Note
dell'autrice: Eccomi
con
l'aggiornamento, vi chiedo scusa per il ritardo ma li pubblico a
fine stesura da ora in poi perché i capitoli già
pronti sono
finiti. L'estate mi porta spesso fuori casa e quindi i ritmi
rallentano. Spero sia di vostro gradimento il capitolo.
E
buon rientro dalle vacanze a tutti!
15
Capitolo: Adrenalina
Tirò
su la cerniera degli
stivali, mentre l'orologio segnava le nove e mezza di sera. Sarebbe
dovuta uscire dopo poco più di mezz'ora. Seiya per fortuna
non era
andato a disturbarla, e sapeva che in ciò c'era lo zampino
della
cameriera. Di lei sapeva di potersi fidare al cento per cento. Tutte
le volte che le aveva affidato un compito, non aveva mai fallito
nella sua realizzazione, e anche quella volta non si era smentita.
Sospirò
nel tentativo di
tener sotto controllo l'agitazione che aveva iniziato a salire nel
momento in cui si era iniziata a preparare. Se per tutto il giorno
era stata tranquilla, in quel momento non lo era affatto.
Si
diresse in bagno per dare
una veloce controllata al trucco leggero che aveva scelto, con gli
occhi sul grigio perla e un rosa carne per le labbra.
Aprì
poi il cassetto del
suo comodino, dentro al quale custodiva sia la chiave della sua
camera, sia quella per chiudere la vetrata scorrevole che le dava
accesso al giardino. Sul letto la borsa nera aspettava di essere
sollevata insieme alla giacca.
Michiru
sta tranquilla,
altrimenti rischi di fare rumore e attirare l'attenzione di qualcuno.
Si
incoraggiò mentalmente.
L'unica cosa che le rimaneva da fare era aspettare un messaggio di
lui, che l'avvisava del suo arrivo nei pressi del cancello. Da una
parte non vedeva l'ora di sentir vibrare il telefono, dall'altra
sperava che lui ritardasse per rimanere ancora un pò in
camera,
senza correre il pericolo di essere scoperta.
Il
silenzio dei suoi
pensieri fu interrotto da un ronzio. Lo schermo del telefono
illuminato.
Sono
qua dal cancello.
Bene
forza e coraggio, si aprono le danze. Mise
il cellulare nella borsa, e indossò la giacca a coprire+ il
top
nero, che le cadeva morbido sui fianchi e sui jeans.
Si
diresse poi verso la finestra, avendo cura di tirare le tende al
massimo in modo tale che coprissero tutta la superficie vetrata
nascondendo il letto agli sguardi esterni. Aveva chiuso la sua camera
prima di cena, per non dimenticarsene in quel momento.
Schiacciò
il tasto che bloccava la serratura della finestra e la fece scorrere
lentamente verso sinistra. Le mani leggermente sudate, quasi come
prima di un concerto importante.
Solo
che in quel momento si stava giocando molto più che un
applauso, se
fosse stata scoperta, i suoi genitori lo avrebbero saputo. E la sua
libertà quando erano via per lavoro sarebbe andata persa, e
con lei
anche Haruka.
No
non posso permetterlo.
Uscì
dalla sua stanza, e si voltò per chiudere la finestra, prima
facendo
scattare la chiusura e poi chiudendola definitivamente con la chiave.
Lo sguardo corse velocemente lungo il muro della villa, il suo
istinto la spingeva a controllare se la camera di Seiya era abitata
oppure disabitata. La luce era spenta, e nessuno sembrava essere
dietro la finestra in contemplazione del giardino.
Meno
male. Forse è impegnato a guardare la televisione.
L'instinto
le suggeriva che quello era il momento più adatto per
compiere il
sentiero nascosto dal roseto, e arrivare al cancello principale. Non
l'avrebbe vista nessuno.
Percorse
il tratto cercando di provocare meno rumore possibile, iniziando a
camminare sulle punte.
***
I
risultati della ricerca di suo padre lo avevano lasciato spiazzato,
forse troppo. Al solo pensiero che Michiru fosse lesbica sentiva un
brivido che gli percorreva la schiena.
Eppure
lei nei messaggi sembrava rivolgersi ad un ragazzo. Un
sospiro frustrato gli sfuggì dalle labbra. Tutta quella
storia non
aveva senso. Probabilmente sa benissimo che
è una donna ma
gli copre le spalle.
