Mille voci,
un'Anima
Le
ombre della notte avvolsero Masyaf.
Le
pareti e il soffitto assunsero una sfumatura bluastra e argentata,
mentre buffi giochi di luce si proiettavano per la stanza,
poiché le tende filtrassero la luce lunare in un modo
insolito.
Elena
era seduta immersa tra i cuscini. Fissava un punto fermo di fronte a
lei strofinando le dita affusolate sulla catenella della collana.
Una
folata di vento entrò dalle finestre e andò a
scompigliarle i capelli. Un brivido di freddo le attraversò
la schiena e si raddrizzò starnutendo.
L’aria
tornò immobile.
Elena
si guardò attorno e decise che muoversi le avrebbe fatto
bene.
Cominciò
a fare su e giù per la camera a braccia conserte, ascoltando
i rumori che venivano dall’esterno.
Devo
trovare un modo per andare in città, si disse guardando
fuori dalla facciata. Elika, quella strana ragazza che aveva incontrato
poche ore prima, poteva essere già lì.
Andò
nella sua stanza e frugò nell’armadio in cerca di
qualcosa di più pesante da mettersi. Trovò solo
una mantella di cotone e se la legò sopra alla tunica verde
che aveva addosso.
Lanciò
un’ultima occhiata alla finestra che dava sul cortile, e
notò con fastidio che c’erano ancora ù
pattuglie del solito, e molti, tanti arcieri sui tetti.
Scese
le scale addossata alla parete, confondendosi con i dipinti e gli
arazzi.
La
mantella sulle sue spalle le svolazzava ai fianchi, ma nonostante la
paura di inciamparci e rotolare giù, Elena tenne un passo
fermo e serrato.
Da
quando era “fuggita” nei suoi appartamenti, non si
era fatto vivo nessuno. Neppure Adha, la sua protetta, si era degnata
di venirle a fare compagnia. Aveva passato il resto del pomeriggio in
totale solitudine, stesa tra i cuscini pensando e ripensando a cosa
stava facendo e al perché.
Si
disse che in quelli ultimi giorni si era fatta troppe domande, ed era
ora, piuttosto, di incassare le rispettive risposte. Quanto lontana
l’avrebbe condotta la sua curiosità?
Rise
immaginandosi in un fiume circondata da coccodrilli.
Raggiunse
il pian terreno, e lo trovò silenzioso e deserto, come il
resto delle stanze.
Elena
si diresse verso il giardino interno, percorrendo gli stessi corridoi
che aveva visto per la prima volta svegliandosi nel bel mezzo della
notte.
Quando
vide due guardie venirle incontro, Elena si appiattì contro
il muro, nascosta nella penombra di una colonna, si strinse i lembi del
mantello al petto per non lasciarli svolazzare al vento.
Le
due guardie facevano avanti e indietro per il giardino, guardandosi
circospetti le donne che vi erano.
Elena
approfittò del fatto che erano distratti da due belle
ragazze e camminò silenziosa sull’erba, poi oltre
la grata alzata.
Tutta
fortuna, si disse, ma pregò che essa l’assistesse
per qualche istante ancora.
Con
la coda dell’occhio, la ragazza scorse Tharidl scambiare una
conversazione con una donna che riconobbe subito.
C’era
Adha al piano di sopra, con alle spalle due ragazzi celati dai cappucci.
Elena
capì all’istante che quella di domani non sarebbe
stata una giornata tutto tranne che facile. Se il Maestro non puniva
quei due con la morte, Elena se li sarebbe ritrovati di sicuro tra i
piedi l’indomani.
Alcuni
saggi, agli angoli della stanza e per metà celati dagli
scaffali della biblioteca, la stavano guardando.
Elena
si fece da parte, avvicinandosi al luogo in cui il Maestro stava
svolgendo la sua ramanzina.
-Non
voglio che riaccada mai più- disse il vecchio.
–Perché come ha detto Rhami, non solo non
rispettate Elena e il suo passato, ma anche voi stessi, dovrei
uccidervi per questo, ma ringraziate il cielo che Al Mualim oggi non
è qui!- aggiunse furioso.
I
due chinarono la testa. –Perdono, Maestro- fece uno. Elena lo
riconobbe come il cretino della sua sinistra.
-Non
eravamo in noi, Maestro, ma neppure sotto droghe o alcolici. Eravamo
stanchi, e cercavamo solo un po’ di compagnia differente dal
solito- balbettò l’altro.
