» 5. I won’t mind my own damn
business!
L’aveva cercata ovunque.
Era persino rimasto più tempo del previsto, sotto la guardia del signor Ishihara che si occupava di controllare per lui gli
spostamenti della pazza sclerotica (che, altrimenti, vedendolo chinato a terra
a perlustrare ogni angolo avrebbe di nuovo iniziato ad
urlargli addosso) — ma l’ecografia era sparita, volatilizzatasi nel
nulla, come se non fosse nemmeno mai esistita.
Era rimasto col broncio
fino alla sera, persino quando il capo, probabilmente
intuendo quanto avesse le palle girate in quel momento, si era offerto
di dargli uno strappo fino a casa una volta terminato il turno. Seduto in
silenzio nel posto del passeggero, Shougo guardava
distrattamente le strade iniziare a tingersi delle sfumature del tramonto e le
macchine iniziare ad ingorgare le strade, piene di
persone che dopo essersi spaccate la schiena o essersi fatte il culo quadrato
su una seggiola da ufficio se ne tornavano a casa con il pane che si erano
guadagnati. E dire che pure lui se l’era guadagnato, il pane, per oggi; e dire
che pure lui s’era spaccato la schiena, seppur quel
giorno in particolare avesse rischiato di spaccarla anche a qualcun altro…
però, nonostante questo, non riusciva a non sentirsi un completo fallimento.
Una, una
cosa doveva fare bene. Un singolo foglietto doveva stare attento a non
perdere, quando era più volte stato capace di tenere
nella tasca posteriore dei pantaloni lo stesso scontrino per dieci mesi di
fila; ma naturalmente, era stato capace anche di fallire in un compito così
banalmente semplice. Non importava quanto si ripetesse che non fosse la fine
del mondo, o che sua madre ci avrebbe riso su e gli avrebbe detto di aspettare
la prossima volta: se possibile, anzi, tutto ciò lo faceva arrabbiare ancora di
più, perché riconosceva pure lui di starsi infervorando per una cosa tanto
idiota. Cazzo, neanche col signor Ishihara era stato
troppo chiaro a riguardo, temendo che magari lo prendesse per il culo!
Quella giornata gli stava
dando sempre più presupposti per incazzarsi come una iena. Prima la tizia che
gli sbraitava contro, poi Ryouta, infine la dannata
radiografia… forse era meglio se, una volta tornato a casa, si fosse limitato a
chiudersi nello sgabuzzino che era camera sua e avesse evitato qualsiasi altro
contatto fino al mattino dopo.
- Grazie per lo strappo, eh. - borbottò, quando il furgoncino si fermò davanti al
complesso d’appartamenti tutt’altro che lusinghiero dove viveva con la sua
famiglia. L’altro uomo non disse nulla, o forse si limitò ad augurargli buona
serata con il suo tono ad infrasuoni che non arrivò
neanche a sfiorargli i timpani; Shougo si chiuse il
portellone alle spalle, e con le mani affondate nelle tasche della divisa si
avviò silenziosamente verso l’appartamento. Chissà se avrebbe potuto
permettersi di fare una doccia senza che, chissà, gli si sgretolasse il
pavimento sotto i piedi, o gli cadesse il cesso dell’inquilino del piano di sopra sulla testa? Il fatto che tutte queste sfighe gratuite sarebbero state più che plausibili non fece
che accigliarlo ancora di più, e schioccando la lingua sul palato recuperò le
chiavi di casa nel momento in cui mise piede sul corridoio del suo piano.
Non gli
servì neppure avvicinarsi, che subito sentì una certa commozione di voci
alterate provenire da dietro quella lastra spesa meno di mezzo centimetro che
si spacciava per ‘porta’. Fece roteare gli occhi, arricciando il naso: non
aveva fatto caso alla sua macchina fuori, ma a quanto pare Shinya era già
tornato — e, per giunta, solo per mettere zizzania. Ma non si stufava mai
di litigare, quello? Certo, era l’ultimo che poteva
parlare, testa calda e guerrafondaio qual era, ma persino lui arrivato ad un certo punto preferiva evitare discussioni e starsene
per conto proprio.
