Capitolo
4 – Always
Lo
vede arrivare in cucina coperto solo dall’accappatoio,
con i capelli ancora bagnati e sparati in tutte le direzioni. Un filo
di barba
gli tinge le guance e gli conferisce un’aria ancora
più affascinante, tipo
bello e dannato. In una parola: irresistibile. La prima reazione di
Kate,
infatti, sarebbe quella di andargli incontro, passargli la mano fra i
capelli,
tentando inutilmente di dare una forma a quel ciuffo ribelle, e baciare
quel
triangolo di pelle del petto lasciata scoperta. E’ un
pensiero così inebriante
che non riesce a trattenersi dal mordersi il labbro inferiore. Ma
mentre è
ancora intenta nel godersi quella visione, il suo sguardo viene
attirato dalla
determinazione che gli legge negli occhi.
“Mi
hai sentito, vero?” le chiede.
In
tutta risposta Beckett aggrotta la fronte: non può
certo riferirsi alla sua interpretazione di Sinatra. Non ci sarebbe
certo da
vergognarsi, sia perché ha una splendida voce baritonale,
sia perché lei per
prima si diverte a canticchiare sotto la doccia. Anche a ballare, se
è per
questo: ha persino inventato una shower
routine, nella quale potrebbe inserire qualche passo a due,
magari fra le
braccia di uno scrittore, possibilmente di gialli. Però lui
aggiunge: “Stanotte,
quando sei venuta in camera mia… quando ho avuto
l’incubo.”
Kate
abbassa la testa e fa un sospiro profondo,
scacciando l’immagine sensuale di loro due che danzano nudi.
Prima o poi quel
momento sarebbe arrivato, lo sa bene. Ma non è sicura di
essere abbastanza
forte per affrontare la portata e l’intensità di
quel sentimento. Né ha idea di
come spiegargli il fatto di saperlo da sempre e di avergli mentito al
riguardo.
Poi
solleva di nuovo gli occhi e annuisce, regalandogli
un sorriso timido. “Sì, ti ho sentito. Eri
così disperato, Rick… io… mi
dispiace…”
“Ti
dispiace perché ti ho detto che ti amo?” ora
è il suo
turno di aggrottare la fronte, perplesso.
“No,
no, anzi, quello è stato bellissimo… mi dispiace
perché stavi soffrendo. Io… non vorrei mai che tu
stessi male. Mai. Tanto meno
per causa mia.”
Con
pochi passi Castle si trova davanti a Kate. Le
accarezza il volto con un tocco leggero, assaporandone ogni singolo
centimetro,
quasi volesse imprimere l’immagine della donna sulle proprie
dita, e lei si
appoggia a quella mano, grande e calda, chiudendo gli occhi e godendo
la
sensazione di pace che quel gesto le trasmette.
“Io…
ti avevo sentito anche allora, Rick. Ma ho avuto
paura” confessa a bassa voce, quasi sussurrando.
“Paura?
Perché non provi lo stesso per me?” indaga,
terrorizzato
dall’idea di poter ricevere una risposta affermativa.
Ma
lei abbassa lo sguardo e scuote la testa. Poi posa la
guancia sul petto dell’uomo e gli cinge la vita, chiudendo
gli occhi e
affidandosi a lui. E’ già successo in passato,
più di una volta: quando si sono
scambiati un abbraccio sudato dopo aver scavato in un cimitero alla
ricerca di
un tesoro sepolto, quando hanno salvato New York dallo scoppio di una
bomba
sporca, quando sono rimasti in quella cella frigorifera, rischiando di die frozen in each other’s arms.
E tutte
le volte che hanno ballato insieme, con o senza la scusa di essere
sotto
copertura. E al matrimonio di Kevin e Jenny, Richard era
così elegante… E come
dimenticare che si sono persino baciati in quel vicolo? Per ben due
volte! That was amazing! Eppure mai
come in
questo istante Beckett sente le farfalle nello stomaco al solo stare
fra le
braccia dello scrittore, che l’hanno immediatamente avvolta,
stringendola forte
a sé quasi temesse di vederla sparire
all’improvviso. Certo, a Rick piacerebbe sentirle
pronunciare quelle stesse parole, ma al momento è
più che felice di starsene
così, in piedi nella sua cucina, avvinghiato alla sua Kate.
E chi se ne frega
se così facendo rischia di far salire di nuovo la febbre.