-Le
vostre scuse sono assurde- replicò Adha e li
colpì entrambi sulla testa. –quella ragazza porta
sulle sue spalle il peso di altre trenta generazioni di assassine prima
di lei. È la figlia di Kalel! Avreste potuto scegliere con
più attenzione che preda rincorrere, signori cacciatori!-.
-Adha-
intervenne l’uomo. –lascia che sia io ad
occuparmene-.
Adha
guardò altrove, facendo un passo indietro.
Elena
si portò una mano alla bocca. Avrebbe assistito ad un
omicidio?
Tharidl
sfoderò la lama che portava al fianco uno dei due.
-No,
la prego Maestro, no!- gridò uno mettendosi in ginocchio di
suo.
L’altro
rimase immobile, mentre il suo compagno disarmato cominciava a
strisciare come un verme al suolo. –non lo faccia!-
continuò a gridare.
Elena
si coprì gli occhi, ma la tentazione era troppo forte.
-Sono
costretto, in quanto le vostre azioni sono state delle peggiori che
abbia mai visto dopo il degrado di Altair. Per ciò, non
posso fare altro che…- Tharidl alzò la lama e
l’abbassò di colpo, tranciando i lacci di cuoio
che il giovane ancora in piedi portava sulla spalla.
-Siete
stati spostati al grado di novizi. Ricomincerete da zero
l’addestramento, a partire da domani mattina!-
sbottò il vecchio tranciando anche i cinturini del ragazzo
inginocchiato.
-Sì,
Maestro- mormorarono assieme, guardandosi i piedi.
Adha,
rimasta di spalle per tutto il tempo, li afferrò per i
cappucci e li tirò con se verso il piano di sotto.
Elena
si spostò sulla facciata opposta delle gradinate, andando
contro la parete, e per mera fortuna, Adha e i due non si accorsero di
lei, ma qualcun altro sì.
-So
che sei qui, l’ho sempre saputo- disse Tharidl chinandosi a
raccogliere le cinture di cuoio a terra.
Elena
sobbalzò. –Maestro!- le scappò per la
sorpresa.
-Vieni
avanti, Elena, non temermi e non temere ciò che faccio agli
altri, per paura che possa farlo a te. Se in questa setta i membri mi
temessero, uno di loro per uccidermi sarebbe emerso tra i tanti
già da un pezzo- il vecchio rise. –Elika
è una brava ragazza, forse lei saprà
“colmare le tue ombre” meglio di quanto possa fare
io-.
Elena
si fece avanti.
Tharidl
poggiò i lacci spezzati sul tavolo e anche la spada.
– sai perché è riuscita ad attirare
così la tua attenzione?- le chiese da sotto il cappuccio.
Elena
scosse la testa. –Ma coma fate a?…-
-Ho
molti occhi nella mia città, ricordalo sempre quando sarai
in difficoltà come oggi- la interruppe.
-Occhi?-
Il
vecchio fece un gesto con la mano socchiudendo gli occhi.
–per ora è meglio che tu sappia solo quello che
davvero vuoi sapere, scoprire e apprendere, ma prima che tu vada,
voglio farti io una domanda, se posso- le disse gentilmente.
Elena
alzò le spalle. –certo, Maestro, qualsiasi cosa-
rispose allo stesso modo.
-Elena,
dopo aver visitato la fortezza, conosciuto chi la abita e aver visto
con i tuoi occhi, toccato con mano e combattuto per il tuoi confini,
saresti pronta a diventare una di noi?- era improvvisamente serio.
Quella
domanda non la turbò come sicuramente il Maestro si
aspettava, ma la mise in allarme, irrigidendole la voce e lasciandola
sospesa.
-Non
posso costringerti ad uccidere ancora, nessuno può farlo, ma
io e tuo padre speravamo che nel tuo sangue scorresse la stessa forza
di volontà che c’era in Alice- il vecchio le venne
più vicino.
-Ora
devo andare, Maestro, potrò darvi una risposta al mio
ritorno?- chiese allontanandosi.
-Elika,
lei saprà consigliarti, e sai perché? Lei era
un’assassina- tutto d’un fiato.
Elena
lo guardò niente affatto sorpresa. –avevo le mie
ipotesi- disse sorridendo.
-Bene,
dimostri anche perspicacia e intelletto. Ottimo!- sembrava entusiasta.
Elena
si allontanò sulle scale e lasciò la sala quasi
correndo.
Una
volta lasciato il cortile riprese un passo più tranquillo, e
si guardò alle spalle.
Nessun
l’aveva seguita, ma onestamente non pensava che qualcuno
potesse avere tanto interesse per dove andasse, anzi, contando che
molti la volevano il più lontana possibile!
