Per
istinto e pensiero
di ellephedre
Disclaimer:
i
personaggi di
Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di
proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.
14 febbraio 1997 - San
Valentino scordato
Il sole che tramontava
sugli occhi chiusi, i pantaloni che si
sporcavano sull'erba fredda, il peso di lei sulle ginocchia. Le braccia
attorno alla vita sottile che riusciva a chiudere in una stretta sola -
mille, se avesse potuto. Il primo di tanti baci, anelli di una catena
deliziosa che li avrebbe tenuti insieme.
Ami love,
stringimi
forte anche tu. Cadi con me, sii folle come me.
Guardandola
negli occhi Alexander aveva calcolato il tempo dei
loro respiri che si fondevano piano, sino ad amalgamarsi.
«Passiamo
sempre così San Valentino» le aveva detto,
felicità e incertezza nelle gambe che non lo reggevano in
piedi. Con lei sarebbe rimasto sdraiato in quel lembo di terra,
nel momento perfetto su cui voleva scommettere tutto il proprio essere.
Prolungherò
questo attimo,
niente cambierà mai.
«Passiamo San Valentino insieme» aveva
pregato, patetico e
bisognoso
senza vergognarsi. «Fino alla fine dei nostri
tempi.»
La meraviglia di
Ami lo aveva riempito di un altro grammo di sicurezza,
certezze che si andavano costruendo dentro di lui giorno dopo giorno,
lentamente.
Aveva creduto
di sapere tutto allora.
Non posso
amarla di
più. Non posso
essere
più felice di così. Qualunque cosa
accada,
noi staremo sempre insieme.
Era il
14 febbraio 1996.
Era passato un
anno intero da quel giorno e diavolo se era
divertente. Oggi si rendeva conto di non aver saputo niente a
quel
tempo, di Ami o di se stesso.
E prima di incontrarla...
Sei disposto a
pensarti
per sempre legato a una sorta di aliena con superpoteri?
Avrebbe risposto di no.
Pensi
di poter vivere mille anni con lei?
Nemmeno
per sogno,
l'immortalità era un desiderio riservato agli
idioti.
Forse l'hai
messa incinta.
Damnfuckshit.
Fregato per l'eternità, si
sarebbe rassegnato
alla
responsabilità come all'idea di andare sul patibolo.
Hai
all'incirca altri tre anni
di tempo prima che la tua vita come la conosci ora sia finita per
sempre.
Sono
fuori di qui, è stato bello
volerti bene.
La persona che
era stato un anno prima sarebbe stato deciso nel dare
quelle risposte. Almeno, prima di dare un'occhiata ad Ami.
Gli sarebbe
bastato quel momento
per vacillare su ogni singolo punto, ma la realtà si era
rivelata
molto più assurda di quell'ipotesi: cinque minuti dopo aver
saputo che Ami era un
essere millennario, si era convertito alla causa della vita
secolare. In meno di minuto aveva disdegnato la natura Sailor di lei
come poco importante, ininfluente,
ma su ciò poteva aver influito il rapimento subito da Ami -
forse. In seguito, aveva impiegato più o meno un
quarto
d'ora di
sudori freddi a dirsi che a vent'anni poteva diventare padre
senza farne una tragedia.
Col passare dei giorni, i suoi tempi
decisionali si erano accorciati invece di allungarsi. Aveva
già saputo che Ami sarebbe diventata la
guardiana di un nuovo regno che avrebbe sovvertito l'ordine politico
mondiale. Pertanto, avere coscienza che ciò sarebbe accaduto
agli inizi dell'anno duemila - o poco prima - era equivalso
semplicemente
a fornirgli un'utile tabella di
tempistiche. Nell'immediato non aveva offerto alcuna risposta ad Ami
né lei
gli
aveva fatto domande in merito: naturalmente erano d'accordo sul da
farsi, lo avevano capito entrambi in meno di un secondo.
Così erano arrivati al giorno di San Valentino
dell'anno
1997,
entrambi impegnati a uccidere ogni grammo di momento libero sui libri
- Ami a studiare medicina ancor prima di aver iniziato
l'università e lui a buttare giù una tesi di
laurea con
un anno di anticipo. Tutto per il loro futuro, tutto per il loro amore.