Quella
forse era l'unica spiegazione plausibile a tutte le scoperte che quel
giorno aveva fatto. Dopotutto, sempre dalle ricerche di suo padre,
era emerso che Ten'o partecipava alle gare automobilistiche, e a
pensarci bene quel nome non gli era affatto nuovo. Negli emergenti un
suo omonimo era in testa alla classifica da qualche anno.
Non
seguiva le corse, ma suo fratello Yaten invece si, e anche se non era
intenzionato a sentire, le onde sonore si propagavano attraverso i
muri della loro abitazione.
Che
sia proprio lui?
A questo punto
era molto probabile. Doveva averne la certezza assoluta in modo da
poter colpire anche lui e di riflesso far andare a picco anche la
violinista.
La
cameriera per qualche assurdo motivo lo aveva avvisato che la ragazza
avrebbe voluto passare la serata in camera sua perché
impegnata
nella composizione di un nuovo pezzo.
Una
risatina uscì dalle sue labbra: che tentativo misero di non
fargli
scoprire la verità, quando lui la verità la
conosceva già e non
vedeva l'ora che tutta la macchina si mettesse in moto. Da li a poco
per giunta, se niente intralciava il loro operato.
***
Flash
Back
Aveva
lasciato Harumoto al locale qualche ora prima, dopo essere usciti a
prendere una pizza con Rei e Setsuna. Era l'unico modo per staccare
dal clima cupo che si respirava a casa, e dal pensiero che volava a
cosa avrebbero dovuto fare dopo. I medici non avevano dato troppe
speranze all'uomo che li aveva messi al mondo, avevano suggerito
solamente una cura paliativa per non farlo stare troppo male con il
passare dei mesi. Erano stati
avvertiti
dall'oncologo che con il tempo sarebbe stato sempre peggio.
A
quelle parole era stato normale pensare che prima fosse terminato
tutto e meglio sarebbe stato. Non riusciva più a sopportare
quell'attesa straziante, avesse potuto avrebbe messo fine alla vita
di suo padre anche in quell'esatto momento. Per non farlo soffrire
ulteriormente per qualcosa che non sarebbe mai andato via, se non
portandoselo con se.
Usagi
nel suo letto si era addormentata da poco, l'aveva sentita piangere.
Per lei quella situazione era ancor meno facile di tutti loro. Tra i
tre era quella più legata a suo padre. Avevano costruito un
rapporto
speciale, in un modo tutto loro. Ancora diverso rispetto a quello che
lo legava lui all'uomo che dormiva nella stanza a fianco, tra di loro
il legame perfetto si era formato grazie alla musica e al pianoforte.
Avevano sempre passato ore fino a poco tempo prima a suonare, anche
in due, per riempire con la leggerezza delle note le mura
dell'abitazione.
Dopo
il referto medico, il loro incantesimo si era spezzato.
La sua
attenzione si spostò sul quadrante illuminato della sveglia
sul
comodino alla sua destra. Segnava le tre del mattino, e tutto
ciò
era strano, suo fratello non tornava mai così tardi a casa.
Si
alzò per andare in sala dove aveva dimenticato la giacca con
il
cellulare al suo interno. Il led verde lampeggiava velocemente, segno
che aveva perso qualche chiamata. Ogni tanto a intervalli molto
più
lenti diventava anche bianco: aveva anche una moltitudine di messaggi
da leggere.
Chissà
chi diavolo sarà ad avermi chiamato a quest'ora. Se
è uno dei
soliti scherzi di Setsuna questa volta mi sente.
Sullo
schermo comparvero tre chiamate dell'amica, ma anche chiamate da un
numero che non conosceva. Ma che dal prefisso era sicuramente un
numero fisso.
Un
agitazione gli montò in corpo. Aveva più volte
sentito nei
documentari televisivi che i gemelli erano uniti da un legame
particolare, quasi simbiontico e avessero la capacità di
percepire
immediatamente se l'altro stava vivendo qualcosa di particolarmente
grave.
In
quel preciso istante la consapevolezza che qualcosa di grave era
accaduto si impossessò del suo essere. E non aveva nessun
mezzo per
scacciarla via. Velocemente andò a scorrere i messaggi che
risultavano ancora da leggere sul cellulare.
Cazzo
rispondi al cellulare è successo un casino.
Scorse
verso il basso la finestra dei messaggi, mentre improvvisamente il
suo cuore divenne pesante come un macigno.
Rispondi
tuo fratello ha avuto un incidente, è un gran casino lo
stanno
portando in ospedale. Stiamo andando con lui.