Si
diresse ai piedi della collina, e in breve, eccitata e spaventata,
raggiunse la fonte.
Elena
ne riconobbe solo i capelli, lucidi e fluenti arrotolati in boccoli
perfetti.
Elika
si alzò dal bordo della fontana e le venne incontro.
–Credevo che non saresti più venuta, ho saputo
cos’è successo, e…-.
Elena
la interruppe. –è vero che sei
un’assassina?- le chiese in un sussurro.
Elika
esitò guardandosi in giro. –Ero, ma possiamo
parlarne a casa mia. Avanti, vieni-.
Elena
la seguì passo dopo passo lungo la una stradina secondaria
stretta tra le facciate di due palazzine.
Elika
si fermò in fine sull’uscio di una porta davvero
piccola. Trasse un mazzo di chiavi dal vestito e
l’aprì. –accomodati, fa’ come
fossi a casa tua- si fece da parte per farla entrare, ed Elena mosse i
primi passi dentro l’abitazione.
Il
tenue chiarore di una candela faceva luce nell’atrio della
casa, e mostrava l’arredamento grezzo ma ordinato.
Elika
posò le chiavi e si avviò in una stanza affianco.
–vieni, la cena è pronta-.
Elena
la sentì trafficare con delle portate.
-Dove
sono tua madre e tuo fratello?- domandò raggiungendola.
Elika
poggiò il piatto con le verdure sul tavolo, poi si
asciugò le mani su uno straccio. –non abitano con
me da parecchio tempo, da quando…- Elika
s’interruppe, e il suo sguardo si fece serio mentre squadrava
la ragazza.
Elena
alzò un sopracciglio. – che succede?-
sussurrò stranita.
-Il
Maestro, credo che lui ti abbia detto già tutto su di me-
disse la donna sedendosi.
Elena
capì all’istante e si sistemò nel posto
di fronte. –sì, ma mi piace dire in giro che avevo
già le mie ipotesi- arrossì.
-Bene,
allora d’ora in poi non ci saranno argomenti tabù
né in questa né in altre tavole. Perfetto, ne
sono contenta. Vuoi?- Elika le allungò sul piatto un pugno
di verdure.
-Sì,
grazie-.
-Da
dove hai detto che vieni?- le chiese Elika ad un tratto.
-Sono
di Acri, o almeno, da quanto ho saputo le mie vere origini non sono
quelle-.
-Parli
il francese?-
Elena
annuì arrossendo. –Lo debbo a mio padre. Risalendo
ai fatti, penso che Kalel e Alice si siano trasferiti lì
negli stessi anni in cui la città fu assoggettata dai
crociati. Se non avessi imparato la loro lingua, ora sarei morta
assieme al resto della mia famiglia…- mormorò
cominciando a mangiare.
-Ti
sarà utile anche in futuro, puoi scommetterci- le fece
l’occhiolino Elika.
Per
qualche minuto gustarono la cena in silenzio, solo quando i piatti
furono vuoti ripresero la chiacchierata.
-Oggi
ti ho invitata qui non solo per aiutarti a sopravvivere nella setta-
disse Elika pulendosi la bocca con il tovagliolo. –Ho bisogno
che tu mi faccia un favore-.
Elena
alzò gli occhi e li puntò in quelli scuri di lei.
–cioè?-.
Elika
esitò, portandosi una ciocca di capelli dietro
l’orecchio. –Vorrei che tu mettessi una buona
parola per me al Maestro-.
Elena
ci pensò, poi aggrottò la fronte.
–Vorresti tornare ad essere un’Assassina?-.
-Non
vederla sempre nel verso negativo!- sbottò lei.
–un giorno, quando avrai assaporato il potere, capirai che
non potrai più farne a meno-.
Elena
cominciava ad avere paura. Le parole della ragazza la mettevano a
disagio, e all’improvviso, quando pensava che di fronte
avesse una donna che potesse aiutarla e capirla, si rese conto di
essere seduta a tavola con un’Assassina. Elika, nonostante il
bel faccino, gli occhi affascinanti e l’aspetto quieto, aveva
ucciso, sapeva maneggiare una spada.
-Non
devi avere paura di me, e di quello che vado dicendo- le
confessò Elika cominciando a sparecchiare. –Quando
Al Mualim mi scacciò dalla setta, egli ferì il
mio animo, bruciando assieme ai miei vestiti la mia anima,
l’essenza che avevo assimilato fin da bambina, quello in cui
credevo-.
Elena
si alzò e le diede una mano. –potrei, potrei
provare- balbettò la ragazza.
