La Solitudine dei Numeri Dieci

di gratia
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TSUBASA - DUE CAPITANI
 



Dolore. Fa male. Tanto male. Mi si annebbia la vista per quanto è intenso il dolore.
 
Alzo gli occhi al cielo. Il sole mi tormenta, quasi quanto il dolore alla spalla.
Il sudore sulla fronte sembra una colata di lava sulla pelle.
 
Devo resistere. Non posso portare la mano alla spalla. I miei compagni di squadra capirebbero. Si accorgerebbero che sto male, che dovrei uscire dal campo.
 
Taro mi si avvicina. Mi sorride, mi chiede se sto bene. Certo, rispondo io. Dobbiamo segnare, Taro. Subito. Dobbiamo segnare prima della Toho. Dobbiamo segnare prima di Hyuga.
 
Guardo davanti a me. Eccolo. Sta arrivando. Il pallone sta scendendo tra le mie gambe. Devo muovermi. Devo prenderlo, ma fa troppo male.
Avrei voluto dirlo a Taro. Avrei voluto dirgli che non ce la faccio più. Non posso, sono il capitano. Il numero 10.
 
Il capitano non può cadere.
Il capitano non può uscire dal campo.
Il capitano non ha lacrime negli occhi.
Il capitano deve nascondere. Dolore e paura.
 
Anche mio padre è capitano. Nasconde sempre qualcosa ai suoi marinai. Deve nascondere la paura quando passa per acque pericolose. O quando le onde sono muri d’acqua così alti da non vederne la cresta.
 
Vorrei parlargli. Vorrei sapere cosa farebbe lui al mio posto, ma è lontano. L’ha portato via il mare. Come sempre.
 
Questa è la mia solitudine, come quella di mio padre. La solitudine dei capitani. Che non mostrano dolore, non temono paura.
 
Vorrei condividerla con lui. Farebbe meno male. Lo so. Ma lui non c’è.  






È la prima volta che scrivo "flash-fics" introspettive nel mondo della fanfiction. Mi rendo conto sia un’impresa ardua… Soprattutto perché ho cercato di vedere la solitudine tramite gli occhi di quattro piccoli capitani, al confine tra infanzia e adolescenza. Questa è su Tsubasa. Grazie, spero vi trasmettano una parte delle emozioni che questi piccoli capitani hanno generato in me mentre "li raccontavo"!




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