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Autore: darkrin    07/08/2015    3 recensioni
1. Jason/Piper #10. Non ci conosciamo ma fingiamo di stare insieme perché qualcuno mi sta importunando!AU
2. Dioniso/Arianna #60 Frequento il corso di yoga solo per guardare quanto è flessibile l’istruttrice!AU
(Raccolta di one-shot partecipanti alla Challenge: One Hundred Alternative Universes indetta dal CampMezzosangue | Pairing e rating vari)
Genere: Angst, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Dioniso, I sette della Profezia, Jason/Piper, Percy/Annabeth
Note: AU, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Note: - Ci sono, in questa storia, varie cose che potrebbero diventare per me problematiche e che ci tengo a precisare:
  • ci sono vari riferimenti alla guerra in Afghanistan e al PTSD e questa storia non vuole minimanete essere un resoconto fedele o realistico della cosa. Ho fatto alcune ricerche, ma, causa tempo e scadenze, troppo poche per potervi assicurare l'attendibilità delle notizie riportate.
  • Jason si sente a suo agio, con Piper, ma in nessun caso il suo rapporto con Piper è fonte di una miracolosa guarigione, anzi, qualora questa storia dovesse avere un seguito non lo avrà gran parte della storia sarebbe incentrata sui problemi che dovranno affrontare sia per creare un rapporto che per portarlo avanti. Mi piace, però, l'idea che Piper sia piena d'amore e di capacità di accettare il prossimo e che questo possa essere percepito da chi la circonda, portando gli altri ad agire di conseguenza.
- Ci ho tenuto a sottolineare l'eleganza di Drew e la classe con cui accetta un rifiuto e sono fermamente convinta che ci voglia coraggio per approcciare un perfetto sconosciuto in un locale e ad accettare un due di picche con tanta eleganza e nessuna forma di bashing sarà accettata.
- Temo tantissimo che siano tutti OOC. Perdonatemi, ci ho provato. ;__;
- Scritta per la V settimana della #PjShipWeekItalia indetta da campmezzosangue e per il prompt: #10 Non ci conosciamo ma fingiamo di stare insieme perché qualcuno mi sta importunando!AU della [Challenge] One Hundred Alternative Universe indetta sempre da campmezzosangue.
- Ogni riferimento a fatti accaduti nel canon non è puramente casuale e sì, quello, che vedo solo io, è un accenno a Percy. Ciao, Percy, tvb anche se pianifico di scrivere una Leo/Annabeth.
- Sempre NO BETA quindi segnalatemi qualsiasi errore/strafalcione/svista.
- Il titolo del capitolo è un verso (pezzo di un verso?) di: "Just give me a reason" di Pink. /o/

