8
Non avermene, lingua, se prendo
in prestito parole patetiche,
e poi fatico per farle
sembrare leggere.
Wislawa
Szymborska
Con gli occhi chiusi,
Jenny era pronta a ricevere un bacio che non
arrivò.
Quando li
riaprì, Julian la stava fissando.
In realtà non
stava
guardando proprio lei, ma piuttosto la sua spalla. I suoi occhi erano
specchi che riflettevano tutto ciò che lo circandava.
Guardandovi attraverso tutto sembrava sul fondo di due immensi oceani.
Le
sfiorò la spalla, delicatamente, ma lei sentì un
lieve
dolore. Il kimono, che si era curata di avvolgersi intorno
alla vita, in modo che i lividi non si vedessero, quando
Julian le era venuta incontro, sdraiandosi, il fioccolo che teneva
chiuso
si era slacciato, scoprendole la spalla.
-Cosa hai fatto qui?-
Julian
l'aveva chiesto con tono non curante ma sembrava quasi arrabbiato.
Aveva le sopracciglia cruciate, gli occhi
fissi suoi lividi viola. La stringeva e Jenny non seppe dire cosa le
facesse più male: Se la spalla, il braccio stretto nella
morsa
della sua mano, o il suo sguardo preoccupato.
-Julian..ormai non
è nulla di cui preoccuparsi.- cercò di
tranquillizzarlo. Si alzò un po', ritrovandosi con il viso
vicinissimo al suo. -E' solo qualche livido, non è niente.-
-Non è
niente?!- lui la scostò un poco -Voglio sapere cosa ti sei
fatta.-
Jenny lo
guardò un po' stranita. Possibile che non ricordasse? O
forse non pensava che, spingendola, le avesse provocato dei lividi?
-Julian ascolta...- Non
voleva dirglielo. Per tutto il giorno era stato
così premuroso ed attento, le aveva fatto fare tutto quello
che
desiderava, si era preso cura di lei, e non voleva farlo sentire in
colpa. Quel che è stato è stato. Non le
importava,
Julian era cambiato. Non era più il vecchio uomo ombra.
-Jenny.- Era serio, il
tono fermo, la voce autoritoria.
-Due sere fà,
quando ti ho incontrato davanti alla
finestra...quella nel corridorio a destra.- Jenny tremava al ricordo.
Lui era davanti a lei, continuava a tenerla per le braccia, senza farle
male, in modo protettivo. Eppure ancora il ricordo le provocava un
fremito di paura. -Quando tu mi hai spinta, io ho colpito il mobile
dietro di me e mi è uscito qualche livido.-
Julian socchiuse le
labbra, incredulo.
-Però
davvero, non è niente. Ancora qualche giorno e
sarò come nuov...-
-Io non ero in casa due
giorni fa.- La interruppe. Jenny rimase in silenzio, fissandolo.
-Che vuol dire che non
eri in casa?-
-Non ero in casa.-
Jenny lo
guardò. Iniziava ad arrabbiarsi. Poteva perdonare e
tollerare quel suo comportamento, ma non poteva sopportare che lui lo
negasse con così tanta leggerezza. Non le importava che le
avesse fatto del male, ma doveva assumersi le sue
responsabilità. -Julian, anche se mi hai fatto male io non
sono
arrabbiata con te.- Lui si era alzato in piedi, voltandole le spalle, e
lei aveva fatto lo stesso guardando la sua schiena muscolosa. -Ma devi
ammettere quello che hai fatto.-
Julian si
voltò di scatto. -Mia cara,- Julian fu attento ad
instillare tutto il veleno che potè in quelle parole -Se
fossi
stato io non avrei motivo di negarlo...e non te la saresti cavata con
qualche livido.-
-M...Ma sembravi proprio
tu!- Jenny ignorò il suo tono crudele,
perchè Julian non sembrava poi così convinto
della sua
innocenza.
