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Autore: ellephedre    14/08/2015    7 recensioni
Raccolta di one-shot post Verso l'alba, dedicata ad Ami e Alexander. Dopo le battaglie, cosa cambia per loro? Hanno dei progetti, da portare avanti insieme e separati. Hanno ancora da conoscersi. Hanno da evolversi.
«A volte, ti amo così tanto che ho solo voglia di... bearmi di te. Di averti con me, sentirti.»
Lei lo faceva sentire in una maniera indescrivibile.
Ami si ritrasse un poco. «Invece tu a volte mi ami così tanto che... non hai voglia di stare solamente abbracciati, no? Anche se te lo chiedo io.»
... c'era una risposta giusta a quella domanda? O era a trabocchetto?
«Era questo che intendevo dire» sorrise Ami. «Non devi pensare a come rispondere, basta che dici la verità.»
«Be', ma queste sono mie strategie. Hanno una loro utilità. Vedi? Ti divertono.»
Ridendo piano, lei lo abbracciò. «Ma questa notte possiamo restare così?»
«Sì.»
«... anche se non vuoi?»
«Mi fraintendi. Io lo voglio sempre. Solo a che a volte di mezzo mi va anche qualcos'altro.»
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ami/Amy, Nuovo personaggio
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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per istinto e pensiero 5
 

 

 

Per istinto e pensiero

di ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

  

 


  

14 febbraio 1997 - San Valentino scordato

    

Il sole che tramontava sugli occhi chiusi, i pantaloni che si sporcavano sull'erba fredda, il peso di lei sulle ginocchia. Le braccia attorno alla vita sottile che riusciva a chiudere in una stretta sola - mille, se avesse potuto. Il primo di tanti baci, anelli di una catena deliziosa che li avrebbe tenuti insieme.

Ami love, stringimi forte anche tu. Cadi con me, sii folle come me.

Guardandola negli occhi Alexander aveva calcolato il tempo dei loro respiri che si fondevano piano, sino ad amalgamarsi.

«Passiamo sempre così San Valentino» le aveva detto, felicità e incertezza nelle gambe che non lo reggevano in piedi. Con lei sarebbe rimasto sdraiato in quel lembo di terra, nel momento perfetto su cui voleva scommettere tutto il proprio essere.

Prolungherò questo attimo, niente cambierà mai.

«Passiamo San Valentino insieme» aveva pregato, patetico e bisognoso senza vergognarsi. «Fino alla fine dei nostri tempi.»

La meraviglia di Ami lo aveva riempito di un altro grammo di sicurezza, certezze che si andavano costruendo dentro di lui giorno dopo giorno, lentamente.

Aveva creduto di sapere tutto allora.

Non posso amarla di più. Non posso essere più felice di così. Qualunque cosa accada, noi staremo sempre insieme.

Era il 14 febbraio 1996.  

Era passato un anno intero da quel giorno e diavolo se era divertente. Oggi si rendeva conto di non aver saputo niente a quel tempo, di Ami o di se stesso.

E prima di incontrarla...

Sei disposto a pensarti per sempre legato a una sorta di aliena con superpoteri?

Avrebbe risposto di no.

Pensi di poter vivere mille anni con lei?

Nemmeno per sogno, l'immortalità era un desiderio riservato agli idioti.

Forse l'hai messa incinta.

Damnfuckshit. Fregato per l'eternità, si sarebbe rassegnato alla responsabilità come all'idea di andare sul patibolo.

Hai all'incirca altri tre anni di tempo prima che la tua vita come la conosci ora sia finita per sempre.

Sono fuori di qui, è stato bello volerti bene.

La persona che era stato un anno prima sarebbe stato deciso nel dare quelle risposte. Almeno, prima di dare un'occhiata ad Ami.

Gli sarebbe bastato quel momento per vacillare su ogni singolo punto, ma la realtà si era rivelata molto più assurda di quell'ipotesi: cinque minuti dopo aver saputo che Ami era un essere millennario, si era convertito alla causa della vita secolare. In meno di minuto aveva disdegnato la natura Sailor di lei come poco importante, ininfluente, ma su ciò poteva aver influito il rapimento subito da Ami - forse. In seguito, aveva impiegato più o meno un quarto d'ora di sudori freddi a dirsi che a vent'anni poteva diventare padre senza farne una tragedia.