A
questo punto, però, sta a lui essere sincero. Si
scioglie dall’abbraccio, la bacia sulla fronte, la prende per
mano e la conduce
al divano. “Devo confessarti una cosa. Sappi che
l’ho fatto perché volevo… voglio proteggerti. Perché non
riesco a
immaginare la mia vita senza di te. Perché quando penso a
chi mi riempie sempre
il cuore di gioia quando mi chiama al telefono, fosse anche per
convocarmi su
una scena del crimine quando fuori ci sono venti gradi sotto zero, vedo
il tuo
viso. Perché quando penso a chi vorrei accanto nei momenti
di felicità, di solitudine
o di dolore, vedo il tuo viso. Perché quando penso al mio
futuro vedo solo te,
Kate.”
Nonostante
la splendida dichiarazione, l’istinto
poliziesco di Beckett entra in allerta. Il tono accorato usato
dall’uomo,
infatti, grida a gran voce che sotto c’è
qualcos’altro. “Cosa hai fatto,
Castle?”
“Qualche
mese dopo il funerale di Montgomery io…. Ecco…
ho ricevuto una telefonata. Da un certo Smith che conosceva bene Roy.
Insomma…
mi ha detto che c’era un unico modo per salvarti la vita:
dovevo impedirti di
continuare a investigare su chi aveva ucciso tua madre. E io ci ho
provato, lo
faccio da tempo. Perché se non smetti di smuovere le acque
loro ti uccideranno,
Kate. Before Montgomery went into that hangar, he
sent a
package to someone, someone…he trusted. It contained
information damaging to
the person behind all this. Montgomery was trying to protect you. But
the
package didn’t arrive until after you’d been shot.
Montgomery’s friend…struck a
deal with them. If they left you alone, the package and the information
inside
would never see the light of day. But they made one condition
— you had to back
off. And that’s the reason you’re alive, Kate,
because you stopped.” Dice
tutto d’un fiato, come se temesse che,
fermandosi, non sarebbe riuscito ad arrivare fino in fondo.
Per
alcuni secondi Kate continua ad osservarlo incredula,
senza parlare, mentre le guance le si imporporano e gli occhi le si
riempiono
di lacrime di rabbia. Poi
sbotta, con voce tremante: “Castle,
you
cut a deal for my life like I was some kind of a child. My
life. Mine. You don’t get to decide.
Tu
non hai nessun diritto. Nessuno. Mi hai mentito sulla cosa che per me
contava
più di tutto! Per tutto questo tempo! Come hai potuto? Dimmi
almeno dove lo
trovo.”
E’
come se il mondo le fosse crollato addosso, come se
non avesse più punti fermi nella sua vita, nessuna Stella
Polare cui affidarsi per
trovare la rotta nell’oscurità della sua
esistenza.
“He’s
a voice on the phone, a shadow on a parking garage”
sussurra
sconfitto.
“Lo
hai persino incontrato?” non riesce a credere alle
sue parole.
“Sì.
Ma Kate, ti prego, ascoltami. Non ti voglio perdere.
Permettimi almeno di aiutarti” le dice con voce implorante.
“Io…
tutto questo è troppo per me” si alza dal divano e
si avvia al piano di sopra, rinchiudendosi nel bagno.
Si
ritrova da solo, in un loft paurosamente vuoto e
silenzioso. Il calore che gli aveva inondato il cuore mentre stringeva
Kate fra
le braccia lo ha abbandonato, lasciandogli una sensazione di gelo
nell’animo. Un
freddo che supera di gran lunga quello provato poche sere fa quando si
è
trovato senza sciarpa e guanti in mezzo alla neve. Teme di averla
perduta per
sempre proprio adesso che lei gli aveva dato una
possibilità. Si passa le mani
sul viso, più volte, come se volesse scacciare il dolore che
percepisce.
Dolore
e senso di impotenza.
Farebbe
qualsiasi cosa per proteggerla. Darebbe la sua
vita per lei. Ed è per questo motivo che non si è
tirato indietro quando quei
tipi misteriosi lo hanno convocato in quel garage. Sarebbe sceso
all’inferno e
avrebbe fatto anche un patto con il diavolo se fosse servito per
garantire la
vita della sua Kate.
Quello
che non è riuscito a dirle è che ha continuato a
investigare per conto proprio perché lui per primo vuole
rendere giustizia a
Johanna. Gli sarebbe piaciuto conoscerla: doveva essere una donna
straordinaria,
proprio come sua figlia. E’ sicuro che sarebbero andati
d’accordo.
Di
Jim, invece, ha un po’ paura.
Stronzate.