Era ironico,
diabolicamente divertente. Ora
si sarebbero
meritati San Valentino, ora
avrebbero dovuto festeggiarlo, ora lui sentiva di
amarla come mai in vita sua.
Invece, erano
le dieci di sera del 14 febbraio ed Ami... Ami si era
dimenticata che giorno era.
L'ultima volta
che era stato tanto depresso aveva avuto sette anni. Si
era rotta la piscina gonfiabile della casa a Izu e ci era affogato
dentro Baldios Robot. Una giornata da dimenticare.
«Ho bisogno
di
concentrazione.»
La voce
di lei, esasperata, gli risuonava ancora in testa.
«Me lo hai detto, Ami. Ma non puoi
studiare venti ore al giorno, sette giorni su sette.»
«Dovrò
imparare, non c'è più tempo.
Non vedi che non...» Lei aveva sospirato profondamente.
«Alexander.»
Il suo nome, come
un peso da sopportare.
«Mi manchi anche tu, ma non stiamo
giocando. Dove finiremo in futuro se non riusciamo a
essere tenaci adesso?»
«Un'ora in
meno di studio non ti toglie testa. Te la ridà.»
Lei aveva
deglutito e si era rifiutata di guardarlo. «Ho fatto dei
calcoli. Non ce la farò se entro due mesi non sono
preparata a sostenere almeno tre esami.»
Lui aveva
evitato di dirle che nel giro di due mesi lei avrebbe messo
piede all'università da nemmeno tre settimane, senza avere
alcun esame da sostenere. Ami si era data una tabella di marcia stretta
fino all'inverosimile per i mesi che seguivano, senza darsi pause.
«Questi testi
danno per scontato che io abbia basi che mi mancano; devo
colmare le mie lacune in libri che non conosco. Non so nemmeno
dove trovarli.»
«Le prime
lezioni ti aiuteranno.»
«Ma per allora
io dovrò essere già molto
più avanti.» Le mani con cui massaggiava la
tempia si erano
fatte nervose. «Forse questa è una
pazzia e tra
un mese mi sarò arresa, ma... Aiutami. Ho bisogno di tempo
per studiare, senza distrarmi. Devo capire se ce la posso
fare.»
Quando lei aveva preso la decisione di portarsi avanti con lo
studio era stata molto più serena e ottimista. Alexander
capiva
perché ora Ami fosse inquieta: si era scontrata con la
realtà della mole di preparazione che doveva assimilare in
poco
tempo. Non era un caso se la facoltà di medicina era
difficile già tentando di superarla in tempi
normali. Ami voleva accorciarli di tre volte - un'impresa.
Lui si rendeva conto che, per gli obiettivi che lei si era
data e
per la sua tranquillità futura, Ami doveva capirlo da
sola. Questo non significava che lo stress a cui si stava
sottoponendo lo vedesse concorde. Aveva
anche creduto che lei non sarebbe arrivata al punto di non volersi
prendere nemmeno un'ora libera - giusto un momento da dedicargli,
proprio quando lui glielo stavo chiedendo.
«Allora ci
sentiamo tra un paio di settimane. O quando vuoi tu.»
Risentito, se
n'era andato
dalla casa di lei.
Erano passati
dieci giorni da allora. San Valentino
aveva colto di sorpresa anche lui quella mattina.
"Cioccolatini
per il
vostro amato! Prezzi e formati per tutti da Moe-chan!"
Il jingle
della pubblicità alla televisione aveva iniziato
ad avere un senso solo dopo la seconda fetta di pane e marmellata, tra
equazioni sulle distorsioni dimensionali e formule che tentavano di
dare concretezza al concetto di teletrasporto. Il computer di Ami aveva
la sua risposta, ma il punto era arrivare a quelle formule tramite
sistemi conosciuti ai comuni mortali, metodi che potessero essere
presentati in una ricerca da stampare su carta. Lui stava
tentando di studiare la questione da uomo comune, immergendosi in un
oceano di Fisica.
"San Valentino
è qui! Cioccolatini per tutti i gusti, oggi in un formato
esclusivo!"
Si era ripreso così, gli occhi fissi sulla tv.
Fino a
mezzogiorno era rimasto a studiare, depresso.
Dov'era finito
l'entusiasmo dell'anno prima, quando avevano parlato di San Valentino
insieme per giorni? Allora era stata Ami a chiamarlo, per
chiedergli che dolce preferiva.