Col passare dei giorni, i suoi tempi decisionali si erano accorciati invece di allungarsi. Aveva già saputo che Ami sarebbe diventata la guardiana di un nuovo regno che avrebbe sovvertito l'ordine politico mondiale. Pertanto, avere coscienza che ciò sarebbe accaduto agli inizi dell'anno duemila - o poco prima - era equivalso semplicemente a fornirgli un'utile tabella di tempistiche. Nell'immediato non aveva offerto alcuna risposta ad Ami né lei gli aveva fatto domande in merito: naturalmente erano d'accordo sul da farsi, lo avevano capito entrambi in meno di un secondo.

Così erano arrivati al giorno di San Valentino dell'anno 1997, entrambi impegnati a uccidere ogni grammo di momento libero sui libri - Ami a studiare medicina ancor prima di aver iniziato l'università e lui a buttare giù una tesi di laurea con un anno di anticipo. Tutto per il loro futuro, tutto per il loro amore.

Era ironico, diabolicamente divertente. Ora si sarebbero meritati San Valentino, ora avrebbero dovuto festeggiarlo, ora lui sentiva di amarla come mai in vita sua.

Invece, erano le dieci di sera del 14 febbraio ed Ami... Ami si era dimenticata che giorno era.

L'ultima volta che era stato tanto depresso aveva avuto sette anni. Si era rotta la piscina gonfiabile della casa a Izu e ci era affogato dentro Baldios Robot. Una giornata da dimenticare.

«Ho bisogno di concentrazione.»

La voce di lei, esasperata, gli risuonava ancora in testa.

«Me lo hai detto, Ami. Ma non puoi studiare venti ore al giorno, sette giorni su sette.»

«Dovrò imparare, non c'è più tempo. Non vedi che non...» Lei aveva sospirato profondamente. «Alexander.»

Il suo nome, come un peso da sopportare.

«Mi manchi anche tu, ma non stiamo giocando. Dove finiremo in futuro se non riusciamo a essere tenaci adesso?»

«Un'ora in meno di studio non ti toglie testa. Te la ridà.»

Lei aveva deglutito e si era rifiutata di guardarlo. «Ho fatto dei calcoli. Non ce la farò se entro due mesi non sono preparata a sostenere almeno tre esami.»

Lui aveva evitato di dirle che nel giro di due mesi lei avrebbe messo piede all'università da nemmeno tre settimane, senza avere alcun esame da sostenere. Ami si era data una tabella di marcia stretta fino all'inverosimile per i mesi che seguivano, senza darsi pause.

«Questi testi danno per scontato che io abbia basi che mi mancano; devo colmare le mie lacune in libri che non conosco. Non so nemmeno dove trovarli.»

«Le prime lezioni ti aiuteranno.»

«Ma per allora io dovrò essere già molto più avanti.» Le mani con cui massaggiava la tempia si erano fatte nervose. «Forse questa è una pazzia e tra un mese mi sarò arresa, ma... Aiutami. Ho bisogno di tempo per studiare, senza distrarmi. Devo capire se ce la posso fare.»

Quando lei aveva preso la decisione di portarsi avanti con lo studio era stata molto più serena e ottimista. Alexander capiva perché ora Ami fosse inquieta: si era scontrata con la realtà della mole di preparazione che doveva assimilare in poco tempo. Non era un caso se la facoltà di medicina era difficile già tentando di superarla in tempi normali. Ami voleva accorciarli di tre volte - un'impresa.

Lui si rendeva conto che, per gli obiettivi che lei si era data e per la sua tranquillità futura, Ami doveva capirlo da sola. Questo non significava che lo stress a cui si stava sottoponendo lo vedesse concorde. Aveva anche creduto che lei non sarebbe arrivata al punto di non volersi prendere nemmeno un'ora libera - giusto un momento da dedicargli, proprio quando lui glielo stavo chiedendo.

«Allora ci sentiamo tra un paio di settimane. O quando vuoi tu.» Risentito, se n'era andato dalla casa di lei.

Erano passati dieci giorni da allora. San Valentino aveva colto di sorpresa anche lui quella mattina.

"Cioccolatini per il vostro amato! Prezzi e formati per tutti da Moe-chan!"

