta
i miei saluti a Kamek e digli che siamo sulla buona strada »
dettò alla fantasmina coi fiocchetti che accennò un lieve
inchino di conferma prima di tuffarsi nel gorgo che l'avrebbe
ricondotta indietro al castello.
Quasi
sul punto di salire tutti a bordo per riprendere i cieli, Falkoman
corse loro incontro trafelato per augurare buon viaggio e diffondere la
notizia dell'arresto del malfido Ganz per aver volontariamente
camuffato l'identità di Midbus per il proprio tornaconto. E
c'era dell'altro.
«
Ganz era talmente preso da se stesso che non si era mai preoccupato
della sua successione e così, essendo io l'attuale campione
veterano di Oolong, ho ereditato tutto quanto » annunciò
il lottatore piumato con un gran sorriso. Aveva finalmente riacquistato
il suo aspetto migliore nei vecchi panni di wrestler amato e ammirato
da tutti, con tanto di mantello bianco sopra le spalle muscolose e la
lunga chioma sul capo più fluente e vaporosa che mai.
«
Non potrò fare abbastanza per ripagarvi della vostra
bontà, principessa. Qualunque richiesta io possa esaudire per
voi, ve ne prego, non esitate a chiedere. » Si chinò su un
ginocchio dinnanzi la dragonessa, piegando il collo affusolato con
reverenza ed urtando ancora i nervi di un testimone in particolare alla
scena. Strinse in un abbraccio da orso i due bowserottini che lo
avevano aiutato per primi, deliziandoli con la sua cintura dei campioni
in segno di gratitudine e ovviamente arrivò anche il turno del
re per i saluti. Restarono entrambi un lungo momento a studiarsi con
circospetto imbarazzo.
Fu Bowser infine a rompere la magia. « Ti odio lo stesso, spero di non rivederti mai più. »
« Idem. Riprenditi pure la tua tuta. »
« Non la rivoglio. »
«
È stato molto nobile da parte tua vincere per permettergli di
farsi riaccettare a Oolong. » La principessa si
appropinquò al sovrano mentre era impegnato a timonare dopo una
bella doccia rigenerante. Bowser non poteva essere più
soddisfatto: in un colpo solo si era sbarazzato del guastafeste ed
aveva fatto un'eccellente impressione su Peach.
Il
volo procedeva spedito sopra le nubi diradate ed avevano impostato una
velocità abbastanza sostenuta per recuperare in parte il tempo
perso.
«
Tuttavia non posso passare sopra la tua incoscienza per esserti
lasciato coinvolgere in uno scontro così pericoloso senza tenere
conto dei rischi. E davanti ai tuoi figli, per giunta. Hai idea di
quanto ci hai fatto preoccupare? » La fanciulla tenne fede alla
propria promessa di una meritata ramanzina. Non pretendeva certo di
farlo sentire in colpa, ma che almeno in futuro avesse dato un freno
alla propria spavalderia che in quelle circostanze non poteva
più permettersi in dosi eccessive se ci teneva all'osso del
collo.
« Avevo già sconfitto Midbus tempo fa » le rivelò pacato.
Peach batté sorpresa gli occhioni azzurri. « Non lo sapevo. »
«
Non potevi, eri svenuta. E i miei figli erano al sicuro in collegio
oltre i confini della Terra Oscura quando era arrivato a far danni pure
nel mio castello. Nessuno di voi poteva saperlo. » Tutte le volte
che Bowser si rammentava di quell'evento, gli tornava in mente il
sapore della torta che la principessa aveva preparato apposta per lui e
che gli aveva spedito come dono di ringraziamento sia a nome suo che
dei detestabili fratelli Mario per l'aiuto prodigato nel difendere
anche il Regno dei Funghi. L'avrebbe apprezzata ancora di più
senza i pupazzetti decorativi in pasta di zucchero raffiguranti i due
citrulli (che aveva provveduto a decapitare con un morso prima di
sbafarsi il resto), ma pazienza.