Alexander alzò il telefono e si ritrovò
con poche
parole in
bocca. «Buon San Valentino.» Parlò con
la
segreteria
telefonica, Ami non rispondeva. «Se più tardi
sei
libera, sono qui.»
Incredibile
non sentirsi nemmeno libero di chiederle di uscire insieme
quella sera.
«Devo
studiare.» Non una risposta data in quel momento, ma parole
ripetute in continuazione nelle ultime settimane.
Forse quell'obiezione sarebbe valsa anche per il giorno di San
Valentino, la prova suprema che lui era in grado di rispettare le sue
decisioni.
Crudele come
test.
A Gen Masashi,
al telefono quella mattina, Alexander aveva detto che lui ed Ami
si sarebbero visti quella sera. Non una bugia, ma una speranza
conservata per tutto il giorno.
Di sera aveva deciso di non aspettare
più e l'aveva chiamata, di nuovo. Il telefono
portatile
era spento e a casa lei non c'era.
Perciò
era quella la loro nuova vita? Tre anni spesi a
lavorare per un'esistenza di cui non avrebbero potuto usufruire, prima
di essere perennemente impegnati in compiti che non volevano, in ruoli
che sarebbero stati una gabbia, in un'immagine che avrebbero dovuto a
tutti i costi mantenere? Lui non si faceva illusioni: forse il suo
ruolo
sarebbe stato quello della statua, ma nella situazione che si sarebbe
venuta a creare persino la statua doveva essere impeccabile, priva di
una vita personale, con ogni pensiero votato a cause comuni. Per Ami
sarebbe stato mille volte peggio.
Scappiamo, love.
Avrebbe voluto
dirlo se non avesse visto di cosa lei era capace.
Ami non voleva fuggire dalla propria vita: prima di entrarci, voleva
solo
del tempo che non aveva e che nessuno poteva darle.
E lui?
Sul suo futuro prossimo aveva una nuova idea: nessuna
specializzazione. Non solo non frequentare,
ma nemmeno iscriversi al corso. Solo una possibilità per
ora, con
sempre più concretezza. Mille dannati anni di vita dovevano
pur servire a rimandare obiettivi che nel tempo sarebbero stati
perfettamente raggiungibili. Gli studi di Fisica non scappavano, a
fuggire erano solo i tre anni - ormai circa trenta mesi, poco ma sicuro
- di vita normale e vera, che si sarebbe ripreso solo tra qualche
decennio.
Voleva ancora
scappare, continuamente.
La sensazione
spariva quando Ami era con lui, ma a lei non l'aveva
detto. Era da deboli. Doveva gestire da solo le decisioni sul proprio
futuro, convincendosi che, anche se non era come Yuichiro Kumada e non
aveva poteri, il destino che si era scelto era davvero una sua
decisione che poteva andare oltre Ami, che poteva esistere a
prescindere da lei.
Tuttavia, era
una colpa pensare alla bellezza degli anni '97, '98, '99,
ancora tutti da gustare ?
Voleva trovare un lavoro, una casa, mantenersi da solo,
studiare Fisica
come poteva e... altre cose, che dipendevano da Ami.
Per quel
giorno, gli sarebbe bastato tornare indietro a un anno prima,
con la testa piena della consapevolezza dell'anno appena passato.
Dietro il cespuglio nel parco dell'università, su un divano,
all'aperto - il luogo non importava. Voleva solo un abbraccio, qualche
bacio. È
stata dura,
ma ce l'abbiamo fatta. Per quello che abbiamo qui, tra noi, ce la
faremo anche per i prossimi mille anni. Ne è già
passato uno. È stato bello, vero?
Nonostante
tutto, lo era stato.
Non avrebbe
scambiato con nulla i mesi trascorsi ad agognare i lembi di
pelle che spuntavano da gonne e magliette, i sorrisi imbarazzati che
promettevano con innocenza intimità deliziose, le ore
infinite di discussione che lo avevano fatto sentire come un puzzle che
aveva trovato il proprio pezzo mancante. Tempi immaturi, belli.
Non
voleva
tornare indietro nemmeno sul dolore dei giorni in cui aveva pensato di
poter perdere Ami - era diventato adulto, lui assieme a quello che
provava, soprattutto in seguito a quelle esperienze.
Ci sarebbe
voluto un abbraccio in quel momento, una notte intera per
festeggiare.