Il jingle della pubblicità alla televisione aveva iniziato ad avere un senso solo dopo la seconda fetta di pane e marmellata, tra equazioni sulle distorsioni dimensionali e formule che tentavano di dare concretezza al concetto di teletrasporto. Il computer di Ami aveva la sua risposta, ma il punto era arrivare a quelle formule tramite sistemi conosciuti ai comuni mortali, metodi che potessero essere presentati in una ricerca da stampare su carta. Lui stava tentando di studiare la questione da uomo comune, immergendosi in un oceano di Fisica.

"San Valentino è qui! Cioccolatini per tutti i gusti, oggi in un formato esclusivo!"

Si era ripreso così, gli occhi fissi sulla tv.

Fino a mezzogiorno era rimasto a studiare, depresso.

Dov'era finito l'entusiasmo dell'anno prima, quando avevano parlato di San Valentino insieme per giorni? Allora era stata Ami a chiamarlo, per chiedergli che dolce preferiva.

Alexander alzò il telefono e si ritrovò con poche parole in bocca. «Buon San Valentino.» Parlò con la segreteria telefonica, Ami non rispondeva. «Se più tardi sei libera, sono qui.»

Incredibile non sentirsi nemmeno libero di chiederle di uscire insieme quella sera.

«Devo studiare.» Non una risposta data in quel momento, ma parole ripetute in continuazione nelle ultime settimane.

Forse quell'obiezione sarebbe valsa anche per il giorno di San Valentino, la prova suprema che lui era in grado di rispettare le sue decisioni.

Crudele come test.

A Gen Masashi, al telefono quella mattina, Alexander aveva detto che lui ed Ami si sarebbero visti quella sera. Non una bugia, ma una speranza conservata per tutto il giorno.

Di sera aveva deciso di non aspettare più e l'aveva chiamata, di nuovo. Il telefono portatile era spento e a casa lei non c'era.

Perciò era quella la loro nuova vita? Tre anni spesi a lavorare per un'esistenza di cui non avrebbero potuto usufruire, prima di essere perennemente impegnati in compiti che non volevano, in ruoli che sarebbero stati una gabbia, in un'immagine che avrebbero dovuto a tutti i costi mantenere? Lui non si faceva illusioni: forse il suo ruolo sarebbe stato quello della statua, ma nella situazione che si sarebbe venuta a creare persino la statua doveva essere impeccabile, priva di una vita personale, con ogni pensiero votato a cause comuni. Per Ami sarebbe stato mille volte peggio.

Scappiamo, love.

Avrebbe voluto dirlo se non avesse visto di cosa lei era capace. Ami non voleva fuggire dalla propria vita: prima di entrarci, voleva solo del tempo che non aveva e che nessuno poteva darle.

E lui?

Sul suo futuro prossimo aveva una nuova idea: nessuna specializzazione. Non solo non frequentare, ma nemmeno iscriversi al corso. Solo una possibilità per ora, con sempre più concretezza. Mille dannati anni di vita dovevano pur servire a rimandare obiettivi che nel tempo sarebbero stati perfettamente raggiungibili. Gli studi di Fisica non scappavano, a fuggire erano solo i tre anni - ormai circa trenta mesi, poco ma sicuro - di vita normale e vera, che si sarebbe ripreso solo tra qualche decennio.

Voleva ancora scappare, continuamente.

La sensazione spariva quando Ami era con lui, ma a lei non l'aveva detto. Era da deboli. Doveva gestire da solo le decisioni sul proprio futuro, convincendosi che, anche se non era come Yuichiro Kumada e non aveva poteri, il destino che si era scelto era davvero una sua decisione che poteva andare oltre Ami, che poteva esistere a prescindere da lei.

Tuttavia, era una colpa pensare alla bellezza degli anni '97, '98, '99, ancora tutti da gustare ?

Voleva trovare un lavoro, una casa, mantenersi da solo, studiare Fisica come poteva e... altre cose, che dipendevano da Ami.

Per quel giorno, gli sarebbe bastato tornare indietro a un anno prima, con la testa piena della consapevolezza dell'anno appena passato. Dietro il cespuglio nel parco dell'università, su un divano, all'aperto - il luogo non importava. Voleva solo un abbraccio, qualche bacio. È stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Per quello che abbiamo qui, tra noi, ce la faremo anche per i prossimi mille anni. Ne è già passato uno. È stato bello, vero?

Nonostante tutto, lo era stato.