Julian si
toccò il mento, pensieroso. L'atmosfera romantica e
rilassata si era dissolta, gelo e tensione erano calati su entrambi.
Jenny non capiva. Come poteva non essere stato lui? Eppure quelli erano
proprio i suoi occhi.
-Hey.- Julian la
ridestò dai suoi pensieri. -Tu sei sicura che
fossi io?- La sua domanda la colse di sorpresa. Julian non le
era
sembrata del tutto convinto di essere innocente. Sembrava
titubbante, come se non potesse fidarsi di se stesso. Ma la
domanda era
pertinente. Era davvero convinta che fosse stato Julian? Ne era
convinta perchè quella era la sua casa e c'era solo lui...ma
Jenny aveva già visto altri uomini ombra.
-Ecco...più o
meno si.- Rispose indecisa. -Era buio, e vedevo
solo i tuoi occhi.-
-Grazie per la tua
precisione nel raccontare i fatti. E dimmi, ti ho detto qualcosa per
caso?-
Julian parlava in prima
persona, come se fosse stato davvero lui, ma
Jenny ormai era quasi convinta che non fosse stato lui. Si
sentì
quasi in colpa per averlo accusato in quel modo. -Hai detto che mi
avresti divorata.- rispose a bassa voce
- Che non mi avresti mai
più lasciata andare.-
Lo guardò. In
piedi, con le braccia lungo il corpo, sembrava
quasi un bambino. Si voltò di scatto, camminando verso la
porta,
facendole cenno di seguirla. Jenny faticava a tenere il suo passo,
affondava nella sabbia leggera, mentre invece lui camminava con
facilità. Uscendo dalla stanza, lui tornò ad
essere
vestito come prima. Jeans e camicia, giacca grigio scuro, capelli in
dietro. Jenny si sentì a disagio, ancora avvolta nel Kimono
leggero e il costume bianco. Si sentiva nuda, indifesa.
Julian, invece, sembrava
furioso. Anche guardandolo da dietro poteva immaginarsi gli occhi
fiammeggianti e la mandibola tirata.
-Aspetta!- Doveva quasi
correre solo per stargli dietro- Lui si
fermò di colpo, squadrandola dalla testa ai piedi. Non le
importava se era mezza nua e ancora bagnata; non le importava se stava
congelando. Non era stato Julian a farle del male quella sera e le
dispiaceva di averlo accusato subito, senza neanche pensare che forse
non era stato lui.
-Perchè non
me lo hai detto?- Il suo tono era talmente fermo e
forte da farla sussultare. -Perchè non mi hai detto quello
che
era successo.-
-Perchè...-
già, perchè?
Perchè non avevo dubbi che fossi stato tu!
Non poteva
dirglielo. Si sentì crudele, perchè
aveva subito incolpato Julian, senza mai dubitare che fosse stato lui.
Forse perchè aveva ancora nella mente l'immagine di Julian,
il
terribile principe delle tenebre, pronto a rapirla e a farle scherzi
crudeli. Eppure sapeva benissimo che Julian non le avrebbe mai fatto
del male. Mai, per nulla al mondo.
Julian non
aspettò che rispondesse. Non se ne era accorta, ma
erano arrivati davanti alla sua stanza. Julian le aprì la
porta,
restando appoggiato al ciglio della porta, con le braccia incrociate
contro il petto.
-Il lupo
rimarrà con te finchè non torno. E' un amico fedele,
un animale molto intelligente. Se mai dovesse succedere qualcosa ti
proteggerà da chiunque...persino da me.- Il tono era
asciutto,
senza guardarla negli occhi, si diede una leggera spinta, tornando in
piedi dritto e severo. Se ne stava andando. Avrebbe voluto dirgli
qualcosa, ma ogni parola sembrava inutile, senza importanza.