Dove sei, love,
quando
mi servi?
Era un bel
modo di scherzare. Glielo avrebbe proposto il giorno dopo,
quando andando da lei si sarebbe preso i suoi abbracci, i suoi baci, un
po' di quell'amore che voleva. Sarebbe stato abbastanza: era adulto
ora, poteva aspettare.
Magari
sarebbe
riuscito a farsi dire da lei cosa c'era davvero che non andava. Tutta
quell'ostinazione non era normale.
Esausto, si
alzò dalla sedia.
Si
allungò con le braccia verso il soffitto e le
articolazioni
provate delle sue spalle scricchiolarono. Vestito, si
diresse in camera da letto e si buttò sul materasso.
Una giornata
da dimenticare.
La tristezza
svanì nel sonno.
Col buio,
venne la promessa di un mattino per ricominciare.
Ami sentiva gli
occhi doloranti, la gola secca. Non si dava neppure un
momento per prendere un bicchiere d'acqua, il sorso era una distrazione.
Mancavano due
pagine alla fine del capitolo e del libro. Un ultimissimo sforzo, coraggio.
«Mizuno-san?»
In quei giorni
si era riempita la testa di talmente tante nozioni che
ricordare il nome del ragazzo che le stava parlando
risultò impossibile. Lui era uno studente universitario del
primo anno, molto gentile, che le aveva fornito
indicazioni sui libri di testo da acquistare per i suoi studi. Come lei
e Alexander, era un ragazzo che si impegnava
moltissimo nello studio. Rimaneva spesso nella biblioteca fino a tarda
ora, ma fino a quel momento era sempre stata lei a disturbarlo,
iniziando una conversazione.
Lui le stava
offrendo un sorriso cordiale. «La biblioteca sta per
chiudere.»
Oh.
Già le undici?
Guardò
l'orologio e fu costretta a rassegnarsi: avrebbe
terminato la lettura del libro sull'autobus, le fosse costato anche
dieci mal di testa.
«Pensavo che
oggi saresti andata via prima.»
Lei
cominciò a raccogliere i libri. «Riposo un po'
solo di
domenica, sabato è una giornata come le altre.»
«No, intendevo
dire...» Udì un sorriso, senza vederlo.
«Allora non hai un ragazzo.»
Il cambio di
argomento la portò ad aggrottare la fronte,
l'attenzione rivolta all'ordine dei libri dentro la cartella in cuoio
delle superiori - continuava ad avere quella, forse avrebbe dovuto
comprarne un'altra. «Non capisco.»
«Visto che
oggi era San Valentino, penso che qui in biblioteca sia
venuto solamente chi è solo come noi. Voglio dire, non solo, ma senza
qualcuno di speciale che-»
Ami non lo
sentì più. In testa le era suonato un
campanello. Il timbro sordo le aveva riempito il cervello,
lasciandola stordita e ignara.
La sua mente
riprese a funzionare.
San Valentino.
Il ragazzo
stava ancora parlando. «Non volevo insinuare che tu non
abbia nessuno. Anzi, in verità volevo
chiederti, se non sono troppo sfacciato, se non ti da
fastidio...»
Oh no.
No, no, no! «Scusa,
devo andare!»
Corse in bagno
e si chiuse in una cabina. Si dimenò nella
giacca fino a esplorare tutte le tasche, pregando con tutta se stessa
di aver portato la penna di trasformazione con sé.
La trovò in fondo alla cartella,
graffiandosi le mani con
gli angoli rigidi delle copertine dei libri.
Non
riuscì a pronunciare la formula di trasformazione.
Cosa gli
dirò? Come potrò-? Le
mancò il respiro. Le parole per diventare Sailor Mercury le
sfuggirono dalle labbra, un'invocazione necessaria.
Con le mani
ricoperte dai guanti del costume, affondò il
viso nel palmo delle mani.
Era un essere
meschino! Come aveva potuto...? Come aveva potuto lui!
Ricordò il telefono portatile. Lo aveva lasciato
scarico sulla scrivania, a casa.
Era tutta colpa sua.
Tremando, si
impose concentrazione. Il teletrasporto ne richiedeva
molta per funzionare e mantenere intatto un corpo umano durante lo
spostamento; doveva arrivare intera da Alexander, per permettergli di
farla a pezzi con lo sguardo. O forse si sarebbe rotta prima.