Indietreggiò di un passo,
aggrottando le sopracciglia. Non era la prima volta che si trovava in una
situazione del genere, in cui quelle urla lo sconfortavano al punto da
dissuaderlo dal tornarsene finalmente a casa propria. L’aveva già detto,
no? Il suo contributo a quelle discussioni era sempre praticamente
nullo, Shinya non lo reputava responsabile abbastanza da poter infilarsi
in determinate questioni, di conseguenza fare dietrofront e fregarsene era
diventata, per lui, la prassi.
Ma
quella sera non sembrava aver voglia di dar retta alle consuetudini. Si
mordicchiò l’interno della bocca, e si riguadagnò quel passo che si era perso
poco prima: le voci erano confuse, agitate, ma con un
po’ di attenzione riuscì comunque a capire cosa si stavano dicendo.
- Non me ne
può fregare niente se non vuoi, l’hai capito?! Io non lo campo un altro
moccioso, o fai come ti dico io o fai come ti dico io!
-
Shougo
sentì la madre cercare di replicare, ma la sua voce era così rotta dalle
lacrime che neppure capì cosa stesse dicendo. Un qualcosa gli
si attorcigliò in mezzo alla gola, così repentinamente da farlo faticare a
respirare.
- È perché so cosa sei! Sei un’incapace, una deviata, una maledetta
egoista! - Shinya, intanto, non sembrava neppure sul punto di smettere. Come
cazzo riusciva a prendersela così tanto con lei, a non lasciarle tregua nemmeno
nello stato in cui si trovava?
- Tirati su o ti ci porto
di peso, non me ne frega niente. -
- No-… no, Shinya, per
favore… -
- Ho detto di tirarti
su, cazzo, muoviti! -
Haizaki
non fu sicuro di quale fosse stata la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso, se quell’urlo, se la voce della donna che continuava a ripetere “No, no,
no” come in una disperata cantilena, o se fosse colpa del rumore che seguì
subito dopo, come se quello stesse davvero cercando di trascinarla via. Non poteva
ancora sapere quale fosse il preciso problema, perché fosse scoppiato quel
litigio e chi fosse nella ragione o nel torto, ma
cazzo, non se ne sarebbe di nuovo stato con le mani in mano. Anche se fosse
stato suo fratello maggiore ad avere ragione, in quel momento si stava
prendendo un po’ troppe libertà.
Si susseguì tutto con una
velocità tale che quasi gli sembrò di star vivendo
quella manciata di secondi in terza persona, come spettatore. La chiave si infilò al primo colpo nella toppa della porta che si aprì
senza sforzo, e fu senza nemmeno chiuderla che Shougo
corse verso i due. Li vide esattamente come aveva immaginato — lei a
terra, con le guance rigate di lacrime, e lui che cerava di tirarla su per un
braccio — ma non si fermò a contemplare la scena: si avventò
immediatamente contro Shinya, cercando di tirarlo via.
- Stai esagerando,
porca puttana, smettila! -
- E tu da dove cazzo esci?! Fatti gli affari tuoi, fanculo! -
Non si aspettava che
avrebbe reagito nell’istante in cui aveva appoggiato le mani sulle sue spalle;
non si aspettava che pur essendo immerso così tanto nello sbraitare come uno
psicopatico avrebbe comunque avuto i riflessi abbastanza pronti da rigirarsi
come una biscia verso di lui e caricargli in faccia il
pugno più forte che avesse ricevuto negli ultimi cinque o sei anni.