-Ah, Jenny.- Lui si
voltò, il corpo verso la porta aperta, la
guardava con la coda dell'occhio. -Anche tu sai essere crudele a
volte.-
Non sapeva dire
perchè, ma anche se erano passate ore, non era
ancora riuscita a smettere di piangere. Si sentiva stupida, ma non
riusciva a trattenersi. Il lupo la guardava dal basso verso l'alto, con
i suoi occhi eterei, accucciato in un angolo della stanza. Non sembrava
così cattivo adesso che lo guardava bene. Sembrava
più un
cucciolo. Forse, pensò, era così docile
perchè
Julian gli aveva ordinato di esserlo, ma le diede un po' di
serenità sapere di potersi fidare di qualcuno. Si sedette
vicino
a lui, avvicinandogli una mano sulla fronte, scoprendo che il suo pelo
era incredibilmente morbido. Mentre lo accarezzava non riusciva a non
pensare a quanto fosse stata ingiusta nei confronti di Julian. A volte
era cattivo con lei, certo, e i suoi continui sbalzi d'umore le
facevano perdere qualche venerdì, ma era anche premuroso e
gentile quando
voleva. L'aveva accontentata in tutto e per tutto, eppure lei non aveva
perso occasione di accusarlo ingiustamente. Desiderò farsi
un
bagno caldo per cancellare tutta quell'ansia e quella tristezza.
Forse
l'acqua calda avrebbe alleviato il suo senso di colpa.
Quando entrò
in bagno, non notò subito i cambiamenti. Si
spogliò pronta ad entrare nella sua vecchia doccia, la
stessa
che aveva a casa sua. Eppure, quando si voltò, non
trovò
il box con dentro tutti i suoi shampii e spugne colorate, ma una bella
vasca in stile settecentesco, dal colore tra un bianco porcellana e in
verde chiaro. Aveva la forma di una conchiglia ricurva, e come piedi
delle zampe di leone in oro. Sull'acqua galleggiavano dei petali di
rose, che sprigionavano un profumo senza pari.
Neanche nei roseti
più belli e grandi del mondo c'era un profumo simile.
Immergendosi nell'acqua calda il profumo la invase completamente. Era
come una sinfonia paragonabile allo strimpellare solitario di un
violino. Ed era anche di più. Jenny chiuse gli occhi e
sentì che i ricordi più sublimi si ridestavano in
lei. Si
rivide bambina, danzare sul prato, in un giorno di pioggia con il sole
e vide i contorni di un mazzo di rose sul davanzale della finestra, che
oscillavano nella brezza notturna; udì uccelli cantare qua e
là e, da lontano, la musica di un ballo di gala.
Udì un
bisbigliare fitto fitto nell'orecchio, e sentì sensazioni
mai
provate prima.
Oblio; era
così rilassata che si sarebbe addormentata da un
momento all'altro. La cosa non le interessava. L'acqua era perfetta, e
sentiva che non le importava più nulla. Non pensava
più a
Tom già da un bel po', ne ai suoi amici o alla sua famiglia.
E
adesso non pensava neanche ai suoi sentimenti per Julian, se fossero
buoni o no, la sua mente era un foglio bianco.
Non
importa. Ci penserò domani. Non importa.
Lentamente si
sentì scivolare sempre più dentro l'acqua.
Si portò una mano alla testa per bagnare un po' i capelli.
Lacqua era densa, leggermente viscosa. Non le dava fastidio, ma le
rimaneva appiccicata alle mani.
Si tirò un
po' su, e qualcosa dentro l'acqua la sfiorò.
Sangue. Era immersa in
una vasca colma di sangue denso e scuro.
Quando lo
capì con chiarezza, quando realizzò, dette un
grido terribile, come se stesse bruciando viva.
Intorpidita,
riuscì a malapena a buttarsi fuori dalla vasca. Se
il grido non avesse lacerato la nebbia nella sua mente, sarebbe
annegata in se stessa: una morte atroce.
