Deleted scene #3
Pov: Elena
Collocazione: Capitolo 18
("Bedroom hymns"), nei flashback. Confessione: delle scene tagliate
è la mia preferita (sì, più della scena "Delena"). Mi è davvero
sanguinato il cuore a doverla lasciare fuori. In ogni caso: in una
qualsiasi delle mattine verso l'alba in cui Elena sgattaiola via da
casa di Damon, si ritrova davanti Giuseppi e le cose si fanno un
tantino awkward.
***
Avevo appena chiuso la porta alle mie spalle, quando dalla villa
principale qualche decina di metri più in là vidi uscire il padre di
Damon.
Subito nel panico all'idea che potesse scoprirmi sgattaiolare via da
quella che era praticamente la camera di suo figlio, mi appiattii
contro il muro pregando in non so quante lingue che per qualche
miracolo non guardasse nella mia direzione.
Solo che, ahimè, purtroppo lo fece.
Si fermò con una mano ancora posata sulla portiera dell'auto,
perplesso, quando incrociò il mio sguardo. I suoi occhi si spostarono
da me a casa di Damon, le mie guance andarono a fuoco. Sperai allora
che si girasse e mi ignorasse, ma invece prese ad incamminarsi verso di
me.
Con il petto che scoppiava, riuscii a farfugliare solo un debole "
'Giorno".
"Buongiorno, Elena," disse, sorprendendomi per il tono gradevole e
per il solo fatto che si ricordasse il mio nome. Indicò con un cenno
della testa la sua macchina, di cui aveva lasciato aperta la portiera.
"E' una camminata piuttosto lunga. Ti accompagno a casa."
Avevo intenzione di rifiutare gentilmente, ma non me ne diede il
tempo. Stava già tornando verso l'auto, probabilmente supponendo che lo
avrei seguito, e al quel punto non farlo mi sembrò piuttosto rude.
Così, dopo aver gettato un veloce sguardo attorno ed aver esitato
qualche altro secondo, non ebbi altra scelta che seguirlo e ritrovarmi
nel sedile in pelle della sua Mercedes.
Mi chiese il mio indirizzo, controllò qualcosa sul suo telefono,
cambiò la stazione radio su una di notizie del mattino e la abbassò ad
un volume che non avrebbe dato fastidio.
Io ero sempre più impacciata e a disagio, nel chiedermi come avrei
dovuto comportarmi. Parlare? Lasciarlo in pace? Stavo sembrando
maleducata, avrebbe tentato lui di chiacchierare del più e del meno,
avrebbe voluto sapere chi fossi, cosa ci facessi lì e … Sentii le
guance imporporarsi di nuovo e ancora più violentemente, mentre
realizzavo cosa doveva aver pensato nel vedermi sgattaiolare via da
casa di Damon alle prime luci dell'alba. Desiderai sparire.
"Non è come pensa," mi uscì d'un tratto con una voce particolarmente
stridula. "Voglio dire, io non stavo … noi non stavamo …" incespicai,
mentre lui corrugava la fronte e mi gettava velocemente la più confusa
delle occhiate. In qualche modo, mi fece solo sentire ancora peggio.
"Non sono la sua ragazza," ribadii.
Grandioso. Era la seconda volta che lo incontravo, e la seconda
volta che gli ripetevo le stesse cose.
"Ok," disse solo, girando una curva.
Oh, dio. Non mi credeva.
"No, è la verità, davvero. Damon ce l'ha una ragazza. Non io. Si
chiama Michelle. E' molto carina, ed è anche divertente, è adorabile
davvero, molto molto adorabile."
Non appena lo dissi mi resi subito conto che adesso ci avevo appena
fatto la figura di quella che passa la notte insieme al ragazzo di
qualcun'altra. Il calore sulle mie guance aumentò, mi affrettai a
rimediare.
"Ma ho un ragazzo anche io! Matt. Sto con Matt."
Mio dio. Perché gli stavo raccontando tutto questo? La sua fronte si
corrugò ancora di più e la mia mente andò ancora di più nel pallone,
nel tentativo di fornirgli spiegazioni che lo aiutassero a non farsi
l'idea sbagliata.
"Non facciamo sesso!" esclamai, incapace di fermarmi. E poi iniziai
a pensare che forse aveva capito che stessi parlando di Matt, e che gli
ero appena sembra come quella che cerca giustificazioni per le proprie
tresche e … "Con Damon. Non facciamo sesso. Ma anche in generale, cioè,
io non faccio sesso. Con nessuno."
Fermò la macchina ad un incrocio ed io mi sentii morire. Si voltò
verso di me con la fronte più corrugata che avessi mai visto addosso ad
un essere umano. Capii che aveva intenzione di dire qualcosa, ma che
stesse sperimentando una singolare mancanza di parole. Il mio volto era
in fiamme. Forse avrei dovuto spiegare meglio, forse …
"Penso," disse infine, proprio quando avevo appena aperto la bocca
per sputare fuori altre informazioni inappropriate, "che ci sia una
legge, da qualche parte, che mi metterebbe in una posizione piuttosto
compromettente se dovessi discutere di certi argomenti con qualcuno
della tua età. Perciò perché non li lasciamo fuori dalla conversione e
ti accompagno semplicemente a casa?"
Non sembrava arrabbiato o infastidito, solo … parecchio spaesato.
Così annuii, piuttosto mortificata, ma anche piuttosto grata che avesse
chiuso lì la cosa.
Riuscimmo a passare i minuti restanti in un silenzio piuttosto
incerto, ma comunque meglio del resto.
Accostò vicino a casa mia e mi salutò chiamandomi di nuovo per nome,
che faceva un effetto strano nel modo in cui lo diceva, quasi come se
pronunciarlo lo aiutasse a capire meglio chi avesse davanti. Misi la
mano sulla maniglia, ma esitai all'ultimo secondo.
Imbarazzo o no, avevo qualcosa, lì in mezzo alla gola, che mi stava
imparando di non perdere quell'occasione per poter uscire fuori. Mi
voltai di nuovo.
"Lui non è come pensa lei."
Non avevo bisogno di specificare di chi stessi parlando. Lo capì
anche lui. Mi scrutò qualche secondo, nella versione in uno sguardo
della stessa cosa che faceva quando mi chiamava per nome.
"Cosa sai di quello che penso?" mi chiese.
"So …" Presi un piccolo fiato, sentii i battiti accelerarmi
leggermente. "So che Damon mi piace per quello che è, e che non vorrei
mai che fosse diversamente. Grazie per il passaggio, signor Salvatore."
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