Corrente
naturale
di ellephedre
Maggio 1997 - Nella stanza da bagno
La sua era una vasca piccola.
Quando faceva il bagno Makoto si
rannicchiava su se stessa, sdraiandosi sulla schiena. Immergeva i
capelli finché
l'acqua quasi non le entrava nelle orecchie.
Nell'istante in cui i
suoni si attutivano, sentiva di entrare in un mondo differente, privo
di peso: il suo corpo galleggiava, lei stessa non aveva
più responsabilità o preoccupazioni. Le fatiche
della giornata
si scioglievano assieme ai suoi muscoli.
Soffiò sulla superficie dell'acqua,
osservando le
increspature create dall'aria. Si
voltò di lato, sostenendosi con un gomito, senza scopo,
semplicemente perché poteva. Emerse con metà
della
gamba. Sporse il piede oltre il bordo della vasca,
stiracchiando
le
dita
stanche, provate da una giornata trascorsa senza quasi sedersi.
Il citofono di casa suonò.
... Gen era arrivato in anticipo.
Uscendo dall'acqua, lei si passò velocemente un
asciugamano sul corpo, per non bagnare il pavimento. Passò
dal bagno alla stanza principale della casa, fino a
raggiungere il citofono sulla parete. Premette il tasto che apriva il
portone al piano sottostante e tolse la sicura all'entrata.
Tornò indietro, con calma.
Quando Gen entrò nel suo appartamento, un minuto
dopo, si
era già reimmersa in acqua.
«Makoto?»
«Sono qui.»
Sentì i passi di lui, poi lo vide sulla porta.
«Ehi.»
Rivederlo con un sorriso, la sera, era un premio.
«Ciao!» Caricò il saluto di
felicità.
«Fai un bagno?»
Annuì mentre lui si avvicinava, fino ad accucciarsi
accanto
alla vasca.
«Volevo stare dentro per un po'» gli
spiegò, «così poi
ti
lasciavo il posto. Sei arrivato prima.»
Quieto, lui appoggiò il mento sul bordo in
ceramica.
Lei lo graziò con un piccolo bacio, causandogli un
sorriso.
«Sei stanco?»
«Sì.»
Makoto intuì che non era questo che lo turbava.
Lui era rimasto a guardarla. Diversamente da quando era
spensierato,
negli occhi con cui stava osservando il suo corpo nudo c'era una
riflessione, che non includeva lei.
È
successo
qualcosa?
Fu paziente. Invece di domandare allungò una mano,
inumidendo la fronte di lui con una carezza.
Per la beatitudine, Gen chiuse gli
occhi. «Se solo la tua vasca fosse più
grande...»
Lei aveva pensato la stessa cosa. «È un
peccato
che per un bagno ci entriamo solo uno alla volta.»
Inumidì le palpebre di lui con le dita, piano,
accarezzandole.
Gen emise un sospiro flebile. «Oggi è
andata bene al negozio?»
«Mi hanno
commissionato tre torte per la prossima settimana. Gli affari stanno
decollando.»
«Certo. Sei la migliore in cucina.»
Lei si voltò a pancia in giù
nell'acqua,
tenendosi all'altezza di lui con le braccia. «A te
com'è andata? Avete finito di lavorare sul piano di quel
palazzo?»
Lui tardò un momento a rispondere.
«È andata bene, erano soddisfatti. Ottime
rifiniture,
hanno detto. Ho passato i complimenti a Sato.»
«Ne sarà stato contento.»
Gen annuì. «Mi hanno offerto di fare
altri lavori
insieme.»
Oh? Non era una cosa cattiva. Stavano parlando di una
buona
società di costruzioni, con una ventina di dipendenti e
molti contratti all'attivo, su locali di grandi dimensioni. Eppure, Gen
non sembrava felice. «Non ti piace come
idea?»
«Il proprietario ha detto che tra qualche
tempo potevamo
parlare di unirci. Fondere le ditte, sai? Loro che assorbono
noi.»
Makoto iniziò a comprendere la ragione
della sua incertezza.
Gen si era seduto completamente sul pavimento, una gamba
allungata sulle piastrelle.
«Non sei tenuto ad accettare.»
«Quando me l'ha detto, il
mio primo
pensiero è stato... Sì.
Come se finalmente mi stessi liberando di un peso.»
Makoto capì subito cosa stava provando lui, da cima
a fondo.
Si sporse in avanti, uscendo col torso dall'acqua per adagiare la
guancia alla sua. «Non sentirti in colpa.»
Lui non disse nulla.
«Ti sei sempre preoccupato per Sato,
Nakamura e
Watanabe. È un sollievo sapere che potresti non avere
più la
responsabilità del loro futuro.
È normale.»
«Non mi ero reso conto di essere
pronto a
sciogliere la ditta. Anche se sapevo che un giorno sarebbe
successo.»
La ditta era stata creata da suo padre. «Non lo stai
lasciando andare solo perché non continui il suo
lavoro.»
Gen emise un lungo sospiro. «Non mi dispiaceva come
occupazione. Si
guadagna
bene. Essere autosufficiente senza spendere la mia parte del
risarcimento è... una cosa buona.» Si
voltò verso di lei. «Per il futuro pensavo di
tornare a farlo, di tanto in tanto, quando avessi avuto bisogno di
denaro. Per avere un'entrata in più, magari durante le
vacanze. Finché faccio solo l'assistente.»