Lacqua non era
più chiara e trasparente, ma di un rosso
così scuro e dall'odore così penetrante che
scacciò via ogni suo pensiero. Il profumo che sentiva fino a
qualche momento prima le faceva girare la testa e le gambe erano
così molli che, alzandosi in fretta, cadde per terra. Il
sangue
stava traboccando dalla vasca. Anche dalla base della vasca
potè vedere pezzi di carne, arti, umani. La stanza, il
bagno, erano completamente avvolti nelle tenebre e Jenny
sentì delle voci che ridevano maligne. Non riusciva neanche
a pensare a loro in quel momento. Desiderò
soltanto scappare da quel posto. Gattonò un po' verso la
porta,
cercando di alzarsi in piedi, ma ad ogni respiro aveva dei
violentissimi capogiri. Ogni millimetro che faceva verso il
corridoio, una fonte di luce, rischiava di vomitare le budella.,
figurarsi pensare di alzarsi.
Trascinandosi fino al
corridoio, tutto ciò che vedeva era
confuso; Il soffitto si fondeva con il pavimento, girava tutto, e non
capiva bene neanche dove stesse andando. Cosa avrebbe dovuto fare?
Quando raggiunse il
corridoio, le luci iniziarono a spegnersi una l'uno. Anche se non
vedeva bene, riuscì a distinguere l'ombra che le si
avvicinava con il sorriso da orecchio ad orecchio.
L'avrebbe uccisa.
L'avrebbe divorata o
torturata fino a farla impazzire e poi l'avrebbe uccisa.
Jenny chiuse gli occhi,
abbandonando la testa contro il pavimento freddo. Ricevette un colpo
fortissimo alla nuca, e sentì una forza sopra di lei.
Morì
quasi di spavento pensando che fosse stata l'ombra a
colpirla, quando invece era stato il lupo. Con il pelo ritto, ringhiava
e abbaiava feroce contro l'ombra, mostrava le zanne, gli
occhi infuocati di ferocia. Era proprio sopra di lei, e la
proteggeva come farebbe una lupa con i l suo cucciolo. Poco
più di un'istante più tardi, in una nuvola di
fumo, o così le parve dato che a malapena riusciva a seguire
tutto quello che stava succedendo, apparve Julian.
La ignorò e
ignorò anche il lupo che continuava ad abbaiare. Dandole le
spalle disse solo un deciso e imperioso -Adesso basta!-
L'aria tremò,
e tutti i quadri alle pareti caddero tanto era stato forte il grido di
Julian. Poteva benissimo immaginarselo, con gli occhi che
fiammeggiavano di un blu elettrico, come quello di una saetta.
E l'ombra
sparì facendo tornare la luce nel corridoio.
Julian rimase per un
momento immobile, la sua figura sfocata era l'unica cosa che riuscisse
a distinguere vagamente. Stava male. Il suo stomaco aveva continui
spasmi di nausea e faticava a respirare per lo spavento che si era
presa. E mentre era ancora sdraiata per terra, tremante, e cercava di
radunare i suoi pensieri confusi e angosciati, lui si
voltò verso di lei.
I suoi occhi antichi,
stanchi, blu come il colore che si vede dentro una fiamma, creavano
delle scie di luce ad ogni movimento. Se solo avesse provato a
seguirle, il suo stomaco non avrebbe retto.
Julian si
chinò, spostando con un cenno della mano il lupo, che
ubbidì docile.
-Jenny, stai bene?!-
Sentivà una lieve nota di panico nel suo tono di voce. La
afferrò per le braccia strattonandola, e sentì lo
stomaco fare una capriola incontrollata.
L'aver vomitato doveva
averla aiutata un po', perchè iniziava a
vedere con più chiarezza quello che le stava intorno. Era
seduta
per terra, avvolta in un'asciugamano caldo, nel corridoio davanti
alla sua stanza. La porta era aperta e poteva ancora vedere la scia di
sangue che aveva lasciato era scappare. Si sentiva
ancora molto stordina e non era riuscita ancora a capire bene cosa
fosse
successo. Il suo cervello doveva essersi preso una pausa,
perchè
non riusciva a formulare neanche uno straccio di pensiero concreto.