Si
sente un vero fallito nei suoi confronti. L’avvocato
Beckett gli aveva chiesto di proteggere la sua bambina e il risultato
è che le
hanno sparato in pieno petto, a un soffio dal cuore. Senza considerare
quella
patetica scena all’ospedale, quando si è azzuffato
con Josh come se fossero due
balordi adolescenti, mentre Kate stava lottando fra la vita e la morte
in sala
operatoria. Come potrebbe volerlo accanto alla sua Katie? Al posto suo,
non
vorrebbe certo che Alexis frequentasse un tipo del genere. Ma
è una domanda inutile.
L’ha persa ancora prima di averla avuta.
Poggia
la nuca sulla spalliera del divano e fissa il
soffitto del loft, come se da lì potesse arrivare la
risposta salvifica ai suoi
dubbi e alle sue angosce.
Nel
frattempo, qualche metro più su, Kate si è seduta
per
terra, appoggiando la schiena alla vasca da bagno, raccogliendo le
gambe al
petto e prendendosi la testa fra le mani. Percepisce il gelo delle
piastrelle
attraverso il tessuto leggero dei leggings e della maglietta. E dei
calzettoni,
visto che non ha pensato di infilarsi le ciabatte. Ma non le importa,
è come se
i suoi sensi fossero anestetizzati.
Si
sente tradita.
Colpita
alle spalle dall’uomo che le ha detto di amarla e
per il quale ha rimesso insieme i pezzi della sua mente e del suo
cuore.
Dall’uomo per il quale si sta sbarazzando di quel muro. Un
uomo che ha reso il
suo duro lavoro un po’ più divertente. Un uomo che
le ha permesso di compiere degli
insperati passi da gigante nelle indagini per scovare il bastardo che
ha
pugnalato a morte sua madre. Che non ha esitato né a
metterle a disposizione i propri
soldi per comprare delle informazioni né tantomeno a
gettarsi su di lei quel
giorno al cimitero, rischiando la sua stessa vita. Ma le ha tenuto
nascosto una
pista fondamentale.
Kate
ha dedicato ogni momento libero a rileggere gli
appunti degli agenti che hanno investigato sull’assassinio di
Johanna, a
partire da quel sabato 9 gennaio 1999. Ha ricreato la sua personale
lavagna
sulle persiane di casa, annotando dettagli, informazioni, deduzioni.
E
ora potrebbe dare un senso a tutta quella frenesia
morbosa, potrebbe rendere giustizia a sua madre. Forse sarebbe
già stata in
grado di farlo se solo Rick non le avesse mentito.
Le
ha detto di averlo fatto per proteggerla. Ma lei non
ha bisogno di protezione. Diamine, è il detective Katherine
Beckett della
sezione omicidi del NYPD! Ha una pistola e sa bene come usarla. Senza
che
qualcuno si erga a sua guardia del corpo.
Ma
le ha anche detto di amarla e di immaginare i loro
figli. Oddio, sul nome Cosmo nutre qualche perplessità, ma
il pensiero di una
bambina chiamata Johanna le inonda il cuore di gioia. Gli ha sentito
ripetere la
sua disperata dichiarazione d’amore giusto poche ore prima.
Ma con i fatti
glielo sta dimostrando da sempre. Più o meno dal loro primo
incontro. Ed è
inutile che continui a raccontare delle balle a sé stessa:
anche lei lo ama.
Come non ha mai amato nessuno. Né Sorenson, né
Demming, né tantomeno il dottor
Davidson. Will e Josh in realtà erano la sua versione
maschile: completamente
concentrati sulla propria carriera, tanto da mettere il lavoro sempre
al primo
posto a scapito della vita sentimentale. Entrambe le storie erano
destinate a
finire, di questo è consapevole. Tom, invece, è
un bravo ragazzo ed è convinta
che alla fine, nonostante sia lui che Castle si siano comportati come
capibranco
pronti a marcare il proprio territorio quando hanno collaborato allo
stesso
caso, potrebbe persino diventare amico di Rick. Anzi, magari potrebbero
anche
fare un’uscita a quattro. Ha saputo che Demming frequenta una
vice detective da
qualche tempo ed è sinceramente contenta per lui.
No,
un momento, ma che le viene in mente? Lei è furiosa
con Castle, non deve pensare ad andare a cena con lui e con
un’altra coppia. Meglio
tornare a concentrarsi sulle cose serie.
Sua
madre.
Johanna
vorrebbe che lei fosse felice, di questo è più
che sicura.
Prende
un respiro profondo e si ritrova inspiegabilmente a
sorridere. A sua madre Rick sarebbe piaciuto. Anzi, lo avrebbe adorato.