Fu piuttosto sicuro che il
cervello gli si spense per una manciata di secondi
mentre, per colpa del contraccolpo, andava a sbattere pesantemente sul muro
dietro di loro e contro di esso si accasciava a terra, la mano che d’istinto
aveva lasciato la presa per difendere inutilmente la parte già colpita. Non
aveva idea di cosa fosse successo in quel lasso di tempo
in cui tutte le sue percezioni erano andate completamente in blackout, ma a
quanto pare quando riprese conoscenza al 100% la lite era già sfumata.
Aprì gli occhi, o meglio,
aprì l’occhio su cui non si era abbattuta
l’inspiegabile furia di Shinya, soffiando per il dolore acuto che sentiva
diramarsi in tutta la parte destra del viso. Stava cercando di ammazzarmi?, pensò, facendo
vagare lo sguardo: suo fratello non sembrava essere rimasto lì, ma la donna era
ancora a terra, seduta sulle proprie ginocchia e col capo chino, mentre con una
mano cercava di coprire i singhiozzi che ancora la scuotevano.
… che razza di scena
patetica. Era chiaro come il sole quanto, tra i due, non corresse buon sangue,
quanto rancore scorresse nelle vene di Shinya e quanto ogni pretesto fosse
buono per urlarle addosso, ma davvero si sentiva fiero di se stesso quando
riusciva a ridurla in quello stato? Davvero non provava neanche una punta di
rimorso nell’arrivare a litigi così estremi?
Staccò le spalle dal muro, avvicinandolesi in silenzio. Cos’avrebbe dovuto fare?
Consolarla, fare finta di niente, andare alla ricerca di quell’altro? Confuso
da tutte quelle opportunità allungò una mano verso di lei, sfiorandole una
spalla, ma non si aspettava certo di vederla sussultare e voltarsi spaventata
in sua direzione. Alzò le mani, sgranando gli occhi.
- Tranquilla, ma’, sono io.
- la rassicurò senza nemmeno pensarci, accostandosi a lei. Quella reazione da
dove diavolo arrivava? Aggrottò le sopracciglia, inquieto:
magari non le aveva messo le mani addosso, ma sicuramente doveva essere
sembrato del tutto intenzionato a farlo. Che cazzo gli passava per la testa? La
scarsa pazienza era qualcosa che era plausibile venisse
ereditata di figlio maschio in figlio maschio, in quella genia, ma a quel punto
nessuno dei due ci era mai arrivato — o almeno, per quanto a volte fosse
proprio una deficiente, mai nemmeno una volta Shougo
aveva pensato di picchiare sua madre!
La quale, per altro, non
aveva smesso per un attimo di essere scossa dai singhiozzi. Non poteva vederne
il viso, coperto dalle lunghe ciocche di capelli che quasi la proteggevano da
qualsiasi sguardo, ma bastò il suono sommesso di quel
pianto a farlo sentire fortemente a disagio. Ancora, cosa diavolo
avrebbe dovuto fare, quale sarebbe stata la giusta reazione? Sollevò una mano,
un po’ titubante, provando a sfregarla sulla schiena della donna.
… e quella situazione
rimase statica per quelle che a lui parvero ore. Non sapendo cosa dire, era
rimasto così fino a che non era stata l’altra a riprendere la parola, facendosi
uscire a fatica la voce impastata dal pianto.
- … perché fa così? -
- Eh? - naturalmente, colto
totalmente di sorpresa in mezzo a quel silenzio, Shougo
mancò completamente di recepire quella frase. Bravo
cretino, pensò, malmenandosi mentalmente; quello era proprio l’ultimo
momento in cui doveva non prestare attenzione!
- Non capisco… perché la sta prendendo così male?
Perché mi deve trattare così? - purtroppo o per fortuna neanche sua madre
sembrava troppo recettiva nei confronti del mondo che la circondava,
trasformando quella che ormai si poteva ben catalogare come domanda retorica in desolato monologo
- Lo so che non sono mai stata una buona madre, lo so… ma davvero fino ad ora
tutto quello che ha provato nei miei confronti è stato
odio? Io non capisco, Shougo…
-
E, in tutta onestà, neanche lui capiva. L’aveva
detto e l’aveva ripetuto, un buon carattere era l’ultima cosa che scorreva nel
sangue degli Haizaki, ma quell’escalation di isteria era l’ultima cosa che si aspettava da parte sua.