Non avrebbe scambiato con nulla i mesi trascorsi ad agognare i lembi di pelle che spuntavano da gonne e magliette, i sorrisi imbarazzati che promettevano con innocenza intimità deliziose, le ore infinite di discussione che lo avevano fatto sentire come un puzzle che aveva trovato il proprio pezzo mancante. Tempi immaturi, belli.

Non voleva tornare indietro nemmeno sul dolore dei giorni in cui aveva pensato di poter perdere Ami - era diventato adulto, lui assieme a quello che provava, soprattutto in seguito a quelle esperienze.

Ci sarebbe voluto un abbraccio in quel momento, una notte intera per festeggiare.

Dove sei, love, quando mi servi?

Era un bel modo di scherzare. Glielo avrebbe proposto il giorno dopo, quando andando da lei si sarebbe preso i suoi abbracci, i suoi baci, un po' di quell'amore che voleva. Sarebbe stato abbastanza: era adulto ora, poteva aspettare.

Magari sarebbe riuscito a farsi dire da lei cosa c'era davvero che non andava. Tutta quell'ostinazione non era normale.

Esausto, si alzò dalla sedia.

Si allungò con le braccia verso il soffitto e le articolazioni provate delle sue spalle scricchiolarono. Vestito, si diresse in camera da letto e si buttò sul materasso.

Una giornata da dimenticare.

La tristezza svanì nel sonno.

Col buio, venne la promessa di un mattino per ricominciare.

  


  

Ami sentiva gli occhi doloranti, la gola secca. Non si dava neppure un momento per prendere un bicchiere d'acqua, il sorso era una distrazione.

Mancavano due pagine alla fine del capitolo e del libro. Un ultimissimo sforzo, coraggio.

«Mizuno-san?»

In quei giorni si era riempita la testa di talmente tante nozioni che ricordare il nome del ragazzo che le stava parlando risultò impossibile. Lui era uno studente universitario del primo anno, molto gentile, che le aveva fornito indicazioni sui libri di testo da acquistare per i suoi studi. Come lei e Alexander, era un ragazzo che si impegnava moltissimo nello studio. Rimaneva spesso nella biblioteca fino a tarda ora, ma fino a quel momento era sempre stata lei a disturbarlo, iniziando una conversazione.

Lui le stava offrendo un sorriso cordiale. «La biblioteca sta per chiudere.»

Oh. Già le undici?

Guardò l'orologio e fu costretta a rassegnarsi: avrebbe terminato la lettura del libro sull'autobus, le fosse costato anche dieci mal di testa.

«Pensavo che oggi saresti andata via prima.»

Lei cominciò a raccogliere i libri. «Riposo un po' solo di domenica, sabato è una giornata come le altre.»

«No, intendevo dire...» Udì un sorriso, senza vederlo. «Allora non hai un ragazzo.»

Il cambio di argomento la portò ad aggrottare la fronte, l'attenzione rivolta all'ordine dei libri dentro la cartella in cuoio delle superiori - continuava ad avere quella, forse avrebbe dovuto comprarne un'altra. «Non capisco.»

«Visto che oggi era San Valentino, penso che qui in biblioteca sia venuto solamente chi è solo come noi. Voglio dire, non solo, ma senza qualcuno di speciale che-»

Ami non lo sentì più. In testa le era suonato un campanello. Il timbro sordo le aveva riempito il cervello, lasciandola stordita e ignara.

La sua mente riprese a funzionare. San Valentino.

Il ragazzo stava ancora parlando. «Non volevo insinuare che tu non abbia nessuno. Anzi, in verità volevo chiederti, se non sono troppo sfacciato, se non ti da fastidio...»

Oh no.

No, no, no! «Scusa, devo andare!»

Corse in bagno e si chiuse in una cabina. Si dimenò nella giacca fino a esplorare tutte le tasche, pregando con tutta se stessa di aver portato la penna di trasformazione con sé.

La trovò in fondo alla cartella, graffiandosi le mani con gli angoli rigidi delle copertine dei libri.

Non riuscì a pronunciare la formula di trasformazione.

Cosa gli dirò? Come potrò-? Le mancò il respiro. Le parole per diventare Sailor Mercury le sfuggirono dalle labbra, un'invocazione necessaria.

Con le mani ricoperte dai guanti del costume, affondò il viso nel palmo delle mani.