Sentì
gli occhi bruciare, nel leggere i messaggi successivi.
E'
in gravissime condizioni avvisa i tuoi e venite subito qua non
c'è
tempo da perdere.
Non
è possibile che sia successo qualcosa ad Harimoto. Non
è possibile
che sia così grave. La
sua mente fu invasa a ripetizione da questi pensieri, sembravano un
disco rotto. Nel tentativo di pensare positivo non riusciva a
metterli a tacere, mentre si dirigeva verso la camera dei loro
genitori.
I
due adulti dormivano tranquillamente nel letto, avrebbe svegliato sua
mamma per avvisarla, non avrebbe svegliato suo padre che dormiva a
fatica per via dei dolori che non gli lasciavano tregua alcuna quando
la morfina terminava il suo effetto.
Devo
mantenere la calma, non posso lasciarmi andare come vorrei. Non
posso.
Sua
madre dormiva serena, era ormai da qualche mese che non la vedeva
così tranquilla e rilassata. Si sentì quasi in
colpa per essere
costretta a interrompere la quiete che regnava in quella stanza. Ma
doveva.
“Mamma”
esclamò sottovoce, scrollando lievemente la donna
“ Mamma
svegliati” mormorò a tono lievemente
più alto.
La
donna si mosse appena socchiudendo gli occhi con l'aria di chi era
stata interrotta sul più bello del sogno.
“Cosa
c'è Haruka?” si sentì chiedere.
“Mi
ha chiamata Setsuna, Harumoto ha avuto un incidente, mi ha detto di
andare immediatamente in ospedale perché la situazione non
è delle
migliori” esclamò, cercando di mantenere la calma,
una calma che
non pensava nemmeno di possedere.
***
Tornò
al presente a causa di un fastidioso picchiettio sullo sportello
della sua automobile. Si era estraniato completamente da ciò
che lo
circondava: in realtà si era estraniato totalmente dal mondo
intero
ormai da tempo.
Aveva
smesso di vivere la sua vita, per vivere quella del fratello, anche
se la sua aspirazione era sempre stata un'altra, sebbene la passione
per i motori li accumunava. Scosse energeticamente il capo, per
scacciare via la maliconia che sentiva annebbiare la mente. Non
stasera, devo concentrarmi su di lei adesso, non sul passato. Quello
ormai non posso più modificarlo o recuperarlo.
“Tutto
bene?” furono le prime parole che gli rivolse la violinista,
il
labbro inferiore leggermente sporgente in quella che riconobbe come
un espressione preoccupata.
“ Si
non ti preoccupare, erano solo pensieri” mormorò
in risposta,
prima di posarle un bacio sulle labbra.
“So
che siamo estranei quasi, ma se vuoi parlane io ci sono...è
il
minimo tu mi hai ascoltata l'altra sera” aggiunse la ragazza.
“Non
è necessario, ma grazie lo stesso lo apprezzo
molto” inserì la
retromarcia, subito dopo schiacciò leggermente
l'acceleratore per
distanziarsi dalla macchina davanti. Inserì la prima, prima
di dare
gas e scalare a una seconda, poi a una terza e infine a una quarta.
Il massimo che si poteva permettere sulle strade cittadine. “
Se ti
va ti faccio conoscere le mie amiche stasera, abbiamo appuntamento
con loro al teatro, che così è poco frequentato,
poi decidiamo in
base alle tue preferenze dove andare. Così se non vuoi farti
vedere
in giro per via dei paparazzi o simili sei tranquilla” le
disse
sorridendo. Si è questo che devo fare, sorriderle
finchè sono in
tempo. Dovrei anche dirle tutta la verità, ma ho paura di
rovinare
tutto. Pensò, guardandola con la coda dell'occhio.
***
A
quell'ammissione si senti subito un po' agitata, non aveva per niente
idea di come sarebbe stata accolta dalle amiche di lui. La sua minima
esperienza con gli esponenti del suo stesso sesso non aveva mai dato
buoni
frutti, ma anzi si erano rivelati essere tentativi disastrosi.
Sopratutto emotivamente. Nel suo ambiente, nelle case che era
abituata a frequentare fin da piccola, la sincerità era un
optional
e la falsità e l'ipocrisia regnavano sovrane.
Sospirò
cercando di rimanere calma, conoscere persone nuove di cui non sapeva
se poteva fidarsi o meno era sempre un dramma per lei.
“Si
mi fa piacere, poi vediamo che fare...ma credo che un locale fuori
città possa andare bene” mormorò lei,
dopotutto non poteva
rifiutarsi di incontrarle quando lui si era già messo
d'accordo.