Non era lui quello perennemente responsabile,
l’unico portatore della fiamma della morale in una casa di
sciagurati? Possibile che fosse così stressato dal lavoro, dalla frenesia della
sua routine, che alla fine era totalmente esploso?
- … è diventato un po' testa di cazzo, magari gli
passa. -
L'aveva pensata un tantino diversa
da così, ma il succo era comunque quello. Lei, d'altronde, evitò nuovamente di
soppesare quell'affermazione, passandosi invano le mani sul viso nel tentativo
irrazionale di restituirsi una parvenza di dignità.
- E se fosse lui ad avere ragione? - guaì, con un
filo di voce. Le mani erano lentamente scivolate verso il basso, premendosi sul
ventre in un moto inconsciamente protettivo, e al ragazzo quel gesto non passò
inosservato. Si corresse: il nodo che sentiva prima alla gola, a confronto, non
era niente rispetto a quel che sentiva adesso, appesantito da un presentimento
a dir poco insopportabile
- In effetti, perché avete discusso così forte?
– si dovette sforzare per tirare fuori quella domanda, quasi temendo di
star andando a gettare manciate di sale su una ferita che vedeva come
palesemente scoperta. Era tutto così strano, per lui — tutti quei
sentimenti di preoccupazione, di incertezza e pure di
rabbia non gli erano mai appartenuti con quell'intensità, e ogni passo che
faceva per assecondarli era come avanzare in un bosco buio del quale non vedeva
l'uscita. Era davvero sempre stato così difficile avere a che fare col resto
degli esseri umani? Per quante emozioni, fino a quel momento, aveva provato
solo un surrogato, un’imitazione? E soprattutto, doveva servire una situazione
così all’estremo per fargliene rendere conto?
Ma non
era oggettivamente il momento di soffermarsi sulle proprie seghe mentali.
Finalmente l’altra si era voltata verso di lui, insistendo per cercare il suo
sguardo: ora più che mai, doveva sforzarsi di ostentare sicurezza.
- … racconto tutto-tutto? -
- Racconti quel che ti senti di raccontare,
ma’. Tranquilla che il revolver alla tempia non te lo punto. -
Si sentì segretamente fiero di riuscire a
strapparle un sorriso, tacendo nel lasciarle il tempo di radunare le idee e
finalmente prendere parola.
- In realtà era tranquillo quando è tornato a casa.
Non pensavo neppure ci fosse il tempo di litigare, contando che tra poco
attacca con l'altro lavoro… - non era per niente facile seguire le sue parole.
Si sistemava i capelli, gesticolava, si passava le
dita sul vestito per dipanarne le pieghe… forse non se ne rendeva conto, ma che
stesse provando di sviare l’attenzione dal suo discorso? Fu la prima idea che gli balenò in testa, e Shougo fece
appello a tutta la sua poca costanza per non perdersi neanche una
parola.
- … e? -
- E quindi ne ho approfittato anche per parlargli
di una cosa un po' spiacevole. Magari in mezzo alla fretta ci si sarebbe
soffermato meno… -
- Alt. Quanto spiacevole. -
- U-un po’… -
- Ok, ma un po' quanto. -
Finalmente smise di gesticolare, facendo riposare
le dita sulle gambe. Allora stava cercando davvero di deviare la sua
attenzione? Cosa diavolo aveva combinato, stavolta? Haizaki
sollevò il sopracciglio sinistro, per il quale aveva ancora un minimo di
sensibilità, ma non commentò.