Era un essere meschino! Come aveva potuto...? Come aveva potuto lui!

Ricordò il telefono portatile. Lo aveva lasciato scarico sulla scrivania, a casa.

Era tutta colpa sua.

Tremando, si impose concentrazione. Il teletrasporto ne richiedeva molta per funzionare e mantenere intatto un corpo umano durante lo spostamento; doveva arrivare intera da Alexander, per permettergli di farla a pezzi con lo sguardo. O forse si sarebbe rotta prima.

Mi sono dimenticata di San Valentino!

Dopo l'anno prima, dopo tutto quello che si erano detti!

"Staremo sempre insieme. I love you constantly, deeply."

Quante parole vuote se poi l'anno successivo lei arrivava persino a dimenticarsi che-

Riaprì gli occhi a casa di Alexander. Si sentì un blocco di ghiaccio mentre squadrava i dintorni del salotto. Era vuoto, non c'era nessuno. Si diresse piano verso il corridoio. Notò l'ora sul display dello stereo. Dieci e cinquanta.

Trovò Alexander nella propria stanza, che dormiva su un fianco, le spalle rivolte a lei.

Sciolse la trasformazione tra lacrime silenziose.

Pianse per il suo errore imperdonabile, per la giornata che avevano perso, per la frustrazione accumulata da settimane. Si impose un poco di forza, la dignità necessaria a farsi colpevolizzare come meritava. Andò verso il letto, abbandonando scarpe e giacca lungo il cammino.

«Alex.»

Lui non si svegliò.

Lei abbracciò la sua schiena e rimase a stringerlo, cullando il suo sonno.

Non le bastò. «Alex.» Lo scavalcò fino ad abbracciarlo da davanti.

Sentì l'inizio del risveglio di lui, nella penombra che non era buio completo.

Il suo nome fu un'esclamazione muta, calma.

Lei salì ad accarezzargli il viso, si allungò sul letto fino a premere forte la bocca sulla sua guancia.

«Ehi.»

Una sillaba felice e si ritrovò spezzata. «Mi dispiace.» Scosse la testa, non smise più.

Due braccia la avvolsero per intero, dalla schiena fino alla nuca. «Sei arrivata.»

«Mi sono dimenticata, come una stupida. Scusa, scusami tantissimo...»

«Hai guardato la tv?»

La domanda concreta, un sussurro privo di malinconia, la confuse. «No.»

«Me l'ero dimenticato anche io. Mi ha salvato la pubblicità.»

Quella per lei non era una giustificazione. «È stata colpa mia.»

«È ancora il quattordici febbraio?»

Lui le stava impedendo di sfaldarsi, quando lei ne avrebbe avuto bisogno per riscostruirsi, per dargli tutto quello che aveva dentro e che gli apparteneva.

Per ricordarsi la risposta, dovette pensare un momento. «Sì, sono le... sono ancora le undici.»

«Allora non scusarti. Rimanda a domani, vieni qui.»

Non andò da nessuna parte perché si stavano già abbracciando. La stretta si fece magnificamente soffocante.

Ami sistemò il mento sulle spalle di lui per poter respirare. Cercò di inglobarlo contro il petto. «I love you» gli disse.

Mancò una risposta a parole, ma le labbra che la adorarono sulla fronte, sul naso, la fecero sentire in una culla perfetta, amore e nient'altro che la bellezza della vita.

«Mille meno venti circa» lo sentì sussurrare. «Moltiplicato per trecentosessantacinque.»

«I love you.»

«Sì, ma vinco io. Lo dirò almeno altre trecentosessantamila volte nei prossimi mille anni, San Valentino compresi. Autorizzami a rapirti ovunque ti troverai la prossima volta, così non soffriremo più.»

Era venuta a mancarle la facoltà della parola: aveva un grosso nodo alla gola, che le permetteva solo di scoppiare di felicità contenuta, senza urli, senza dimostrazioni.

Alexander lo sapeva. Annuì. «Ma ti ho presa già adesso.» Il respiro di lui bruciò dolcemente sulla sua nuca. «Ti tengo sempre con me, sei d'accordo?»

Lei gli scostò la frangia dalla fronte, provò a cercare maggiori segni di coscienza. «Hai sonno?»

«Muoio di sonno. Anche tu, Ami love.»