 
Not broken, just bent


Jason non ne è orgoglioso, ma l’ha notata fin da quando è entrata nel locale perché è, beh, bellissima – e lui non è tipo da usare superlativi, Leo potrebbe confermarlo, se solo non si fosse dimenticato che dovevano vedersi perché era troppo preso dal suo ultimo, folle, progetto – e non riesce a distogliere lo sguardo da lei, mentre sorseggia la sua birra in completa solitudine – perché: Leo.
È così impegnato a guardarla e a catalogare ogni dettaglio del suo volto: le ciocche di capelli che le incorniciano il volto e le accarezzano le guance e la curva del collo, la lingua che saetta ad asciugare le gocce di birra che le inumidiscono le labbra morbide, le dita che si avvolgono, leggere, intorno al calice di vetro; è così catturato dall’osservare la ragazza sconosciuta, che non si rende conto della persona che gli si è avvicinata ed è sollevante e spaventoso rendersi conto che c’è ancora qualcosa in grado di distrarlo. Sollevante perché non gli accade più da quando è tornato dall’Afghanistan e spaventoso perché ha visto decine di soldati morire per aver abbassato la guardia solo per un misero istante, il tempo necessario ad un proiettile per perforarti il cranio o ad una mina per esploderti sotto i piedi.
Jason pensa che, nel tempo passato ad osservare la ragazza, sarebbe già morto quattro volte.
Un leggero colpo di tosse lo fa sobbalzare.
- Ciao, splendore – lo saluta la donna che gli si è avvicinata, non appena gli occhi di Jason si posano su di lei.
Indossa un minuscolo abitino argenteo, un paio di vertiginosi tacchi a spillo, il rossetto più rosso che Jason abbia mai visto e un sorriso seducente sulle labbra.
- Ehi. –
Il sorriso della donna si allarga e Jason deglutisce nervosamente, passandosi una mano tra i corti capelli biondi: ha la sgradevole impressione che, se potesse, la ragazza sarebbe più che felice di divorarlo, come i membri di certe tribù ingoiano gli insetti vivi e sembra di vederli dimenarsi, nelle guance delle persone.
Jason scuote il capo per riprendere il controllo dei suoi pensieri, prima che dagli insetti passino ai corpi di soldati divorati dal fuoco, che si dimenano come larve in trappola.
- È da un po' che ti osservo - continua imperterrita la ragazza. - E mi sono chiesta cosa ci facesse un così bel ragazzo tutto solo al bar. -
Jason pensa: osservare e immagina cecchini nascosti tra le case in rovina. Si passa le mani improvvisamente sudate sui pantaloni e scuote il capo.
Alcuni dei soldati che tornano in patria dimenticano gli episodi peggiori: la loro memoria confonde ed ovatta gli avvenimenti che non sono in grado di sopportare, li protegge addolcendone le ombre più scure e trovando giustificazioni ad ogni gesto, ad ogni parola. Ho ucciso quel bambino perché era armato. Era o la mia o la sua vita. Jason non ha avuto una tale benedizione: ricorda ogni cosa, ogni ordine dato e ricevuto, ogni uomo caduto sotto il suo comando. Ricorda e ne porta il lutto, con la stessa costanza con cui indossa il fazzoletto nero che porta stretto intorno al polso.
- Allora, che ne dici se ci prendiamo qualcosa da bere insieme? – gli domanda la donna, avvicinandosi ancor di più e allungando un braccio verso di lui.
Per un attimo Jason teme che stia per toccarlo, che…
- Eccoti qui, tesoro! – esclama una voce alle sue spalle.
Voltandosi, Jason si trova di fronte la ragazza che ha passate minuti interi a fissare. Da vicino può ammirare le piume intrecciate tra i capelli e il sorriso leggero che le aleggia sulle labbra.
- Non mi presenti la tua amica? – continua lei e Jason impiega qualche istante a capire che sta parlando a lui.
- Drew - afferma la ragazza dalle labbra rosse e l’abito argenteo, senza perdere neanche un attimo, senza dargli il tempo di ammettere che non ha alcuna idea di chi sia. - E tu saresti? -
- Piper – risponde. - E sono la sua ragazza - continua, dandogli una leggera e lenta pacca sul petto.
È un gesto così calmo che non può non essere fatto di proposito e Jason le è grato di avergli concesso il tempo di prevedere il movimento e la forza dell’impatto, il tempo necessario a scostarsi.
Drew inarca un sopracciglio e incrocia le braccia davanti al petto e Jason non è certo che sia davvero un gesto d’irritazione e non solo un modo per sottolineare la morbida piega del seno, incorniciata dall’elegante scollatura dell’abito.
- La sua ragazza - ripete, incredula. - E perché mai la sua ragazza stava seduta ad un altro tavolo? -
- Perché preferisce bere la birra da solo. Dice che con le mie chiacchiere e la mia presenza lo distraggono dal sapore del malto e dalle spezie e... sai come sono, no? -
Jason non sa se ammirar di più la prontezza con cui Piper ha  inventato una scusa assolutamente improbabile o la convinzione che le permea la voce. È quasi certo che se i suoi superiori avessero la voce della ragazza che gli sta alle spalle il numero di disertori precipiterebbe vertiginosamente e un brivido gli percorre la schiena al solo pensiero.
Piper gli lancia un’occhiata preoccupata, con la coda dell’occhio e Jason cerca d’imporsi di riprendere il controllo di sé stesso: sono solo due ragazze e non hanno nulla di diverso da quelle che era solito incontrare al liceo, prima di arruolarsi per volere della sua matrigna, prima di abbandonare la sua casa e voltare le spalle a sua sorella, che l’aveva guardato allontanarsi seminascosta tra le tende scure della sua camera da letto.
Drew piega le labbra in una smorfia e, per un istante, Jason teme che possa affermare che era arrivata prima lei come erano soliti fare i suoi compagni della squadra di football quando uscivano a bere e a cercare ragazze per sfogare l’adrenalina della partita. La ragazza si limita, invece, a lanciare un’occhiata di sufficienza e disprezzo a Piper, che, in suo onore, non mostra alcun segno di nervosismo oltre al leggero serrarsi dei pugni ed è così discreta nel farlo che, se Jason non fosse abituato ad osservare ogni cosa, ogni leggero cambiamento d’espressione o di posizione, ogni leggera flessione delle dita, non se ne renderebbe conto.
- Tesoro - riprende Drew, rivolgendosi di nuovo a lui.
Quando parla, Drew sembra accarezzare ogni sillaba, sembra avvolgere la lingua intorno ad ogni vocale, prima di lasciarle scivolare tra i denti e Jason non riesce a trattenersi dal pensare intorno a cos'altro potrebbe avvolgere quelle labbra rosse e con quale grazia potrebbe farlo.
- Se vuoi essere salvato dalla tua ragazza - rivolge di nuovo uno sguardo sardonico a Piper. - Basta una parola. -
L'uomo la osserva per un istante - tacchi a spillo e vestito striminzito, occhi chiari e un volto bellissimo, di quelli che si vedono in certe riviste che sua sorella disprezza. Un tempo, sarebbe stato lusingato delle sue attenzioni, ma ora si limita a scuote il capo.
- Sto bene così, grazie Drew – mormora.
- Come vuoi tu - afferma, la ragazza.
Le sue parole hanno il sapore di un freddo: Peggio per te, ma la ragazza non dà altro segno di frustrazione.