- … in realtà piuttosto grave, perché non me la
spiego. Ti ricordi che ho promesso di vendere alcune delle mie cose, no? Avevo…
preparato una pelliccia che non avevo mai indossato, completamente nuova, e col
ricavato avrei tolto dalle spalle di Shinya un bel po' di peso. - sospirò - …
ma è sparita. Ho completamente rovesciato l’armadio, guardato ovunque… e non è
uscita da nessuna parte. Quando gli ho detto che non la stavo più trovando si è
fatto tutto scuro in viso, ma non ha detto niente, quindi pensavo che andasse
bene così. Il… il peggio è arrivato dopo. -
Se mentre ricostruiva quel
breve racconto sembrava essersi calmata, fu a quel
punto che si irrigidì di nuovo, stringendosi nelle proprie braccia come alla
ricerca di una qualsiasi protezione. Non sembrava una donna di trentacinque
anni e poco più, sembrava più che altro una ragazzina indifesa, nel disperato
tentativo di negare a se stessa qualcosa di tanto spiacevole e impensabile da non
voler neppure riconoscerne l’esistenza.
- Ha detto che sarebbe
entrato a lavoro più tardi perché aveva un appuntamento importante a cui dovevo venire anche io. - mormorò, abbassando di nuovo
la testa. La mano di Shougo era rimasta poggiata
sulla sua schiena, e non mancò di sentirla tornare a fremere sotto di essa.
Deglutì, sentendo la
tensione tornare di nuovo tagliente e insostenibile: purtroppo, stava già
iniziando ad intuire dove quel discorso stesse per
andare a parare.
- Che poi, dopotutto è
positivo che ci sia la possibilità di ricorrere a certe procedure in modo
sicuro, no? Anche se sono tutte cliniche private e costose che lo fanno di
nascosto… - proseguì, stringendosi ancora di più su se stessa: le dita,
ancorate alle proprie braccia, tremavano disperate, tentando di appigliarsi
sulla stoffa di un vestito che sembrava essere diventato il suo unico scudo - …
ma non volevo sentirlo parlare di come avesse trovato qualcuno disposto a stare
dietro al mio caso, di come sarebbe stata un’operazione brevissima, di come finanziare uno sbaglio
gli sarebbe costato mille volte in più che pagare sotto banco un dottore
per un ab… -
Fu in quel momento che la
sua voce, sempre più barcollante, si ruppe di nuovo, spezzata da un singulto
incontenibile. Non poteva vederla con chiarezza, visto che
i capelli le coprivano il viso, ma non gli ci volle molto a Shougo
a capire che sua madre avesse ricominciato a piangere.
E poteva in qualche modo
biasimarla? Non importava che aggiungesse altro a quella storia: da una parte
poteva essere plausibile che Shinya mettesse le mani avanti, ma non aveva
nessun diritto di imporle in quel modo una simile decisione. Aveva
potere su tante cose, là dentro; l’aveva sempre visto anche dal difuori delle bolle
in cui soleva chiudere i loro abituali litigi, ma non era sul corpo di sua
madre che poteva permettersi di mettere bocca. Persino lui arrivava ad un concetto tanto elementare!
- Razza di stronzo… -
soffiò tra i denti stretti, coperto da quel pianto sommesso che si era intanto
sovrapposto nuovamente a qualsiasi altro rumore. Tanto il nodo alla gola quanto
il dolore all’occhio colpito prima stavano svanendo,
lasciando tutto lo spazio rimasto ad una rabbia rampante che non vedeva l’ora
di sfogare su quel deficiente. Magari se gli avesse fatto sbattere la testa
abbastanza forte sarebbe tornato coi piedi per terra!
Tanto, se aveva un permesso per entrare più tardi a lavoro, magari era ancora
nei dintorni.
Fece per alzarsi, ma una
mano tremolante interruppe il suo impeto. Guardò verso il basso, verso quelle
dita esili aggrappate ai propri pantaloni, e per qualche motivo sentì una punta
di senso di colpa condannarlo di nuovo a scivolare
silenziosamente sul pavimento: qualsiasi cosa si meritasse suo fratello, adesso
non era lui la priorità. Se se ne fosse andato senza
calmare la donna al suo fianco, alla fine, se ne sarebbe pentito e basta.