Elika
le prese i piatti di mano e la guardò sorridendo.
–non importa, davvero. Sono una stupida se penso di poterti
sfruttare così, dimentica quello che ho detto. Piuttosto,
spolvererò le mie lezioni di quando ero nella confraternita
solo per te!- aggiunse.
-Grazie,
quindi qual è il primo consiglio?-.
Elika
si sedette di nuovo al tavolo premendosi le tempie. –Vediamo,
non è semplice, dovresti chiedermi tu qualcosa per
cominciare-.
-Allora
stiamo bene- sbuffò Elena accomodandosi di fronte.
-Per
ora posso dirti quello che ti avrà sicuramente ripetuto il
Maestro per non so quante volte:-
Elena
aguzzò le orecchie.
-Stai
lontana dai novellini. Si credono chissà chi e pretendono di
poterti mettere le mani addosso come fossi quella di turno. Te lo dico
per esperienza, e anche perché mi servi viva- rise.
-Ho
avuto modo di sperimentare- mormorò lei.
-Ah!-
proruppe Elika sorpresa.
Elena
tacque. –Potresti parlarmi di come si svolgeranno i miei
allenamenti? Chi mi addestrerà e come-.
-Ecco
una domanda intelligente, vediamo… mi domando se i sistemi
sono rimasti gli stessi, comunque…-.
Elika
le raccontò dei suoi addestramenti, di quando una per una,
le assassine venivano assegnate al migliore di tutta la setta. Per
Elika, le parve di capire, furono i giorni più interessanti
e pieni di emozioni che si accavallavano le une alle altre. Le disse,
per di più, che l’assassino che le avevano
assegnato non era niente male!
Elika
le parlò poi dei suoi primi omicidi.
Per
lei non fu difficile superare i fatti, anzi. Elika le
confessò che aveva sempre dimostrato dedizione e il massimo
impegno in ciò che faceva, e come lo faceva.
Le
disse che ciascuna assassina dei suoi tempi aveva un proprio modo di
agire, e Al Mualim le assegnava gli incarichi giusto a seconda delle
loro capacità.
-Quante
eravate quando c’eri anche tu?-
-Eravamo
6. Solo 6…-
-Hai
conosciuto mia madre?-
Elena
scosse la testa. –Ho solo 32 anni, tua madre ne
avrà molti di più, e lasciò la
confraternita molo giovane -.
Continuarono
per ore, fin quando nella cucina non cominciò a sentire il
freddo pungere la pelle.
-Possiamo
spostarci in salotto, no?- chiese Elena. –magari
lì fa un po’ meno freddo e…-.
-Elena,
veramente ora dovresti tornare nella fortezza- Elika si alzò
e andò verso l’uscio della cucina.
-Va
bene, come vuoi- mormorò confusa.
-Non
preoccuparti, c’è ancora molto di cui voglio
parlarti e il tempo non ci mancherà. Domani sarà
per te una giornata difficile, posso a stento immaginare, ed
è per questo che devi riposare-.
-Mi
pare di aver dormito per quasi due giorni di seguito, mentre ero
nell’infermeria- borbottò andando verso la porta.
Elika,
alle sue spalle soffocò una risata. –Quasi una
settimana, per dire la verità-.
-Grandioso!-
alzò le braccia al cielo.
-Non
fare così- Elika le venne più vicina e le
sistemò i capelli dietro l’orecchio. –se
solo capissi quanto sei fortunata- disse affranta.
Elena
curvò le spalle. –Non riesco a vedere alcun
compenso nell’uccidere la gente… non riesco, e
forse è proprio quello che posso imparare da te- rispose
debole.
-Ne
sono certa, e contaci, ho già preso il mio impegno e mi
assumo tutte le responsabilità. Elena, uccidere per diletto
è sbagliato, uccidere per salvare il mondo dalla corruzione
non lo è-.
-Corruzione?-.
-Forse
il Maestro non te ne ha ancora parlato, ma nella gente di questa terra
ora aleggia un’aria torrida che noi assassini, soprattutto
dopo la conquista di Acri, chiamiamo corruzione. Le persone cambiano, e
si alleano con i nemici, fanno il doppio gioco, imbrogliano, uccidono
senza ragione. Noi siamo gli unici che possiamo impedirlo-.
Elena
chiuse gli occhi. –va bene… ora è
meglio che vada sul serio-.
-Torna
a trovarmi quando vuoi, appena hai del tempo libero. Ah, copriti bene
che fuori fa freddo- Elika le strinse i lacci del mantello che aveva
addosso.