Lei non voleva nemmeno negarlo. «Sdraiati sul mio petto.» A lui piaceva dormire lì.

«No, oggi ti stringo io. Non c'è scampo.»

«Non lo cerco.»

«I love you too.»

Lo ripeté anche lei. E dormirono.

   

La mattina successiva il risveglio sotto le coperte fu caldo, scomodo per via dei vestiti, dolce per la vicinanza, poco romantico nei risultati. Eccitante, almeno per lui.

«Avrai già capito che non lo faccio apposta» le disse Alexander. Non era pentito. Sorrideva cercando di tenere gli occhi chiusi, aperti su una fessura solo per guardarla. «Succede quando mi sei vicina e sei stata lontana a lungo.»

«Tu mi sei mancato molto.»

Lui non le chiese perché non avesse mollato tutto prima, precipitandosi a trovarlo. Non parlarono, si baciarono un poco, assaggiandosi come fiumi d'acqua che si incontravano alla foce, mergendosi.

Infine si spogliarono, finendo solo col toccarsi. Mancavano della protezione che avrebbe mantenuto le loro vite difficili calme ancora per qualche tempo, per quanto già poco lo fossero. Alexander non le permise di alzarsi e non lo fece nemmeno lui. Si toccarono con mani che si scoprirono a vicenda nuovamente, dita che crearono brividi e carezze. Anche quando il bisogno divenne più grande, lo saziarono senza muoversi dal letto, senza neppure sporgersi verso il comodino.

Alla fine, lei lo sentì dire, «Però tra poco round two.»

Scoppiò a ridere. La sua mente si sciolse, si aprì.

«Ami... Perché?»

Lei non si irrigidì. Protesse il petto scoperto premendolo contro quello di lui. «Sono stata ingenua. Ero così piena di entusiasmo quando ho cominciato a studiare... ma ho tantissimo da imparare. Troppo.»

«Fai solo ciò che puoi.»

«Lo so, ma è come arrendermi. Alla fine, non solo non diventerò medico, ma non mi avvicinerò nemmeno ad esserlo.» Nel dirlo, si accorse fino a che punto avesse tentato di dimenticare quanto il suo piano di contingenza fosse irrealizzabile. «Tre settimane di follia per accorgermi che stavo tentando di risalire una cascata come se volassi.»

«Avrai il tuo futuro, Ami. Un giorno...»

«Sì, è una rinuncia di adesso. Volevo solo raggiungere qualche traguardo come Ami prima di... E poi ci sono cose che non posso rimandare con te. Che non voglio.»

La risposta di lui fu un cenno di assenso minuscolo, riflessivo.

«Dopo aver fatto i calcoli delle tempistiche per il mio studio, ho finito per tentare di programmare anche... il resto. Per capire se avremmo avuto il tempo.»

Alexander capì, concordò. «Trentaquattro mesi al duemila. Un margine di sicurezza di almeno quattro mesi da considerare - hanno detto che la guerra si scatenerà entro la fine dell'anno, non il 31 dicembre del 1999. Abbiamo perciò trenta mesi, a cui vanno tolti i nove necessari. Meno dodici perché dobbiamo avere tempo per noi, almeno fino al prossimo anno. Meno un numero ignoto di mesi di tentativi che potrebbero non avere alcun risultato. C'è da considerare anche questa possibilità.»

Esatto. Il calcolo crudo del loro prossimo futuro si riduceva a meno di trenta e qualcosa mesi in cui far rientrare una vita che avrebbe dovuto dipanarsi in un tempo di almeno dieci volte superiore. Ma non c'era scelta.

Entro il duemila, secondo Rei, secondo Usagi, secondo Mamoru, secondo Michiru... Game Over. Tutte quante avrebbero liberato il loro potere planetario nel diventare guardiane del nuovo regno terrestre ed Ami Mizuno avrebbe smesso di essere una terrestre comune, di avere un fisico umano semplice e il tempo concesso a una persona normale. Da ciò derivavano costrizioni che la facevano sentire come su un tapis-roulant da cui non poteva scendere.

«Hai deciso di non ucciderti più di studio?» fu la domanda di lui.

«Studierò tanto. Meno.» L'errore di quel giorno - arrivare a dimenticarsi fino a quel punto del resto della sua vita, di lui - era stato come un segnale d'allarme.