- … che c’è? -
- Io non voglio che tu te
la prenda con lui per quello che ti ho raccontato. - sussurrò lei, lasciando la
presa. Si passò le mani sugli occhi, tirando su col naso - … ha tutto il
diritto di odiarmi, di trovarmi una persona degenere. Ha tutto il diritto anche
di… credermi un’irresponsabile, perché chiaramente se non
riesco a tenere di conto ad una pelliccia, allora pure un bambino per me
dovrebbe essere fuori discussione.
… ma
è vero che ora voglio fare di meglio, ok? Quando ho avuto lui, e poco dopo ho
avuto te, ero tanto più giovane e tanto più stupida. -
sorrise, passandosi una mano tra i capelli, mentre l’altra tornava a riposare
gentile sul basso ventre - … ma posso, almeno, provare a riscattarmi senza
farci rimettere chi di colpe non ne ha? -
Per ovvi motivi, Shougo non aveva idea di quale fosse stata, in passato,
l’attitudine di sua madre nei confronti delle proprie gravidanze. Non sapeva se
quelle promesse fossero già uscite dalla sua bocca, o se valesse davvero la
pena di fidarsi quando, in tutta sincerità, non conosceva nei dettagli il suo
impegno al mantenimento di quella casa e di quella famiglia, avendo sempre solo
ascoltato la versione dei fatti data da Shinya senza che questi permettesse a
sua madre di ribattere in alcun modo.
E se, fino a quel momento,
la visione che aveva avuto di lei fosse stata dettata da parametri totalmente
sballati? Se davvero, in fondo, lei avesse sempre cercato di riscattarsi
per la sua innegabile assenza durante gli anni più giovani della loro
esistenza, ma il ‘padrone di casa’
l’avesse sempre e solo giudicata secondo i propri standard?
- Ma’, posso chiederti una
cosa? - avanzò, quasi senza pensarci. Sentiva bisogno di chiarimenti, ma non
aveva una vera e propria domanda da formularle, motivo per
cui si maledisse interiormente quando quella si limitò ad annuire col
capo senza lasciargli neanche un secondo per pensare. Si morse l’interno della
bocca, facendo mente locale.
- … è vero quando Shinya
dice che non fai niente per mandare avanti la famiglia, o è solo un drammatico
cazzone? -
In tutta risposta l’altra,
finalmente, rise sommessamente, evitando ancora di ammonirlo per quelle parole.
- È vero che fino ad ora ho
fatto troppo affidamento su di lui, soprattutto per quel che riguarda te; ed è
vero anche che spendo molti soldi per mantenermi. - replicò con sincerità, dopo
un breve attimo di pausa - Ma sai, l’affitto non si
paga da solo, e le bollette nemmeno. Faccio quello che posso. -
Quand’è che le cose
avrebbero smesso di ribaltarglisi in modo tanto rocambolesco davanti agli
occhi?
Shougo
sgranò sorpreso le palpebre, rendendosi definitivamente conto che tutto ciò che
aveva creduto fino a quel momento — la completa inutilità di sua madre,
la fondamentale e unica importanza di Shinya per tutti gli aspetti di
quella casa — erano, in effetti, distorsioni
dettate dal suo perpetuo e caratteristico disinteresse. A maggior ragione,
adesso, quell’idiota di suo fratello doveva rendersi conto di aver superato
linee che non doveva nemmeno permettersi di sfiorare.
- Vado a vedere se
quell’imbecille è ancora qui intorno. - dichiarò, alzandosi nuovamente in
piedi. Sentiva l’occhio dolere al solo pensiero di una nuova rissa, rendendosi
conto quasi solo in quel momento che la palpebra si stava gonfiando al punto da
sbarrargli la visuale, ma mai nella vita Haizaki Shougo si era lasciato fermare da un paio di lividi.