“Stai
tranquilla comunque, sono persone molto tranquille. Oddio dipende dai
punti di vista, ma per esperienza personale ti posso dire che non
parlano, e non dicono gli affari degli altri in giro. Sopratutto se
riguardano questione delicate, te lo dico per esperienza
personale”
si sentì rispondere dal biondo.
Sopratutto
se riguardano questione delicate, te lo dico per esperienza
personale.
L'ultima frase le era
rimasta inspiegabilmente in mente, si accorse solamente in quel
momento di quanto poco conoscesse di lui. Improvvisamente avrebbe
voluto conoscerlo di più, essere a conoscenza dei turbamenti
che
agitavano il suo animo. Perché ne era sicura: sotto quello
sguardo
spavaldo, in realtà si nascondeva una persona che nonostante
la
giovane età aveva sofferto già troppo nella vita.
“Si
non c'è problema, è solo che quando devo
conoscere persone nuove io
mi agito un po'. Non sapendo che tipo di persone possono essere, ma
se dici così cercherò di fidarmi...dopo tutto
credo che le conosci meglio di me queste persone” furono le
sue parole.
“Oggi
con quel ragazzo come è andata?” chiese
l'automobilista.
“Male,
purtroppo è abbastanza ficcanaso, e faccio molta fatica a
tenerlo a
bada. Spero tanto che possa levarsi di torno il prima possibile. Non
lo sopporto molto” Erano quasi arrivati nel luogo
dell'appuntamento, alle sue orecchie giunse una risata vivace,
seguita da un'osservazione. Le due voci sembravano appartenere a due
ragazze a occhio e croce.
Sta
tranquilla Michiru, dopo tutto non devono essere tanto peggiori delle
persone a cui sei abituata, mal che vada.
I suoi
occhi blu cobalto si posarono su un gruppetto intorno a una panchina,
formato da una bionda, tre more e una castana. Quest'ultima davvero
altissima per essere una ragazza. Era alta quasi quanto Haruka.
Sentì
il ruggire del motore che calava man mano che l'automobile diminuiva
di velocità.
“Eccoci
arrivati” esclamò il biondo prima di spegnere il
motore. Dopo di
che scese e le aprì la porta, gesto che le fece molto
piacere.
“Guardate
che principe che è diventato, ora apre pure le porte... sia
mai
farlo con le sue amiche” la voce di una delle ragazze
colpì le sue
orecchie mentre scendeva. Proveniva da una delle due brune con i
capelli lunghi fino in fondo alla schiena. Che si era avvicinata alla
macchina non appena li aveva visti.
“ Piacere
Setsuna Meiou, un'amica di vecchia data del rompi balle zoticone che
hai al tuo fianco” scherzò puntando gli occhi
ametista in quelli
dell'altra.
“ Michiru..Michiru
Kaioh piacere di conoscerti” rispose timidamente.
“Non
dar retta a questa rompiscatole, io il principe lo faccio
sempre”
rispose il biondo “Anche con loro a dirla tutta, solo che non
lo
ammetteranno mai”
“Ciao sono
Hotaru Tomoe, piacere di conoscerti anche per me, ci ha tanto parlato
di te...non puoi nemmeno immaginare non vedevo l'ora di
conoscerti...” una brunetta poco più bassa di lei,
con i capelli
neri a caschetto, due grandi occhi viola e la pelle chiarissima si
fece largo nella sua direzione. “Beh diciamo che ti conoscevo
già ma ero
proprio curiosa di conoscerti per come sei veramente, sai lui per te
ha proprio perso la testa” esclamò la ragazzina.
A
quelle parole sentì le guance arrossarsi, mentre il suo
sguardo si
spostò velocemente su di lui, imbarazzato.
Non
avrei mai detto di piacergli così tanto. Cosa può
trovarci in una
come me, che è immersa nei convenevoli imposti da una classe
troppo
rigida.
“Piacere
di conoscerti anche a te” rispose di rimando. Alla fine
sembravano
molto simpatiche, e sopratutto molto diverse dalle ragazze a cui era
abituata.
“Hotaru
smettila!” la riprese il ragazzo senza nascondere il forte
imbarazzo dovuto alla rivelazione dell'amica. “Loro sono Rei
Hino,
Minako Aino e Makoto Kino” disse indicando le ultime tre
rimaste. I
suoi occhi si posarono nell'ordine sull'ultima bruna, la bionda dai
lunghi capelli e infine sulla ragazza altissima che aveva notato poco
prima. Capelli legati in una coda fluente.