Julian
uscì dalla stanza, guardandola seriamente.
-Tranquilla, ora
è tutto pulito.-
Si sentiva stanca e
senza forze. non si era mai spaventata tanto,
sentiva ancora l'odore ferroso del sangue e ne era ancora ricoperta.
Provò un disgusto intollerabile da non provare neanche a
guardarsi.
-Ti senti bene?- Si
sedette accanto a lei e la guardò dritta
negli occhi. Ovviamente non era stupido, capiva benissimo da
sè che non stava
bene.
Quello "scherzo" doveva
averla traumatizzata e di certo non si sarebbe ripresa in fretta o
almeno non finchè rimaneva sporca di sangue e nuda
nel suo corridoio.
Julian la prese in
braccio, Jenny si sentì come una bambola
minuscola. Ma lui la teneva come la cosa più preziosa del
mondo.
Si sentiva al sicuro, stretta contro il suo petto. Il bagno era di
nuovo lucido e la vasca piena fino all'orlo di acqua limpida. Le tolse
l'asciugamano, lasciandola completamente nuda. Si strinse le braccia
intorno al petto, in un senso di inconscio pudore. Ma di cosa si
sarebbe dovuta vergognare? Julian l'aveva già vista nuda in
ben
altre occasioni.
Lo guardò;
faceva uno strano effetto guardarlo mentre si
prendeva cura di lei. Lei restò rannicchiata dentro la
vasca,
immobile, mentre lui le faceva scorrere l'acqua sul suo corpo,
accarezzandole le mani, le braccia, le ginocchia. Lavandole i capelli.
E lei non riusciva a dire nulla se non guardarlo. Da quando era
così premuroso? Da quando le sue mani erano così
delicate? Da quando il suo sguardo era diventato così dolce?
Mentre l'avvolgeva in un
grande asciugamano bianco, Jenny non faceva
che chiedersi il perchè di un comportamento simile.
-Mi dispiace.-
Mormorò asciugandole una gamba. Guardandolo
dall'alto le sembrò così puro e innocente che
faceva a
pugni con quello che era realmente.
Avrebbe voluto dire
qualcosa ma, ancora una volta, non sapeva cosa. La
sua voce sembrava aver migrato su una qualche isola deserta.
Quando ebbe finito, la
prese e la portò a letto. La posò
sul guanciale come una reliquia preziosa, con una delicatezza quasi
reverenziale. Stava per voltarsi e andarsene, lo sapeva, e solo lei
avrebbe potuto fermarlo.
-Aspetta.- Fu poco
più di un sospiro, ma Julian lo udì
comunque. Tornò indietro su i suoi passi, e si sedette sul
letto. Alla luce del fuoco che ardeva alle sue spalle le
sembrò
un un'alieno venuto da chissà quale pianeta.
-So che non sei stato
tu.-
Julian le sorrise. Un
sorriso dolce, che rivelava tutta la sua stanchezza.-Adesso dormi.-
-Hey...- Lui si
fermò per la seconda volta, di nuovo a
metà tra la sua stanza buia e il corridoio illuminato.
-Resti un
po' con me?-
Nel buio della camera,
ogni tanto Jenny si girava nel letto e lui, seduto acanto a
lei,
poteva vedere quanto bella fosse, con le ciocche di capelli che
nascondevano un po' il volto, che le solleticavano il collo.
Ogni
tanto si svegliava e lo guardava, con gli occhi semi aperti, o semi
chiusi, non sapeva dirlo. Ma era bella. C'erto, cerano donne molto
più belle di lei, non poteva negarlo, e ce ne sarebbero
state
tante altre dopo di lei, eppure lei aveva qualcosa che non aveva mai
visto in nessun'altra.