Mi sono
dimenticata di
San Valentino!
Dopo l'anno
prima, dopo tutto quello che si erano detti!
"Staremo sempre
insieme. I love
you constantly, deeply."
Quante parole vuote se poi l'anno
successivo lei arrivava persino a dimenticarsi che-
Riaprì
gli occhi a casa di Alexander. Si sentì
un blocco di ghiaccio mentre squadrava i dintorni del salotto. Era
vuoto, non c'era nessuno. Si diresse piano verso il corridoio.
Notò l'ora sul
display dello stereo. Dieci e cinquanta.
Trovò
Alexander nella propria stanza, che dormiva su un fianco,
le spalle rivolte a lei.
Sciolse la
trasformazione tra lacrime silenziose.
Pianse per il
suo errore imperdonabile, per la giornata che avevano
perso, per la frustrazione accumulata da settimane. Si impose un poco
di forza, la dignità necessaria a farsi colpevolizzare come
meritava. Andò verso il letto, abbandonando scarpe e giacca
lungo il cammino.
«Alex.»
Lui non si
svegliò.
Lei abbracciò
la sua schiena e rimase a stringerlo, cullando il suo sonno.
Non le
bastò. «Alex.» Lo
scavalcò fino ad abbracciarlo da davanti.
Sentì
l'inizio del risveglio di lui, nella penombra
che non era buio completo.
Il suo nome fu
un'esclamazione muta, calma.
Lei salì
ad accarezzargli il viso, si allungò sul
letto fino a premere forte la bocca sulla sua guancia.
«Ehi.»
Una sillaba
felice e si ritrovò spezzata. «Mi
dispiace.»
Scosse la testa, non smise più.
Due braccia la
avvolsero per intero, dalla schiena fino alla nuca. «Sei
arrivata.»
«Mi sono
dimenticata, come una stupida. Scusa, scusami tantissimo...»
«Hai guardato
la tv?»
La domanda
concreta, un sussurro privo di malinconia, la confuse.
«No.»
«Me l'ero
dimenticato anche io. Mi ha salvato la pubblicità.»
Quella per lei
non era una giustificazione. «È stata colpa
mia.»
«È ancora il
quattordici febbraio?»
Lui le stava
impedendo di sfaldarsi, quando lei ne avrebbe avuto bisogno
per riscostruirsi, per dargli tutto quello che aveva dentro e che gli
apparteneva.
Per ricordarsi
la risposta, dovette pensare un momento.
«Sì,
sono le... sono ancora le undici.»
«Allora non
scusarti. Rimanda a domani, vieni qui.»
Non
andò da nessuna parte perché si stavano
già abbracciando. La stretta si fece magnificamente
soffocante.
Ami sistemò il mento sulle spalle di lui per poter
respirare. Cercò di inglobarlo contro il
petto. «I
love you»
gli disse.
Mancò
una risposta a parole, ma le labbra che la adorarono
sulla fronte, sul naso, la fecero sentire in una culla perfetta, amore
e nient'altro che la bellezza della vita.
«Mille meno
venti circa» lo sentì sussurrare.
«Moltiplicato
per trecentosessantacinque.»
«I love you.»
«Sì,
ma vinco io. Lo dirò almeno altre
trecentosessantamila volte nei prossimi mille anni, San Valentino
compresi. Autorizzami a rapirti ovunque ti troverai la prossima volta,
così non soffriremo più.»
Era venuta a
mancarle la facoltà della parola: aveva un
grosso nodo alla gola, che le permetteva solo di scoppiare di
felicità contenuta, senza urli, senza dimostrazioni.
Alexander lo
sapeva. Annuì. «Ma
ti ho
presa già adesso.» Il respiro di lui
bruciò dolcemente sulla sua nuca. «Ti tengo sempre
con me,
sei d'accordo?»
Lei gli
scostò la frangia dalla fronte, provò a
cercare maggiori segni di coscienza. «Hai sonno?»
«Muoio di
sonno. Anche tu, Ami love.»
Lei non voleva
nemmeno negarlo. «Sdraiati sul mio petto.» A lui
piaceva
dormire lì.
«No, oggi ti
stringo io. Non c'è scampo.»
«Non lo cerco.»
«I love you
too.»
Lo
ripeté anche lei. E dormirono.