“Piacere
tutto mio” esclamò per la terza volta quella sera.
“Ragazze
ne stavamo parlando prima in macchina, a Michiru andrebbe bene
qualsiasi locale fuori città, quindi possiamo sceglierne uno
e
andare li inizialmente, poi vedremo il da farsi” propose lui.
“Si
per noi può andare bene” disse Hotaru “
Ma in quale locale
possiamo andare, che non sia in centro?” chiese.
“ Potremmo
andare al Moonlight Denetsu” propose Setsuna. Ottenendo
l'annuire da parte del gruppo “ Se per te va bene
Michiru” chiese.
“ Non ho la
mimina idea di che locale sia, mi fido di voi credo che possa andare
bene in qualunque caso” rispose la violinista.
“Bene
allora potremmo vederci li, i primi che arrivano prendono il solito
tavolo” rispose la bruna.
***
“Ci
vediamo dopo” concluse rivolto alle sue amiche, prima di
volgere
l'attenzione alla musicista facendole cenno di salire in macchina.
“Come ti sembrano?” chiese dopo aver acceso l'aria
condizionata
ed aver inserito la prima. Una strana inquietudine si era
impossessata di lui, inquietudine che aveva sentito solamente una
volta in tutta la sua vita, e non si era rivelata essere di buon
auspicio.
Proprio
per niente.
E la
sua nuova presenza lo impensieriva più del dovuto, non si
era mai
reputato di possedere il dono della precognizione. Eppure la
sensazione, gli diceva di non passare dalla passeggiata per tornare
indietro e andare poi verso l'autostrada.
Al
diavolo le sensazioni, devo bere meno. Mi sa che ho esagerato
ultimamente per avere queste allucinazioni.
“Mi
sembrano simpatiche, non mi sembrano affatto come le persone a cui
sono abituata..anzi ...” mormorò lei.
“ Scordati
quel genere di persone quando sei con noi. Non abbiamo niente a che
fare con certa gente” rispose lui.
“Mai
pensato mi ci devo solamente abituare, è un mondo nuovo per
me
questo”
“Bene
son fottuto, da stasera in poi scapperai a gambe levate”
controbatté scatenando in lei una risata. “Dopo
quando lasciamo le
altre devo parlarti di una cosa seria, che non posso più
ignorare
perché mi fa star male con me stesso”
mormorò il biondo. Gli
occhi verdi a fissare il retrovisore con uno sguardo che
virò dalla
tristezza causata dalla decisione di parlarle all'ira nel riconoscere
le due macchine che si erano appena infilate tra lui e la macchina
dietro. Nelle pupille gli abbaglianti comparivano ritmicamente.
“Merda!!” esclamò.
Di
tutte le sere che potevi scegliere per rompere Takeshi, proprio
stasera che non sono da solo.
“Cosa
succede?” si sentì chiedere dalla ragazza, che non
tradì una
certa apprensione nella voce.
“Michi
qualsiasi cosa accade, qualsiasi curva o simili cerca di tenerti
forte alla maniglia dello sportello siamo intesi? Purtroppo anche se
non avrei mai voluto che accadesse avrai un assaggio di cosa faccio
nella vita. Altrimenti queste teste di cazzo mi distruggono la
macchina a suon di tamponamenti” rispose in fretta, prima di
chiudere la sicura della macchina e schiacciare il piede
sull'acceleratore dopo aver cambiato marcia.
Solitamente
quelle corse si svolgevano a notte inoltrata, quando la maggioranza
della città dormiva, in modo da non rischiare di colpire
civili che
non c'entravano nulla con la realtà delle corse. In quel
momento
oltre ai suoi inseguitori, avrebbe dovuto prestare attenzione anche
alle macchine normali agli incroci.
Giuro
che appena ti vedo ti rompo la testa a suon di pugni cazzone. Pensò
rivolto al suo rivale di sempre.
Terza.
Quarta. Quinta.
***
Concentrazione
e pupille che viaggiavano tre volte più veloce che la
macchina che
stava guidando, per controllare la posizione dei loro inseguitori
senza rischiare di centrare a quella velocità qualche
passante o un
altro automezzo. Questa era Haruka in quell'istante, non aveva
fino a quel momento potuto vederlo nel fare ciò che gli
piaceva
veramente: correre. L'impressione che ne derivò, tuttavia, e
che la
sua macchina. La loro macchina, in quegli istanti. Fosse quasi
guidata dal vento che ad ella non opponeva nessuna resistenza,
inchinandosi al ritorno di un sovrano rimasto lontano per troppo
tempo.