«
Quello che hai fatto oggi mi ha reso orgogliosa di te, sul serio. Hai
aiutato Falkoman sebbene tra voi due non circolasse buon sangue, mettendo addirittura a repentaglio la vita. Ti ammiro
molto per il tuo coraggio, ma devi accettare che, almeno finché
le cose resteranno così, hai bisogno di prendere maggiori
precauzioni per te stesso. Se ti fosse accaduto qualcosa…
» si interruppe a metà di quella frase sfuggitale prima
che potesse controllarsi.
Bowser
continuò a fissarla in attesa, profondamente scosso da quelle
meravigliose ammissioni benché fosse abbastanza accorto da non
mostrarlo in volto. Le iridi cremisi risplendettero per un attimo
fugace, o forse era stato soltanto il riflesso del sole.
«
Non me lo sarei mai perdonato » concluse la principessa con un
tremito nella voce che non riuscì a sopprimere ricordandolo in
balia della ferocia di quel mostro assetato di sangue.
«
Mi sottovaluti, Peachy. » Le rivolse un sorriso carico d'affetto.
« Ma se ciò significa vederti serena, avrò dunque
un occhio di riguardo finché sarò in questo aspetto.
»
«
Grazie » espirò rinfrancata. Spostò poi
l'attenzione sull'evidente contusione che gli macchiava la pelle
abbronzata dopo tutti i giorni di esposizione alla luce. « Dovresti
medicarti quella spalla » gli fece notare d'istinto, rispondendo
alla sua natura empatica. Sicuramente doveva recargli dolore quando era
costretto a muoverla, ma Bowser preferiva trascurarsi piuttosto che
concedere mezzo lamento e porre rimedio.
«
È solo un livido » minimizzò il re beandosi delle
premure ora tutte per lui. Vide la fanciulla estrarre una delle
boccette con le pozioni curative di Kamek che giudiziosa si portava
sempre dietro e fece per tendere la mano, immaginando che si sarebbe
limitata a consegnargliela. Stentò a bloccare lo stupore
dipingerglisi in viso quando si umettò un polpastrello per
applicarla lei stessa invece, facendolo scorrere delicatamente sul
muscolo danneggiato con movimenti circolari.
Bowser,
essendo un tipo molto tattile che segretamente anelava il conforto del
contatto fisico, specie da coloro coi quali condivideva un forte
legame, sentì sciogliersi all'istante quando il fastidio
dell'ecchimosi venne presto soppiantato dal sollievo della magia bianca
della principessa, corroborato dall'effetto della soluzione curativa,
che si spanse sul collo e sulla schiena come una calda marea. L'unica
cosa che lo mantenne in piedi, invece di afflosciarsi avvinto con le
braccia agganciate alla ruota del timone, fu il suo amor proprio.
Purtroppo
quel paradisiaco momento ebbe vita breve ed il monarca quasi si
dispiacque di aver concluso il duello con Midbus senza altre ferite da
battaglia.
L'ago
della bussola continuava a girare impazzito da minuti interi ormai e
una coltre umida e inquietante li circondava, tanto densa da coprire
alla vista oltre il parapetto il mare su cui erano finalmente
approdati. Non molto prima che il muro intangibile li inghiottisse,
quando era visibile all'occhio umano, il cielo aveva già
cominciato a rosseggiare, ma adesso era impossibile stabilire se il
sole si fosse ritirato all'orizzonte o le stelle più modeste non
lo avevano ancora usurpato del diritto di brillare. « Siamo arrivati » concluse Bowser gettando uno sguardo sulla bruma fitta come magli di ferro che avvolgeva la nave in una morsa.
« Come faremo a trovare Jones così? » chiese Larry preoccupato spalancando le braccia.
« Avrà un radar » ipotizzò Iggy.
«
Jones non è un tipo che definirei tecnologico » lo
smentì il padre. « Lui è della vecchia scuola.
»
« E che si fa? Giriamo alla cieca? » fu la domanda del terzogenito accompagnata da un tono seccato.