Un candore che faceva
quasi male, luminosa e pura. Si, ma c'era ben altro.
Era forte, coraggiosa,
gentile e generosa. Avvolte testarda e
impulsiva, ma certo lui non poteva criticarla da questo punto di vista.
Era tutto ciò
che non era lui.
Era tutto ciò
che avrebbe voluto essere.
Era tutto ciò
che non sarebbe stato mai.
-Julian.- Si era
svegliata di nuovo e con la bocca impastata di sonno, lo chiamava
dolcemente. -Raccontami una storia.-
Lui non le rispose; Si
accovacciò sul letto, si sdraiò accanto a lei e
le mise una mano tra i capelli. Jenny arrossì
a quella vicinanza; non si sarebbe mai aspettata che un
giorno si sarebbe sentita così a suo agio accanto a lui.
-"Tanti
tanti anni fa, in un paese lontano e triste, c’era
un’enorme montagna di roccia
aspra e scura.
Al
tramonto, il giorno seguendo l’altro giorno, in cima ad essa
sbocciava sempre una rosa che aveva il potere di rendere gli uomini
immortali
ma nessuno osava avvicinarsi perché le sue spine erano
velenose. "-
Julian fece una pausa,
un lungo sospiro.
Cos'era
quell'espressione sofferente che poteva intrevvedere tra le ombre del
suo viso?
-"Gli uomini
parlavano sempre della paura della morte e del dolore ma mai della
promessa di
immortalità e tutte le sere la rosa appassiva non potendo
donare a nessuno il
suo potere, persa, abbandonata in cima a quella montagna di arida
pietra, sola
fino alla fine dei tempi.*"-
-E nessuno
provò mai a scalare la montagna per prendere la rosa?-
Domandò dopo aver ascoltato attentamente la storia.
-No, mai.-
-E' così
triste.-
-Forse lei,-
Mormorò lui dopo un momento di riflessione -Forse
è sola proprio perchè ha il dono
dell'immortalità. Ma essere immortali vuol dire anche
dimenticare cosa sia il tempo, dimenticare quanto siano fuggevoli certi
momenti. E' certo una condizione che ti costringe
ad una vita di solitudine.-
-E' terribile. Che senso
ha vivere una vita immortale, ma lontano da tutto e da tutti?-
Forse, era stata
indelicata, ma le parole le erano sfuggite di bocca. Julian, anche se
aveva passato così tanto tempo da solo, adesso avrebbe avuto
lei, per sempre.
Era come se Julian le
avesse raccontato una storia simile alla sua.
Poteva benissimo vederlo
nei panni di una rosa, l'essere più bello che i tuoi occhi
potessero immaginare, abbandonato, lontano da tutti, in un
mondo triste e freddo. Certo era una similitudine che calzava
a pennello.
Non voleva
più che si sentisse così.
Solo, disperato.
Non voleva
più che fosse circondato solo dalle tenebre. Avrebbe fatto
qualsiasi cosa pur di portare un po' di luce, nel suo mondo di tenebre.
Julian la strinse a
sè, come se avesse capito quello che stava pensando.
Belle,
c'est un mot qu'on dirait inventer pourElle,
quand
elle danse et qu'elle met son corps a jour,Tel,
un
oiseau qui tend ses ailes pour s'envoler.
Alors
je sens l'enfer s'ouvrir sous mes pieds.
Le
accarezzava la fronte, i capelli, facendo passare le sue dita lunghe e
madre tra le sue ciocche dorate. Julian cantava piano, delicatamente,
come se le stesse dedicando una ninna nanna. Non sapeva dire che
canzone fosse, e non capiva le parole, ma ricordava vagamene di averla
già sentita una volta, molto tempo fa.