Certo
lei era abituata a tutt'altre faccende, e in quel momento era tesa.
Tesa quasi quanto le corde del suo amato violino.
Gli
occhi cobalto caddero sulla velocità indicata nel quadrante.
Si
pentì immediatamente della sua curiosità.
Stiamo
andando a centottanta chilometri orari. Un
brivido di paura le corse lungo la schiena a quella constatazione.
Aveva sempre pensato che quelle erano velocità usate nelle
piste,
mai avrebbe immaginato che fossero adatte anche alle strade normali.
Ma si sa, nella vita non si finisce mai di imparare. Decise di
distogliere lo sguardo dalle lancette per preservare la sua
incolumità mentale. In caso contrario avrebbe subito un
attacco isterico.
Le
luci della città erano un tutt'uno ai suoi occhi,
difficilmente
riusciva a distinguere le forme di ciò che superavano. Anche
le
macchine erano pressoché pozze di colore molto simili a
quelle che
spesso utilizzava sulla tavolozza quando dipingeva i suoi quadri.
Sotto i suoi occhi la città appariva in una forma mai vista
prima,
che senz'altro le sarebbe stata utile per una delle sue prossime opere
pittoriche.
Il
cuore le batteva a mille, e anche se avrebbe voluto gridare l'istinto
le suggeriva che era meglio non distrarre Haruka in quelle
condizioni.
I
clacson delle macchine in mezzo alle quali sfrecciavano erano una
musica che accompagnava la loro corsa quasi del tutto costantemente.
Le voci di passanti e guidatori, probabilmente ricche di imprecazioni
erano ai suoi timpani inudibili.
“Cazzo
quell'incrocio” mormorò il biondo improvvisamente.
Lei si voltò a
guardarlo sorpresa, con l'aria probabilmente di chi non sta capendo
nulla della situazione. Cosa aveva quell'incrocio di diverso dagli
altri?
Il
semaforo fu improvvisamente più vicino in pochissimi
secondi. Il
rombo di due macchine provenienti dalla destra arrivò alle
sue
orecchie e a quelle dell'altro immediatamente. Se erano macchine
preparate per correre, o macchine da strada non poteva saperlo.
***
Due
macchine entrarono nella sua vista periferica dandogli giusto il
tempo di sterzare col volante per cercare di non centrarle. Sapeva
che quello scatto così improvviso poteva essere pericoloso.
Ma non
poteva fare altro in quel momento. Il volante girò verso
sinistra, il
lato che vantava le corsie più vuote, tolti i mezzi
parcheggiati
lungo i marciapiedi.
Fu una
questione di pochissimi istanti, le gomme sgommarono lasciando
alcune strisce scure sull'asfalto appena steso, prima di perdere
aderenza.
Il suo
istinto infallibile gli comunicò che era un problema di
posteriore,
ma non ebbe tempo di reagire di conseguenza a causa della
velocità.
Il
tempo sembrò bloccarsi improvvisamente mentre tutto era
fermo, o
così a lui sembrava da sopra quel bolide che stava compiendo
alcuni
giri completi sull'asfalto, fortunatamente senza ribaltarsi. Si
sforzò di mantenere il volante il più in asse
possibile, per
evitare altre complicazioni.
Dai
bella recupera l'equilibrio forza.
Pensò sudando freddo. Alzò gli occhi dal
quadrante dove teneva
d'occhio la velocità da quando aveva compiuto quell'errore.
Buio.
Buio.
Buio.
Odore
acre di fumo alle narici, quasi sicuarmente causato
dall'antigelo
contenuto nell'acqua del radiatore, esploso a causa del colpo.
La
sensazione di una sostanza densa sulla fronte. Le tempie che
pulsavano. Un solo pensiero si impadronì della sua mente.
Michiru.
Se le era
accaduto qualcosa non
se lo sarebbe mai perdonato. Non in quel incrocio, non un'altra
volta. Non poteva accadere nuovamente tutto.
Si
sforzò di aprire gli occhi, temendo la visione che avrebbe
avuto
davanti da quel momento in poi, ma fare lo svenuto era fuori
discussione. Doveva pensare a lei.
La
vide.
Giaceva
quasi inerme sul sedile del passeggero, ricoperti da svariati vetri
provenienti dal vetro anteriore e da quelli laterali. Sul viso e sulle
braccia alcuni tagli da cui si erano formate delle striature rosso
scuro.