« Sarà lui a venire da noi. »
« E gli mandiamo un invito scritto in bottiglia? »
«
Rifletti, Roy. C'è un solo modo per condurre uno squalo dritto
da te. » Bowser si avvicinò al parapetto, si morse una
zona tenera del palmo coi denti ancora buoni per lacerare e, senza
battere ciglio, si provocò una ferita alla mano destra prima di
tenerla sospesa in avanti e lasciare che il sangue che ne
fuoriuscì colasse poco a poco nell'acqua sottostante.
Immediatamente le correnti si spartirono ognuna la propria
infinitesimale dose che si dissolse nella distesa scura, dispersa
goccia per goccia nella rete di flussi tortuosi sotto la facciata
infidamente calma di quel mondo subacqueo infestato di insidie su cui forse era meglio non soffermarsi a riflettere.
Molto presto Jones avrebbe risposto all'appello. Quale benvenuto avrebbe riservato loro restava tuttavia un'incognita.
I
bowserotti rabbrividirono impressionati da quel macabro rito. Che razza
di demone sarebbe venuto loro incontro dalle profondità oscure
se un tributo di sangue gli era prima dovuto per mostrarsi?
«
Non sarà certo di buon umore dopo il furto, ma almeno si
degnerà di venire a controllare prima di salutare a colpi di
cannone » li tranquillizzò il padre mentre la principessa
gli avvolgeva la mano lesa con della garza trattata.
«
Ti dirò, sono ansiosa di rivederlo. Chissà se anche lui
sarà lieto di questa piccola rimpatriata. »
«
Considerato che abbiamo il suo tesoro nella stiva, mi aspetto come
minimo una festa. Personalmente mi rifarei volentieri un bicchierozzo o
due del suo rum invecchiato. »
« Meglio di no. Tendi ad andare estremamente su di giri quando alzi il gomito. »
« Non sono il solo. »
«
Non so a cosa ti stia riferendo. » Peach si ostinò ancora
una volta a negare quell'episodio che costituiva l'unica macchiolina
sul foglio immacolato della sua condotta.
«
Ai tempi gioigloriosi dei Poffy Shell, cara la mia principessina. Non
ti suona una campana? » ridacchiò il sovrano rimembrando
la scena con un certo divertimento ed un pizzico di nostalgia.
« Te lo sarai sognato. »
« E quella volta che mi hai morso ti sovviene? O mi sono sognato anche quella? »
« Non l'ho fatto apposta. Stavo parlando e tu mi hai premuto la mano sulle labbra. »
« Veramente stavi strillando come un’ossessa. »
« Mi avevi appena rapita, scusa se ero nervosa. »
« Forse dovresti scusarti per il morso, non ti pare? »
« È stato un incidente. »
« E come mai dopo hai stretto giusto un pochino, Peachy? »
« Be', questo t'insegna a tenere le mani per te. »
Quando
Larry si svegliò nel cuore della notte, la prima cosa che
notò fu che il letto accanto al suo era disfatto e vuoto. Era
già abituato a dormire da solo nella sua cameretta al castello
della Terra Oscura e al collegio privato, ma quella sorpresa non gli
piacque comunque perché adesso si trovavano praticamente in
mezzo al nulla, col mare scuro sotto il pavimento e la bruma densa
oltre il vetro che nascondeva le stelle dalla limitata visuale
dell'oblò. Si affacciò sul breve corridoio e lo
trovò prevedibilmente deserto. Tutte le porte erano chiuse
mentre gli altri riposavano con le eccezioni di suo padre e Roy, ancora
intenti a montare la guardia sovraccoperta. Camminando sui piedi nudi
passò oltre la stanza di Wendy e Morton di fronte alla sua e di
Junior, poi quella di Lemmy e Iggy rispettivamente davanti a quella di
Roy e Ludwig, raggiungendo infine le prime due più vicine alle
scale, come irremovibili sentinelle ad assicurarsi che qualsiasi
minaccia si fosse tenuta alla larga dalle altre cabine.