Senza
ombra di dubbio. E’ un uomo buono, sempre pronto ad aiutare
gli altri e a
rendere la vita di tutti più leggera. Ha anche voluto
istituire una borsa di
studio per onorare la memoria di Johanna Beckett, coinvolgendo tutti i
suoi
amici ricchi e famosi per raccogliere fondi. Del resto, è
stato proprio lui a
dirle che money doesn’t change who
you
are. It just magnifies your personality. E la sua
è una personalità altruista.
Un po’ folle, molto sopra le righe, ma ha un cuore grande
come una casa. Si
asciuga velocemente gli occhi dalle lacrime che non è
riuscita a trattenere,
poi stringe i pugni e si solleva da terra.
Ha
preso la sua decisione.
Ha
capito cosa vuole.
Con
la coda dell’occhio, Rick la vede scendere dalle
scale, con un passo risoluto. Gira la testa e incontra il suo sguardo.
Intenso,
fiero. Una delle prime cose che lo hanno affascinato di lei.
Stronzate.
La
prima cosa che lo ha colpito sono le sue labbra e quel
profumo di ciliegie che gli ha inebriato i sensi. Senza considerare il
suo lato
B, che è proprio da urlo, specialmente quando indossa quei
jeans attillati che
le accarezzano le forme. Poi, quando ha imparato a conoscerla, ha
capito che
ciò che c’era dentro il detective Beckett era
addirittura più bello di quello
che il suo esterno mostrava. E, intendiamoci, il fisico di Kate
è
stratosferico. Si ricorda ancora quando l’ha vista in bikini
a Los Angeles,
quando riemergeva dalla piscina come una novella Venere di Botticelli.
Uno
schianto. Tanto che ha rischiato di strozzarsi con quel drink che stava
sorseggiando
per non dare nell’occhio.
Si
alza dal divano ed è quasi spaventato dalla
determinazione che emana quella donna. “Beckett, what do you want?” le domanda,
quando la vede avvicinarsi a lui.
“Stai
fermo un secondo” gli ordina con quel tono
autoritario che ha sempre trovato estremamente sexy. E poi le labbra di
Kate si
avventano sulle sue e lui non capisce più nulla.
E’ come se fosse stato
travolto da uno tsunami, scatenato dal mare che si fonde con il
sottobosco*. Il
suo cervello va in totale blackout e lascia spazio solo agli istinti.
Alla
sensazione del corpo di lei incollato al suo, in un
incastro perfetto.
Delle
loro lingue che danzano come se non avessero fatto
altro in tutta la loro vita.
Delle
mani che scoprono pelle e incendiano sensi.
Ma,
anche se i suoi ormoni gli direbbero di salutare il
mondo e rotolarsi sul divano con quella donna meravigliosa, ha bisogno
di
capire. Con l’ultimo barlume di forza di volontà
che gli è rimasto si stacca da
lei e la allontana da sé, chiedendole: “What
happened?”
“Voglio
mettere questa storia da parte e concentrarmi
sulla mia vita. Ho capito che mi merito di essere felice e so che solo
accanto
a te ho l’occasione di esserlo” gli spiega con un
sorriso commosso e
accarezzandogli il volto, questa volta senza raccontarsi la balla del
volergli
misurare la febbre. “E poi so che potrò sempre
contare sul mio partner per trovare
chi ha ucciso mia madre. Vero?” gli domanda speranzosa.
“Always” le
risponde deciso. Di poche cose è sicuro, ma sa per certo che
lui per lei ci
sarà. Sempre.
Nota
dell’autrice
Cala
il sipario sui tontoloni, che finalmente si sono chiariti e possono
dare… il
via alle danze. E, prendendo in prestito la dedica che
arriverà qualche tempo
dopo con “Deadly Heat”, ciò che gli
auguriamo è may the dance never end and the
music never stop!
Grazie
a tutti voi per avermi fatto compagnia in queste settimane.
Grazie
a chi ha messo la storia nelle seguite e nelle preferite.
Grazie
a chi ha letto in silenzio e a chi mi ha regalato queste splendide
recensioni,
facendo il conto alla rovescia per arrivare al giovedì.
E
grazie come sempre al mio angelo custode che trova sempre il tempo per
me e per
le sciocchezzuole che scrivo nonostante i suoi mille impegni
professionali e
familiari. *Il riferimento a thatswhatfriendsarefor non è
casuale ;-)
Un
abbraccio a tutti,
Deb
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