Certo, era un'idea sensata.
Ma nel guardarla Gen stava avendo un'esitazione.
Makoto capì solo in quel momento che avevano
parlato di un
futuro distante nel tempo. Lui sarebbe diventato assistente in uno
studio di architettura appena avesse terminato
l'università, e per allora la nuova vita di lei sarebbe
già cominciata.
Lavorare durante le vacanze per avere più soldi era
un
progetto che apparteneva a una vita comune e semplice, che non sarebbe
mai stata quella che loro due avrebbero avuto insieme.
Non gli permise di pensarci troppo. «Se cedi la
ditta e
rimani in buoni rapporti con loro, magari chiameranno te per una mano
in più, quando ne avranno bisogno.»
Come lei, Gen scelse di non affrontare un problema per cui
ancora non
avevano soluzioni. Annuì. «Mi
sembra lo stesso di lasciar andare una parte di mio padre.»
In silenzio, Makoto condivise la sua nostalgia, la sua
sofferenza. Si
allungò con un braccio fuori dalla vasca, prendendogli la
mano e portandola alla bocca. «Lui sapeva qual era il
tuo sogno. Avrebbe voluto che tu seguissi la tua strada.» Lo
baciò sul dorso delle dita, forte. «Comunque
non succederà subito. Ti abituerai all'idea. E se non
accadrà... non dovrai fare niente. Potrai tenere la ditta
per sempre.»
Strappargli un sorriso la rese felice.
Quando respirò di nuovo, Gen si era liberato di un
pensiero opprimente.
Makoto scivolò all'indietro nell'acqua. Pur piegata
com'era,
riuscì a mettersi con lo stomaco all'insù.
Poiché non aveva rinunciato a tenergli la mano, quasi
sprofondò con la testa.
«Attenta.» Gen la tenne sollevata.
«Fai
la
sirena?»
«Nel mio piccolo stagno. Poi l'acqua sarà
tutta per te.»
Lui la lasciò andare e sollevò la
maglietta sopra
la testa. «Cominciò a pulirmi.»
Oh, sì. Era sempre un piacere osservarlo senza
vestiti.
«Quando vuoi ti lavo la schiena.»
Lui stava già slacciando il bottone dei jeans.
«Dopo lo faccio io a te. Quel bastone di spugna non
funziona bene come le mie mani.»
Era una verità tanto grande che lei non lo
contraddisse.
Gen stava sorridendo.
«Cosa?»
«Mi è venuta un'idea.»
«Quale?»
Lui aprì la bocca e... non parlò.
«Sarà una sorpresa.»
Divertita, Makoto si rassegnò.
«Okay.»
«Una sera di questa settimana»
continuò
lui. «Preparati.»
«Come?»
«Comportati come al solito. Poi un giorno,
quando
meno te lo aspetti...»
Ormai se lo aspettava, ma non voleva rovinargli la festa. In
fondo, era come diceva lui: la prospettiva di qualcosa di
nuovo e diverso già la allettava. Le sorprese di Gen erano
così, quando gli venivano in mente: spezzavano la routine.
Spesso erano esperienze comuni con un pizzico di novità,
capaci di cambiarne la prospettiva.
Una mattina per esempio si erano svegliati molto presto, per
correre
insieme. Non l'avevano fatto nel solito parco. 'Solo per cambiare
scenario'
aveva detto Gen, ed erano andati alla scoperta di un altro quartiere,
lontano mezz'ora di macchina.
Un'altra volta ancora erano andati in un ristorante
thailandese - una
cucina
che nessuno dei due aveva mai provato. Di proposito avevano ordinato
le portate più strane che avevano incontrato nel
menù.
A lui piaceva la quotidianità, ma occasionalmente
gli
piaceva
anche uscirne e la portava con sé in quegli esperimenti.
Lei era avventurosa soprattutto dal punto di vista culinario.
«Oggi ho trovato una ricetta interessante su un libro. Sta
cuocendo nel forno.»
«Che cos'è?»
«Una cosa completamente nuova.»
«Carne, pesce, verdure?»
Il sorriso di Makoto si allargò.
«Sorpresa.»
Senza vestiti, Gen si inginocchiò davanti a lei.
«Ti sei fatta furba.»
Si scambiarono un bacio caldo, delizioso, poi lui si
allontanò verso il manico della doccia appeso al muro
opposto. Si sedette sullo sgabello, facendo partire il getto
dell'acqua sopra la testa.
Makoto tornò a rilassarsi nel suo bagno,
lanciandogli
occhiate
ogni volta che le andava.
Sprofondò volontariamente nella vasca.
Che serata fantastica.
Maggio 1997 - Nella stanza
da bagno - FINE
NdA: Solo una nota, sulle abitudini di pulizia dei
giapponesi. È una cosa che devo sottolineare meglio in Verso
l'alba, ma da quel
che ho capito, hanno tutti, nel bagno, una postazione che fa scorrere
l'acqua direttamente sul pavimento. Lì, seduti su uno
sgabello, si insaponano per bene e si risciacquano. A
differenza nostra intendono il bagno non come un momento di pulizia, ma
di totale relax. Quindi bisogna entrare nell'acqua della vasca
già puliti.
Sul resto della storia... niente, mi piacerebbe sapere che ne
pensate :)
Grazie di aver letto!
Elle
Il gruppo Facebook dedicato alle mie storie, con anticipazioni
e curiosità, è Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...