Quando restano soli, Piper si lascia cadere sulla sedia accanto a lui con un sospiro rumoroso e per nulla femminile.
- Pensavo sarebbe stata più insistente! – afferma, scostandosi con un gesto seccato i capelli che le sono ricaduti davanti agli occhi.
È solo quando vede le spalle della ragazza rilassarsi che Jason capisce quanto fosse nervosa, quanto le sia costato intervenire a quel modo e le è ancor più grato.
- Grazie – afferma e spera che capisca davvero quanto lo è.
Piper gli sorride, attorcigliando una ciocca di capelli intorno al dito.
- Quando si è avvicinata sembravi spaventato e, beh… - arrossisce. – Di solito non sono così invadente, ma sembravi aver bisogno di aiuto. Cioè, non di aiuto, perché non era pericolosa, ma di una spalla. Voglio dire... -
Jason annuisce.
- Ne avevo – la interrompe, con un sorriso.
Per un attimo si chiede se dovrebbe dirle del suo amico che l’aveva costretto ad uscire, affermando che sarebbe stato divertente andare a bere una cosa in un locale e festeggiare perché era ancora vivo, solo che non lo è se ogni rumore più forte del previsto, ogni cozzare di bicchieri, gli rimbomba nelle orecchie come il suono delle esplosioni e degli spari, nel deserto dell'Afghanistan; se ogni risata gli ricorda le urla dei soldati feriti. Se ogni volta che qualcuno lo tocca sono di nuovo le mani di quel guerrigliere che ha tentato di soffocarlo e disarmarlo per piantargli un colpo in testa ed ha di nuovo il sapore di sabbia e sangue in bocca e l’uomo gli sta di nuovo sbattendo il volto sul suolo e...
No, non sono cose che possa dire ad una ragazza sconosciuta. Non sa neanche perché abbia pensato di confidarle cose che non è in grado neanche di confidare al suo psicoterapeuta. Non sa cosa ci sia in lei che lo attira e non è certo di potersi permettere di scoprirlo.
- Beh, ora che ho fatto la mia buona azione della giornata immagino che dovrei andare e… - balbetta, Piper.
Jason non si è neanche reso conto di quanto si sia prolungato il silenzio tra di loro o di quando Piper abbia iniziato a giocherellare con un sottobicchiere umido fino a ridurlo in frammenti e – è pericoloso, gli ringhia la voce di Reyna – gli dispiace averla fatta sentire a disagio e, pensa, è per questo e per rimanere in vita, per non rischiare distrazioni mortali che dovrebbe salutarla con un sorriso e un altro ringraziamento e lasciarla andare. Ma non si trova più in Medio Oriente e quel rumore assordante che sente è solo il barista che riempire un bicchiere di birra alla spina.
- Lascia almeno che io ti offra una birra per ringraziarti – si lascia sfuggire prima che la ragazza abbia il tempo di rimettersi in piedi.
Piper si volta a guardarlo, con un’espressione sorpresa sul volto.
- A meno che tu non preferisca berla da sola per assaporare meglio il malto e le spezie… - aggiunge, passandosi una mano sulla nuca.
I suoi amici hanno sempre affermato con convinzione che Jason sia tanto bello quanto assolutamente incapace di avere rapporti con le donne. Si trova a suo agio con quelle che sono sue commilitoni e con cui deve discutere le strategie o scegliere le strade da percorrere o a cui deve dare ordini (- È perché non le consideri davvero ragazze  –gli ha spiegato Chris Rodriguez, una mattina, con tutta la consapevolezza che gli deriva dall’avere una relazione segreta con la donna più pericolosa dell’intera base), ma le altre sono per lui un mistero.
Il sorriso che illumina il volto di Piper, però, gli sembra valer qualsiasi segreto e qualsiasi terra sconosciuta.
- Chi lo sa. Le storie migliori nascondono sempre un fondo di verità. -
- Per fortuna la tua era pessima – ribatté lui.
Piper gli fa la linguaccia e torna a sedersi accanto a lui, arrossendo leggermente. Jason pensa che è ancora più bella con quell'espressione divertita sul volto e le guance rosse per l'imbarazzo; è ancora più splendida da vicino.



- Leo, ma non era oggi che dovevi presentare Jason a Piper? – gli chiede Annabeth, entrando nel suo laboratorio con i capelli legati in una treccia spettinata e un plico di fogli stretto al petto, come se ne andasse della sua vita.
Leo rialza la testa tanto rapidamente da rischiare di dare una testata contro la lampada puntata sul piano di lavoro.
- Oh, merda – esala.

 

   
 
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