La mattina successiva il risveglio
sotto le coperte fu caldo, scomodo per via dei vestiti,
dolce per la vicinanza, poco romantico nei risultati. Eccitante, almeno
per lui.
«Avrai
già capito che non lo faccio apposta» le
disse
Alexander. Non era pentito. Sorrideva cercando di tenere gli occhi
chiusi, aperti su una fessura solo per guardarla. «Succede
quando mi sei
vicina e sei stata lontana a lungo.»
«Tu mi sei
mancato molto.»
Lui non le
chiese perché non avesse mollato tutto prima,
precipitandosi a trovarlo. Non parlarono, si baciarono un poco,
assaggiandosi come fiumi d'acqua che si incontravano alla foce,
mergendosi.
Infine si
spogliarono, finendo solo col toccarsi. Mancavano della
protezione che avrebbe mantenuto le loro vite difficili calme
ancora per qualche tempo, per quanto già poco lo fossero.
Alexander non le permise di alzarsi e non lo fece nemmeno lui.
Si toccarono con mani che si scoprirono a vicenda nuovamente, dita che
crearono brividi e carezze. Anche quando il bisogno divenne
più grande, lo saziarono senza muoversi dal letto, senza
neppure sporgersi verso il comodino.
Alla fine, lei
lo sentì dire, «Però tra poco round
two.»
Scoppiò
a ridere. La sua mente si sciolse, si
aprì.
«Ami...
Perché?»
Lei non si
irrigidì. Protesse il petto scoperto premendolo
contro quello di lui. «Sono stata ingenua. Ero
così piena di entusiasmo quando ho cominciato a studiare...
ma ho tantissimo da imparare. Troppo.»
«Fai solo ciò che puoi.»
«Lo so, ma è come arrendermi. Alla fine,
non solo non diventerò medico, ma non mi
avvicinerò nemmeno ad esserlo.» Nel
dirlo, si accorse fino a che punto avesse tentato di
dimenticare quanto il suo piano di contingenza fosse irrealizzabile.
«Tre settimane di
follia per accorgermi che stavo tentando di risalire una cascata come
se volassi.»
«Avrai il tuo
futuro, Ami. Un giorno...»
«Sì, è una
rinuncia di adesso. Volevo solo raggiungere qualche
traguardo come Ami prima di... E poi ci sono cose che non posso
rimandare con te. Che non voglio.»
La risposta di
lui fu un cenno di assenso minuscolo, riflessivo.
«Dopo aver fatto i calcoli delle tempistiche per il
mio studio, ho finito per tentare di programmare anche... il resto. Per
capire se avremmo avuto il tempo.»
Alexander capì, concordò.
«Trentaquattro
mesi al duemila. Un margine di sicurezza di almeno
quattro mesi da considerare - hanno detto che la guerra si
scatenerà entro la fine dell'anno, non
il 31 dicembre del 1999. Abbiamo perciò trenta mesi, a cui
vanno tolti i nove necessari. Meno dodici perché
dobbiamo avere tempo per noi, almeno fino al prossimo anno. Meno un
numero ignoto di mesi di tentativi che potrebbero non avere alcun
risultato. C'è da considerare anche questa
possibilità.»
Esatto. Il
calcolo crudo del loro prossimo futuro si riduceva a meno di
trenta e qualcosa mesi in cui far rientrare una vita che avrebbe dovuto
dipanarsi in un tempo di almeno dieci volte superiore. Ma non c'era
scelta.
Entro il duemila, secondo Rei, secondo Usagi, secondo Mamoru,
secondo Michiru... Game Over. Tutte quante avrebbero liberato il loro
potere
planetario nel diventare guardiane del nuovo regno terrestre ed Ami
Mizuno avrebbe smesso di essere una terrestre comune, di avere un
fisico umano semplice e il tempo concesso a una persona normale. Da
ciò derivavano costrizioni che la facevano sentire come su
un tapis-roulant da cui non poteva scendere.
«Hai deciso di
non ucciderti più di studio?» fu la domanda
di lui.
«Studierò
tanto. Meno.» L'errore di quel giorno - arrivare a
dimenticarsi fino a quel punto del resto della sua vita, di lui - era
stato come un segnale d'allarme.
Alexander annuì. «Allora penso che la
cosa migliore che possiamo fare
è... vivere come abbiamo fatto finora. Per il resto
rimaniamo fermi sull'anno, fino a... San Valentino prossimo?»