“State
bene?” una voce maschile piombò improvvisamente
dietro di lui,
facendolo girare di scatto. Come se fosse sulla difensiva, e
provocando in lui un dolore lancinante al braccio sinistro.
Cazzo
è rotto sicuro.
“ Mi
scusi per la reazione ma pensavo fosse un'altra persona... non so
dove sia il mio telefono adesso se può chiamare un'ambulanza
per
favore..la mia compagna non credo stia bene” disse
istericamente
prima di voltarsi nuovamente verso la violinista. Sapeva che in
quelle situazioni era meglio non spostare l'infortunato senza gli
strumenti necessari per bloccare le articolazioni più
importanti ai
fini vitali. Ma la sensazione di impotenza che lo aveva pervaso era
insopportabile.
***
Il
buio si era impossessato di lei in pochissimi istanti. Alle sue
orecchie era arrivato solo un forte botto prima che tutto si
spegnesse. Non riusciva a rendersi conto del tempo che trascorreva
intorno a lei, nonostante ai suoi timpani arrivassero voci del tutto
sconosciute. Una voce di un uomo vicina al punto dove si trovava,
chiedeva se stavano bene.
Eppoi
la sua di voce. Agitata come non mai che gli rispondeva. La voce
più
bella che avesse mai udito in vita sua. Era preoccupato. Preoccupato
per lei, avrebbe voluto aprire gli occhi e rassicurarlo ma si sentiva
troppo debole e al solo pensiero di compiere anche un piccolo
movimento si sentiva sopraffare da un'immensa stanchezza. Ad ogni
respiro le sembrava di avere una miriade di piccoli aghi nei polmoni.
“Michi
ti prego apri gli occhi” lo sentì mormorare vicino
al suo orecchio
sinistro. “Per favore fallo per me, torna da me”
riusciva a
percepire l'ansia contenuta in quelle parole. E nonostante la
situazione critica, ne rimase colpita. Si conoscevano solo da
pochissimi giorni, eppure lui sembrava tenerci. “Michiru per
favore
non farlo anche tu..non sopporterei anche te... ”
***
Flash
back
Non
appena varcò l'ingresso del reparto di terapia intensiva
l'odore
acre del disinfettante colpì le sue narici. Ormai passava
diverso
tempo in ospedale con suo padre, eppure quell'essenza infastidiva
sempre il suo olfatto come se fosse la prima volta. I suoi occhi
verdi si posarono sul duetto che lo aspettava in fondo al corridoio,
un silenzio quasi surreale aleggiava tra le due brune.
Le
vide voltarsi non appena il rumore dei suoi passi veloci giunsero
alle loro orecchie.
“Haruka
grazie al cielo sei qui” furono le prime parole di Setsuna,
sembrò
tutto ad un tratto più sollevata. Il motivo non era ben
chiaro.
“Come
sta mio fratello?” furono le uniche parole che
riuscì a dire alla
sua amica.
“Buona
sera lei è un familiare?” una voce di un uomo
piombò
improvvisamente alle sue spalle. Indossava un camice.
“Si
il paziente è mio fratello” mormorò
“Posso sapere come sta, per
favore?” chiese all'uomo.
“Suo
fratello al momento è cosciente, ma è molto
grave. Ha entrambi i
polmoni perforati e gli atti respiratori molto
compromessi...bisognerà vedere nelle prossime ore come
evolve la
situazione. Perché nelle sue condizioni tentare un
intervento è
impossibile” rispose il medico “Mi dispiace molto,
ma non sono
molto positivo. Tuttavia se vuole vederlo può farlo, ma non
lo
faccia agitare troppo. Dopo di che indurremo il coma farmacologico
per non farlo soffrire più del dovuto fino a quando non
starà
meglio.”
Quelle
parole gli piombarono addosso come l'acqua fredda. Immaginava fosse
grave ma non fino a quel punto. Sentì un nodo impadronirsi
della sua
gola.
Devo
essere forte, non posso permettere che capisca che le sue condizioni
sono critiche. Non posso. Furono
i suoi pensieri, mentre deglutì. Avrebbe voluto solamente
scappare
da quel posto in quell'istante. Correre lontano, insieme al vento. Ma
non poteva. Doveva permettere a sua madre di riposare, visto che
quella era una delle rare volte in cui anche suo padre riusciva.