-Grazie,
ancora- le disse.
-Avanti,
vattene- scherzò aprendo la porta.
Elena
lasciò la casa, e il vento freddo le portò sulla
testa il cappuccio.
Passò
i cancelli della fortezza, stranamente aperti e desolati.
Le
mura riparavano il cortile dal vento che ululava
tutt’attorno, le sentinelle in alto camminavano a fatica,
mentre le pattuglie che trafficavano solitamente vicino al campo di
addestramento erano appollaiate al riparo vicino all’ingresso
della sala del Maestro.
Elena
accelerò il passo e raggiunse la stanza, salì le
scale sotto l’occhio critico delle guardie, e si
fermò alle spalle del vecchio Maestro, che guardava fuori
dal vetro come la tempesta infuriava sulla sua città.
-Maestro-
lo chiamò.
-Sì,
anche io sono contenta che tu sia tornata- lui si voltò, e
si sorprese vedendola col cappuccio abbassato. –Elika ha
soddisfatto le tue domande?- le chiese.
Elena
annuì e, d’impulso si abbassò il
copricapo. –Volevo solo, ecco, mi chiedevo se…-.
-Elika
non è più accetta in questo luogo. Non sono
parole mie, Elena, ma di Al Mualim e di chi come lui firmò
il trattato. Ci sono piccole sottigliezze che ti esonerano da quel
contratto, sottigliezze che non possono valere per chi è
appartenuto a quell’epoca. È fuori discussione-.
La
ragazza sobbalzò.
-Come
fate a saperlo?!- fece un passo avanti.
-Adha-
disse l’uomo.
Adha
comparve alle sue spalle, ed Elena si girò spaventata.
–Ma cosa?!- provò a dire, ma fu interrotta dal
Maestro.
-Riportala
di sopra, sai bene quale saranno i suoi incarichi domani mattina e nei
giorni a venire. Ora ho altro da sbrigare, e non potrò
sostare alle sue richieste per tutta la vita- sbottò quasi
nervoso l’uomo.
Elena
era di nuovo confusa. –ma!-.
-Niente
ma, Elena!- le gridò contro. -… guardati da te
stessa e dalla gente che hai attorno, quelle questioni più
urgenti mi chiamano al dovere di Maestro. Se vuoi restare dalla parte
giusta del confine, dovrai adattarti senza dipendere da nessun altro.
Basta, portala via, Adha-.
L’uomo
si premette le tempie sospirando. –Via, andate via-.
-Vieni-
la voce soave di Adha le lasciò muovere i primi passi verso
le gradinate.
-Ma
cosa gli è preso?- domandò sbigottita.
Adha
la condusse in silenzio verso le stanze dell’ultimo piano.
–Non è un buon momento. Qualche ora fa
è arrivata una colomba nera da Gerusalemme- le disse solo.
-E
cosa vuol dire, scusa?- Elena le camminava dietro.
Adha
continuò a camminare sui gradini, ma le rispose dicendo:
-sta succedendo quello che non doveva succedere. Siccome non ti
riguarda, non posso dirti altro, mi spiace-.
Raggiunsero
le camere degli Angeli e Adha l’accompagnò anche
oltre la scala di pietra che portava alla sua stanza.
Le
finestre erano state chiuse, e le tende le oscuravano mostrando un
salone buio che quasi non riconosceva.
-Domani
la sveglia sarà clemente, te lo concedo, ma dalla settimana
prossima in poi dovrai seguirmi e assistermi come dico io, chiaro?-.
Elena
annuì e andò verso la sua stanza.
Adha
scomparve di sotto, e la ragazza si lasciò cadere sul letto
di schiena.
-Che
schifo di posto, però- disse tra sé.
–perché, papà tra tutti posti del
mondo, qui?!- urlò.
Una
voce dentro di lei diceva che era l’unico
“luogo” che fosse in grado di proteggerla, e la
voce avversa gridava “proteggerla da cosa”??? Ma ce
n’era una terza che le pulsava in testa dal primo momento che
aveva messo piede sulla terra di Masyaf.
-Perché
tutto a me…-.
Le
voci della sua coscienza erano mille e una, nel suo sangue scorreva
quello di sua madre, che senza paura aveva ucciso e si era conquistata
un posto sicuro in questo mondo difficile qual’era quello
della Setta degli Assassini. Ora toccava a le, ad Elena di Acri che di
Acri non era.
Punto
primo. Doveva trovare suo fratello.
Punto
secondo. Doveva diventare un’assassina.
Punto
terzo. Doveva…
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