-Cos'è questa
canzone?- domandò con gli occhi semi chiusi, mentre il suo
corpo si abbandonava a quei tocchi leggeri. Dovette combattere con
tutte le sue forze per riuscire a non addormentarsi.
-E' una famosa canzone
francese- le sussurrò piano nell'orecchio, continuando a
canticchiare a labbra chiuse. Era come se la cullasse dolcemente.
Jenny ricordava di aver visto lo spettacolo una volta, con i
suoi genitori, quando era poco più che una bambina.
-Non capisco cosa dice.-
-Quasimodo ama
Esmeralda. Si è innamorato al primo sguardo, la deisdera e
la brama tanto che dannerebbe la sua anima alle fiamme
dell'inferno pur di potersi sdraiare accanto a lei e passarle le dita
tra i capelli.-
Oh
Lucifer, Oh laisse-moi rien qu'une fois
Glisser
mes doigts dans les cheveux d'Esmeralda.**
Erano scoccate le tre in
punto quando Julian si alzò dal letto. Sciolse l'abbraccio
di Jenny che nella notte lo aveva stretto con le sue braccia calde,
sistemandosi i vestiti si decise ad affrontare l'uomo ombra.
L'uomo ombra, come lui
tecnicamente, non aveva forma o colore. Era solo pura
oscurità.
Certo prendevano delle
forme umane perchè così potevano interaggire
meglio con gli altri mondi, ma era quello il concetto.
"Ciò che
conta è l'anima, non la forma"
Loro certo erano
l'esempio lampante di quel semplice concetto filosofico.
La sua casa era simile
alla sua; Una casa in stile vittoriano, malconcia e con le pareti
annerite. Un po' come le case dei film horror in bianco e nero.
Agirandosi per quel
rudere, sentiva il vento sferzargli il viso, i suoi vestiti ritti
contro la forza del vento. Un essere umano normale, sarebbe volato via
in un soffio, Julian invece camminava come se lo stesse colpendo una
leggera brezza.
Nel paesaggio grigio,
deserto, sembrava che una distesa di cenere si stagliasse sotto di lui.
Voltandosi, vide solo quello che si sarebbe aspettato di vedere.
Tutti gli uomini ombra
erano li, silenziosi con i loro occhi di un blu ghiaccio.
Si stagliavano come
piccoli lumi nella più completa oscurità.
-Mi avete fatto
chiamare?-
Si, mi fermo qui, e
continuerò la storia tra qualche giorno! Mi sembra doveroso
pubblicare questo capitolo il giorno di Halloween (anche se in
realtà è l'1, ma capitemi ieri sera mi sono
inciucchettata)
piccole note:
*Penso che l'abbiano
riconosciuta tutti, è la storia che Ophelia racconta al
fratellino che deve ancora nascere, tratta dal bellissimo film "Il
labirinto del Fauno" di quel geniaccio di Guglielmo del toro. Tratta
della chimera dell'immortalità, Julian la racconta in tono
leggermente pessimistico, perchè per lui la rosa
è sola non perchè nessuno va a coglierla, ma
perchè è immortale.
**Lo so, c'è
chi mi aveva chiesto di non farlo (vedi Chiara e Davide) ma ci cozzava
troppo la canzone "Belle" dal "Notre Damme de paris", la spiegazione
che da Julian mi giustifica da sola, quindi lascio parlare l'uomo
ombra.
Spero che il capitolo vi
sia piaciuto, volevo spaventarvi, ma non credo che basti una vasca
piena di sangue. Io per ora mi diverto a far impazzire Jenny
perchè è così che mi va.
Per citare Jung, dentro
ognuno di noi c'è un potenziale assassino, e io sto dando
libero sfogo al mio ahahah.
Prossima puntata (in
questa storia che ha la stessa drammaticità di Rossana)
Julian vs Uomini ombra. Tutti quanti incazzati neri!.
PS: ditemi se vi ho
fatto spaventare, ci tengo sul serio :'D
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