Occhieggiò sua madre fare
altrettanto, sistemandosi il vestito sulle gambe mentre si liberava da quella
posizione rassegnata e sottomessa. Le era passata? Probabilmente no, ma era
chiaro che stesse infinitamente meglio rispetto a prima, e che non avesse
intenzione di lasciarsi abbattere oltre.
Era forte, quella donna. E
si pentiva amaramente di starlo notando solo adesso.
- E
io devo prepararmi, che anche stasera si lavora. - commentò, guardando verso di
lui - … prometti che almeno proverai a non alzare le mani? -
- Io ci provo pure, ma non
garantisco né per me né per lui. -
Non sapeva se fosse fortuna
o sfortuna, la sua, mentre individuava la sagoma del fratello maggiore
appoggiata contro lo scooter che usava per le consegne del suo secondo lavoro.
Era rimasto a fissarlo in silenzio mentre l’oscura penombra gli conferiva la
giusta protezione, contando e ricontando molte, troppe volte fino a
dieci prima di trovare il coraggio di avvicinarglisi. La
cosa non gli faceva onore, soprattutto considerando quel che aveva appena
giurato — ma più stava là fuori, più il tempo passava, più il dolore
della botta tornava a farsi sentire implacabile sulla sua faccia.
Deglutì, decidendo
finalmente di uscire allo scoperto: non badò troppo alla sua fretta di
nascondere in tasca il cellulare su cui stava tenendo così fissi gli occhi da
accorgersi a malapena del suo arrivo, affrontandolo sfacciatamente e a muso
duro così come era tanto bravo a fare.
- Mi fa piacere che una
volta tanto non abbia dato la colpa a me per qualcosa
che in casa sparisce, ma cazzo, se deve essere questo lo step successivo tanto vale che ci spari direttamente un
colpo in testa e festa finta. - ringhiò, Shougo, le
dita già dolorosamente strette in una coppia di pugni pronti a colpire. Era più
che giustificato a tenersi pronto: l’occhiataccia di Shinya fu tutto meno che rassicurante, mentre lento incombeva su di
lui con aria minacciosa.
- E a te da quando in qua
frega qualcosa? - replicò quello, aggrottando le sopracciglia - Ci mancava
altro che ci mettessi il naso pure tu. Levati dai piedi ora, o l’occhio
nero sarà l’ultimo dei tuoi problemi. -
Altra deglutizione a vuoto.
Sapeva quanto quell’idiota fosse capace di essere
inutilmente prolisso, ma c’era una lezione che aveva imparato molto presto: le
sue minacce non erano mai del tutto infondate. La tensione nell’aria
stava diventando sempre più insopportabile, e in tutta onestà il più giovane
non aveva la più pallida idea di come uscire incolume da quella situazione. Che
poi, cosa pensava di risolvere? Perché gettarsi nella gola del lupo proprio
dopo averlo visto inseguire e quasi sbranare un’altra preda? In quel breve lasso di tempo iniziò a pentirsi e maledirsi per ogni
singola scelta di vita, quasi dimenticandosi di dover elaborare una risposta.
Se non altro, non aveva
distolto lo sguardo nemmeno per un secondo, rifiutandosi di regalargli anche
questo vantaggio.
- Ti lamenti di continuo
che non mi interesso di niente, e ora mi dici di
fregarmene? Ma vaffanculo! - non
fu un’esclamazione eccessivamente elaborata, ma fu senz’altro liberatoria.
Shinya non pareva aspettarsela, ma il suo stupore durò un momento — il
tempo necessario a slanciare la mano e stringerla attorno al colletto della
t-shirt del fratello.
- Cosa
pensi che possa portare il tuo interesse? A cosa pensi che serva, adesso?! - sibilò, e Shougo sentì ogni
lettera venirgli pressoché sputata sul viso - Non
credere che col tuo lavoretto da tre soldi tu possa portare un cambiamento, la responsabilità
di tutto continuerà ad essere sulle mie spalle. -
Dio, quella parola.