Cosa
dirò ad Usagi, come glielo spiego che anche lui è
molto grave. Come
supereremo tutto questo. Respirò
profondamente nel tentativo di calmarsi, consapevole che quando
sarebbe uscito da quella stanza avrebbe trovato le loro amiche pronte
ad ascoltare il suo dolore. Come avevano sempre fatto.
La
stanza assegnata al fratello era coi muri verdolini, molto asettica.
Il rumore dei macchinari che monitoravano le funzioni vitali di lui
rassicuravano quasi nella loro ciclicità. Vide Harumoto
spostare
leggermente la testa per guardare nella sua direzione sotto la
mascherina dell'ossigeno che gli avevano prontamente fatto indossare
i medici. Il ritmo del respiro alterato rispetto alla normale
respirazione, che aveva imparato a conoscere fin da quando dividevano
la culla. Gli si avvicinò per guardarlo meglio negli occhi e
permettergli di parlare senza alzare troppo la voce.
“Come
va?” mormorò.
“Sento
dolori tremendi... ogni volta che.... respiro. E da quanto.... ho
capito i medici ….mi hanno detto che.... devono farmi un po'
dormire.... fino a quando la situazione.... non migliora...”
rispose il ragazzo con difficoltà.
“Si
ho parlato con il dottore, non ti sforzare” gli strinse la
mano
nella sua.
“Senti
Haruka, promettimi che.... qualsiasi cosa... accada baderai... a
Usagi e alla mamma...” lo sentì dire
“Qualsiasi cosa...”
“Perché
dici così?” esclamò senza mettere da
parte l'agitazione “Tu ne
uscirai Harumoto, sarà una cosa lunga ma ne uscirai, abbiamo
bisogno
di te.. la mamma, Usagi, papà...io sopratutto...vedrai che
tornerai
a casa..devi” tutto ad un tratto un brutto presentimento le
sfiorò
la mente, una sensazione devastante. Che non sarebbe mai riuscita a
controllare.
“Non
credo Haruka...ma devi essere forte..promettimelo” furono le
sue
parole di incoraggiamento. Ma quale forza? Era suo fratello la sua
forza, solo lui oltre al vento aveva la capacità di
completare il
suo essere. I pensieri provocati dalle parole di lui furono
interrotti dal fischio continuo della macchina che monitorava il
battito cardiaco sulla quale era comparsa una riga piatta.
I
passi affrettati del medico con cui aveva parlato poco prima giunsero
alle sue orecchie seguiti da quelli delle infermiere che se ne
occupavano.
“Harumoto
no, non mi lasciare!!” gridò prima di sentire la
presa di una
delle infer
miere
sul suo braccio “La prego di uscire, faremo tutto il
possibile per
riprendere suo fratello ma attenda fuori”
***
“Michiru!
Michiru!” le lacrime gli rigavano il volto, tutta quella
situazione
era un tremendo dejavù. Si era già trovato in una
situazione simile
anni prima e non si era risolta nel migliore dei modi. E se fosse
andata nello stesso modo anche quella volta non sarebbe riuscito a
incassare il colpo. Troppe persone a cui teneva lo avevano lasciato.
E ogni volta non era più stato lo stesso senza di loro.
Il
suono di un ambulanza che sembrava muoversi nella loro direzione
entro nelle sue orecchie, facendogli in parte tirare un sospiro di
sollievo. Anche se lo avevano afferrato per scortarlo lungo un
sentiero di ricordi lontani.
“Haru...”
la voce della violinista si insinuò improvvisamente nei suoi
pensieri riportandolo con i piedi sulla terra ferma. L'espressione
della ragazza era sofferente, troppo per i suoi gusti.
“Come
ti senti..” era una delle domande che temeva di
più, non gli era
mai piaciuta in passato. E quel momento non era da meno.
“Nausea..mal
di testa.. quando respiro sto malissimo...” si sforzo di
rispondere
lei.
“Senti
qualcosa di rotto?” mormorò il biondo.
“Mi
fa male forte solamente il polso, e non ho per nulla voglia di
muoverlo” rispose la musicista.
“Andrà
tutto bene vedrai” non sapeva più che altro se
quelle parole erano
per rassicurare lei, o invece erano state pronunciate nel tentativo
di convincere se stesso. L'unica cosa certa e che l'arrivo
dell'ambulanza lo aveva reso molto più tranquillo.
Note dell'autrice:I sintomi che accusa Michiru
sono stati cercati su internet, spero siano esatti e mi scuso se tra
voi lettori c'è qualcuno che ha studiato medicina.
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