Quando
suo padre era assente e riprendere sonno diventava difficile per via di
brutti pensieri notturni, Larry si intrufolava nella stanza del
bowserotto più grande che, a differenza del terzogenito, non la
chiudeva mai a chiave e gli permetteva di dormirgli vicino senza
borbottare. Questa volta non cercò rifugio da lui, né da
qualcun altro tra i fratelli pur sapendo benissimo che nessuno di loro
gli avrebbe negato almeno un angolino dove rannicchiarsi, ma
puntò dritto verso la prima porta a destra: la stessa che, lo
intuiva con la massima certezza, era stata scelta anche da Junior.
La
trovò accostata allo stipite. Spingendola delicatamente i
cardini poco oliati emisero un lieve cigolio di avvertimento che non
restò ignorato e l'imponente figura spinosa si mosse sul
lettone, destata una seconda volta in quella notte di paziente attesa,
facendo frusciare le lenzuola a contatto con le scaglie levigate. Una
cascata di capelli si riversò oltre il bordo mentre la grossa
testa si girava nella direzione del bambino, individuandolo mezzo
nascosto dietro l'uscio a ricambiare lo sguardo dei grandi occhi
assonnati che riflettevano una luce propria persino nel buio senza
luna, come azzurre braci morenti che tuttavia custodivano ancora
l'energia del fuoco nel loro nucleo. Mentre la stessa fiamma nelle
iridi del bimbetto era quasi prossima dall'estinguersi,
l'intensità di quella di Peach cresceva ogni giorno e presto
nessuno sarebbe più stato capace di riconoscere occhi umani sul
suo volto di koopa.
Non
vi fu bisogno di rompere il silenzio. La principessa ritrasse il
braccio su cui aveva adagiato il capo per permettergli di salire e
Larry non si fece certo pregare, saltando sulle coperte dopo una rapida
corsetta e rimbalzando vicino a Junior che se ne stava tranquillamente
accoccolato contro il fianco squamato, al centro del soffice
materassone. Il bowserotto più giovane dormiva così
profondamente da non essersi nemmeno accorto della brusca intrusione ed
il fratello prese posto lì accanto crogiolandosi anche lui nella
nuvola di calore e protezione, circondati dalla presenza sicura della
draghessa, dalla sua forza e dal suo affetto. Avvertì la mole di
Peach movicchiarsi un'ultima volta tutt'intorno prima che il suo
respiro si facesse regolare, risistemandosi col guscio acuminato verso
la porta ed un arto piegato a ripararli in un gesto protettivo,
stringendoli contemporaneamente a sé. Sul punto di assopirsi con
riconciliata serenità, cullato dal battito lento e confortante
di un cuore più grande, Larry avvertì l'accenno di un
sorriso sfiorargli le labbra ad un pensiero buffo che gli balenò
nella mente: forse, anche da umani, le cose non erano poi così
terribili in fin dei conti.
Nota d'autrice:
Come
al solito i dubbi mi hanno perseguitata pure in questo capitolo dove ho
introdotto ben due personaggi secondari ripescati dagli RPG di Super
Mario, rispettivamente Falkoman (de “Paper Mario: Il Portale
Millenario”) e Midubs (alias Grugnosauro in italiano, de
“Mario & Luigi: Viaggio al Centro di Bowser”).
Considerato che entrambi sono inevitabilmente scivolati nel
dimenticatoio del gioco, ho voluto offrire loro una seconda chance e
permettergli di rivivere, in un certo senso, attraverso le righe della
mia long con la speranza di farli conoscere anche a coloro che non li
avevano mai sentiti nominare prima. Nel caso di Midbus, questa sarebbe
effettivamente la seconda volta che decido di scrivere su di lui ma,
siccome nell'altra storia dove l'ho inserito gli ho riservato un lieto
fine, qui ho scelto di concentrarmi sul lato più perfido della
sua personalità ed ho optato per la conclusione che si sarebbe
meritato per tutte le sue malefatte.
P.S.
Un comune squalo bianco riesce a percepire anche minuscole
quantità di sangue nell'acqua fino a cinque chilometri di
distanza [National Geographic].
Io mi sono presa la libertà di esagerare sulle capacità
di Jones essendo la fanfiction ambientata in un universo completamente
immaginario :]
Falkoman, Midbus e tutti i personaggi dell'universo dei Mario Bros. © Nintendo
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