Quella fottutissima,
insopportabile parola. Non aveva intenzione di urlare o di ribellarsi troppo,
di far affacciare la gente alle finestre e di dare spettacolo, ma se così
doveva essere non si sarebbe trattenuto. Non attese
neanche di sentirlo finire, spalancando la bocca e riempiendosi i polmoni
d’aria.
- Ma cacciatele nel culo le responsabilità! - sbraitò, divincolandosi dalla sua
presa - Parli, parli, ti senti tanto più importante di
me, di lei, e fai il martire manco ‘sto bambino dovessi partorirlo tu!
Ma ti dai una calmata?! -
- Non è qualcosa che puoi
capire, fatti gli affari tuoi. -
- E allora se sei tanto bravo fammi capire, cazzo! - le parole scivolavano dalla sua
bocca una dopo l’altra, ormai senza controllo. Erano i momenti più pericolosi,
quelli in cui cose che forse non avrebbe dovuto dire
sarebbero state dette comunque; ma ora come ora non aveva intenzione di
prestare così tanta attenzione ai formalismi - Non mi farò gli affari miei
finché non smetterà di sentirti così dannatamente indispensabile! -
E questo era esattamente ciò che avrebbe dovuto evitare. Si morse la
lingua nel momento esattamente successivo, ma ormai era troppo tardi: era
fortemente, profondamente convinto che Shinya stesse sopravvalutando
eccessivamente il suo ruolo in quella famiglia, ma questo non voleva dire che
fosse comunque necessario. Vide distintamente il sogghigno beffardo
stamparsi sulla sua faccia, mentre si chinava, minaccioso, verso di lui.
- Ma
allora mi sembra che sia tu, qui, quello tanto bravo. - commentò,
sbuffando divertito. Era raro, terribilmente raro che Shougo si sentisse così prepotentemente con le spalle al
muro, ma sebbene Shinya gli stesse solamente parlando era come se ogni parola
fosse una lama.
- Vai, prova ad occuparti tu di mamma e di nostro fratello, vogliamo
scommettere che te ne tornerai strisciando a chiedere scusa? -
- Dovrai passare sul mio
cadavere, prima di vedermi strisciare… - soffiò Shougo,
ma nella realtà avrebbe voluto prendere tutti gli appunti mentali con su scritto pensa prima di parlare, idiota e
cacciarseli in gola. Aveva fatto una sonora cazzata, ma era troppo stupidamente
orgoglioso per tirarsi indietro proprio adesso.
Non aggiunse altro prima di
troncare bruscamente quella discussione, voltandogli le spalle e ritornando
verso casa: lo sentì vagamente borbottare qualcosa
dietro di sé, schioccando la lingua con fare scocciato, ma se non altro riuscì
a non dargli corda.
Anche volendo, era troppo
occupato a pensare alle conseguenze di quella scommessa per mettersi di nuovo a
litigare.
Buonasera!
Penso si sia messo DI TUTTO tra me e la stesura di questo capitolo: prima Romics, poi l’uni, poi i test a
sorpresa, poi i preparativi per Lucca… it ain’t easy being Rea ;__;
Comunque, in un modo
o nell’altro adesso il periodo è più stabile, e spero di non cedere alla
tentazione di pubblicare un capitolo al mese. Tengo
troppo a quest storia per lasciarla morire!
Purtroppo in mezzo a
tutto questo le mie mani hanno fatto in tempo ad arrugginirsi, quindi tante
cose, soprattutto nella parte centrale, non sono uscite come volevo. Spero vi
piaccia lo stesso… !
In ogni caso, al solito grazie per le letture e le recensioni, siete tutti
gentilissimi e spero di potervi intrattenere ancora per molto m(_ _)m alla prossima!