Alexander annuì. «Allora penso che la cosa migliore che possiamo fare è... vivere come abbiamo fatto finora. Per il resto rimaniamo fermi sull'anno, fino a... San Valentino prossimo?»

«Capodanno. Gennaio.»

«Per quando sarò tornato dagli States» intuì lui. «Va bene.»

«Tu non sei... oppresso?»

Lo vedo riflettere solo per un attimo. «La ricerca sul teletrasporto... sai che non so nemmeno se la presenterò? Se arrivo a mostrarne i principi, faccio cambiare questo mondo prima del tempo. Forse presenterò solo risultati parziali, quello che conta è... la passione. Questo studio che sto svolgendo, gli altri che seguiranno... era per scoprire cose come queste che volevo studiare Fisica.»

Lui si stava realizzando, capì lei. Un dono, in mezzo a tutto il resto.

«Per le altre cose che riguardano entrambi... l'importante è sentirci pronti.»

Ami non ebbe il tempo di sentirsi male per non esserlo quanto lui: Alexander la prese la faccia tra le mani. «Ehi, there. Non pensarci per tutto un anno. E se ci pensi, ricordati che le costrizioni che pensiamo di avere.... ce le stiamo mettendo da soli.»

«Ma io voglio Adam.» Solo che sentirsi costretta ad averlo nei successivi trenta mesi... La costrizione temporale dettata dalle circostanze era il suo unico vero problema.

Alexander aveva preso a guardare il soffitto. «Guarda che potrebbe essere anche Adama. Non la chiamerei Eve; secondo una mia breve ricerca - frutto di esperienza personale - le Eve sono belle ma capricciose, vanitose, incentrate su se stesse...»

«Come te.»

La risata silenziosa di lui la fece nascondere sotto le coperte. Lì sotto lottarono per un po' prima di finire con la bocca l'uno sull'altro, le labbra dolcemente tumide dal troppo cercarsi.

Giorno per giorno, concluse Ami. Per quel giorno doveva solo farsi perdonare la mancanza di San Valentino.

Il giorno seguente sarebbe tornata a scuola - una delle ultime settimane come studentessa delle superiori - e sì, la sera avrebbe anche proseguito negli studi di Embriologia.

Tempo al tempo. Muovendosi giorno per giorno, non ci sarebbero stati trenta mesi né tre anni di attesa, bensì solo lei, solo Alexander, solo tutte le persone a cui voleva bene.

E il Game Over che tanto temeva in futuro, tra vent'anni, tra qualche secolo, le sarebbe sembrata solo una tappa. Il momento in cui tutto era cominciato.

   

14 febbraio 1997 - San Valentino scordato - FINE

 


 

NdA: Questo capitolo era stato pubblicato nella raccolta 'San Valentino', che poi ho deciso di scorporare, avendo creato raccolte per ciascuna coppia. Inizialmente era stato scritto nel marzo del 2012. Tre anni dopo ho creato molte altre storie contemporanee a questo periodo per Ami e Alexander e ciò che inizialmente avevo compattato in questo unico capitolo - la decisione di avere Adam, lo stress del troppo studio - sono stati poi concetti che ho sparso in diverse one shot. Perciò, per evitare troppe ripetizioni e mantenere logico l'atteggiamento di Ami e Alexander nel tempo, ho cambiato alcune frasi e dialoghi di questa storia. La modifica è stata meno sostanziale di quello che pensavo.

Devo ammettere che credevo di aver scritto peggio questo capitolo. Per essere una cosa che ho concepito tre anni fa, era fatta bene (<- piccolo momento di orgoglio da scrittrice. Più passa il tempo da quando scrivo una cosa più riesco a valutarla come se non l'avessi scritta io).

Naturalmente solo voi lettori potete dare un giudizio e dirmi sia cosa pensate del capitolo, sia come si inquadra in questa raccolta dedicata a Ami e Alexander.

Solo una cosa: posso promettere che d'ora in poi lei cercherà di farsi meno paranoie - nei limiti del possibile :D

 

ellephedre

 

P.S. - Le cinque recensioni che avevo ricevuto alla precedente pubblicazione naturalmente sono gelosamente conservate :)

P.S. 2 - il gruppo delle mie storie, Sailor Moon, Verso l'alba e oltre... (pagina che contiene spoiler e curiosità su tutta la mia saga).

 

   
 
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