I will love you ‘till the end of time

di darkrin
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Note: - Scritta per la settimana o Free Week della #PjShipWeekItalia indetta da campmezzosangue, in cui mi sono autopromptata e autofillata like a boss.
- L'idea è nata dal nullo. Stavo scrivendo questa Jason/Piper, in cui alla fine compaiono Leo ed Annabeth e ho avuto un'illuminazione e ho dovuto comunicarla a kuma_cla (con cui mi stavo lamentando perché non veniva come volevo) che LEO ED ANNABETH SAREBBERO BELLISSIMI INSIEME. Non sarebbe bellissimo leggere di loro che convivono  e lui che fa danni e non sa come dirlo ad Annabeth perché ne è terrorizzato? E Leo sarebbe chiaramente un stay-at-home dad e ANNABETH NE SAREBBE TERRORIZZATA perché chissà cosa insegnerà ai nostri bambini. Non pensate sarebbe meraviglioso? No? E allora cosa ci fate qui?
- NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore, svista, strafalcione.


 
 
Amore fa rima con terrore

 
 
 
Molti la trovavano bellissima, con i suoi lunghi capelli biondi e gli occhi grigi che sembravano guardarti sin dentro l’anima; Leo la trovava solo spaventosa. Affascinante, forse, come un ingranaggio ben congegnato, come quella tarantola che aveva osservato allo zoo quando era bambino, ma spaventosa. Aveva provato a spiegarlo a Chirone, a fargli capire che non desiderava affatto condividere lo studio con Annabeth perché era terrificante e la paura inibiva il suo genio e quindi non gli conveniva metterli insieme, ma il vecchio professore e filantropo era stato irremovibile e Leo si era ritrovato costretto a cedere. Nessun altro gli aveva concesso una borsa di studio per inventare tutto quello che desiderava e non aveva altro luogo dove andare.
 
 
 
- Sei in ritardo – lo accolse la ragazza senza neanche rialzare il capo dal tavolo di lavoro su cui era china.
I capelli erano legati in una morbida coda e alcune ciocche dispettose le ricadevano ai lati del volto che, grazie al cielo!, Leo non poteva vedere perché paura.
Il ragazzo aveva rimandato il più possibile il momento di fronteggiarla, rifiutandosi di mettere piede nella stanza fino a quando non vi avessero portato tutti gli attrezzi e gli strumenti che aveva richiesto, compresa la testa di drago che aveva costruito a dieci anni e che avevano dovuto recuperare andando fin nel profondo Sud, a casa di sua madre (- Mi hanno chiesto di mandargli… - - Non mandargliela. Digli che non puoi. Che le spedizioni in Texas non funzionano! - - Nene? -). Si era convinto che era così che si sarebbe comportato un genio, ma, una mattina, le scuse per nascondersi nella sua stanza erano finite ed era stato costretto da abbandonare quella nave sicura.
- Annabeth – la salutò, con un leggero cenno del capo.
Si complimentò con sé stesso perché la voce non gli si era incrinata neanche un po’. Non come quella volta in cui aveva dovuto fare una presentazione, ad un corso che seguiva con Miss Chase, per favore spieghi lei questa cosa per me, e in cui si era ritrovato a tremare e vacillare sotto le sferzate delle domande di Annabeth: Sei sicuro che sia fattibile? E che regga? E qual è il peso specifico di quel materiale? E le mura portanti? Secondo i miei calcoli il tuo progetto dovrebbe essere appena andato a fuoco. Quando era tornato nella sua stanza, dopo quell’esperienza, aveva impiegato giorni a convincersi che era lei che non capiva il suo genio – e tanto peggio per lei! – e a ritrovare il desiderio di rimettersi a lavorare. Aveva impiegato giorni e decine di scatole di gelato portategli da Piper e Jason.
Non aveva alcuna intenzione di permettere ad Annabeth di distruggerlo di nuovo a quel modo. Si era ripromesso di starle il più lontano possibile. Lontano che, a causa dell’attuale situazione, non era poi così distante.
 
 
 
- Cosa sarebbe quello? – indagò la ragazza, puntando un dito accusatore sul suo tavolo da lavoro.
Leo cercò di nascondere il salto che aveva fatto dietro un colpo di tosse e un imbarazzato scuotere di spalle. Annabeth era di fianco a lui, china ad osservare quello che stava costruendo, con una mano sotto al mento e l’altra poggiata sul suo piano di lavoro e lui non si era neanche accorto che si fosse mossa.
- È una ricostruzione della sfera di Archimede. O dovrebbe esserlo – rispose, mordendosi la guancia per l’incertezza perché non era finito e Annabeth lo avrebbe demolito anche se non lei sarebbe mai stata in grado di arrivare a quel punto così rapidamente.
- Sembrava qualcosa del genere – mormorò la ragazza e Leo non l’aveva mai sentita parlare così piano, con così tanta… venerazione?
Leo rialzò il capo, sorpreso, e si trovò di fronte gli occhi grigi della ragazza, illuminati dal sorriso che le piegava le labbra.
- Solo tu potresti riuscire a ricostruirla. –
C’era una certezza assoluta – una certezza che sembrava contraddistinguere ogni gesto della ragazza - nella voce di Annabeth e Leo si ritrovò a pensare che era bellissima. Spaventosa, ma bellissima.

 




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