«Capodanno.
Gennaio.»
«Per quando
sarò tornato dagli States» intuì lui.
«Va bene.»
«Tu non sei...
oppresso?»
Lo vedo riflettere solo per un attimo. «La ricerca
sul teletrasporto... sai che non so nemmeno se la
presenterò? Se arrivo a mostrarne i principi, faccio
cambiare questo mondo prima del tempo. Forse
presenterò solo risultati parziali, quello che conta
è... la passione. Questo studio che sto svolgendo, gli altri
che seguiranno... era per scoprire cose come queste che volevo studiare
Fisica.»
Lui si stava
realizzando, capì lei. Un dono, in mezzo a tutto il
resto.
«Per le altre
cose che riguardano entrambi... l'importante è
sentirci pronti.»
Ami non ebbe il
tempo di sentirsi male per non esserlo quanto lui:
Alexander la prese la faccia tra le mani. «Ehi, there. Non
pensarci per
tutto un anno. E se ci pensi, ricordati che le costrizioni che
pensiamo di avere.... ce le stiamo mettendo da soli.»
«Ma io voglio
Adam.» Solo che sentirsi costretta ad
averlo nei successivi trenta mesi... La costrizione temporale dettata
dalle circostanze era il suo unico vero problema.
Alexander
aveva preso a guardare il soffitto. «Guarda che potrebbe
essere anche Adama.
Non la chiamerei Eve; secondo una mia breve ricerca - frutto di
esperienza personale - le Eve sono belle ma capricciose, vanitose,
incentrate su se stesse...»
«Come te.»
La risata
silenziosa di lui la fece nascondere sotto le coperte.
Lì sotto lottarono per un po' prima di finire con la bocca
l'uno sull'altro, le labbra dolcemente tumide dal troppo cercarsi.
Giorno per
giorno, concluse Ami. Per quel
giorno doveva solo farsi perdonare la mancanza di San Valentino.
Il giorno
seguente sarebbe tornata a scuola - una delle ultime
settimane come studentessa delle superiori - e sì,
la sera avrebbe anche proseguito negli studi di Embriologia.
Tempo al
tempo. Muovendosi giorno per giorno, non ci sarebbero stati
trenta mesi né tre anni di attesa, bensì solo
lei, solo Alexander, solo tutte le persone a cui voleva bene.
E il Game Over
che tanto temeva in futuro, tra vent'anni, tra qualche
secolo, le sarebbe sembrata solo una tappa. Il momento in
cui tutto era cominciato.
14 febbraio 1997 - San
Valentino scordato - FINE
NdA: Questo capitolo era stato pubblicato nella raccolta 'San
Valentino', che poi ho deciso di scorporare, avendo creato raccolte per
ciascuna coppia. Inizialmente era stato scritto nel marzo del 2012. Tre
anni dopo ho creato molte altre storie contemporanee a questo periodo
per Ami e Alexander e ciò che inizialmente avevo compattato
in questo unico capitolo - la decisione di avere Adam, lo stress del
troppo studio - sono stati poi concetti che ho sparso in diverse one
shot. Perciò, per evitare troppe ripetizioni e mantenere
logico l'atteggiamento di Ami e Alexander nel tempo, ho cambiato alcune
frasi e dialoghi di questa storia. La modifica è stata meno
sostanziale di quello che pensavo.
Devo ammettere che credevo di aver scritto peggio questo
capitolo. Per
essere una cosa che ho concepito tre anni fa, era fatta bene
(<- piccolo momento di orgoglio da scrittrice. Più
passa il tempo da quando scrivo una cosa più riesco a
valutarla come se non l'avessi scritta io).
Naturalmente solo voi lettori potete dare un giudizio e dirmi
sia cosa pensate del capitolo, sia come si inquadra in questa raccolta
dedicata a Ami e Alexander.
Solo una cosa: posso promettere che d'ora in poi lei
cercherà di farsi meno paranoie - nei limiti del possibile
:D
ellephedre
P.S. - Le cinque recensioni che avevo ricevuto alla precedente
pubblicazione naturalmente sono gelosamente conservate :)
P.S. 2 - il gruppo delle mie storie, Sailor Moon, Verso l'alba e oltre...
(pagina che contiene spoiler e curiosità su tutta la mia
saga).